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  • L' ORIGANO, GIOIA DEI MONTI

    ... at Venus Ascanio placidam per membra quietem irrigat, et forum gremio dea tollit in altos Idaliae lucos, ubi mollis amaracus illum floribus et dulci aspirans complectitur umbra - Eneide, libro 1, Virgilio Splendore o gioia di montagna: questa sembra essere la traduzione del suo nome, oros splendore e ganos montagna, racconta Virgilio che Venere addormenta Ascanio su un letto di Origano. A dir la verità amaraco viene spesso tradotto con maggiorana , o meglio con persa , ma di fatto anche quest'ultima è un Origano infatti il suo nome scientifico è Origanum Majorana e di questa ho già scritto ( qui>>> ). Che appartengono allo stesso genere è evidente nella foto sotto dove la somiglianza è talmente sottile, specie nella fase vegetativa, che si può distinguere solo dall'odore e dallo sviluppo della pianta e dal fiore, l' Origano cresce fino a 60cm con capolini profumati rosa tendenti al rosso, quasi mai bianchi, mentre la Maggiorana ha un aspetto più "cespuglioso", basso e con i fiori quasi sempre bianchi. Da questa somiglianza cresce spesso la confusione, mai, per chi come me, ligure, ha ben presente l'odore della Maggiorana e quello dell' Origano distintamente. Inoltre pur girando per boschi e prati da una vita, non mi è, ahimè, mai capitato, in Liguria, di raccogliere Maggiorana selvatica , mentre tutti gli anni ho la mia giornata di raccolta dell' Origano che ancora cresce qui, selvatico, in mezzo al fieno. Per tradizione la raccolta andrebbe effettuata per Sant'Anna, il 26 luglio, in quanto santa protettrice delle madri e delle partorienti, come anche l'origano è da sempre considerato erba femminile che favorisce il parto, ma ormai spesso è necessario anticipare. Una volta raccolto, nel momento che fiorisce ma non è del tutto aperto, lo immergo velocemente nell'acqua fresca della fontana per togliere animaletti e terra e poi lo stendo su un panno in una giornata ventosa ad asciugare in fretta. Dopo di che appeso a mazzi, coperto parzialmente da un sacchetto di carta a seccare all' ombra. Questa pratica di lavare le erbe prima di seccarle mi è spesso contestata, ma non si tratta di un vero lavaggio, se non di una veloce immersione in acqua fresca corrente della fontana che basta a togliere polvere e altro. Sinceramente mi sento più tranquilla nel fare tisane o usare erbe nel cibo dopo questo veloce trattamento. Una volta secco lo sfilo manualmente dallo stelo e lo passo su un setaccio a trama sufficientemente larga. Il movimento con le mani non è mai così veloce come se si commette l'errore di passarlo in qualsiasi marchingegno elettrico o anche macinino a mano, che oltre ad ottenere una polvere, lo scalderà facendo sparire gran parte degli olii essenziali volatili. Un mazzetto lo tengo così nel sacchetto e lo "sbriciolo" direttamente sui piatti, specie quello che mi portano dal sud. C'è da dire che la varietà che cresce in Liguria non è la stessa presente al sud dove l' Origano Siciliano, con un odore ben più intenso, la fa da padrone, ma ci accontentiamo. E queste non sono che due delle tante varietà di Origano che esistono. L'anno scorso in Trentino ho trovato e portato a casa, regolarmente comperato, questo Origanum crespitoso molto decorativo da secco , oltre che molto profumato di recente va di moda l' Origano cubano o messicano , il Plectranthus amboinicus , dal profumo intenso e pungente, originario dei paesi tropicali e arrivato qui di recente Il nome ligure dell' Origano è Cornabuggia , leggendo qui e là ho scoperto che si attesta l'origine di questo nome come derivante dal greco "erba da buoi" inteso come erba che si dava ai bovini per guarirli da alcune malattie. Son partìu da Seravalle fin da Lunedì passòu me fan mà tutte e mé spalle dai gran legni che ho purtòu Ne ho purtòu da curnabuggia ne ho purtòu 'na quantité a l'é roba c'ha freguggia e n'ho posciuu fa i mé diné Una volta identificato, non resta che usarlo a larghe mani in cucina, insaporitore per eccellenza, ancor di più se mescolato all' aglio, nella pizza e in generale con il pomodoro, anche solo per un' insalata di pomodori, sulle acciughe, sulle bruschette, nelle melanzane e negli zucchini sia conservati sott'olio che cucinati, con un banale petto di pollo, in una frittata alle erbe, nel bouquet garni ... insomma dove piace, meglio all'ultimo minuto per far si che con il calore sprigioni tutto il suo profumo. Qualche rametto da solo o insieme a timo e maggiorana in una bottiglietta di olio evo per ottenere un profumatissimo olio da usare magari con le carni del barbecue. Da non sottovalutare nemmeno gli effetti benefici sull'organismo, come tante aromatiche si capisce proprio dall'odore che hanno proprietà antisettiche, espettoranti , ecc. ecc. e in più è un ottimo repellente naturale per le formiche che non ne amano l'aroma. Nel caso dell' Origano , come per il Timo , con il quale divide le proprietà simili, masticarne un rametto meglio fresco, quando si ha mal di denti , nell'acqua dei suffumigi o nei gargarismi per affezioni dell'apparato respiratorio, ma anche un semplice cuscinetto di Origano per dare sollievo nei dolori articolari, anche per l'artrosi cervicale. Facile da farsi anche a casa con un rettangolo di stoffa di cotone, piegato, cucito e riempito di erba fatta seccare, come si fa anche con Achillea( qui>>> ), Lavanda ( qui>>> ) , ecc. o con i semi di ciliegia, da scaldare un minuto in microonde o da usare freddo secondo il caso. Questo sotto è riempito anche con fiori di Achillea per dolori mestruali, insieme a Sale grosso e Salvia per il famoso Cuscino di Venere ... qui >>> tutto sui Cuscini Profumati o Herbal Sleep Ripeto l'Origano è erba femminile, anticamente si pensava favorisse il parto e tante e tali le sue virtù che, come per altre, per l'uso erboristico della pianta e dell' olio essenziale è necessario il consiglio di un professionista, per alcune controindicazioni che tante aromatiche hanno. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • DEL LINO, DEI SUOI SEMI E DELLE LORO VIRTÙ

    A San Bernardino fiorisce il lino Avrei voluto parlare del Lino a maggio, quando i suoi fiori dal delicato colore indefinibile tra il pervinca e il lavanda chiaro mi incantano, ma ho lasciato questo post per adesso perché scrivendolo mi riporti dentro un poco di bella stagione. Infatti il Lino è uno dei fiori che aspetto ogni anno per godere della sua semplice bellezza e che copre qui interi prati o bordi dei sentieri, quando lo vedo intorno sono certa che la primavera è definitivamente arrivata e mai mai mi stancherò di perdermi a guardarlo. Per fare chiarezza quello che nasce qui, nella foto sopra, è il Lino selvatico o Lino bienne, Linum usitatissimum subsp. angustifolium (Huds.) Thell, mentre quello coltivato e usato per essere trasformato in filo è Linum usitatissimum L. subsp. usitatissimum, la differenza è tutta nel fiore molto più grande e nelle fibre che se ne ricavano molto più lunghe, anche se nelle campagne veniva usato pure quello selvatico, come mi fece vedere un'anziana un milione di anni fa. Linum usitatissimum - foto di Enza Squillaciotti - Il vocabolo usitatissimum denota già quanto questa erba sia conosciuta, coltivata e usata da tempo immemorabile, presso gli Egizi erano di lino le bende delle mummie e anche le vele delle imbarcazioni, è di lino la Sacra Sindone conservata a Torino e pure la parola lino viene dal latino filo. La mitologia narra di Aracne , abile a tessere, fanciulla mortale di Colofone , la città della porpora, che inventò il lino e con questo sfidò Atena , figlia di Zeus, proclamandosi miglior tessitrice. Vinse la sfida, ma Atena, un po' perché davvero la tela di Aracne era più bella, un po' perché questa vi aveva riprodotto le immagini di abusi e stupri che gli dei facevano alle ragazze mortali, la trasformò in ragno costringendola a tessere tutta la vita. Essendo la tela ricavata dal Lino fine e resistente, più delle stoffe