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  • ERBANDO D'AUTUNNO

    PASSEGGIANDO, RICONOSCENDO, RACCOGLIENDO ... Breve comunicazione per informare sui prossimi eventi, con pochi giorni di anticipo per colpa delle mutevoli condizioni di questa prolungata estate che sta diventando primavera. Dopo la tragica siccità di questi lunghi mesi passati, pochi minuti di tregenda 20 giorni fa avevano finito per distruggere la campagna. Pur confidando nella natura non pensavo che in meno di un mese, con temperature ancora da piena estate, tutto si sarebbe ripreso così velocemente. Spariti frutti autunnali e foglie, i campi battuti dalla grandine, assisto a un risveglio di carattere prettamente primaverile, i rami sbocciano di gemme e nuove foglie fino ad arrivare agli alberi da frutto fioriti, ciliegi, prugne, meli come fosse aprile. I prati sono coperti di erba verde e quindi la decisione di provare a fare qualche incontro, dopo che ieri ho raccolto tutto il giorno Prebuggiun. - ciliegio sotto casa mia completamente fiorito da una settimana- A CASA DI ERBANDO DOMENICA 18 SETTEMBRE Come tutti gli anni si rinnova l'appuntamento "A Casa di Erbando" . Quest'anno tra piogge e sole caldo, durante la solita passeggiata intorno a casa con Lella Canepa, alla ricerca delle erbe del Prebuggiun e di quanto ci mette a disposizione la natura, potremo vedere due o tre stagioni insieme, gli effetti disastrosi della grandine, quelli della siccità e un inconsueto risveglio primaverile della natura. Di alcune erbe sarà possibile osservare il germoglio e il fiore passando da primavera a estate in uno sguardo. È davvero un'occasione da non perdere non fosse che per avere l'occasione di ammirare l'insolita fioritura settembrina di ciliegi e prugne. Insieme potremo costruire un erbario da portare a casa delle più comuni "erbacce" . Posti disponibili solo 10 Contributo di 15 € per l'Associazione Erbando per prenotare al 3486930662 RITORNO AL CUCCO DOMENICA 2 OTTOBRE Erbando torna in Piemonte! Dopo il successo della prima esperienza come non ripetere l'evento nella magnifica atmosfera incontaminata creata da Sara e Fabio di Cascina Il Cucco ne il Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo . Una passeggiata nei dintorni con Lella Canepa per il riconoscimento delle erbe più comuni, selvatiche, spontanee, commestibili usate da sempre nella cucina ligure e piemontese. Un pomeriggio davvero a contatto con la natura fra racconti, aneddoti, confronti, dove sarà possibile volendo costruire un erbario personale da portare a casa. Disponibili anche i sette manuali cartacei di Erbando sulle erbe del Prebuggiun. Al termine aperitivo agricolo a base di formaggi, salumi, prodotti e vino locali. Per informazioni e per l'indispensabile prenotazione occorre telefonare al 327 854 8388 ERBE D'AUTUNNO CON MARCO E LELLA DOMENICA 9 OTTOBRE Un evento speciale studiato da tempo e rimandato per le ben note restrizioni. Ci riproviamo quest'anno nella cornice dei boschi di castagno dell' Agriturismo Risveglio Naturale di Valletti >>> con una passeggiata al mattino con Lella Canepa per il riconoscimento delle erbe che questo speciale autunno simil primavera ci offre, con la possibilità di costruire un erbario da portarsi a casa. Pranzo con gli assaggi delle erbe, antipasti, tortelli ripieni di erbe, arrosto alle erbe e dolce. Al pomeriggio una chiacchierata con Marco Fossati, erborista, sulle proprietà curative e le pratiche della piccola farmacopea casalinga delle stesse erbe. A concludere un piccolo laboratorio per portare a casa un ricordo della giornata Costo 50€ a persona per l'intera giornata posti limitati È possibile arrivare al sabato e pernottare in Agriturismo. Informazioni al Tel. : 01871854393 Cell.: 3493386861 Mob. : 3922195962 Volutamente non ho preso impegni per il 24 e il 25 settembre causa elezioni. Se un piccolo gruppo di persone fosse comunque interessato a fare una passeggiata in altre date, anche in settimana, mi contatti al 3486930662. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • FIOR DI CICLAMINO

    Sta sbocciando sotto le foglie lo chiamano autunno. Hilde Domin È una giornata di allerta meteo, di temporali organizzati, come si dice adesso. Qui è una giornata di qualche minuto di pioggia forte e ampi sprazzi di sole, di quelle che dici -vado per funghi- e appena hai messo le scarpe torna a diluviare improvvisamente. La gatta, sagace, che di mestiere fa la meteorologa, non sbaglia una previsione, non si è mossa dal suo posto al calduccio. Così, tra una sguazzata e l'altra, mi accorgo che nel solito vaso dimenticato tutta l'estate, fra fili d'erba secca, sono spuntati come sempre i primi ciclamini selvatici. Lo confesso, avevo rubato due bulbi fioriti anni fa per portarli a mia madre in ospedale, visto che quell'anno non potevamo andare a fare la solita escursione per "prendercene una vista" come diceva lei e io sapevo che sarebbero stati gli ultimi che avrebbe guardato. Messi poi in un vaso, ogni anno, senza nessuna cura da parte mia, mi regalano fiori e io so allora che sta per finire l'estate. Non sarebbe certo una pianta che rientra nelle mie erbe commestibili, e nemmeno per essere usati come medicamento, ma sono stata sollecitata a scriverne, dal ricordo di una trasmissione dove una gentile signora, proprietaria di un agriturismo, li usava in una pasta con i funghi. La trasmissione, popolarissima, su rete nazionale, l'ho ritrovata, sempre per essere sicura di quello che scrivo, ed è ancora in rete. Diciamocelo subito, il ciclamino è tossico, ma proprio tossico tossico. Specialmente nel bulbo, ma in tutta la pianta, è contenuta la ciclamina, che può dare seri disturbi all'apparato gastrointestinale umano, e mentre ascoltavo la signora che lo chiamava "pan porcino" e in base a questa definizione si era ritenuta autorizzata a metterlo nel cibo, mi sembrava impossibile come non sapesse che il nome volgare del ciclamino è proprio perché il suo bulbo è appetito dai cinghiali e maiali ai quali la ciclamina non fa danni. Nulla so di questa sostanza, che sono poi andata a leggere è un glicoside, una saponina, e forse usata un tempo anche a scopo medicamentoso, ma istintivamente da sempre so che i ciclamini sono tossici, senza nulla togliere all'incanto di fiore che sono. Escono così, nel sottobosco umido dalle prime piogge della tarda estate, dal nulla, senza che la pianta abbia emesso una sola foglia, quelle verranno dopo, si intravede solo appena sotto la superficie del terreno, il bulbo piatto, rotondo e scuro. La corolla di cinque petali come pettinati all'indietro, di un rosa tenue, in qualche specie meno diffusa rossi e solo in Sardegna, credo, rarissimi, quelli bianchi. Un fiore così bello ma con pochissimo profumo, ci sarebbe da svenire altrimenti, quando il tutto si copre di migliaia di fiori. Più tardi, nella sfioritura curiosamente attorcigliati su se stessi, spunteranno le foglie, a forma di cuore, spesso variegate, con i margini finemente dentellati nella specie più comune. Qualche volta si possono osservare foglie e fiori contemporaneamente. Protetto in tutto il territorio nazionale, in Liguria a protezione totale. - foto di actaplantarum - https://www.actaplantarum.org/galleria_flora/galleria1.php?view=1&id=862 Non sono così frequenti qui in alto, devo scendere, sulla strada che porta a La Spezia, lungo la strada c'è un bosco al margine dove a volte vado solo per guardarmeli un po'. Esistono