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Il Blog di Lella Canepa

RAVIOLI E RAVIEU


"...stava genti che niuna altra cosa facevan che far maccheroni e ravioli e cuocerli in brodo di capponi..."

Decamerone - Giovanni Boccaccio


E venne il giorno dei ravioli.

Quest'anno è stata dura riuscire a raccogliere la borragine e la scarola per il cattivo tempo che dura da non so più nemmeno quanto, poi la neve, poi il posto nel congelatore, poi qualche giorno di dolori, poi preparare i pochi pacchetti da regalare, poi finalmente è arrivato il giorno giusto, oggi.

Una necessaria premessa: in casa mia mai mangiato ravioli e tanto meno sugo, nel senso di ragù.

Mia madre amava più le cose leggere, di verdura, le cotture veloci, mai soffritto niente, le poche uova.

Sposandomi sono stata catapultata in un mondo dove i ravioli rappresentavano l'unità di valutazione.

La riuscita di qualunque e dico qualunque festa, matrimonio, Natale, Pasqua, ferragosto era misurata in base alla bontà dei ravioli portati in tavola.

Poteva essere presente qualsiasi leccornia ma alla fine della giornata la conversazione verteva sempre su come erano i ravioli, va da sé che essere riconosciuta come una donna che faceva dei buoni ravioli aveva la sua importanza.

La cosa deve trasmettersi nel DNA perché i miei figli cresciuti con tortellini e pansoti della nonna hanno comunque ereditato questo concetto -"Ma i ravioli come erano?"-

Per me era tutto troppo difficile, venivo dalla riviera dove i ravioli erano quelli genovesi con poche uova, carne così così, animelle e laccetti, la sfoglia anche quella povera conditi con il Tuccu e approdavo ai confini con l'Emilia dove invece sono ricchi di uova, di carne di maiale, di un particolare salume, la murtadella, ormai introvabile, insaccata quasi apposta, conditi con un sugo altrettanto ricco di carne tritata, costine di maiale, sempre guardando al ragù bolognese.

Alla fine ho trovato la mia versione prendendo un po' di qua e un po' di là.

Per correttezza pubblico la ricetta dei ravioli alla genovese così ben descritta da Nicolò Paganini, nel 1839, poco prima di morire


... Ora veniamo alla pasta per tirare le sfoglie senza ovi. Un poco di sale entro la pasta gioverà alla consistenza della medesima. Ora veniamo al pieno. Nello stesso tegame colla carne si fa in quel suco cuocere mezza libbra di vitella magra, poi si leva, si tritola e si pesta molto. si prende un cervello di vitello, si cuoce nell’acqua, poi si cava la pelle che copre il cervello, si tritola e si pesta bene separatamente, si prende quattro soldi di salsiccia luganega, si cava la pelle, si tritola e si pesta separatamente. Si prende un pugno di borage chiamata in Nizza boraj, si fanno bollire, si premono molto, e si pestano come sopra. Si prendono tre ovi che bastano per una libbra e mezza di farina. Si sbattano, ed uniti e nuovamente pestati insieme tutti gli oggetti soprannominati, in detti ovi ponendovi un poco di formaggio parmigiano. Ecco fatto il pieno. Potete servirvi del capone in luogo del vitello, dei laccetti in luogo del cervello, per ottenere un pieno più delicato. Se il pieno restasse duro, si mette nel suco. Per i ravioli, la pasta si lascia un poco molla. Si lascia per un’ora sotto coperta da un piato per ottenere le foglie sottili.

Anche qui c'è la salsiccia, il cervello, la sfoglia senza uova, e tre nel ripieno.

Per tradizione a Natale i ravioli si mangiavano il giorno dopo proprio per recuperare le varie carni che potevano essere servite il giorno prima, quindi nelle vecchie ricette si trova anche il cappone.

Oltre alla Borragine nelle ricette tradizionali si trova la scarola o indivia proprio a smorzare il gusto dell'erba e in definitiva due verdure che resistono al freddo e pure alla neve.

Per la ricetta dell'alta Val di Vara ho nominato la murtadella, un salume che veniva confezionato con la pasta simile a quella della salsiccia, senza lardelli e insaccato come un salame e fatto stagionare, che serviva poi per fare sia il ripieno insieme a carne di vitellone, che il sugo e che conferisce alla pietanza un sapore difficile da eguagliare con altri.

La verdura usata qui le bietole, essendo introvabile fino a qualche anno fa in questi terreni la borragine.




Gli ingredienti che uso per la mia versione mista:


150 gr. vitello

150 gr. di verdura fra borragine e scarola bollite e spremute

50 gr. parmigiano reggiano

2 uova

Maggiorana







Per la pasta:

150 gr. di farina di grano duro

150 gr. di farina 00

o 300 gr. di sola farina 00

un uovo

poca acqua

un pizzico di sale





Si prepara la pasta che va lasciata a riposare coperta.

