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Il Blog di Lella Canepa

LA LUNGA ESTATE CALDA




Ho sempre preferito la primavera a tutte le altre stagioni, quella vita che si rinnova sembra ogni volta rinnovi anche me.

Con gli anni, i dolori, il freddo percepito diversamente, l'odiata umidità, ho imparato ad amare l'estate.

Questa di estate è stato impossibile amarla, ma proprio neanche volerle bene.

Dopo due anni di chiusure e virus quest'anno ho dovuto rinchiudermi nell'unica stanza di casa dove ogni tanto aleggiava un filo di tiepida brezza, per sopravvivere.

Oltre al caldo ho combattuto con ogni sorta di insetti, eserciti di mosche, battaglioni di pappataci e farfalline, dorifore, cimici e formiche, con le finestre spalancate tutta la notte persino le lucciole sbagliavano strada.

Zanzare no, le zanzare non mi sopportano, per fortuna.

Ogni sera un'ecatombe prima di riuscire a dormire.


Dormire... si fa per dire, per la prima volta, qui, a 800mt, con l'aria degli Appennini alle spalle, all'una di notte c'erano 26 gradi e la casa non si rinfrescava.

E pensare che in questa camera d'inverno si toccano i sei gradi, e dieci gradi in cucina a volte sono un'utopia. Con due stufe accese mai visti 16 gradi.

Ho dormito, lo dico adesso, con tutte le finestre spalancate e anche la porta, diverse notti, poi ho pensato che poteva farmi visita un cinghiale, visto che sotto casa passano abitualmente anche i lupi.

Il sole mi ha ferito gli occhi, pur con gli occhiali, il caldo bollito il cervello, uscivo a sera dopo le otto per andare furtiva nell'orto a rubare, a cimici di ogni ordine e grado, qualche zucchina e pomodori malandati, tornando a casa sudata e spesso con due o tre zecche addosso, mai successo prima.

Per almeno due mesi buoni, non è mai arrivata acqua al rubinetto che non fosse tiepida, ma potrei dire calda, qualcuno mi ha poi detto che non è bello perché favorisce il formarsi di batteri non proprio graditi.

Con la penuria di acqua che c'era non era possibile farla scorrere per farla venire fresca.

Le fontane al lumicino, ed era comunque fatica arrivarci.

Per questo o perché non lo so ho avuto disturbi di ogni tipo, che non mi passavano neppure quando mi sono arresa a medicinali vari.

Nel tentativo di stare meglio ho persino comperato il mio primo tubo di crema con del cortisone dentro.

Non mi sono avvicinata ai fornelli per cucinare, ho vissuto di friselle e pomodori, sono riuscita a malapena a mettere insieme un aperitivo per gli amici una sola volta, e sì che non si vedeva l'ora di stare assieme.

Ho cercato di essere presente ad alcuni eventi inderogabili e che mi rendono sempre felice, come gli incontri al centro estivo con i ragazzi, ma tornavo a casa che non sapevo "quantu fî me restava in sciâ rocca" quanto filo mi rimaneva sulla rocca, frase usata una volta per definire quanto tempo restava da vivere.



... Strepitando vien giù candida e bella, batte il suol, tronca i rami, il cielo oscura, e nelle grigie vie sonante e dura picchia, rimbalza, rotola, saltella;

squassa le gronde, i tetti alti flagella, sbriciola sibilando la verzura, ricasca dai terrazzi e nelle mura s’infrange, e vasi e vetri urta e sfracella.

E per tutto s’ammonta e tutto imbianca; ma lentamente l’ira sua declina e solca l’aria diradata e stanca;

poi di repente più maligna stride, poi tutto tace, e sulla gran ruina perfidamente il ciel limpido ride.

De Amicis


Dopo un inverno secco e tiepido, ogni giorno in attesa di una pioggia che non arrivava, con la certezza ormai dell'esperienza che un simile caldo non può che provocare disastri, con la prima aria un poco più fresca che si scontra con un mare caldo arrivato a 30° .

É vero questi eventi sono sempre più frequenti, ormai passiamo troppo e solo da un estremo all'altro, ma mi preme dire che qualcosa è sempre successo.

Nell'estate del 1903, qui raccontato da chi ho conosciuto che c'era, una tempesta di vento e grandine, distrusse gran parte dei castagneti e il legno fu usato per costruire tutte le capanne col tetto di paglia, di sapore vagamente celtico, che c'erano una volta qui nei boschi per conservare fieno e foglie per lo strame.

Quest'anno la mattina del 18 agosto mi sono svegliata con il rumore di una grandinata eccezionale che in cinque minuti ha fatto qui e nella zona fra Lavagna e Sestri Levante disastri che tutti avranno potuto vedere nei vari telegiornali.



Dieci o poco più minuti di follia intensa che hanno distrutto coltivazioni di uva e olive, castagne, orti, mais, ma anche danni a case e cose.

Arrivata in maniera orizzontale, lo chiamano downburst, pochi hanno salvato l'auto, fari e cruscotti e carrozzerie ammaccate, la mia, vecchia, ma andava, ora è senza fari oltre alla graziosa decorazione nella carrozzeria.

Sestri Levante sembra una città mitragliata, tapparelle, intonaci, tetti, alberi, è passata una settimana e stiamo ancora tutti pulendo e contando i danni.

Gli stabilimenti balneari di Lavagna sono volati sui binari, dopo una stagione finalmente positiva, tutti devono ricominciare.

È ancora e di nuovo troppo caldo, quindi non finirà qui.

Questo mi premeva raccontare a chi mi ha scritto e mi ha detto incontrandomi come mai non riceveva più articoli dal mio blog... non ce l'ho fatta fisicamente e mentalmente.

I miei post, come ho detto più volte, sono frutto di passeggiate dalle quali prendo ispirazione scoprendo un'erba o con la voglia di cucinare qualcosa.



Sono riuscita ad uscire pochissimo, ma fra la desolazione della siccità quest'anno non ci sono stati fiori, pochissima raccolta di erbe stroncate dall'arsura.

Non c'è fieno nemmeno per gli animali, non sono riuscita a fare una conserva di nulla, se non qualche barattolo di marmellata definita "Granizada" perché ottenuta con frutti misti raccolti dopo la tempesta.



Intorno sembra arrivato improvvisamente l'inverno, non una foglia sugli alberi, solo l'edera rimasta intatta prepara premurosa i suoi fiori, gli ultimi fiori dell'anno per le api golose.



La natura magnanima quanto implacabile, si sta già riprendendo, spuntano i sciguelli nemmeno aspettassimo una nuova primavera, e mi ha regalato stamattina un fiore sull'ultimo ramo rimasto di uno dei miei gerani nel mio giardino distrutto.

La natura non si domina, se non ubbidendole.



Alcune foto mie e della riviera




Naturae enim non imperatur, nisi parendo


Francis Bacon, Novum Organum, 1620











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Lella

 

Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi.


Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna.


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