almeno 20 varietà selvatiche, una il Cyclamen repandum Sm, che fiorisce in primavera e il Cyclamen persicum Mill la varietà che ha dato origine alla produzione di quelli ibridi coltivati e venduti a migliaia, per non dire milioni, con il fiore più grande e di diverse sfumature di colore e presenti per gran parte dell'anno nei garden. Chi di noi non ha mai comperato un ciclamino? Elisabetta I li volle nei suoi giardini anche se già i Romani e Greci ne parlano, pianta ritenuta capace di proteggere la casa da influssi maligni, un amuleto per chi la semina e la fa crescere, legata a Ecate la dea della magia, signora della notte e dell'oscurità, con il potere di realizzare o vietare i sogni degli uomini, ma anche dea della fertilità e del ciclo della vita, invocata da chi applica le arti magiche. Proprio per questo nel medioevo ne fu cambiato il simbolismo troppo legato alla figura di una simil strega e divenne fiore poco ambito, per ritornare di moda nel XIX secolo. Oh! È tornato il sole, stavolta vado, quello che avevo da dire l'ho detto, "altro non vi saprei narrare", se non di non guarnire l'insalata con i ciclamini, per piacere. A quale terra antica mi riporti, a quale ora fuori dei millenni, acceso ciclamino d’un giorno d’acqua? Umberto Piersanti Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • LA LUNGA ESTATE CALDA

    Ho sempre preferito la primavera a tutte le altre stagioni, quella vita che si rinnova sembra ogni volta rinnovi anche me. Con gli anni, i dolori, il freddo percepito diversamente, l'odiata umidità, ho imparato ad amare l'estate. Questa di estate è stato impossibile amarla, ma proprio neanche volerle bene. Dopo due anni di chiusure e virus quest'anno ho dovuto rinchiudermi nell'unica stanza di casa dove ogni tanto aleggiava un filo di tiepida brezza, per sopravvivere. Oltre al caldo ho combattuto con ogni sorta di insetti, eserciti di mosche, battaglioni di pappataci e farfalline, dorifore, cimici e formiche, con le finestre spalancate tutta la notte persino le lucciole sbagliavano strada. Zanzare no, le zanzare non mi sopportano, per fortuna. Ogni sera un'ecatombe prima di riuscire a dormire. Dormire... si fa per dire, per la prima volta, qui, a 800mt, con l'aria degli Appennini alle spalle, all'una di notte c'erano 26 gradi e la casa non si rinfrescava. E pensare che in questa camera d'inverno si toccano i sei gradi, e dieci gradi in cucina a volte sono un'utopia. Con due stufe accese mai visti 16 gradi. Ho dormito, lo dico adesso, con tutte le finestre spalancate e anche la porta, diverse notti, poi ho pensato che poteva farmi visita un cinghiale, visto che sotto casa passano abitualmente anche i lupi. Il sole mi ha ferito gli occhi, pur con gli occhiali, il caldo bollito il cervello, uscivo a sera dopo le otto per andare furtiva nell'orto a rubare, a cimici di ogni ordine e grado, qualche zucchina e pomodori malandati, tornando a casa sudata e spesso con due o tre zecche addosso, mai successo prima. Per almeno due mesi buoni, non è mai arrivata acqua al rubinetto che non fosse tiepida, ma potrei dire calda, qualcuno mi ha poi detto che non è bello perché favorisce il formarsi di batteri non proprio graditi. Con la penuria di acqua che c'era non era possibile farla scorrere per farla venire fresca. Le fontane al lumicino, ed era comunque fatica arrivarci. Per questo o perché non lo so ho avuto disturbi di ogni tipo, che non mi passavano neppure quando mi sono arresa a medicinali vari. Nel tentativo di stare meglio ho persino comperato il mio primo tubo di crema con del cortisone dentro. Non mi sono avvicinata ai fornelli per cucinare, ho vissuto di friselle e pomodori, sono riuscita a malapena a mettere insieme un aperitivo per gli amici una sola volta, e sì che non si vedeva l'ora di stare assieme. Ho cercato di essere presente ad alcuni eventi inderogabili e che mi rendono sempre felice, come gli incontri al centro estivo con i ragazzi, ma tornavo a casa che non sapevo "quantu fî me restava in sciâ rocca" quanto filo mi rimaneva sulla rocca, frase usata una volta per definire quanto tempo restava da vivere. ... Strepitando vien giù candida e bella, batte il suol, tronca i rami, il cielo oscura, e nelle grigie vie sonante e dura picchia, rimbalza, rotola, saltella; squassa le gronde, i tetti alti flagella, sbriciola sibilando la verzura, ricasca dai terrazzi e nelle mura s’infrange, e vasi e vetri urta e sfracella. E per tutto s’ammonta e tutto imbianca; ma lentamente l’ira sua declina e solca l’aria diradata e stanca; poi di repente più maligna stride, poi tutto tace, e sulla gran ruina perfidamente il ciel limpido ride. De Amicis Dopo un inverno secco e tiepido, ogni giorno in attesa di una pioggia che non arrivava, con la certezza ormai dell'esperienza che un simile caldo non può che provocare disastri, con la prima aria un poco più fresca che si scontra con un mare caldo arrivato a 30° . É vero questi eventi sono sempre più frequenti, ormai passiamo troppo e solo da un estremo all'altro, ma mi preme dire che qualcosa è sempre successo. Nell'estate del 1903, qui raccontato da chi ho conosciuto che c'era, una tempesta di vento e grandine, distrusse gran parte dei castagneti e il legno fu usato per costruire tutte le capanne col tetto di paglia, di sapore vagamente celtico, che c'erano una volta qui nei boschi per conservare fieno e foglie per lo strame. Quest'anno la mattina del 18 agosto mi sono svegliata con il rumore di una grandinata eccezionale che in cinque minuti ha fatto qui e nella zona fra Lavagna e Sestri Levante disastri che tutti avranno potuto vedere nei vari telegiornali. Dieci o poco più minuti di follia intensa che hanno distrutto coltivazioni di uva e olive, castagne, orti, mais, ma anche danni a case e cose. Arrivata in maniera orizzontale, lo chiamano downburst, pochi hanno salvato l'auto, fari e cruscotti e carrozzerie ammaccate, la mia, vecchia, ma andava, ora è senza fari oltre alla graziosa decorazione nella carrozzeria. Sestri Levante sembra una città mitragliata, tapparelle, intonaci, tetti, alberi, è passata una settimana e stiamo ancora tutti pulendo e contando i danni. Gli stabilimenti balneari di Lavagna sono volati sui binari, dopo una stagione finalmente positiva, tutti devono ricominciare. È ancora e di nuovo troppo caldo, quindi non finirà qui. Questo mi premeva raccontare a chi mi ha scritto e mi ha detto incontrandomi come mai non riceveva più articoli dal mio blog... non ce l'ho fatta fisicamente e mentalmente. I miei post, come ho detto più volte, sono frutto di passeggiate dalle quali prendo ispirazione scoprendo un'erba o con la voglia di cucinare qualcosa. Sono riuscita ad uscire pochissimo, ma fra la desolazione della siccità quest'anno non ci sono stati fiori, pochissima raccolta di erbe stroncate dall'arsura. Non c'è fieno nemmeno per gli animali, non sono riuscita a fare una conserva di nulla, se non qualche barattolo di marmellata definita "Granizada" perché ottenuta con frutti misti raccolti dopo la tempesta. Intorno sembra arrivato improvvisamente l'inverno, non una foglia sugli alberi, solo l'edera rimasta intatta prepara premurosa i suoi fiori, gli ultimi fiori dell'anno per le api golose. La natura magnanima quanto implacabile, si sta già riprendendo, spuntano i sciguelli nemmeno aspettassimo una nuova primavera, e mi ha regalato stamattina un fiore sull'ultimo ramo rimasto di uno dei miei gerani nel mio giardino distrutto. La natura non si domina, se non ubbidendole. Alcune foto mie e della riviera Naturae enim non imperatur, nisi parendo Francis Bacon, Novum Organum, 1620 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • L'ERBA LISCA