ottenute dalla filatura di erbe più grezze, canapa, ginestra, ortica, (il cotone non divenne accessibile a tutti fino ai primi del 1800) venne destinata ad usi più eleganti e preziosi. Del Lino non si butta niente, le fibre vengono divise in fini e meno fini, e destinate all'uso appropriato, non solo stoffe ma corde, stoppa e anche carta. Di lino sono le migliori tele per dipingere. Per trasformarlo in fibra il metodo è simile a quello di tutti gli altri vegetali, essiccazione, macerazione, battitura, pettinatura, ecc. In questo video si vede la lavorazione antica manuale. Sì, quell’anno mi privarono della primavera, e di tante altre cose, ma io ero fiorito ugualmente, mi ero portato la primavera dentro, e nessuno avrebbe potuto rubarmela più”. "Il dialogo tra il mozzo e il capitano" Alessandro Frezza Purtroppo in Italia non è praticamente più coltivato, e viene tutto importato, anche se poi il nostro filato di lino rimane uno dei più richiesti. Nonna mi regalò al mio matrimonio il suo tailleur di lino bianco, 50 anni dopo averlo cucito lei stessa, sarta, per il suo viaggio di nozze. La distrazione di persone non interessate come me, fece sì che in un attimo che io ero assente, andò gettato negli stracci, lasciando a me il cuore a pezzi... L'eleganza del tessuto di lino sta tutta nella resistenza del filo, paragonabile ad alcuni acciai, e questo lo rende poco elastico tanto da far sì che si stropicci facilmente, ma un vestito di lino deve essere stropicciato. Si intende per lino un tessuto fresco, facilmente usato in estate. In realtà, come gran parte delle fibre vegetali, è termoregolatore, in grado di donare freschezza ma anche di contenere il calore. Ma il post è per parlare dei semi del Lino. Il primo uso è quello di ricavarne olio, sia per uso alimentare che industriale. Usato dai pittori per sciogliere i colori a olio, risaltano e non diventano opachi, ma anche per finiture su legno, tecnica anche questa antichissima e che sta tornando in auge proprio per la scarsa tossicità a confronto con resine sintetiche che hanno preso il sopravvento. Esiste l'olio di lino crudo e l'olio di lino cotto e nella falegnameria di nonno o in quella di zio c'erano sempre. Per l'uso alimentare non lo avevo mai trovato, fino a qualche mese fa, nello scaffale del supermercato, ha proprietà antinfiammatorie, è utile per il trattamento dell'ipertensione, della stitichezza ecc. ecc. Analogo risultato si può avere con l'impiego casalingo dei semi, che ahimè non sento più nominare, nonostante fossero una di quelle cose che nella piccola farmacia casalinga di una volta non poteva mancare . Il considerevole contenuto di Omega3 e Omega 6 ne ha sempre costituito la fonte più importante di apporto per le popolazioni lontane dal mare, che non potevano usufruire di pesci e alghe nell'alimentazione. Chi non ha mai bevuto l'acqua dei semi messi a bagno la sera prima e chi non ha mai avuto un impacco di pappetta tiepida di semi di lino sul petto per sciogliere il catarro? ... sicuramente tanti della mia età. Proprio perché non ne sento più parlare, in tempo di tosse e raffreddore e altro ho deciso di rinnovarne la conoscenza, stavo per dimenticarli anche io. I semi di Lino, sempre lo stesso, Lino usitatissimum , hanno grandi proprietà emollienti, innanzitutto per l'intestino. Molti ritengono siano lassativi, invece per l'aspetto gelatinoso che assumono dopo il riposo in acqua, sono emollienti favorendo l'evacuazione e curano le infiammazioni dell'intestino, anche quelle provocate dall'uso indiscriminato di lassativi chimici o a base di erbe irritanti, e non solo l'intestino anche lo stomaco in caso di gastrite. Basta un cucchiaio in un bicchiere scarso di acqua fredda, lasciato tutta la notte, coperto, l'indomani mattina bere quest'acqua diventata gelatinosa, e se si vuole, mangiare anche i semi, meglio a digiuno. Sono insapori e inodori. Fino a 40-50 anni fa questa pratica era comune in tutte le case. Per la "pappetta", il cataplasma, da mettere sul petto, basta macinare o pestare nel mortaio grossolanamente, qualche cucchiaio di semi, messi a cuocere con poca acqua, quel tanto che diventi una specie di polentina, da stendere su un panno di cotone, ripiegare in due e porre caldo sul petto, sotto la gola, sopra i bronchi, coprendo con un panno di lana e tenere per 20 minuti. Con il suo potere emolliente e antinfiammatorio serve per la tosse stizzosa. Attenzione che non sia bollente! Tutte le proprietà rimangono anche se si usano i semi tali e quali o sommariamente macinati, aggiunti a insalate, yogurt, minestre, pane e dolci, ricordando che le mucillagini fungono da collante e bene lo sanno i vegani che sostituiscono con il gel di semi di lino le uova. Si trovano in internet numerose ricette che sostituiscono le uova con i semi di lino. Ma non finisce qui. L'acqua mucillaginosa dei semi di Lino è un portento per i capelli, a parte favorire la crescita, usata come balsamo o come impacco prima di lavare i capelli o anche come gel fissante. Non appesantisce i capelli, non unge, non sporca. Si mette a sobbollire qualche cucchiaio di semi in acqua, circa 50 gr. in 250 gr. di acqua, fino a formare la mucillagine bianca, colare e conservare quello che non si usa in frigorifero, dura circa due settimane. Essendo incolore e insapore è possibile una volta freddo aggiungere qualche goccia di olio essenziale, per esempio di lavanda. I semi usati, dopo aver colato il gel, possono essere messi in una minestra. Ancora, se al mattino non si riesce a mangiare i semi ammollati, si possono far germinare, dopo pochi giorni si vedono spuntare i germogli freschi, buoni per essere consumati. È stata l'occasione per tirare fuori il vecchio germogliatore di mamma, basta sistemare i semi ammollati e badare di tenerli bagnati spruzzandoli almeno due o tre volte al giorno. Trovare i semi di Lino è facilissimo, in farmacia al costo di due o tre euro per un pacchetto da 200 gr. sottovuoto, o anche in erboristeria. Forse come tante altre cose messe in disparte costano troppo poco per credere a tutti i benefici. Quando entreranno dalle porte dell’atrio interno, indosseranno vesti di lino; non porteranno alcun indumento di lana… Porteranno in capo turbanti di lino e avranno mutande ai fianchi Ezechiele 44,17-18 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • IL SEMPREVIVO ELICRISO

    "Di fortuna resti intriso, chi si adorna di elicriso" Un altro fiore della mia infanzia è l' Elicriso, o come dicono qua l' Ochetta. È il profumo delle vacanze, quello che sentivo appena arrivavo tra luglio e agosto e salivo allo Zatta a portare o a riprendere le mucche che allora stavano nei pascoli tutto il giorno, e lassù sul monte, inspiravo a pieni polmoni, quasi a liberarli dall'odore di auto e di locali chiusi che dovevo respirare il resto dell'anno. Ed è davvero così, senza saperlo sfruttavo le proprietà che questo fiore giallo ha sull'apparato respiratorio. Ora so che i principi attivi di questa pianta sono utili per espellere il catarro bronchiale, nei casi di asma e nelle allergie. Il primo ricordo del suo uso che ho, è quello delle cime fiorite bruciate sulla stufa dove sopra si appendevano i fazzoletti ad asciugare, per intriderli dell'odore, creando così una specie di effetto balsamico, gli stessi una volta asciutti piegati, con in mezzo altre cime fiorite secche, facevano sì che riposti nel cassetto, fossero quelli tenuti da parte in caso di raffreddore. Così come sono balsamici i suffumigi per il raffreddore e il mal di gola, dove nell'acqua bollente, getto una manciata di fiori secchi, insieme a una di sale grosso. Da un po' di anni ho scoperto anche l' oleolito , dove l' Elicriso trasferisce le sue riconosciute qualità per le patologie della pelle, quali eritemi, psoriasi , unito a quello di Iperico ( qui>>> ) o di Calendula per le scottature , e anche come antinfiammatorio , analgesico per dolori reumatici e le varici. Essendo un oleolito da massaggi preferisco farlo con un olio più fluido tipo mandorle