Fra i vari lavori delle donne di campagna non ultimo, specialmente nell’inverno si è il filare e conviene impratichirsene per tempo.

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Ora sappiate che per ben filare si piglia una roccata di canapa o d’altro, si apre, si scuote bene e poi si arrocca, cioè si avvolge alla conocchia o rocca, su cui si ferma colla così detta pergamena o con un largo nastro.

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Quindi si fissa la rocca al lato sinistro, infilandone la parte inferiore in un nastro, legato alla vita, e sorreggendone la parte superiore con un cappietto, chiamato pensiere, appuntato al petto; e questo è d’uopo tanto più per chi ha poca pratica.

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Tenendo poi il fusto della rocca tra il petto e la mano sinistra, col pollice e l’indice di questa, sì tiran giù a poco a poco le file della canapa e si guidano con garbo, riunendole per mezzo della saliva con cui di tratto in tratto si bagnan le due dita, in guisa che il filo venga sempre uguale ed uniforme.

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Intanto col pollice e coll’indice della mano dritta si scocca il fuso all’infuori, che prillando avvolge il tiglio e forma la gugliata, la quale di mano in mano si tira sulla pancia e sul collo del fuso stesso al fine di poter filare l’altra.

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Allorché, dopo d’aver filato parecchie roccate, sì son fatti cinque o sei fusi di filo, questo si annaspa, avvolgendolo sul naspo per farne una matassa.

 

Con una diecina di matasse si fa un mazzo e i mazzi poscia s’imbiancano.

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Imbiancato che sia il filato, si dipana e si fa poi la tela.

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Giova lavare presto il filato, perché se si serbasse a lungo senza imbiancarlo verrebbe roso dalla saliva.

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Quanto a filar la lana la si lava ben bene, e asciutta che sia si unge con un pò d’olio poi la si fa conciare per farne i così detti cannetti o voglioli, così preparata si fila sulla rocca, ma non si bagna colla saliva. Filata si lava nella saponata preparata il giorno prima con la radica saponaria e fatta asciugare si torce e si lavora...

 

Da “ Libro per le Scuole Femminili delle campagne” Stamperia Reale di Torino 1879