    Latito dal blog da un po' di tempo, ma a parte impegni vari, è difficile parlare di erbe abitando in campagna nell'estate più calda e siccitosa che io ricordi, anche se mi capita di trovare sui social inviti a gite di riconoscimento o di raccolta e mi chiedo come sia possibile. Gli articoli di questo blog nascono dalle mie passeggiate cercando e riconoscendo un'erba, ricordando letture e parole sentite a proposito di questa, esperimenti fatti da sola o con amiche o tradizioni di famiglia di una vita, difficile trarre ispirazione dai prati secchi di questo periodo. Da tempo però volevo parlare di un'erba che sapevo esistere ma non riuscivo a trovare, un'erba con una storia per me fantastica, il cui utilizzo finirà per essere dimenticato e speravo, per scrivere il post, di riuscire a fare un'intervista con chi ancora poteva ancora raccontare, o chi poteva mostrarmi un manufatto ottenuto da questa pianta. Ad oggi non l'ho trovato, spero che proprio questo articolo mi porti magari a conoscere qualcuno che la ricorda e che l'ha usata. Tutto quello che scriverò sarà quindi riportato da articoli letti qui e là. Ma l'erba sì, quella l'ho trovata! Nei miei ormai frequenti viaggi dalla Val di Vara a Portofino, sulla strada costiera, nelle pareti scoscese, tra la macchia mediterranea così diversa dalla natura che mi circonda qui, ho finalmente riconosciuto i lunghi ciuffi di "erba lisca". Ampelodesmos mauritanicus è il nome botanico di questa pianta, che cresce in abbondanza sul monte di Portofino, anche se è frequente in tutte le zone in riva al mare fino all' Africa. I ciuffi alti fino a due metri, con foglie strette e lunghe anche un metro, taglienti sul margine (altrove è conosciuta come Tagliamani) le spighe ancor più alte, non possono essere confuse con qualcos'altro. - foto di Actaplantarum - https://www.actaplantarum.org/galleria_flora/galleria1.php?view=1&id=737 Sembra impossibile ma attorno a quest'erba fino a pochi decenni fa, fioriva un'intensa attività lavorativa nella baia di San Fruttuoso. Molti, anche da fuori, venivano a raccogliere quest'erba per conto dei cordai, coloro che, fatta seccare, battuta e filata, la usavano per produrre corde e reti per una particolare pesca a strascico. Reti che leggere e morbide che resistevano al sale e all'acqua di mare e venivano issate a bordo con più facilità e venivano richieste da tutti i pescatori del Levante Ligure. Anche i cavi per la Tonnarella di Camogli erano fatti con questa pianta. Per qualche motivo che mi è sconosciuto, visto che comunque non è un'erba così difficile a crescere e a propagarsi, basterebbe un'oculata conservazione e raccolta, è adesso tutelata e le poche corde ancora prodotte a San Fruttuoso sono fatte con fibra di cocco che arriva da lontano, di solito dall'India. Il resto è tutto nylon, dimenticando come una fibra naturale sia completamente biodegradabile. Con la sospensione della raccolta è scomparsa completamente l'attività dei cordai, una volta fiorente in Liguria in tutti i paesi costieri, che usando anche altre fibre vegetali come canapa, lino ecc. provvedevano per la richiesta di tutti i tipi di cavi, anche grossi, per navi di una certa importanza. Nel video sotto viene raccontata un po' la storia di questi personaggi, mostrato come si fanno le corde, anche se mi piacerebbe riuscire a conoscere qualche pescatore o poter fotografare se ancor esiste, una rete fatta con la lisca. In questi anni non sono riuscita a trovare nemmeno nessuno che ricordasse la pianta, così le notizie scritte sopra sono prese da questo articolo: https://www.portofinoamp.it/attivita-tradizioni/i-cordai La strada stretta e l'impossibilità a fermarmi mi ha impedito di fare fotografie dettagliate, ma dovrò fare una passeggiata nel Parco di Portofino o sopra Sestri Levante dove so essere presente, per documentarmi e osservarla meglio. Continuando a leggere qui e là ho scoperto che la pianta era anche usata per costruire il fondo dei setacci per la semola e gli steli delle sue spighe per fare le "busiate" un tipo di pasta fresca in uso fra Sicilia e Calabria simile ai fusilli fatti con il ferretto. Busiate da Buso, cioè lo stelo della Disa, nome dato all' erba lisca in quelle zone. Le Busiate sono ottime con il Pesto alla Trapanese, che la storia suggerisce essere una derivazione di quello portato in Sicilia dai Genovesi, quando al ritorno dai viaggi in Estremo Oriente, attraccavano al porto di Trapani e si mettevano a fare il loro pesto di basilico e aglio. I siciliani poi trasformarono “l’agghia pistata” vista fare, aggiungendo mandorle e pomodorini, con un'interazione fra culture e sapori che mi fa sempre sorridere quando sento inneggiare al "solo noi, solo qui, solo così". Un valore così grande come la capacità tutta italiana di cambiare gusto e pietanza di casa in casa con spesso gli stessi tre ingredienti, invece di essere portata in palmo di mano, viene invece sovente demonizzata. Basta uscire dai propri ristretti confini, a volte solo mentali, per poter gustare piatti incredibili che magari sono frutto semplicemente di un incontro con un nostro lontano parente, che è passato un giorno, tanto tempo fa, di lì. Mi scuso per la divagazione e provo a fare le busiate e mi perdoneranno siciliani e calabresi se sono venute come sono venute. Avrei fatto meglio a imparare quando, durante il mio soggiorno in Puglia voleva insegnarmele la vicina che aveva imparato dalla suocera messinese! Dunque servono Acqua tiepida e farina, io preferisco sempre farina di semola o se non si trova semola rimacinata, ma va bene anche 00 Un impasto non troppo morbido, lasciato riposare un pochino, meglio coperto in frigorifero. Da piccole porzioni di impasto lavorate a cilindri di circa 4 mm.di spessore, taglio dei pezzi di 6-7 cm. Con uno stecchino di bambù, perché non sono riuscita a raccogliere una spiga di lisca, mettendolo ad angolo cerco di avvolgere la pasta creando una spirale. Ruotando con due mani il bastoncino sulla spianatoia la pasta si allargherà permettendo di staccarla. Non è stato facilissimo all'inizio e le mie busiate sono suscettibili di miglioramento, ho seguito un tutorial su you tube e mi sento di consigliare a chi volesse provare: Serve la spianatoia di legno, altrimenti non scivola la pasta Bisogna indovinare la misura giusta di lunghezza e dimensione della pasta e la consistenza dell'impasto, troppo morbido si attacca al bastoncino. Per qualche motivo che mi è rimasto sconosciuto la pasta all'inizio mi rimaneva ammucchiata, facendole sembrava mi venissero sempre meglio, certo serve ancora tanto esercizio. Ho seguito questo tutorial: https://www.youtube.com/watch?v=7HEDEbQs-jM&ab_channel=Annamariatrafornoefornelli Lasciate asciugare le ho cotte e condite con il pesto trapanese. Anche per questo ho sbagliato qualcosa, poco basilico ed è venuto un po' troppo rosso con il pomodoro che spiccava come gusto. Per farlo ho usato: un mazzetto di basilico ma ne servivano decisamente due 250gr. di pomodori di Pachino 50gr. di mandorle pelate uno spicchio di aglio 50gr. di pecorino sale e olio quanto basta Andrebbe pestato al mortaio ma con un giro di frullatore si fa sicuramente prima. Le abbiamo comunque gustate e sono pronta per correggere gli errori la prossima volta, in attesa, chissà, di poterle assaggiare in bel viaggio al sud che oramai sogno anche di notte. - Quannu a pasta è ‘nta pignata, ci voli ‘a tavula cunzata - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • FIOR DI ORNIELLO