dolci o anche di riso. Uso le cime fiorite fresche raccolte il mattino presto o la sera e dopo qualche ora, solo perché siano appena appassite, le metto nel barattolo di vetro, copro con una garza per qualche giorno e metto al sole, così mi è stato consigliato nel caso di questa pianta, e lascio 30/40 giorni. Ottenuto l'oleolito si può procedere a prepararsi una crema per il corpo come descritto qui nel post sulla Lavanda ( qui>>> ). Come ho già avuto occasione di scrivere ( qui>>> ) questi dati su come fare gli oleoliti sono variabili da pianta a pianta e anche se ci si trova al sud o al nord, Qui quest'anno, che il sole forte c'è solo alcuni giorni, cerco di regolarmi a istinto, se davvero verrà una temperatura impossibile coprirò il barattolo con della comune carta tipo sacchetto del pane, ma sono propensa a pensare che l' Elicriso come l'Iperico, abbia bisogno del sole. Ricordo ancora a tutti che non occorre raccogliere mazzi enormi per fare la piccola quantità di oleolito che occorre per essere usato tutto l'anno, per farsi una crema, o per profumare un piccolo cuscino. Questa pianta è a protezione a livello nazionale, quindi evitare raccolte indiscriminate che non servano veramente. E dal sole prende il nome, Helichrysum, da helios ( sole) e chrysos (oro). Principalmente due le varietà che si possono trovare, una preferisce gli assolati lidi sassosi in riva al mare, l'altra si spinge fin su alla montagna, entrambi hanno le stesse proprietà e solo del sole hanno bisogno per vivere. Inconfondibile l'odore, qualcuno lo descrive simile alla liquirizia, scambiando le due piante, che non si assomigliano neppure. Il colore argenteo delle foglie pelosette, il portamento a cespuglio non molto alto e poi questo aspetto di pianta eterna, visto che non marcisce, non ammuffisce, rimane da essiccato praticamente identico al momento della raccolta. Questa qualità, oltre a quelle terapeutiche, ne ha fatto una pianta magica fin dall'antichità, si adornavano le statue degli dei, si spargevano mazzetti profumati ovunque nelle case, specie nelle stanze dei malati, intuendone un potere disinfettante, nei cassetti e armadi come tarmicida, si usava contro il malocchio, e come sempre, per le piante magiche, gli erano attribuite capacità predittive. Mi piace riportarvi fedelmente un passo tratto da " 101 tesori nascosti della Sardegna da vedere almeno una volta nella vita" di A. Maccioni: -Nel Nuorese le ragazze erano solite trarre presagi riguardanti il proprio futuro di nozze proprio dall'osservazione dell' elicriso. La sera prima della vigilia di San Giovanni si recavano in campagna e segnavano con un nastrino la loro erbetta personale: al mattino seguente, quando albeggiava si recavano sul posto e cercavano la propria pianta. A seconda del tipo di insetto che vi aveva trovato asilo, ricavavano indicazioni sul matrimonio che doveva venire: la formica un marito laborioso, la mosca un marito ozioso, l'ape un apicoltore, il bruco un ortolano, la coccinella un pastore, lo scarabeo un fabbro, il ragno un sarto. Coloro che non trovavano nessun insetto erano destinate a ripetere il rituale l'anno successivo.- È pure usato, ridotto in polvere dopo l'essiccazione, come potrebbe essere un curry nostrano, per dar sapore alle pietanze, e se ne fa anche un liquore. Tanto mi entusiasma il profumo quanto poco mi piace il sapore e quindi non ne ho mai fatto uso in cucina o in tisana, anche se è possibile con le cime fiorite anche secche, fare un infuso contro tosse e allergie. Anche l'aroma potrebbe non piacere a tutti. A casa mia, dove mazzi di Elicriso sono un po' in tutte le stanze, entrò un giorno una persona, che infastidita da quella che lei chiamava puzza, mi disse : - Non so come tu faccia a vivere qui dentro - Per me, quello, era e resta, il profumo della mia libertà. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti . Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> Tutti gli usi alimurgici o farmaceutici indicati sono a mero scopo informativo, frutto di esperienza personale, declino ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.

  • LE AMARENE, LO SCIROPPO, LE AMARENE SCIROPPATE E LA CONFETTURA

    Già in un altro post ho scritto degli sciroppi >>>DI SCIROPPI E ZUCCHERI... ma lo sciroppo di amarena merita un post a parte. Qui, nel mio solito paesino, gli alberi di amarene erano una volta di contorno ai campi coltivati, insieme a quelli di prugne. Se i primi fornivano gli aciduli frutti per fare lo sciroppo con il quale ci si dissetava in estate, le prugne confortavano in inverno con un distillato casalingo la " grappa de brigne ", una specie di Slivovitz dell'Appennino. Con l'abbandono dei terreni, le piante invecchiate sono quasi tutte ammalate, soffocate da vitalba e quasi irraggiungibili. Non fruttificano nemmeno più tutti gli anni, solo di tanto in tanto accendono il panorama di rosso fuoco quando ci si avventura per una passeggiata nei sentieri fra i campi e i boschi. Non sono in grado di risalire alla varietà esatta perché si perde nella notte dei tempi chi le può aver messe per primo, di anno in anno poi nascendo naturalmente ai piedi della pianta madre, anche da noccioli caduti, e venivano sistemate e curate. Frutto antico già usato dai romani, pare sia stato Lucullo a portarle a Roma dopo la vittoria su Mitridate. Ghiaccio e neve venivano imballati con paglia e lana e portati in città dai monti, su carri con precedenza assoluta, e con neve, ghiaccio, amarene e miele si facevano deliziosi sorbetti e granite, appannaggio dei soli ricchi che potevano permettersi una tale goduria, una pre-coppa all'amarena insomma. Il nome scientifico è Prunus cerasus, amarene, visciole, marasche sono varietà che vanno dal colore da rosso a quasi nero e dal sapore da acidulo a quasi dolce o addirittura amaro. Questi nostri alberi dovrebbero essere proprio varietà amareno, almeno dalle informazioni che ho raccolto, ma non ho confronti da poter fare. È un albero molto rustico, sopporta gelate e siccità, non molto alto, con rami lungi e flessibili, facilmente raggiungibile da raccogliere e per quello era messo vicino ai poggi per poter raccogliere da sotto e da sopra solitamente senza ausili di scale. Il legno è più pregiato di quello di ciliegio. Il frutto, in queste, una drupa di colore rosso chiaro, quasi trasparente, molto acidula, ricca di liquido all'interno. Sarebbe stato l'anno di produzione abbondante, l'ultima volta fu nel 2015, quindi bisognava farne provvista. Purtroppo il tempo infausto ha contribuito a farle marcire prima di farle maturare, ce ne sono talmente tante che ho cercato di raccogliere e fare una scelta fra le migliori. Qui mi hanno insegnato a raccogliere le amarene in maniera differente dalle ciliegie, ci si munisce di un secchio e non di cestino, e si toglie direttamente il frutto con le mani senza il peduncolo. Arrivati a casa un po' di lavoro sarà già fatto. Il tutto va fatto molto velocemente e io le lavo, qualcuno pensa che non si dovrebbe, provare per credere, il raccolto è tutta una cosa appiccicosa dove cadono, ragni, pezzi di foglia, e altro, inoltre con le piogge di sabbia dei giorni passati, sinceramente... Quindi occorre calcolare di raccogliere e avere il tempo di trasformarle subito. Passate velocemente poche per volta, in acqua corrente, le sistemo in pentole di acciaio inox, non di alluminio e preferisco non di plastica, le schiaccio sommariamente con le mani e aggiungo un po' di zucchero, non importa quanto, un mezzo chilo a pentola, così per avviare la fermentazione e copro con il coperchio. Ora bisogna aspettare circa 36 ore, dipende dal caldo che fa, mescolando ogni tanto, iniziano a fare un po' di schiuma in superficie e saranno pronte per essere pressate dentro ad un sacchetto di tela pulito. Io uso le vecchie federe bianche di lino e cotone che lavo a mano con sapone di Marsiglia e tengo per questo uso. È utile per spremerle un torchietto casalingo. Si spreme il più possibile, si pesa il liquido ottenuto, si