Passate in poco olio e burro, con una foglia di alloro e qualche pinolo, le carni, tritate poi nel tritacarne e non nel mixer o nel moulinette, carne, verdura e maggiorana.

Il ripieno dei ravioli non deve essere finissimo, come per esempio nei tortellini.

Si aggiungono due uova e il parmigiano e si mescola per bene, regolando di sale.





Si stende la pasta con il matterello, il più possibile rotonda, si piega per segnare il mezzo, si stende con una spatola il ripieno su una metà, se fosse troppo sodo si mescola un poco di mollica imbevuta di latte tritata, sempre controllando poi il sale, si ripiega sopra l'altra mezza sfoglia, si da una spianata e ora si possono segnare i ravioli da tagliare poi con la rotella dentata.






Nella foto si vedono gli attrezzi usati nei tempi andati, io li ho visti usare tutti.

Un semplice riga in legno con la quale fare prima le righe orizzontali partendo dalla parte piegata, così da spingere verso l'esterno il ripieno e poi in verticale per fare i quadrati.

Due attrezzi con dei quadretti disegnati da premere sulla pasta. Quello tradizionale è quello lungo, che esiste con i quadretti di varie misure, da sugo, più piccoli da brodo, ecc.

Ultimo il matterello da ravioli, anche questo esiste in più misure.

Non c'è il così detto Raviolamp, usato quando si fanno le sfoglie con la macchina per la pasta.

Ma il motivo è un altro, i nostri veri ravioli non hanno il classico bordo di pasta vuota che lascia qualunque macchina per la pasta, sono quadrati tutti ripieni.

Segnati con il matterello da ravioli, tagliare con la rotella dentata, quelle antiche non hanno paragoni con quelle moderne di adesso.

Con una spatola si sistemano su di un vassoio e coperti con carta forno, per quanto mi riguarda li sistemo in congelatore.

Mi piace ricordare come una volta si conservassero religiosamente le cartoline ricevute perché non avendo spatole larghe servivano egregiamente per tirar su i ravioli.

Con questa dose ho ottenuto circa 800 gr. di ravioli che per questo Natale scarno di presenze, saranno più che sufficienti, visto che non mancheranno anche i tortellini.

Questa quantità di farina che viene tirata della misura di un normale matterello lungo veniva denominata "ina crostâ de ravieu", parola che non so quanti giovani potrebbero conoscere oggi, e anche in questa caso diventava unità di misura per definire l'importanza della festa: " ha impastato tot croste di ravioli..."




Mentre preparavo il ripieno e riposava la pasta, ho messo su il sugo.

Carota, sedano, cipolla, pinoli, foglia di alloro e il trito misto di maiale e vitellone in olio e burro che poi ripasserò di nuovo nel tritacarne.

Aggiungo a rosolare qualche costina di maiale, sfumo con il vino bianco

Ripasso nel tritacarne, aggiungo pepe e sale, passata concentrata di pomodoro con un poco di acqua calda e lascio a "croccu-à" sulla stufa per tutto il pomeriggio, fino a che galleggerà l'olio in superficie, ma in pratica tutto il pomeriggio e serata.

Quest'anno ho trovato rotta la secolare pentola di terra e con questi "chiudo apro rosso arancio qui sì qui no" non sono riuscita a girare per comperarne una nuova, mi sono adattata alla pentola di acciaio, sempre però con il fondo spesso, pazienza.

Se si preferisce il classico Tuccu la ricetta è qui>>> TÓCCO DE CARNE E FÓNZI NEIGRI


Dato che avevo sporcato cucina e aggeggi vari, nel frattempo ho fatto anche il ripieno e la pasta per i tortellini.

Mi sono fermata un attimo per finire il post, vado che mi attende una lunga serata di taglia, piega, gira intorno al dito...

La ricetta dei Tortellini è qui, con tutti i segreti di casa mia, ma mi raccomando piccoli




Potevo raccontare quella di quel tal Ravioli che, al confine con il Piemonte, pensò di chiudere le palline di carne formaggio e verdura, bollite in acqua, talmente buone che faceva nella sua osteria, in un sottile strato di pasta perché potessero essere trasportati, e cotti a casa, visto che con il successo clamoroso avuto dalla pietanza non si riusciva a servire tutti gli avventori... o che il nome derivi da rovigliolo nel senso di groviglio di pasta e ripieno, che di fatto già nel 1100 verso Savona si parla in un contratto fra mezzadro e padrone di vino, carne, e ravioli... ma non ho tempo ...


Non se lese nell’istoia

Patria, scritto né memoia,

No se trêuva niscûn daeto

De chi posse ese mai staeto

Quello bravo e bon figgiêu

Chi ha sapûo inventậ i Raviêu


Martin Piaggio



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Lella

 

Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi.


Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna.


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