    Allora disse Jafnhár: “Il frassino è di tutti gli alberi il più grande e il migliore; i suoi rami si allungano per tutto il mondo, fin sopra il cielo”. Con incommensurabile ritardo pubblico il post sul frassino. In pratica è dall'anno scorso che volevo scrivere qualcosa, il caldo anomalo ha fatto sparire in fretta i bianchi fiori sugli alberi che si mescolano confondendosi con gli arbusti di sambuco nella macchia. Forse qualcuno ancora fiorito si trova andando verso quote più alte. Profondamente diversi dal sambuco raccontano anche loro la storia di un albero che per il resto dell'anno rimane qui semi sconosciuto fra carpini, roverelle, cerri e altro, nati a caso, a formare i boschi misti insieme ai castagni che ammalati e poco curati stanno lentamente sparendo. A me, fortunata, ne è nato uno in un vaso. Diversa la considerazione degli antichi per questa pianta, nella cultura nordica è la chioma di un frassino che sostiene il cielo e per altri è il primo albero creato, e da questi è uscito il primo uomo. Nelle sue radici vivono le Ninfe melìadi, le ninfe del miele, custodi del destino, che incessantemente tengono bagnate le sue radici perché non secchi. La sua magia è legata alle acque e si diceva salvasse dall'annegamento. Proprietà guaritrici affidate alle sue foglie, alla corteccia e ai semi. Con le foglie giovani si fa un ottimo tè. Associato al mito della creazione diventa simbolo di fecondità. Tali sono le sue proprietà magiche che è solo con un paletto di frassino, robusto ed elastico, che si possono uccidere i vampiri. Ieri sera un frassino sul punto di dirmi qualcosa - tacque. Octavio Paz Le foglie formate da un rametto con da 5 a 9 foglioline leggermente dentate sul bordo cadono in autunno. Il legno pregiato e bianco, elastico, leggero largamente usato da sempre per tutto ciò che necessita di un legno resistente, gli archi e frecce per esempio o le ruote dei carri, manici per attrezzi agricoli e poi in seguito anche sci, eliche, strumenti musicali, sedie ecc. Tra le innumerevoli varietà il più pregiato è il Frassino maggiore, Fraxinus excelsior, diverso il fiore da quello sopra, ma qui trovo più frequente questo, l'Orniello, Fraxinus ornus, anche esso dalle innegabili proprietà. Ottimo come legna da ardere anche verde, per via di una sostanza infiammabile che contiene, il primo fuoco dell'anno veniva acceso con legno di frassino perché la stagione fosse propizia e le piogge primaverili abbondanti. Tenuto spesso vicino alle abitazioni e capitozzato per fare con le foglie foraggio, tutto l'albero è commestibile, semi, corteccia foglie, anche per l'uomo e le donne romane lo usavano le sue proprietà dimagranti. I contadini di una volta preparavano per i giovani polli in primavera "l'acqua blu" di Orniello. I giovani rami, i polloni dell'anno con la corteccia che si stacca facilmente, venivano immersi un po' sbucciati e un po' no, in acqua fresca per almeno due giorni al buio, l'acqua prende una colorazione bluastra e questa veniva data una volta, ogni due o tre giorni per qualche settimana, si diceva che servisse per prevenire e rinforzare, probabilmente l'effetto antinfiammatorio contro artrite e reumatismi, gli effetti blandamente lassativi e diuretici servivano come serviva a noi la ... Manna. Solo da pochi anni ho scoperto essere l'Orniello lo stesso Frassino da manna, coltivato in Sicilia, per la produzione di quest'ultima, una coltivazione antichissima. La manna è ottenuta da un liquido biancastro dolce, frutto dell'unione fra le due linfe dell'albero che incontrandosi e uscendo all'esterno solidificano naturalmente grazie alle particolari condizioni ambientali, caldo secco ecc.. L'uomo favorisce la fuoriuscita nei mesi caldi, incidendo la corteccia e creando un taglio, posizionando particolari accorgimenti per far si che si raccolga in cannoli, o in coppette alla base, o raschiando quella naturale. Un lavoro che si concentra tutto intorno al parco delle Madonie in Sicilia e gran parte della produzione mondiale per dolci, prodotti di bellezza o medicinali naturali arriva da lì. Nonostante l'albero sia lo stesso, l'Orniello, da noi non avviene la trasformazione della linfa da liquida a solida per questioni proprio di clima. Chi fra quelli della mia età non ricorda come le veniva propinato al mattino il panetto di Mannite da sciogliere nel te o nel latte, per rinfrescare l'intestino, quando, per esempio, si andava in villeggiatura e "bisognava abituarsi all'aria"? Purtroppo un prodotto destinato a sparire, sostituito come sempre da surrogati chimici, il Mannitolo, che non sempre è Mannite da Frassino. Anche la produzione di Manna in cannoli, era diminuita drasticamente e i frassini sostituiti da oliveti o simili se non fosse per alcuni giovani che hanno ripreso in mano le antiche tradizioni e adesso la Manna in Cannoli è un presidio Slow food. La casa d'Israele la chiamò manna. Era simile al seme del coriandolo e bianca; aveva il sapore di una focaccia con miele. Libro dell'Esodo. Incredibile come si sia potuto abbandonare un prodotto così fantastico, dalle molteplici proprietà curative, a cominciare dai diabetici che possono usarlo al posto dello zucchero, a chi vuole un blando lassativo per bambini e anziani, favorire la diuresi, come antinfiammatorio per avere miglioramenti nelle bronchiti croniche e calmare la tosse, più un buon contenuto di antiossidanti. D'altra parte cosa mandò Dio agli Ebrei nel deserto che gli bastasse per tutto? Anche se le ipotesi sono diverse e non certe che si tratti di una linfa di albero, vero è che si usò la parola manna per definirlo. Ancora adesso si usa l'espressione "come Manna dal cielo" per un benessere inaspettato e gratuito. La cura di Mannite era un classico primaverile, del cambio di stagione o come dicevo prima, quando si effettuava un cambiamento d'aria per purificare gli organi e predisporli alle nuove cose che si sarebbero mangiate, ai nuovi pollini che si sarebbero incontrati nelle passeggiate, all'acqua diversa che si sarebbe bevuta. Ora, ahimè, si vive nella globalizzazione e si va velocemente con un aereo da un posto all'altro dove ci illudiamo di trovare le stesse cose, gli stessi sapori in qualsiasi posto del mondo siamo, ma forse non è proprio così e sono convinta che il nostro organismo ne risenta più di quanto ce ne accorgiamo, perché, come diceva mio padre, se fossimo nati per volare ci avrebbero pur fatto le ali anche a noi, se ci hanno fatto per muoverci con i piedi significa che si deve andare più lentamente... Il video sotto è estrapolato da un video più lungo del National Geographic , salvato diversi anni fa con mezzi di fortuna e me ne scuso, probabilmente ci sono diversi altri video sul web ma questo mostra in maniera molto concisa il procedimento Mario Cicero vive ancora a Castelbuono e come guida ambientale escursionistica organizza eventi e accompagna grandi e piccini in bellissime avventure, oltre ovviamente a produrre manna. A questi link per conoscerlo e incontrarlo. https://madonieexplorers.com/chi-siamo/ https://madonieexplorers.com/visita-produttore-di-manna/ Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • FIOR DI CIOMBOLINO