aggiungono 800gr di zucchero a chilo, e si mette sul fuoco. Controllare con attenzione fino a che non giunge a bollore. In questa fase occorre schiumare bene in superficie per avere uno sciroppo limpido, privo di impurità, tenendo la schiumarola in superficie. Una volta si metteva a bollire anche qualche nocciolo schiacciato, poi bisogna ricordarsi di togliere i pezzetti Dal momento che bolle, schiumato per bene, si fa bollire a fuoco moderato, senza coperchio, per una ventina di minuti. Si imbottiglia in bottiglie perfettamente pulite e asciutte, sempre passate per 15 minuti nel forno a 110°per una quasi sterilizzazione. Non dimenticare di pulire benissimo i tappi e sterilizzare anche quelli se sono di metallo. I contadini usavano portare bottiglie di acqua con due dita di sciroppo per dissetarsi durante la fienagione, ma in verità la bottiglia di amarena era sempre presente sulle tavole anche durante pranzo e cena. Se la mia infanzia è stata tutta di finta acqua di Vichy fatta con le bustine di Idrolitina, quella dei miei figli è stata tutta colorata dall'amarena, ne hanno bevuto ettolitri. Ora mi sembra impossibile con le due mie pentole a fermentare, ma ogni anno facevo circa 30 litri di sciroppo. Perché si deve aspettare quelle ore ? È la differenza fra fare una marmellata e uno sciroppo. La frutta fresca contiene pectina, che è quella che favorisce il rassodamento della marmellata, la fermentazione contribuisce a farle perdere forza. Se con parte del raccolto si vuole fare una confettura di amarena basta snocciolarle subito appena raccolte una a una con uno snocciolatore o con la macchinetta a mano, utile, io l'ho comperata. Poi si mettono in una pentola sempre con 800gr. di zucchero a chilo e si fanno cuocere fino alla classica prova del piattino. Se invece si voglio fare le amarene sciroppate da mettere sul gelato o sui dolci, si snocciolano le più belle e si procede come lo sciroppo, si tengono a fermentare per 36 ore e poi si aggiunge lo zucchero, sempre 800gr. a chilo, e si mette al fuoco semplicemente senza spremere e si lascia cuocere sempre una ventina di minuti. Invasare ancora calde in vasetti pulitissimi, asciutti e passati sempre prima vuoti in forno a 110° per una pseudo sterilizzazione. Pronte per le zeppole di San Giuseppe dell'anno prossimo o per il gelato di questa estate -amarene sciroppate- Se poi, raccogliere, snocciolare, schiacciare ecc. diventa gravoso o non si ha il tempo, c'è sempre il CENTO FOGLIE DI AMARENE>>> molto più veloce, facile e nessuno si accorgerà che non ci sono le amarene e che diventa un buonissimo liquore con l'aggiunta di un po' d'alcool. Se con le foglie si può fare liquore e sciroppo, con i noccioli si può fare ugualmente un liquore simile allo cherry. Il procedimento è simile a quello con le foglie, ma lasciando macerare i noccioli e qualche foglia in alcool 30-40 giorni prima di aggiungere vino rosso e zucchero. Le dosi potrebbero essere 350gr. di noccioli in mezzo litro di alcool per 40 giorni. Sciogliere mezzo chilo di zucchero in una bottiglia di vino rosso e aggiungere poi l'alcool dove sono stati fatti macerare i noccioli. Lasciar riposare almeno due settimane prima di assaggiare. I noccioli servono anche per riempire dei cuscini da scaldare in microonde utili per alleviare dolori vari o anche solo per scaldare mani e piedi. Vanno lavati a lungo, fregandoli fra le mani, sciacquati più volte e fatti asciugare bene Anche il peduncolo delle amarene non si butta, come quello delle ciliegie serve per tisane utili per le vie urinarie, cistiti, calcoli, e ritenzione idrica e pare si offenda se lo si chiama picciolo, esso è il peduncolo, il picciolo è quello delle foglie. Se poi cercando le amarene ci si dovesse trovare davanti a un ciliegio selvatico di quelli che fanno quelle ciliegie piccole ricordarsi di fare man bassa anche di corteccia perché ha incredibili proprietà sedative, espettoranti, per le vie respiratorie, è in quasi tutta la composizione degli sciroppi per la tosse. È anche un blando sedativo aiuta con l'ipertensione e alcune forme di insonnia. Come per tutte le essenze più legnose non basta l'infusione, occorre il decotto e quindi far sobbollire la corteccia in acqua per diversi minuti sempre con il coperchio. Ma sto divagando vado di ciliegia in ciliegia... si sa una tira l'altra... mi farò un bel bicchiere di amarena Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • L'UMILE MALVA

    "La malva da ogni malattia salva" - S.Ildegarda di Bingen - Ci sono piante, frutti e fiori dei quali mi sembra superfluo parlare, come nel caso del post sul Limone ( qui>>> ) faccio fatica a pensare che esistano case dove non se ne faccia uso. Via via, parlando e ascoltando, mi rendo conto che ognuno ha la sua storia, il suo vissuto e sì, quindi ci può essere qualcuno che non conosce la Malva , che non l'ha mai usata, che non la riconosce, come può succedere a me di tante cose che per altri appaiono banali. Mia nonna per farmela riconoscere e ricordare come panacea per tutti i mali mi disse che il suo nome era significativo: - Mal-va - il male va, se ne va .... Tante le sue qualità per finire di essere identificata con l'amor materno. Dunque la Malva , Malva sylvestris L. , qui Varma o Valma in dialetto, umile la definisco, vive ovunque ai margini di strade, nei campi, tra i ruderi, forse perchè voluta da Carlo Magno nel suo Capitulare de villis, in tutti gli orti come " omnimorbia ", buona per tutti i mali. I romani la usavano dopo le pesanti libagioni, per Pitagora e i suoi seguaci era pianta sacra. Usata da sempre, nella farmacopea tradizionale familiare, per tutte le affezioni della bocca, delle gengive, dei denti... chi davvero non ha mai tenuto in bocca l'acqua di Malva per sfiammare un dente? Forse quelli delle generazioni dopo la mia, all'avvento di vari antinfiammatori dei quali non voglio nemmeno fare un nome, che sì, agiscono con più velocità ma con effetti collaterali che la Malva certamente non ha. Anzi, proprio il suo nome, che significa " rammollire ", avuto per le mucillagini di cui è ricca tutta la pianta, ha un'azione benefica anche sul tratto gastrointestinale come blando lassativo, come protettivo per la mucosa gastrica. Di fatto è un potente antinfiammatorio che agisce su tutte le mucose. Oltre a rimedio per il mal di denti, la sua radice, lavata e pulita, era data come masticatorio ai bambini nel periodo della dentizione. Combinata con la Lavanda ( qui>>> ) utile anche per lavande vaginali. Così come non può far male unita ai fiori di Sambuco ( qui>>> ) contro la tosse. O in un pediluvio per i piedi gonfi insieme alla Piantaggine ( qui>>> ) Nel caso della Malva serve il decotto , cioè l'erba fresca o secca, messa in acqua fredda, portata a bollore, per qualche minuto, poi spento il fuoco finire l'infusione per una decina di minuti. Se si vuole si uniscono altre erbe in infusione come i fiori di Sambuco . Questa è la differenza fra infuso e decotto , nel senso che si intende infuso quando si versa l'acqua bollente, come si fa con il tè, il decotto quando si fa bollire anche l'erba. Per tisana si intende un infuso o decotto, di solito un infuso, fatto con più varietà di erbe e fiori.. sembrerebbe essere la stessa cosa... non è così, l'estrazione delle sostanze è diversa. Per quello che riguarda la Malva occorre far bollire le foglie per estrarre le preziose mucillagini, mentre mi piace aggiungere i soli fiori negli infusi con altre erbe. Ancora meglio il macerato, a freddo, foglie e fiori in acqua tutta la notte sempre per le mucillagini, ha tutte le proprietà. Per il riconoscimento tutta la pianta, alta 60-80cm quando è fiorita, prostrata in primavera quando spunta dopo le gelate invernali, il fusto legnoso, le foglie con il lungo stelo, vellutate, pelosette. I fiori del particolare colore, tra il rosa e il viola, appunto color malva. Per il decotto va bene tutto fiore e foglia, certo il fiore è più pregiato,e come dicevo delizioso unito ad altre erbe in tisana. È meglio