ELLEBORO, LA ROSA D' INVERNO
La mia mente vacilla e l'intelletto s'oscura;
abbi tu, o fior, di me pietà,
appresta alle mie labbra il succo eletto
che nelle foglie tue celato sta.
L'Elleboro - Pietro Gori, 1882
In questo periodo in quasi tutte le nostre case c'è una Poinsettia, pianta di origine messicana, forzatamente obbligata a far diventare rosse le sue foglie perché fa tanto Natale, con grande dispendio di energie in serre riscaldate dove si fingono luce e calore dell'inverno centroamericano che le sarebbero congeniali.
Difficile rinunciarci.
Eppure è una moda relativamente recente, solo dopo gli anni '60 divenne accessibile a tutti, sebbene fosse arrivata in Europa già da più di un secolo.
Moda iniziata per decorare i boulevard di Hollywood, quando il rosso divenne il colore di queste feste, sbarcata in Germania intorno agli anni '50 dove iniziarono le coltivazioni intensive.
Ma precedentemente, il primo fiore invernale, che rappresentava il Natale, è sempre stato l'Elleboro, un fiore selvatico.
Come sempre ne esistono diverse varietà, qui nel sottobosco fra le sterpaglie, cresce l' l'Helleborus viridis, completamente verde, abbastanza comune, o l'Helleborus foetidus, sempre tutto verde, ma con le corolle appena tinte di rosso ai margini, mentre salendo a quote più alte, più a nord, fin nei prati di montagna, si trova anche il bellissimo Helleborus niger, dal fiore bianco con l'interno giallo dorato, dal quale derivano le piante che si possono comperare in questo periodo nei garden.
Ne scrivo ora perché leggermente anticipata la fioritura con la coltivazione, si trova pronto giusto per le festività natalizie, con un cespo verde compatto che può raggiungere i 30 cm, il fiore bianco che sfiorendo si sfuma di porpora, con un aspetto simile alla rosa selvatica e chiamato Rosa di Natale e ricomparso da qualche anno nei negozi dei fioristi, anche in più colori.
Una pianta rustica, che sopravvive più facilmente della Stella di Natale ai climi freddi, anche all'aperto, riempiendo le zone a mezz'ombra, ed essendo perenne torna ad abbellire giardini e terrazzi tutti gli anni, con un minimo di cura.
Avevo voglia di parlarne anche perché come pianta selvatica, è conosciuta fin dall'antichità per i suoi molteplici usi.
La pianta come tutte le Ranuncolaceae, è altamente tossica, e come tanti altri veleni ha proprietà medicinali, ricordo che "farmaco" dal greco ha anche significato di veleno.
Tutta la pianta è tossica, ma in special modo il rizoma e le sue radici contengono più di una sostanza potente che può condurre anche alla morte se usata in modo inappropriato.
Soprattutto quello dal fiore bianco, che deve il "niger" del nome botanico per il colore nero della radice, mentre Elleboro potrebbe significare "che fa morire nutrendo".
Come tutte le piante che avevano effetti sull'uomo anche questa entrò nell'elenco delle piante magiche e proprio nel medioevo fu usata come veleno, per fare fatture ed esorcismi, di elleboro pare si spalmino le streghe per riuscire a volare ai sabba, ma pure per curare scompensi cardiaci, come purgante, e soprattutto per curare la pazzia, anche se per questo uso già se ne parlava ai tempi di greci e romani quando si narrava di Ercole e Melampo guariti dalla follia grazie all'Elleboro nero, o raccontando del filtro magico di Circe che trasformò gli uomini in porci.
Solo San Martino di Tours, nel suo soggiorno all'isola Gallinara, qui in Liguria al largo di Albenga, pare si nutrisse di Elleboro, senza conseguenza alcuna, non sapendo fosse così velenoso, ma d'altra parte lui era Santo.
“ bisogna mandarlo per l’elleboro ad Anticira”
Orazio
Se a livello casalingo sono dimenticate dosi e modi di curarsi con questa pianta e non è proprio il caso di provarci, avendo attenzione anche se si usano i fiori per un bouquet su tavoli e simili, i contadini invece solo da pochissimi anni hanno smesso di curare gli animali con l'Elleboro, o forse qualcuno lo fa ancora, inserendo il rizoma appuntito sottopelle nel collo o nella coscia. La parte gonfiava formando un bubbone e l'animale guariva da diverse patologie. Rimaneva però il segno e l'animale era deprezzato in quanto si capiva che era stato malato.
Ho letto da qualche parte che le bustine di polvere per starnutire, vendute a Carnevale non sarebbero altro che radice di Elleboro tritata, che per il potere irritante provocano forti starnuti.
Non posso accertare se sia vero o meno, già come scherzo non mi pareva intelligente, nel caso fosse vero spero proprio che non sia più in vendita.
Resta comunque da constatare quante nozioni si siano perse nella quotidianità, una volta fin da bambini si sapeva cosa ci circondava, cosa fosse velenoso e cosa no e come andava o non andava usato, anche senza nozioni scientifiche.
I bambini una volta andavano a raccogliere gli Ellebori nei boschi per farne grandi mazzi da portare ai mercati dove erano venduti appunto come Rosa di Natale e guadagnare qualche soldo e sapevano di cosa si trattava.
Il nome Rosa di Natale le viene da una leggenda che la crede fiorita nei pressi della grotta di Betlemme per le lacrime cadute da una pastorella che non aveva nulla da portare in dono al Bambin Gesù.
Per contro la Poinsettia o Stella di Natale, Euphorbia pulcherrima, che l'ha sostituita ha pure una certa tossicità, se pur non così pericolosa, il lattice che secerne è irritante per la pelle, ma che dire allora del Vischio che è davvero tossico anch'esso?
L'importante è saperlo.
"Anna Onna, su svegliati,
su lèvati e vammi in cerca dell'Elleboro nero,
che il senno renda a questa creatura”
La Figlia di Iorio
G. D'Annunzio, 1903
* foto di Actaplantarum, cliccando sulla foto si accede alla scheda sul sito
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Lella
Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi.
Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna.
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