    ... È un fior magato. Il suo germe quassú lo portò il vento. Il suo nome lo cantano le stelle. Nulla sa delle selve e dei giardini sparsi pel mondo: sta, fra tetti e cielo, felice: al mondo unico fior si crede, ed io l’amo per questo... Ada Negri È arrivato il momento di parlare anche di lei, la Cymbalaria muralis. Me la fece notare qualche anno fa quel gran saggio che è Don Sandro Lagomarsini, fermandosi un attimo al mio gazebo di selvatiche commestibili, da lontano segnandola col dito, abbarbicata ai muri del Castello di Varese Ligure, dicendomi : - Vedi lassù? Ora mangiano anche quella, la Cymbalaria - Un piccolo inciso per dire che non c'è stata volta che non ho incontrato Don Sandro e non ho imparato qualcosa e di lui potete leggere qui>>> Tornando al Ciombolino, da quella volta ho imparato a notarla sui muri a mezz'ombra, fra le pietre, in mezzo a Ombelico di Venere (qui>>>) e a Parietaria (qui>>>) per la sua rapida diffusione, ora che si moltiplicano i ruderi abbandonati. Fatta qualche ricerca, è vero si potrebbe mangiare anche lei. Dal sapore acre e amaro che ricorda il crescione, e per quello a me non piace molto, può insaporire le insalate. Con la giusta misura però, qualche fiorellino qui è la per decorare, qualche foglia per chi piace, perché ha comunque una certa tossicità. L'alto contenuto di tannini e mucillagini ne fanno una pianta usata per curare le emorroidi. Compresse imbevute nell'infuso ottenuto con la pianta possono essere applicate sulla parte e anche per accelerare la guarigione di ferite ed escoriazioni. Sempre meglio da fresca, pare sia usata anche per i calcoli renali. Un'altra piantina che, ad osservarla bene, regala inaspettate meraviglie botaniche. All'inizio crea un riparo di foglie carnose, che ricordano nella forma quelle dell'edera, coprendo la fessura dove stanno attecchendo le radici, poi con il suo esile portamento filiforme che scende flessuoso lungo i muri, sta attenta a non sovrapporre mai le foglioline perché possano raccogliere tutta la luce possibile, i piccolissimi fiori si allungano a cercarla fino a quando, diventati piccoli frutti giunti quasi a maturazione, allungano il peduncolo nella direzione contraria per raggiungere una nuova crepa all'ombra nel muro ove aprirsi e mettere radici. I fiori appunto, minuscoli, che sembrano piccole orchidee, perfetti, appena accennanti sfumature di viola, con al centro due punti di giallo vivace quasi a dire: - sono qui guardatemi! - Sembra impossibile che in un mondo di perfezione e bellezza simili ci sia posto anche per noi gente imperfetta al punto da pensare che la natura sia a nostra disposizione. Ieri non c’era. Or vive, tra due vecchi embrici. Se per poco io m’arrischiassi sovra il muretto del terrazzo, cogliere lo potrei. Non ardisco... Ada Negri Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • FIOR D'ORCHIDEA

    La siccità dei mesi scorsi ha avuto una importante rilevanza sui fiori quest'anno. Il mio lillà ha solo una decina di fiori, trovo pochissimi iris nei campi e praticamente quasi nessuna orchidea. Forse cambierà qualcosa ora dopo le piogge. Volevo lo stesso scrivere due parole sulle orchidee selvatiche, non per fare un elenco di nomi botanici che per altro non sono nemmeno sicura di conoscere bene, più di tutto mi preme ricordare di come siano protette a livello non solo nazionale ma europeo, tanto da essere inserite nella Cites (Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora). Alcune varietà hanno una protezione totale in tutta Italia, alcune una protezione parziale. Non si possono cogliere i fiori, non si possono raccogliere le capsule dei semi, per nessuna ragione può essere estratto il bulbo sotterraneo. Sembrerà banale un post per dare solo questa informazione ma in realtà c'è ancora chi non sa che sono protette ma soprattutto c'è ancora chi non sa che sono orchidee spontanee. Mi sono trovata tempo fa a pranzo in un agriturismo dove i tavoli erano allegramente decorati da mazzolini di Anacampis morio con l'unica giustificazione che ce n'era il bosco pieno e figuriamoci se sono orchidee e se sono protette. Lo so, sono noiosa forse anche pedante ma tant'è non ho resistito a spiegar qualcosa. E poi a dirla tutta non c'è solo questo da dire, c'è altro. In fin dei conti questo è un blog di erbe commestibili! Una delle cause della estinzione delle orchidee selvatiche sono le proprietà che sono state attribuite al suo bulbo. La forma di quest'ultimo, somigliante ai genitali maschili, due tuberi ovali vicini, ha fatto sì che si creasse l'aspettativa di un potere afrodisiaco o che servisse per agevolare la procreazione, anche perché legato alla leggenda di Orchis, il focoso figlio del Satiro, che tentò di violentare una sacerdotessa e per questo punito e fatto a pezzi da bestie feroci. Dai pezzi sbranati crebbero le orchidee, per ricordare come fosse bellissimo e i suoi tuberi per rimarcare l'oltraggio del quale si macchiò. In medicina il prefisso orchi- è infatti usato per le malattie dell'apparato maschile. Ovvio che ho messo una foto presa da un vecchio libro di mia madre, non ho scavato e estratto i bulbi solo per fare una fotografia. Con queste premesse era adoperato il bulbo seccato e macinato per produrre una farina, il Salep, dal profumo dolce e conturbante, che è ancora in uso nei paesi arabi e mediorientali, oggi quasi solamente in Turchia, utilizzata per bevande simili alla cioccolata e gelati da passeggio. Questi paesi non hanno aderito alla Convenzione di cui sopra, ma quello di cui non mi capacito che si possa tranquillamente acquistare su internet, visto che ne è proibito il commercio in tutta l'Unione Europea, tanto è vero che, per esempio in Germania, viene usata la gomma guar come sostituto per chi vuole assolutamente berlo. Eppure con le moderne tecnologie, basta frugare un po' sul web e, vicino a improbabili composti in polvere sostitutivi artificiali, c'è tranquillamente la possibilità di comperare quello vero. A questo punto diventa difficile convincere che non è il caso di consumare i tuberi di orchidea. Tra l'altro la scienza non ha minimamente confermato le famose proprietà afrodisiache e tanto meno quelle procreatrici, ma solo un debole potere antidiarroico. È semplice da capire come estraendo il bulbo se ne impedisca la propagazione, visto che le orchidee in genere hanno una riproduzione complicata per seme e comunque raccogliendo il fiore si finisce per impedire anche quello visto che senza fiore il bulbo non arriva a maturazione. In Turchia però le orchidee per produrre il Salep sono coltivate, quindi ... Di forme e colori diversi, alcune orchidee sono talmente specializzate nella loro forma, per invitare gli insetti all'impollinazione, da assomigliare all'insetto stesso. Di altre orchidee, quelle che qui da noi sono fiori preziosi coltivati, e in altre parti del mondo fiori spontanei, non parlo se non per ricordare la Vanilla planifolia Jacks. ex Andrews, da tempo coltivata nei paesi tropicali per i suoi frutti profumatissimi, la Vaniglia o Vainiglia, come l'abbiamo sempre chiamata un tempo, famosa per il suo uso in cucina. - foto dal web - Come scrivevo sopra non mi attarderò a scrivere i nomi botanici, potrei sbagliarli, ci sono centinaia di libri sull'argomento, uno fra tutti Orchidee d'Italia - Guida alle orchidee spontanee . Tra i siti che si occupano di orchidee ho trovato questo, molto chiaro e semplice da consultare, se qualcuno vuole approfondire. Il Matese è uno dei luoghi dove sono concentrate le più varie specie di Orchidee spontanee italiane. https://www.matesenostrum.com/orchdee-spontanee-specie Fotografi che si occupano solo di fotografare orchidee selvatiche, e fra i miei amici Antonio Andreatta, al quale ho rubato le foto più belle, come quelle che seguono che si distinguono molto facilmente dalle mie sopra. Per chi serba il cuore di un'Orchidea, Le paludi sono rosa a giugno. Emily Dickinson Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. 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  • DON SANDRO LAGOMARSINI