fresca, se non si ha a disposizione tutto l'anno, sparisce con le gelate, si può seccare per averla sempre a portata di mano, ma perde gran parte delle mucillagini, quindi ne occorre di più. Di solito faccio seccare i ciuffi di foglie che all'ascella hanno i fiori. Viene facilmente attaccata da un fungo, la ruggine della Malva , che rende le foglie piene di macchie color appunto ruggine. In questo caso non va raccolta perché di sapore sgradevole. Un antico unguento si otteneva facendo cuocere le foglie e i fiori nel burro, fino a completo assorbimento dell'acqua contenuta nella pianta. Questa crema era utile per le prime rughe, per la pelle secca o infiammata. Sempre se il gusto piace, niente impedisce di aggiungerla alle minestre, di fare frittelle con i fiori, di usarla nei ripieni, le foglie tenere in insalata, certo non è delle più ricercate per il suo sapore. Una famosa minestra, la “ Melokhia egiziana ”, detta zuppa del Faraone , si ottiene bollendo foglie di un'erba simile alla Malva, per gusto e proprietà, il Corchorus olitorius o Malva degli Ebrei, tagliate fine nel brodo di carne o di pollo, aggiungendo aglio soffritto, pepe e coriandolo. Simile, più grande è la il Malvone , l' Alcea rosea , con le stesse proprietà e usi della Malva comune. Fino a qualche anno fa era in tutti i giardini di campagna con fiori delle varie sfumature da rosa pallido a bordò scuro, usata comunemente come la cugina selvatica. Il Malvone è chiamato anche anche Malvarosa, ma non ha niente a vedere con la Malvarosa al sud, il Pelargonium graveolens, il profumatissimo geranio, quasi spontaneo, citato in diverse opere " Ah! Che bell'aria fresca...Ch'addore 'e malvarosa.." dalle cui foglie si ottiene un olio essenziale prezioso usato in profumeria che spesso sostituisce quello di rose. Per fare questa meraviglia servono due fiori di malva, uno ancora chiuso in bocciolo da infilare in quello aperto. Una volta tolto il calice verde appariranno gli occhietti. Qui sotto un video per farle. Giochi innocenti antichi e ci sembrava di avere in mano una fatina. Sempre dei malvoni si andava in cerca dei semi immaturi per mangiarli, un leggero gusto di nocciola e sembrava chissà che... foto dal web Un'altra pianta della stessa famiglia ma molto più efficace dal punto di vista terapeutico, meno frequente da vedere, almeno per me, è l' Altea officinalis , comunemente chiamata Bismalva Tali sono la quantità di mucillagini collose da permettere con questa pianta unita a albume sbattuto e zucchero la fabbricazione della pâte de guimauve , l'antenato francese del marshmallow . ❤️ ❤️ ❤️ ❤️ ❤️ Impossibile anche per questa pianta così piena di virtù non pensare a un posto nelle leggende, come sempre nelle magie d'amore. Per la sua proprietà di disinfiammare, indispensabile nelle pozioni per calmare gli spiriti bollenti, contro i filtri afrodisiaci, offre protezione alle invidie e le gelosie d'amore. Il posto d'onore nei mal d'amore... un mazzo raccolto fiorito e messo fuori della porta di casa farebbe tornare indietro l' amor perduto .... Mannaggia... con tutti quelli che mi son scappati averlo saputo prima! 😅 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti . Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> Tutti gli usi alimurgici o farmaceutici indicati sono a mero scopo informativo, frutto di esperienza personale, declino ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.

  • ACQUA di S.GIOVANNI

    “ La guazza di San Giovanni guarisce tutti i malanni ” Post nostalgico di tradizioni antiche, di cose viste fare, di gesti che piace ripetere. A chi di solito mi chiede: - Ma non crederai mica a queste cose?- rispondo sempre che non è questione di credere o non credere, visto che quello in cui credo o meno è una questione personalissima, ma semplicemente di ritrovare dentro quei gesti le persone con le quali li ho condivisi. Mi piacciono le tradizioni, le usanze, non solo le mie ma anche quelle di altri popoli e paesi e spesso ritrovo in posti sconosciuti quelle di casa mia. Pensare che un gesto è fatto da anni e anni, che sempre, almeno nel mio caso, è fatto per portare bene, gioia, salute, me lo fa compiere senza poi domandarmi se ha funzionato o meno. Sto già bene nel farlo. Non ha molta importanza che sia legato alla religione, spesso la religione si è appropriata di riti già in uso prima, di frequente legati al volgere delle stagioni, ai ritmi di sole e luna e così via. In questo caso la festa di San Giovanni Battista, l'unico santo del quale si festeggia la data della nascita e oltre a quella della morte (sei mesi prima di Gesù con il quale sembra essere cugino) per tradizione più o meno coincidente con il solstizio d'estate, sostituiva quelle del Dio Giano, il dio degli inizi, bifronte, custode di ogni cambiamento, di ogni entrata e uscita, anche guardia delle “porte solstiziali”. La similitudine tra Janus e Joannes è fin troppo facile da notare, e anche per il solstizio d'inverno si è usato un San Giovanni, in questo caso l'Evangelista. “Quando la lavanda sente arrivare San Giovanni vuole fiorire”, Tornando all'Acqua di San Giovanni, per chi non la conoscesse, è semplicemente un'acqua dove la sera del 23 Giugno vengono poste corolle di fiori e erbe. Lasciata tutta la notte all'aperto, godrà dei benefici della rugiada di questa notte magica e il mattino dopo sarà pronta per essere usata per lavarsi viso, occhi e corpo avendo acquisito anch'essa poteri straordinari proteggerà dalle malattie, dalle disgrazie, dall'invidia. La ricetta è quanto meno semplicissima, un bacile, acqua, erbe e fiori. Per tradizione le erbe e i fiori dovrebbero essere raccolti da mani di donna, meglio a digiuno, al tramonto del 23, in numero dispari. L'acqua meglio di fonte, il bacile non di plastica, una ciotola trasparente va benissimo. Spesso uso il rame, ha il potere di ampliare le energie . Quali erbe, quali fiori? Il più possibile, tutte quelle dalle comprovate proprietà particolari di guarigione o ritenute magiche. Non possono mancare, cliccando sul nome si apre la pagina dedicata a quell'erba: IPERICO scacciadiavoli ACHILLEA per preservare dalle ferite ASSENZIO SELVATICO pianta legata a Diana, protettrice della buona salute delle donne FINOCCHIO per per proteggere dagli inganni, TIGLIO VALERIANA MALVA e SAMBUCO per calmare, per lenire, per dormire FELCE che solo in questa notte fiorisce e fortunato chi riesce a vedere il suo fiore ALLORO e NOCE che diano forza MELISSA l'erba dell'allegria ELICRISO e VINCA per trovare l'amore LAVANDA per lavare via TIMO erba potente ROSMARINO per la salute del cervello ROSA per profumare CALENDULA per fiorire tutto l'anno CELIDONIA per proteggere la vista SALVIA per salvarsi LUNARIA tante lunarie per tante monete FRASSINO l'albero della manna! Ruta scacciaserpenti Avena Erba di Santa Maria ecc. ecc., tutte quelle che vengono in mente, con riconosciute proprietà terapeutiche e magiche. Se non si trovano tutte, in alcune zone di Italia si arriva ad usare 100 erbe, basterà comunque una rosa, un rametto di rosmarino, uno di salvia, insomma è una magia di una notte particolare, un rito ... È opportuno non mettere nell'acqua erbe tossiche di nessuna o scarse proprietà che potrebbero dare fastidio anche solo con l' abluzione, tipo vitalba, mordigallina, erigeron, cicuta, senecio, datura stramonio, e altre Preparato il tutto e coperto d'acqua si porta fuori e si lascia tutta la notte esposto alla speciale rugiada. L'indomani mattina, 24 giugno, al risveglio, l'acqua sarà usata per lavarsi viso, occhi e corpo, godendone i benefici. È pur sempre, rugiada a parte, un macerato a freddo dove erbe e fiori rilasciano le essenze. Quest'acqua è un rito di buon auspicio e come tale va preso, un guizzo di speranza in questo mondo alla deriva, dove nel caso andasse tutto male lo stesso basterà credere che poteva anche essere peggio. Non si conserva, va regalata agli amici se avanza. Una interpretazione possibile è quella che essendo la figura di San Giovanni legata al