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Il Blog di Lella Canepa

DELL' EPIFÀNÎA, DELLA GIANCA LAZÀGNA E DELLA NOSTRA PASQUÊTA

Viene viene la Befana

vien dai monti a notte fonda.

Come è stanca! La circonda

neve, gelo e tramontana.

Viene viene la Befana.

Ha le mani al petto in croce,

e la neve è il suo mantello

ed il gelo il suo pannello

ed il vento la sua voce.

G.Pascoli


"Epifagna gianca lazagna", così si diceva un tempo in Liguria, alludendo alla tradizione di mettere in tavola i sottili quadrati di pasta fatta con sola farina e acqua, bianchi appunto, come era consueto allora senza uova, e mai mai per questo giorno, conditi con salsa di pomodoro o ragù.

Da piccola mi era stata data la spiegazione che giusto nei giorni della Befana era normale ci fosse la neve, distesa proprio come una bianca lasagna e così anche in tavola si ricordava la neve, chissà se è vero o se se lo erano inventati lì per lì per me.

Vero è che se non nevica prima, quasi certamente nevica per i primi di Gennaio, quest'anno non ci siamo fatti mancare nulla, è cominciato molto prima e oggi per esempio non ha mai smesso.

Resta poi il fatto che la lasagna è il primo formato di pasta che si ricordi, già in tempo greco romano si cuocevano quadrati di pasta assottigliata, anche se non propriamente di farina bianca come si usa adesso.

Presenti in tutte le cucine d'Italia, assumono diversi nomi e sono diversamente proposte, anche se mi ci sono voluti anni per capire che i vincisgrassi marchigiani non sono altro che lasagne riccamente condite.



In Liguria le lasagne sono i mandìlli de sæa, ovvero "fazzoletti di seta", la sfoglia è tirata talmente sottile e tagliata in quadrati, da incuriosire alla metà del '700 i veneziani, che ne chiesero conto su come si facessero ai maestri lasagnari genovesi, già nominati intorno alla fine del 1200 perché imbarcati sulle galee affinché rifornissero di pasta l'equipaggio.

D'altra parte i Genovesi, arrivati in Cina prima di Marco Polo, gestivano il commercio del grano nel Mediterraneo, e proprio in Liguria per la mancanza di un entroterra atto a grandi coltivazioni, il particolare clima, le nozioni sulla conservazione carpite ai Mongoli, fu favorita l'apertura dei primi pastifici nel ponente ligure.

Famoso il primo scritto dove si nomina la pasta, atto del 1279 del notaio genovese Ugolino Scarpa che nel testamento di tal Ponzio Bastone cita "una bariscella plena di macaronis".

Tornando ai nostri mandilli da fare assolutamente il giorno dell'Epifania, ho già scritto e illustrato diverse volte come a prendere farina e acqua per fare la pasta ci voglia più a scriverlo che a farlo.

Tradizione vuole senza uova, al massimo un uovo ogni tre etti di farina, vuoi tutta 00 o metà farina 00 e metà di grano duro con l'acqua necessaria, poca per volta, per impastare. Si lascia riposare una mezz'oretta coperta prima di stendere.

Se non si riesce a tirare la pasta con il "cannello", il matterello, per fare i mandilli è lecito usare la macchina



Tagliati in grossi quadrati, vengono cotti in acqua pochi minuti e conditi così senza il passaggio in forno, spesso con il pesto, ma anche con salsa di noci o un sugo bianco di funghi.

Anzi se proprio proprio si volesse ottemperare la tradizione andrebbero cotti nel brodo.

Niente besciamella quindi e niente strati cotti in forno, tutte le trasformazioni sono di epoca moderna, con gli anni si è arrivati alle lasagne al pesto cotte in forno con la besciamella.

Le faccio anche io, ma solo una o due volte all'anno, perché non è consigliato cuocere il basilico e nessun buongustaio mangerebbe mai il pesto cotto.

Come si vede dalla foto il pesto usato tra uno strato e l'altro è molto diluito.

Per renderle del tutto liguri alterno negli strati di pasta tra la besciamella e il pesto anche fagiolini spezzettati e fette di patate sbollentati.


Reso omaggio alla tradizione della "gianca lazagna", il secondo prevederebbe pesce, ma semplicemente bollito e se oggi il Cappon Magro si serve a Natale è invece la giornata dell'Epifania il momento che si metteva in tavola una volta.

Ultimo ricordo del tempo che fu, nel pomeriggio si andava in visita ai parenti e si portavano gli Anicini.

Qui come farli >>>ANICINI E ANICE così anche per capire un po' la differenza tra semi di anice e semi di finocchio.




Nel titolo del post ho citato la Pasquêta, perché è così che i Genovesi chiamano l'Epifania, in molti altri paesi e non solo italiani viene usata la parola Pasqua indicando una festa importante cristiana dove Gesù si è manifestato e quindi Pasqua di Natale, Pasqua delle Rose (la Pentecoste) e Pasqua di Resurrezione.

Di contro l'Epifania, giornata che celebra la manifestazione ufficiale di Gesù al mondo con la presenza dei Magi è Pasqua di Luce, e per noi Pasquetta, che niente a che vedere con il Lunedì dell'Angelo.

Ma nel povero mondo agricolo di una volta è molto di più, è la notte magica dove gli animali nelle stalle parlano fra di loro di chi li accudisce, cosi che il contadino previdente la sera della dodicesima notte dopo il Santo Natale provvede a loro con particolare cura, abbondando in cibo e pastura, perché parlino bene di lui.