    Belle sono le cose che si vedono più belle le cose che si sanno ma più belle di tutte sono le cose che non si sanno ancora Niccolò Stenone Don Sandro non è il mio parroco, ma quello di una parrocchia confinante con la mia. Impossibile non averne sentito parlare, nel bene e nel male. Per quanto mi riguarda, come già ebbi a dire, non c'è stata volta che anche pochi minuti insieme a lui, non siano bastati a imparare qualcosa, non fosse che per andare contro. Da lui vado quando voglio diradare le nebbie della mia mente, quando il pensiero comune sta per possedermi, quando mezza parola sua mi aiuta a tirarmi su dall'appiattimento. Definirlo perennemente "in direzione ostinata e contraria" sarebbe ancora un eufemismo, sono ormai famose le sue diatribe, al primo posto quella che porta avanti ormai da 25 anni, anche fisicamente, raggiungendo a piedi le sue chiese per le funzioni, per protestare contro l'amministrazione comunale con la quale contesta la proprietà del sagrato della chiesa di Cassego. La protesta è annunciata a gran voce da striscioni bianchi scritti a mano con il colore rosso, che tutti possono vedere, salendo per la strada provinciale che da Sestri Levante porta a Varese Ligure e su per Cento Croci. https://www.gazzettadiparma.it/home/2022/04/12/news/don-sandro-migliaia-di-chilometri-a-piedi-per-rivendicare-la-proprieta-del-sagrato-638765/ Classe 1940, è arrivato a quasi 25.000 km tutti a piedi e non dimostra davvero la sua età. La sua vita è passata tutta nella frazione di Cassego e la parrocchia di Valletti in Val di Vara da quando, giovane appena ordinato, fu mandato su per farsi le ossa come sacerdote e vi rimase poi per le sue posizioni sempre contrarie. Studente all'Università di Pisa fu il primo nelle contestazioni, organizzatore di un Cineforum dove si proiettavano e si discuteva però di Fellini, Bergman, Pasolini, conversazioni sull'educazione sessuale, e poi contro la Guerra in Vietnam, ed erano gli anni '60. Infine seguace di Don Milani, tanto da fondare nel 1968 lui stesso un doposcuola, sul modello di Barbiana, per i ragazzi, figli di contadini, che non era costume far continuare la scuola, tanto in agricoltura servono le braccia, portandoli a ragguardevoli risultati e facendo conoscere loro "altro". Sempre dalla parte dei considerati diversi, degli emarginati, dei lasciati indietro perché intanto dove vuoi che arrivino. https://www.youtube.com/watch?v=tDfqDi-GOak&t=22s&ab_channel=ScuoladiBarbiana Ancora negli ultimi anni contro la cultura del biologico, contro il pensiero dilagante falso naturalistico che non serve a preservare la montagna e le genti che ci abitano. Don Sandro mi ha insegnato che la natura non ha bisogno dell'uomo, che se l'uomo ci vuole abitare deve vivere in equilibrio con essa e che qualcosa va sacrificato. Che questa nostra poca terra abbarbicata sui monti va tenuta con tanto lavoro fisico manuale, con le strategie semplici dei nostri anziani, che non può dare quello che non ha, ma con rispetto reciproco può restituire molto in pace, serenità, soprattutto pensando a una Liguria più a valle, in riviera, dove l'abbandono di questi monti, l'incuria nelle nostre valli, la trascuratezza dei nostri rivi, arriverà un giorno, e già lo sta dimostrando con i disastri conseguenti alle piogge, alle sempre più frequenti alluvioni, alle calamità che pochi comprendono come partano da più in alto. Senza pensare a grandi progetti di grandi coltivazioni o di grandi allevamenti basterebbe che si aiutassero le poche persone ancora presenti sul territorio a mantenere bene quello che c'è. Organizzatore di cortei di protesta per qualunque bisogno, l'ultimo per la riapertura di una strada franata che per due anni ha aspettato i lavori, con i disagi che ne conseguivano per la popolazione di Valletti. Grande conoscitore di erbe, scrittore di numerosi libri, collaboratore di vari giornali, custodisce un piccolo museo contadino visitabile su prenotazione, dove è un piacere incredibile sentirlo raccontare la storia e l'uso di ogni oggetto. Anni fa mi rese disponibile un locale a Valletti per permettermi l'esposizione della mia piccola mostra sulla vita delle donne, che ha dato poi origine a tutto il progetto del sito e del blog e che ha girato negli anni successivi tutto il Tigullio, con una serie di presenze incredibili, dandomi fiducia, senza voler sapere niente di quello che facevo, liquidandomi con tre parole:- Fai quello che vuoi, basta che non ti serva il mio aiuto, che non c'ho tempo.- Salvo poi supportarmi ogni volta che ce n'è stato bisogno. Negli anni l'ho sentito discutere di qualsiasi argomento, compreso cantare in giapponese una volta che arrivò un gruppo a visitare il museo. Non è facile essere sempre d'accordo con lui, già non è facile riuscire a parlare con lui, nicchia sempre un po', non ha tempo, poche parole, quelle necessarie e poi esci con due libri in mano, un vaso con una pianta importante e un'idea. E nel caso la conversazione si fa più lunga conviene proseguire mentre si va a piedi da qualche parte, così per non perdere tempo. Indelebile nella mia memoria un ricordo personale. Nell' arrovellamento che porta la decisione di separarsi dopo trent'anni di matrimonio, decisi di andare anche da lui per "capirmi", cosa volessi davvero fare. Dopo una sgridata megagalattica su noi ragazze di città che ci innamoravamo degli uomini di campagna senza sapere a cosa andavamo incontro, ancora molto confusa, mi congedai dicendogli :- Vabbè Don Sandro, preghi per noi. - e lui serafico sulla porta: - Sai come si dice? quando chiami il prete ... è per l'estrema unzione ...- Come sempre aveva ragione, e la nebbia si diradò ... - S.Anna - Valletti 2008 Al link per l'approfondimento su di lui, ma in rete si trova di tutto e di più, video, articoli, e i suoi libri. https://www.amegliainforma.it/2021/11/30/don-sandro-lagomarsini-un-saggio-scomodo/ Per il museo contattare la parrocchia di Cassego: 0187 843053 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • FIOR DI GIAGGIOLO