Battesimo e necessariamente all'acqua, se ne rinnovano le promesse con questo rito. Il 24 giugno è più o meno legato anche al solstizio d'estate, notte nella quale le streghe danzano, e vanno raccolte le Erbe per essere essiccate e usate per tisane o oleoliti, grazie alla particolare rugiada che cade in questa notte rafforzano le loro proprietà. ​- E domani è Santo Giovanni, fratel caro: è San Giovanni Su la Plaia me ne vo’ gire per vedere il capo mozzo dentro il Sole all’apparire, per vedere nel piatto d’oro tutto il sangue ribollire -La figlia di Iorio - G. D'Annunzio L' Acqua di San Giovanni e pure le Erbe raccolte in questa notte sono solo uno dei tanti riti propiziatori da compiere in questa notte magica. Anche la raccolta delle noci, quelle immature per fare il NOCINO (qui>>>) sempre in numero dispari, di solito 33 per litro di alcol, avviene per tradizione la notte tra il 23 e il 24 ... « Sic mihi Nox, Nux Fuit ante diem » così per me ci fu, prima del giorno, la Notte e la Noce... Molti rituali sono legati alla possibilità di trovare marito, o di sapere chi sarà o come sarà ricco o povero... Come narra D'Annunzio, riportando un'antica tradizione delle fanciulle abruzzesi, Ornella andrà all'alba di San Giovanni a cercare di scorgere nel sole nascente il profilo della testa mozzata e nel contorno infuocato il sangue del santo e questo sarà segno che si sposerà entro l'anno. O l'usanza delle tre fave, che incartate e poste sotto il cuscino daranno il mattino dopo la misura di quanto sarà ricco il marito... Così come si accendono grandi falò, perché le lingue delle fiamme vadano a dare rinforzo al sole che accorciandosi le giornate inizia a perdere energia. E poi saltarne le ceneri, buttarsene un po' tra i capelli per preservarsi da tutti i mali... Insomma, prepariamoci che c'è da fare ... Aggiornamento 2022 Tutti gli anni mi arrivano decine di foto delle vostre acque e vi ringrazio, quelle sotto sono solo alcune di qualche anno fa, impossibile metterle tutte. Ringrazio chi con semplicità e animo sereno si approccia a questo rito antico, perché so che lo fa con sincerità. La condivisione ne fa un bene prezioso, il sentirsi parte di una comunità che stanotte ha fatto qualcosa per tutti è un risultato già ottenuto, ognuno di noi ha chiesto per l'altro, per tutti. Chi si trincera dietro la sterile richiesta di bene e fortuna solo per se stessi che implica il male per altri, non vince e rimane solo ad affrontare quel che ne consegue. La forza è l'essere insieme, il risultato è nella serenità del mattino dopo, la felicità è la condivisione, il pensiero comune, ed è questo che qualsiasi rito cattolico, o pagano implicano. La mattina del 24 giugno 2020, per le note ragioni legate alla pandemia, ero sola fisicamente a fare la mia abluzione, ma in realtà avevo voi tutti vicini. Grazie. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. 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  • EVENTI GIUGNO INTRECCIA E FILA

    Dopo un maggio assurdo un giugno davvero complicato. Il meteo non aiuta per niente quest'anno, piogge, freddo, sabbia che arriva dal deserto, la macaia ligure che opprime e non lascia spazio al sole. Per la prima volta non farò l'evento dei fiori, sciroppi e oleoliti qui a casa di Erbando, e nemmeno la serata di San Giovanni, con la preparazione della tradizionale acqua. Per dare comunque un'opportunità in queste serate di solstizio che sempre qualcosa di magico hanno, mi sposto in Piemonte, perché nessun luogo per me ha più incanto della Fossa del Cucco, a Cascina Il Cucco>>>, Sono previsti due eventi simbolo: SABATO 22 GIUGNO DALLE ORE 10 Tutta la giornata sarà dedicata a due tra le più antiche fra le attività umane. Rossana Sciascia vi porterà per mano nell'arte della filatura e sarete stupiti di quanto sia facile imparare qualcosa che fino a poco più di 50 anni fa tutte le donne sapevano fare fin da bambine. L'approccio di Rossana alla filatura è antico come l'uomo, basteranno le vostre mani e un bastoncino, piano piano si passerà con estrema facilità al fuso rudimentale. Maurizio Leone vi accompagnerà passo passo nella tecnica dell'intreccio, altra attività manuale che inizia con la presenza dell'uomo sulla terra. In questa stagione saranno usati salici raccolti a fine inverno e opportunamente reidratati. Con pochi consigli e facili mosse, con il solo uso delle mani tornerete a casa con un cestino finito e con i consigli per continuare a provare a casa semplicemente raccogliendo tutto il necessario in natura. Tutto il materiale usato sarà fornito e possono filare e intrecciare tutti. Finalmente si rivalutano questi semplici gesti che hanno accompagnato l'evoluzione dell'uomo e si comincia a capire che in questa nostra società il valore non è legato alla reale necessità o all'uso dell'oggetto finito ma al rilassamento e agli altri vantaggi che se ne ottiene, tipo riattivare la capacità creativa del nostro cervello che tutti abbiamo ma che la vita frenetica ci costringe ad abbandonare, aumentare l'autostima, allenare la memoria, distrarre da dolori fisici o dell'anima, favorire la socializzazione. Il benessere è comprovato scientificamente con l'abbassamento del cortisolo, l'ormone dello stress, della pressione sanguigna e del miglioramento delle capacità cognitive tipo memoria ecc. Provate per credere. "Una ricerca condotta all’università di Princeton ha dimostrato che i movimenti ripetitivi del lavoro a mano come intreccio, maglia e uncinetto aumentano il rilascio di serotonina, che è un antistress naturale, poiché induce un aumento del tono dell’umore e porta calma e tranquillità. In effetti lo studio continua ancora elencando altri benefici: abbassare la pressione sanguigna, ridurre la depressione e l’ansia rallentare l’inizio della demenza, rilassare come e quanto fare yoga, distrarre dal dolore cronico e, aumentare la sensazione di benessere. Altri studi sostengono che anche i movimenti degli occhi che seguono il lavoro manuale ripetitivo possono essere comparati ai movimenti oculari che si manifestano durante alcune tecniche di rilassamento profondo nello yoga e che attivano gli stessi meccanismi sollecitati anche della stimolazione bilaterale alternata del cervello. La stimolazione oculare bilaterale si ha quando viene chiesto al paziente di muovere gli occhi seguendo le dita che il terapeuta fa muovere velocemente davanti al volto della persona ed è la stessa tecnica usata anche nel primo step del protocollo EMDR, per rilassarsi e desensibilizzare l’iperattivazione emotiva presente." da un articolo della dr.ssa Sara Zanoni, psicologa. DOMENICA 23 DALLE ORE 16 È il 23 giugno data importante nel calendario della natura. Da sempre l'uomo ha festeggiato il ritorno della luce del sole con feste e rituali. Da secoli la data scelta preferita è la sera del 23 giugno, legata al solstizio d'estate ossia la notte più breve, che cambia ogni anno, quest'anno per esempio sarà il 20 giugno. Solo con l'avvento della Cristianesimo si è legato le due giornate solstiziali, inverno e estate, alle figure di due San Giovanni, prima erano dedicate al dio Giano, il dio degli inizi, bifronte, custode di ogni cambiamento, di ogni entrata e uscita, anche guardia delle "porte solstiziali" delle quali il dio teneva le chiavi e ne permetteva il passaggio, simboleggiando anche passato e futuro. Fra i riti più antichi certamente i falò e il salto delle ceneri che vengono ancora accesi in diverse parti d'Europa e d'Italia e la raccolta delle erbe curative. Il più magico di tutti e riscoperto negli ultimi dieci anni è sicuramente la preparazione dell'Acqua di San Giovanni>>>. Da anni è la serata dove raduno le amiche e con una passeggiata nei prati si raccolgono erbe e fiori e tornando si prepara l'Acqua così che ognuno possa l'indomani mattina lavarsi occhi, viso e altro per beneficiare del potere della rugiada magica che solo in queste notti cade copiosa. Quest'anno non perdete l'occasione di farlo con me a Cascina il Cucco dove raccoglieremo insieme. Qualche altro piccolo rito come bruciare gli intenti e quello del sale per scacciare le negatività. Gesti antichi e semplici che sanno di gioco e convivialità per stare insieme e insieme darci forza propedeutici al bene comune. L'evento di raccolta è completamente gratuito, legato solo alla consumazione di un Aperitivo a fine giornata con prodotti naturali della Cascina o delle aziende agricole intorno. Poi non dite che non ve l'ho detto. Alcune immagine delle sere di San Giovanni degli anni scorsi. link di approfondimento ACQUA DI SAN GIOVANNI https://www.lellacanepa.com/single-post/2018/06/21/acqua-di-sgiovanni NOCINO https://www.lellacanepa.com/single-post/2019/06/21/del-nocino-e-di-san-giovanni IPERICO https://www.lellacanepa.com/single-post/2018/06/20/IPERICO IL CUCCO https://www.lellacanepa.com/single-post/il-cucco Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. 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  • ALESSANDRA, MANI D'ORO