Male ne insorge a chi per caso dovesse riuscire ad udire queste particolari conversazioni.


La notte di Befania nella stalla parla l’asino, il bove e la cavalla


Molti gli usi e le credenze che si riferivano alle ragazze da marito: tra l'interpretazione dello scoppiettio delle foglie di ulivo gettate nel fuoco, ai bigliettini con il nome dell'amato, o degli amati!!!, arrotolati e posti vicino al camino perché si srotolassero con il calore e il mattino del 6 il più srotolato di tutti, a rivelare chi sarebbe diventato lo sposo, ma attenzione uno doveva essere vuoto, cioè bianco senza scritto e se si apriva proprio quello ... erano pianti.

Per mio conto, nella mia lontana gioventù, una volta sola ho rischiato la sorte e visto come è andata mai più mai più, ho sfidato il destino.

Per una curiosa usanza la mattina dell'Epifania, qui, le ragazze da marito si ponevano in cima alla scala e lanciavano la ciabatta destra e a secondo come rimaneva si interpretava una possibile data di matrimonio, se bella diritta con la punta in avanti ti sposi entro l'anno, se storta chissà forse ti fidanzi, se indietro con la punta verso la scala niente da fare.

Ciò che racconto è pura verità, ero la più grande di età quel mattino del 6 gennaio 1975 e insieme ad altre tre gettammo la ciabatta. Solo la mia rimase lontana e perfettamente diritta davanti a noi, le altre sparse sulla neve in maniera disordinata.

Scettica, mi girai verso coloro che mi avevano quasi costretta al cerimoniale, tutto mi interessava meno che il matrimonio, e le apostrofai con le suddette memorabili parole: - Lo vedete che siete sceme? Secondo voi dovrei sposarmi entro l'anno e manco ancora lo conosco?-

Mi sono sposata il 25 maggio dello stesso anno, ecco.


Pe Pasquêta in' oêta ..


Ancora due parole sulla Befana. La parola una storpiatura di Epifania, il personaggio da ricercarsi nell'antichità, tra riti celtici e romani rappresentanti figure femminili che volavano di notte sui campi, proprio nei primi giorni quando si intravedeva la luce del giorno allungarsi (A Pasquetta un'oretta, vuol proprio dire un'ora di luce in più) e con questi voli propiziare buoni raccolti e di qui l'usanza dei doni.

Attenzione però, praticamente tutte le raffigurazioni della Befana sono completamente sbagliate.

La Befana non è una strega e non appartiene al mondo della stregoneria e la si distingue essenzialmente da due cose. Innanzitutto è sempre vecchia e grassottella, poco affascinante diciamo, non ha mai il cappello a punta, ma un fazzoletto legato sotto la gola, un grande grembiale allacciato, e importantissimo cavalca sì la scopa, ma non come le streghe con la punta del manico in avanti e la scopa dietro, ma al contrario, tiene sempre la scopa in alto, e lasciatevelo dire da una che queste cose le sa, è un peccato che si siano dimenticati questi particolari e si faccia una grande confusione.

E poi è venuto il momento di dirlo: non è la moglie di Babbo Natale, ma proprio non esiste nemmeno un pettegolezzo sui due, si ignorano a vicenda.


foto dal web

In questa campagna erano sconosciuti Gesù Bambino e Babbo Natale, ma credo proprio perché mondo legato all'agricoltura e al raccolto, i doni li portava solo la Befana, anche se nient'altro che qualche mandarino, qualche mandorla, forse caramelle, il torrone che spesso non si mangiava prima del 6 gennaio e non nella calza, ma nello scarpone messo fuori alla finestra.

Immancabili le grosse monete di cioccolato ricoperte di carta dorata.

Quanto eravamo ricchi!

Ricordo con piacere come tutto il paese partecipasse all'evento e di comune silenzioso accordo durante la giornata del 5 venivano interrogati dagli adulti in presenza dei bambini, coloro che tornavano da fare legna, o da caccia per chiedere se per caso l'avevano vista sui monti o al passo, e che spesso la risposta era:- Sì, sì l'ho intravista da lontano, sta arrivando, era giusto giusto dalla Cappelletta.-

A sera tarda poi, qualcuno si travestiva e girava di casa in casa portando un sacco coi doni, tra lo stupore e a volte anche un malcelato terrore dei bambini che non riuscivano a spiccicar parola, e le risate trattenute perché la Befana parlava in dialetti sconosciuti, che spesso ricordavano il parmigiano.

Ebbene sì, due volte l'ho fatta anche io.



Infine il carbone, per chi non è stato proprio buono ...

Inutile stare qui a ripetere per l'ennesima volta la ricetta del carbone dolce, facilissimo da fare in casa.

Quest'anno non lo preparerò, d'altra parte siamo stati o meglio state, buonissime io e la gatta, ma se qualcuno vuole cimentarsi in pochi minuti si fa, ed è anche divertente vederlo gonfiare.

Lascio il link a uno dei video più dettagliati e comprensivi.

Se non si hanno i coloranti, in altri tempi lo coloravo con le pastiglie di carbone comperate in farmacia.



Scusate è davvero tardi, devo darmi da fare, anche se la mia trasformazione da strega a Befana è un attimo: basta girar la scopa. Vado.



“L’Epifania tutte le feste se le porta via”




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Lella

 

Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi.


Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna.


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