    ... la brace qua copre, là desta, passando, frr, come in volo, spargendo un odore di festa, di nuovo, di tela e giaggiolo. G.Pascoli Quest'anno tutto sembra correre più degli altri anni, complice l'inverno poco freddo, le giornate soleggiate e infine adesso finalmente la pioggia, che accelera lo sbocciare di tutto quello che ardentemente la aspettava. Già da metà aprile in giro ho visto Giaggioli fioriti, le orchidee dei poveri, che una volta usavo per adornare l'altare il giorno di San Filippo Neri, essendo la seconda metà di maggio, più o meno, l'epoca di sbocciatura qui. Se la natura sembra essere precipitosa, la mancanza d'acqua ha fatto si che tutti i fiori siano pochi, molto meno degli altri anni. Gli Iris che si trovano ancora qui nei poggi, selvatici, in campagna, una volta invasivi, sono quelli dal grande fiore blu violaceo, con tre petali ritti interni e tre pendenti esterni spesso ondulati. Giaggioli li abbiamo sempre chiamati e Iris invece le varietà diverse da giardino, ma è una distinzione che non esiste, sono tutti Iris, anche se forse mia madre intendeva per giaggioli quelli con il rizoma e per iris quelli con i bulbi venduti come fiori da giardino. - foto dal web- Ho scoperto poi la parola derivare da "ghiacciolo" per via dell'Iris bianco, frequente nelle campagne toscane e preso a simbolo della città di Firenze, chiamandolo erroneamente Giglio Fiorentino. Un curioso aneddoto vuole che lo stemma Ghibellino fosse fiore bianco in campo rosso, ma alla vittoria dei Guelfi i colori furono invertiti. Dagli anni '50 esiste una competizione che promuove la ricerca di un Iris dello stesso rosso di quello del Gonfalone della città, che ancora nessuno è riuscito a riprodurre. Sotto Piazzale Michelangelo a Firenze un giardino racchiude le tremila specie di colori diversi, che sono uscite fino adesso dalle ibridazioni ed è uno spettacolo vederli in questi giorni fioriti. Con queste genti vid’io glorioso e giusto il popol suo, tanto che il giglio non era ad asta mai posto a ritroso né per division fatto vermiglio… La Divina Commedia - XVI canto del Paradiso. IL GIARDINO DELL'IRIS - qui>>> E spinse Iri, ch’à d’oro le piume, a recare un messaggio: «Iri veloce, va’, reca ad Ettore questo messaggio... Iliade, XI,18 il nome Iris da Iride, messaggera funesta di Zeus, con ali d'oro, vestita di gocce di rugiada riflettenti la luce. Lascia dietro di sé, scendendo dall'Olimpo, un arco iridescente di mille colori, preferita da Giunone, alla quale invece porta solo buone notizie, e che la trasforma in arcobaleno. Fiore conosciuto da tempi antichissimi, pare che il faraone Thutmosis III, 1500 anni prima di Cristo, lo portò dalla Siria e che alcune raffigurazioni della pianta si vedano nel tempio di Amon a Karnak. Se è arrivato fino a noi è anche per le sue proprietà usate specialmente in profumeria. È nello stemma di Firenze, perché le colline toscane ne sono coperte, specie della varietà Iris pallida, coltivato da tempi remoti per essere inviato alle profumerie, soprattutto di Grasse in Francia, ma ovunque nasca un profumo. Anche se negli ultimi anni la produzione è diminuita tantissimo, per via del lavoro quasi esclusivamente manuale di raccolta, essiccazione e pulitura del prezioso rizoma, che dura anche tre anni prima di avere il prodotto finito, aspetta il riconoscimento di una Igp che lo valorizzi ulteriormente. È ormai diffuso l'uso di prodotti di sintesi che non potranno mai dare lo stesso risultato, Anche se pochi lo sanno il suo profumo fa parte anche del bouquet di alcuni liquori. Ed è appunto la radice o meglio il rizoma che contiene la preziosa fragranza, anche se già il fiore la annuncia. Dopo tre anni della messa a dimora viene tolto dalla terra, pulito dalle barbe uno per uno con un roncolino, i migliori, rizoma bianco, spellati e messi a seccare al sole, altri recuperati anche così e detti rizoma nero, seccati a fette. Solo alla fine di tutti i passaggi si sentirà il profumo intenso di violetta che non si avverte nel rizoma fresco. Tutto il lavoro è svolto manualmente. Oltre ai profumi e ai liquori è usato anche in cosmetica, per esempio macinato per essere aggiunto a ciprie e a talchi. Si racconta che la Contessa di Castiglione usasse cospargersi con la polvere di Iris, chiamata per questo la polvere della Contessa, per far cadere gli uomini ai suoi piedi Al link sotto un interessante video sulla lavorazione del rizoma in Toscana Come tante piante bulbose o con rizoma ha una mappa di protezione che varia da regione a regione e da varietà a varietà. Non ho notizie certe sulla sua commestibilità, pare che fosse usato per tosse e depressione, in casa noi mai usato, anzi, ritenuto se non proprio velenoso, quasi. Come per tante altre cose ho trovato notizie contrastanti quindi mi attengo a ciò che ho sempre fatto o visto fare. Quello che invece proverò sarà di mettere un rizoma secco nel cassetto della mia biancheria, come facevano le nostre nonne, per sentirne sprigionare il profumo ogni volta che lo apro. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. 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  • DI FAVE, SALAME E ERBEGGIA

    Uno degli appuntamenti immancabili, che segnava l'arrivo della primavera sulle nostre tavole liguri, erano fave, le baxane*, e piselli freschi, questi ultimi chiamati erbeggia nel Tigullio. Calcolata attentamente la semina perché i primissimi fossero pronti a Pasqua e se, negli anni di Pasqua bassa, qualche volta non si riusciva, non potevano assolutamente mancare il 1 maggio. Ancora oggi se per la Domenica Santa sono una specie di benvenuto, il pre antipasto, il per così dire amouse bouche, per la festa del lavoro la fanno da padrone insieme a pecorino e salame. Non è un caso che si trovino insieme in questo giorno e non solo per appetibilità. Nelle case dei contadini, anche il primo salame era arrivato a stagionatura giusta, e, passata la Pasqua, senza l'agnello, le pecore davano proprio il latte per un primo sale. Non c'è ricetta né da cuocere né da assemblare, ma solo l'accortezza di scegliere ingredienti inappuntabili da portare in tavola. Per i genovesi il salame è quello di Sant'Olcese, qui in campagna una volta era quello preparato in casa, tutti avevano almeno un maiale. Ora io preferisco quello dell'Antico Salumificio Castiglione di Castiglione Chiavarese garanzia di bontà e qualità. Per Fave e Piselli, se si ha la possibilità, è meglio prenotare per tempo presso una Azienda agricola del territorio, in riviera uno dei tanti orti che aderisce a Antichi Ortaggi del Tigullio fra i quali spicca il dolcissimo Pisello di Lavagna. Il formaggio è per tradizione quello dei pastori sardi emigrati che pascolano ancora oggi le loro pecore nei monti intorno a Genova e possibilmente fresco. Un buon tagliere circondato di baxane e erbeggia in ta teiga pe u salamme e furmaggio de pegua e il Primo Maggio cominciava così, all' arrivo degli amici, mentre qualcuno faceva fuoco sotto le ciappe per cuocere la carne. qui>>>IN SCIÂ CIÀPPA e si aspettavano i Maggianti con le Cantâele qui>>>IL LILLÀ LA MIA CANTÂELA. Qualche anno fa, da un'amica ho gustato per la prima volta (non è mai troppo tardi per assaggiare cibo nuovo) il Cunduçin di Lavagna, un piatto semplicissimo, derivato dal più classico Cundigiun del quale un giorno parlerò, niente altro che un'insalata di piselli e fave sgranate, crude, con cipollotto fresco tagliato sottile, condite con abbondante olio ligure e salato alla bisogna. Il mio oggi, perché un po' di erba la devo mettere ovunque, è con l'aggiunta di qualche ciuffo di Sciguelli qui>>> una piccolissima dadolata di pecorino e qualche grana di ribes rosso, provare per credere. * tutte le parole in genovese sono tratte da il Dizionario Genovese-Italiano - Giuseppe Olivieri Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • CARCIOFINI SOTT'OLIO