    Come è successo a tutti, questo amaro periodo mi ha allontanato dal piccolo quotidiano che riempiva la mia vita, l'aperitivo con le amiche, il ritrovarsi per due chiacchiere, il salutarsi da una parte all'altra della piazza il giorno di mercato, e pure il semplice rituale di una mano perfetta che, per esempio, cura i tuoi piedi talmente bene che dopo ti sembra di camminare su una nuvola. Così sono qui, ultima a parlare di lei, solo oggi sono uscita di casa e finalmente ci siamo riviste e non poche cose sono successe in questi mesi. Lei è Alessandra Picetti, la nostra amicizia è una di quelle "nate sul fronte" una ventina di anni fa, cioè intendo in una difficile esperienza dove siamo capitate tutte e due, quasi attonite di viverla, che lasciano il segno e appunto ricordi belli e brutti insieme. La vita ha poi portato lei, giovane mamma a lanciarsi in un mestiere che le piaceva, sempre con la amatissima sorella Monica, gestendo un centro estetico a Varese Ligure. Con gli anni ho scoperto in Alessandra doti di ottima cuoca, pittrice, ecc., oltre al leggero tocco delle sue mani, l'unica alla quale ho permesso di truccarmi, e quindi un interesse verso tutto quello che era manuale, un carattere aperto sull'artistico andante un po' come sono io, che me l'ha resa ancora più cara. Ma Alessandra è anche la figlia di Pietro Picetti, del quale ho parlato nell'articolo dedicato ai Corzetti o Croxetti (qui>>>), l'elegante pasta ligure, conosciuto potrei dire in tutto il mondo, come uno degli ultimi che si dedicava all'intaglio degli stampi per i Croxetti, la nobile pasta tipica ligure che arriva dal medioevo, riproducendo gli antichi disegni o personalizzandoli per il cliente. Ho dovuto scrivere "dedicava" perché purtroppo la scorsa estate Pietro è andato a intagliare stampi per un cliente importantissimo che non poteva più fare a meno di lui, lasciando un vuoto come solo un padre può lasciare. le varie lavorazioni, dal legno grezzo, a una prima sgrossatura, il disegno, le sgorbie e il guanto in pelle, il prodotto finito, la firma Alessandra Picetti Negli ultimi mesi le richieste si erano accumulate ma lui non riusciva a finire il lavoro, così un giorno Alessandra, con la sorella Monica, decide di provare e dalle loro mani esce quello che nemmeno pensavano possibile. Le mani leggere corrono veloci e precise sul legno guidate dall'amore e il risultato non può che essere buonissimo. Pietro fa in tempo a vedere le sue figlie destreggiarsi fra sgorbie e tornio, studiare le varie essenze del legno e i tanti disegni nuovi e antichi degli intagli. Niente può mitigare un dolore come ciò che stanno portando avanti Alessandra e Monica, come ripetere i gesti, le mani sui suoi attrezzi, gli stessi passi nella sua bottega ... Passate da Varese Ligure, Pietro c'è, è lì a intagliare stampi, come sempre, solo che adesso è biondo. Alessandra Picetti Piazza Pieve ,18 -Varese Ligure- cell.347 982 0886 La morte non è una luce che si spegne. È mettere fuori la lampada perché è arrivata l’alba - Rabindranath Tagore - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • LAVANDA

    "...E intanto nell’ombra dei loro armadi tengono lini e vecchie lavande..." Genova per noi P. Conte Ero davvero indecisa se fare il post sulla Lavanda, troppe cose da dire, troppi ricordi da narrare... Il profumo di Lavanda, lo Spigo, come lo chiamava lei, ha accompagnato la vita di mia madre da sempre, fino all'ultimo momento, quando voleva due gocce di olio essenziale sul polso... e per me rimarrà lei e quel profumo un legame inscindibile. Ha trasmesso a me l'amore per quell'odore, non posso concepire di aprire un cassetto del comò, un'anta dell'armadio e non sentirne uscire la fragranza. Intanto di Lavanda (da lavare, anche se qualcuno dice da "livendulo" colore livido), ne esistono diverse varietà, proprio tante. Ho avuto occasione di vederle in Provenza l'anno scorso in un orto botanico dove c'erano tutte, ma mamma riconosceva la "sua lavanda" e con la sua consueta inconsapevolezza sapiente, che si basava su nessuna conoscenza botanica, rispondeva a chi le proponeva piantine o oli essenziali sospetti: -no,no, questa non è la vera lavanda. Ad esser sinceri aspetto che arrivi anche a me quell'istinto... Diciamo che riesco a dire questa mi piace, questa no. Mettendo insieme alcune informazioni, credo di aver capito che lei voleva Lavanda appartenente alle tre varietà più pregiate: la Lavandula latifolia, dalle foglie un poco più larghe delle altre e fiori grandi, la Lavandula officinalis che può essere molto alta, con i fusti quadrangolari e le foglie più grigio verdi, e la Lavanda angustifolia, il nome "angustifolia" deriva dalla forma stretta delle sue foglie, argentee alla base della pianta, e quindi da queste identificabile: Sono le più pregiate, che rendono meno in olii essenziali, per ottenere un litro di olio essenziale servono 130 kg di fiori, che però conserva tutte le proprietà medicinali. Secondo me queste tre sono riconoscibili anche dal punto di colore, appunto lavanda e dall'odore particolare, unico, che non dà fastidio, come invece più penetrante e canforato quello di altre specie, o inesistente. Alla fine degli anni '50 l'industria del dopoguerra, in pieno sviluppo, cominciò a chiedere sempre più olio essenziale da essere utilizzato nei prodotti detergenti così da queste tre cultivar fu "creato" un ibrido, il cosiddetto Lavandino. Di questa varietà bastano 40kg di fiori per ottenere un litro di olio che perde però gran parte delle proprietà e non può essere usato per scopi medicinali, solo come profumatore e trova impiego anche dai pittori per diluire i colori, specie dai ceramisti. Il Lavandino, si distingue per avere tre steli ogni tralcio e una colorazione più intensa, è quello usato in Provenza, specie a livelli più bassi, per i famosi campi blu che si vedono in tutte le fotografie. Nella foto gli altopiani verso Sault In Provenza si narra che la fata Lavandulina passando di lì e vedendo i campi della sua terra incolti pianse e dai suoi occhi blu caddero lacrime color lavanda che si sparsero su tutto il paesaggio... da quel giorno la Provenza è coperta di Lavanda e le ragazze bionde di quei paesi hanno tutte gli occhi blu-viola ... Una volta veniva raccolta nel grembiule e "a grembiule" veniva pagata. Consiglio a chi volesse andare, di arrivare almeno fino al paesino di Sault, dove sul plateau de Sault e il plateau d’Albion è coltivato il 70% della vera Lavanda angustifolia . lavanda stocheas Poi ne esistono tante altre, la Lavanda stocheas per esempio, anch'essa ricca di proprietà, con la quale i Romani facevano lo Sticadore , un preparato medicinale per curare crampi e nausee. Per un certo periodo ne ho avuta anche una pianta bianca, dall'odore particolarmente canforato. Le Proprietà... quanto tempo avete per leggere tutto? Si dice che crescesse nel giardino dell'Eden e che Adamo ed Eva ne portassero via un rametto quando furono scacciati... Da tempo immemorabile è usata per disinfettare, lavare, profumare. Gli Egizi