    Dopo tanto tempo fra erbe, raccogli le erbe, porta le erbe, racconta le erbe, oggi mi sono concessa un pomeriggio. D'altra parte si aspetta la pioggia benedetta e riuscirò a stare un po' a casa, viste le previsioni, l'altra sera, tornando, al supermercato, ho trovato un po' di carciofini, ovvero gli ultimi carciofi piccoli che rimangono sulla pianta nei rami secondari e che vengono usati per essere conservati sott'olio. Il periodo che si trovano in vendita almeno qui da noi è questo, tra fine aprile e inizio maggio poi non ne arrivano più, e quelli dell'altra sera mi sembravano già abbastanza malconci da essere gli ultimi. Li ho presi lo stesso, mi piacciono troppo, e nonostante l'aspetto esteriore so che dentro poi saranno diversi, d'altra parte o faccio questi e devono essere piccoli, o non mi perdo a mettere sott'olio quelli più grandi divisi a spicchi, perché sono davvero tutta un'altra cosa, un altro sapore, al di là dell'aspetto estetico. Pulirli è meno tragico di quanto possa sembrare, basta osservare qualche accortezza. Si taglia sotto le punte, si taglia all'attaccatura del gambo, si arrotonda il fondo in modo da togliere in solo gesto anche le prime foglie più dure, e il carciofino è pronto da mettere a bagno con acqua fredda e limone. Puliti tutti, si fanno bollire in aceto, con un grano di pepe, una foglia di alloro, sale, uno spicchio d'aglio. Non serve molto liquido, appena appena coperti, e si fanno cuocere cinque minuti, non di più perché non serve, devono essere bei croccanti. Premuti leggermente in un canovaccio pulito e lasciati asciugare qualche ora, si sistemano poi per bene in una arbanella pulita e si coprono di olio di oliva, distribuendo il pepe, l'alloro e l'aglio bolliti insieme. Non metto mai prezzemolo nelle conserve, mi sembra diventi scuro e cambi sapore, aggiungerne un poco fresco al momento dell'uso è un attimo. Dovrebbero rimanere una decina di giorni per insaporirsi, io non ci riesco quasi mai, a meno che non ne trovi una quantità tale che mi permette di farli durare un po' di più. Classici nell'antipasto, sulla pizza, per una pasta veloce, un contorno, una bruschetta e chi più ne ha più ne metta. I più grandi, quando in questo periodo vengono venduti a cassetta, li pulisco con lo stesso metodo, taglio in quattro e dopo una brevissima sbiancatura di pochi minuti in acqua bollente li metto in congelatore e saranno pronti per fare torte, sughi, stufati. Metto in congelatore, in anni che si possono comperare senza un mutuo, anche quelli di prima scelta, tagliati a fette spesse, passati nella farina poi nell'uovo sbattuto e infine nel pane grattugiato pronti per friggere assolutamente in olio evo Altre ricette con i carciofi https://www.lellacanepa.com/single-post/2018/02/15/torta-patate-e-carciofi-a-modo-mio https://www.lellacanepa.com/single-post/2018/03/31/pasqualina-e-cappuccina Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • FIOR DI PERVINCA

    ... pur viva è la boscaglia, viva sempre ne’ fior della pervinca... - Il bosco - G.Pascoli Ogni volta che arriva la stagione dei fiori, ognuno che vedo mi sembra sempre il più bello, il più perfetto. Fra questi tra i primi della stagione ci sono senz'altro i fiori di Vinca e ricordo sempre la prima volta che bambina li vidi nel bosco, meravigliata, credendo che un fiore così dovesse essere scappato da un giardino. Invece siamo noi che dal bosco l'abbiamo presa e portata ad abbellire gli angoli ombrosi, anche da paesi lontani. Tappezzante, in grado di sconfiggere qualsiasi altra erba, con una piccola talea in poco tempo si può avere un tappeto sempreverde che non teme il gelo e che a primavera si copre di fiori tra un azzurro e il viola tendente al grigio, il color pervinca appunto. Per questo motivo in alcuni paesi questa selvatica è messa al bando e si preferiscono varietà tropicali coltivate meno resistenti e meno espansive, anche se la nostra con le sue radici fitte contribuisce a tenere fermi i terreni in pendio. Presente nei boschi di tutta Italia, fino a più o meno 1000 mt., normalmente in due varianti la Vinca minor e la Vinca major, più una in Sardegna Vinca difformis. Il nome dal latino con il significato di "legare" proprio per i rami flessuosi e resistenti. Le foglie verdi lucide su tralci dapprima irti e poi striscianti a formare nuove radici. Occasionalmente si può trovare bianca, a volte raramente con le foglie variegate, quelle nei garden in diversi colori provengono dai tropici. Se si vuole abbellire un angolo ombroso del terrazzo con pochi vasi si può avere un effetto spettacolare. - foto dal web - Ahimè, questa però non si mangia, anzi meglio fare attenzione per la presenza di una certa tossicità importante, quindi niente usare i fiori, neanche per abbellire un piatto... e quanto me ne dispiace. Sono certi i suoi effetti, usati in farmacologia per medicinali legati all'irrorazione cerebrale, affezioni vascolari dell’encefalo, per migliorare le funzioni del cervello come vasodilatatore, se è capitato a qualcuno di assumere per qualche motivo una medicina di questo tipo, dopo per esempio un'ischemia è possibile che fosse a base di Vincamina, l'alcaloide estratto proprio dalla Vinca minor. Per usi esterni pare faccia bene alla pelle con dermatosi, eczemi e fermi il sangue. L' infuso di foglie sembra sia una cura di bellezza per il viso, applicato come impacco sulle pelli delicate, io non ho ancora provato, nel caso diventassi bellissima vi saprò dire. Fiore pallido, pervinca timida Conosco il luogo dove sbocci, Ai piedi delle montagne, la tua fronte si piega per incantare meglio i nostri occhi amorevoli! » La pervinca , Alphonse de Lamartine In tempi antichi, conoscendone bene gli effetti, veniva usata per filtri d'amore e indicata come il cibo di cui si nutriva Venere e chiamata Viola delle streghe. Ancora adesso navigando per internet si trovano pseudo ricette antiche e me ne stupisco molto, visto che non è davvero il caso di fare prove per avere poi possibili disturbi sia a poco dall'assunzione che dopo qualche tempo; dalle solite nausee e vomito a mal di testa e allucinazioni, per arrivare nel giro di una settimana al coma. Aux quatre coins du lit, aux quatre coins du lit Quatre bouquets de pervenches, quatre bouquets de pervenches Quindi nonostante le proprietà magiche di rendere la nostra unione d'amore grondante di fedeltà lasciamo perdere, nel caso si può arrivare a infilare le foglie nei materassi come facevano una volta, o a spargerle sotto il letto dell'amato perché ci resti fedele, dato che l'altra usanza, quella francese, di legare quattro mazzetti di pervinca ai lati del letto delle spose vergini credo sia difficilmente attuabile. Venivano anche sparsi fiori sul cammino che gli sposi facevano il giorno delle nozze, al giorno d'oggi abbandonate le pretese di fedeltà e tantomeno di verginità sarà opportuno farsi bastare il significato associato a questo fiore: tenacia nel preservare i bei ricordi. Per questo la Pervinca è anche un fiore dei morti visto che con i suoi rami si intrecciavano corone funebri a perenne ricordo di chi lasciava questa terra Frammezzo a ciuffi di primule, in quel fragrante pergolato S’arrampicava la pervinca con le sue ghirlande, E qualcosa mi diceva che ogni fiore Si beava dell’aria che respirava. Gli uccelli a me d’intorno saltellavano per gioco, E pur non sapendo leggere nei loro pensieri, Il loro minimo sussulto Mi sembrava un guizzo di piacere. I rami in boccio aprivano i loro ventagli, Per irretire i soffi della brezza, E per quanto dubiti son sicuro Che là regnava il piacere. Se questi pensieri non so allontanare, Se tale è il senso della mia convinzione, Non ho forse ragione di dolermi Di ciò che l’uomo ha fatto dell’uomo ? (W. Wordsworth, 1798 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

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