già facevano largo uso delle sue proprietà, e così Greci e Romani, Inglesi e Francesi e ogni medico antico da Dioscoride a Avicenna ne ha descritto gli usi, fino a Renè Gatefosse, padre dell'aromaterapia, che bruciandosi nel suo laboratorio, istintivamente mise la parte ferita dentro l'olio essenziale di lavanda trovando sollievo e guarigione pronta e riportando così in auge i poteri curativi di questa pianta. Per esperienza, purtroppo personale, posso dire che tanti anni fa le garze di Fitostimoline che usai per una bruciatura terribile di mio figlio, erano imbevute fra gli altri ingredienti, anche con estratto lavanda. Di recente ho visto che fra gli ingredienti non c'è più. Intanto va cercato il vero olio essenziale della vera lavanda, e dico così perché essendo uno dei più usati è anche il più contraffatto, a parte trovarlo di Lavanda angustifolia o silmili, spesso viene sofisticato (già anticamente si sostituiva con il terebinto) o addirittura ottenuto sinteticamente che la Lavanda non l'ha nemmeno vista. Per una prova empirica basta metterne una goccia su un foglio di carta, dovrebbe allargarsi e nel giro di un giorno non lasciare traccia, mentre con un olio artefatto la macchia e l'odore rimangono. Una volta trovato, ha proprietà incredibili, tante ancora sconosciute, ed è da usare in piccolissime dosi, se ne possono usare due gocce sulle tempie per il mal di testa, per calmare le vertigini e la nausea, qualche goccia per un massaggio lenitivo per uno strappo muscolare, o un reumatismo, per una puntura di insetto, per una ferita che tarda a rimarginare, qualche goccia sul cuscino per dormire meglio, calma l'ansia, l'agitazione, il nervosismo, seda e tranquillizza, pur essendo al contempo un tonico per il sistema nervoso. Per una buona conservazione, per tutti gli usi che se ne vuole fare, va raccolta quando è ancora così, parzialmente chiusa, quando è ricca di oli. Per ottenere un olio essenziale casalingo è necessario un alambicco per una distillazione a vapore. Gli oli aromatici contenuti nei fiori sono talmente volatili che la distillazione avviene spesso nei campi direttamente perché non ne vada sprecato. Con poca grammatica e tanta pratica quest'anno, da sola, sono riuscita a distillare un poco della Lavanda di mamma, come già faceva mio padre, e ho ottenuto una minima quantità di olio essenziale, ma soprattutto un'acqua (idrolato) che sto usando per un sacco di cose, dal lavarmi, spruzzata come doposole, metterne diluita nell'acqua delle pulizie, o nella lavatrice al posto dell'ammorbidente. Un successo. Per conservarla non ho trovato di meglio che metterla porzionata in freezer come già avevo fatto con quella di rose. Per il resto dalle mia piante di Lavanda faccio dei deliziosi Mazzolini (qui>>>) come profumatori per cassetti e armadi e non solo, anche come antitarme, specie uniti a qualche foglia di alloro. Anticamente si diceva "Mettere nella lavanda" quando si teneva particolarmente ad una cosa o una persona. Ogni tanto ricordo di metterne qualche spiga dentro ai cuscini, quando li rifaccio annualmente, sempre perché concilia il sonno. D'altra parte già due regine di Inghilterra, Elisabetta I, aveva una domestica, tale Alice Blizard stipendiata solo per procurare l'enorme quantità di erba che la regina usava giornalmente, sia sotto forma di tisana, si dice circa dieci tazze di tè di Lavanda al giorno, che come confettura, per dare "conforto al cervello", e voleva al suo passaggio pavimenti cosparsi di fiori di Lavanda E così volle anche la regina Vittoria, sempre gelatina di Lavanda a tavola, brandy e gin aromatizzati alla Lavanda, mobili lucidati con cera profumata alla Lavanda, tanto era di moda che per Londra scendevano dalle colline ragazze a venderne mazzolini: "Lavanda, dolce lavanda in fiore sei mazzi a un penny oggi vedete Lavanda, dolce lavanda in fiore Signore compratela finché potete" Questo già succedeva in tempo di peste, quando si erano intuite le proprietà disinfettanti della Lavanda, e si usavano nel famoso Aceto dei quattro ladri del quale esistono mille e una ricetta. E non si sa di preciso se da Francia o Inghilterra, arriva la ricetta del Confetto del Bacio, strumento di seduzione, che le donne preparavano agli uomini che tornavano stanchi dal lavoro, forse anche per profumare l'alito e che consta di mescolare albume d'uovo appena sbattuto con fiori di lavanda tritati, con l'aiuto di zucchero a velo, cercare di fare delle palline da passare prima nella noce moscata in polvere e poi in noccioli di ciliegia tritati... Non amo molto la Lavanda nel cibo, ma nulla impedisce di usarla per profumare gelatine e marmellate fatte con mele con un procedimento simile a quello delle Rose (qui>>>). Per il gelato, basta lasciare alcune ore i fiori nel latte per aromatizzarlo. Se volete approfondire l'argomento in generale, consiglio, fra i tanti libri, questo: "La lavanda" di Philippa Waring Dimenticavo l'Oleolito, una certa quantità di fiori, diciamo un terzo di fiori e due terzi di olio, già fatti seccare un po', sommariamente pestati, nel solito vaso di vetro, coperti di olio di mandorle o di sesamo o di riso, un giorno con una garza perché evapori l'acqua residua, tenuto trenta/quaranta giorni, questa volta al buio, coperto con carta stagnola o più semplicemente dentro a un sacchetto di carta. Gli usi sono gli stessi dell'olio essenziale, massaggi lenitivi, decongestionanti, tonificanti, purificanti, defaticanti, antidepressivi, miorilassanti, antireumatici, antinfiammatori, antisettici, cicatrizzanti, contro l’emicrania, ecc. ecc. Può essere unito, per le proprietà sulla pelle, a quello di Iperico (qui>>>) e di Achillea (qui>>>) o di Calendula (qui>>>), senza mescolare mai più di tre olii insieme. Si può, con poca cera d'api reperita presso un apicoltore, ricavare una crema casalinga per il corpo, da utilizzare dopo bagno, sulla pelle umida. Innanzitutto la cera vergine presa dall'apicoltore deve essere ripulita dalle impurità con un semplice procedimento. Si scioglie assolutamente a Bagnomaria (qui>>>) , (con attenzione, la cera è infiammabile), poi si passa in un colino con una pezzuola, su una teglia coperta di carta da forno, per avere un prodotto utilizzabile con più facilità. Se si vuole particolarmente pulita si può ripetere l'operazione. Ottenuta la cera pulita si procede con: 50gr. di Oleolito 40gr. di acqua distillata 10gr. di cera d'api olio essenziale di lavanda Far sciogliere la cera, sempre a bagnomaria, e unire l'oleolito quel tanto da mescolare i due composti. Fuori dal fuoco, come fosse una maionese, unire l'acqua appena intiepidita a filo mentre con un frullino (adattissimo quello della schiuma del cappuccino) si procede a montare. Una volta raffreddata e solo allora, se si vuole, si aggiungono le gocce di olio essenziale. In questa fase si può posizionare il contenitore sopra ad una ciotola con acqua fredda per favorire il rassodamento, fino ad avere una consistenza omogenea e cremosa. Questo procedimento era davvero difficile da fotografare da sola, ma penso che si capisca abbastanza bene. Il tutto non dura che pochi minuti, con una soddisfazione però, almeno per me incredibile. Questo è un procedimento di base per fare le creme casalinghe. Sarebbe opportuno aggiungere un conservante che si può comperare facilmente a costo davvero minimo su internet. Il più conosciuto dalle apprendiste-cosmetiche è il Cosgard, ecocertificato da Greenlife, ma consiglio comunque di informarsi prima di usarlo. Per conto mio, è talmente facile e veloce che ne faccio poca e la uso io e distribuisco in famiglia. Potrei parlare ancora tanto di lavanda ... ma la nostalgia è canaglia e vado a piangere un po'... La foto di incipit del post, non particolarmente perfetta, è ricavata da un video, che ripresi per aver un ricordo di mia madre, dove seduta in giardino, in mezzo alla sua lavanda, dopo aver avuto quella terribile diagnosi, credendo di esserne uscita, mi disse: - Ora devo solo risorgere- Questa era mia madre ... Aveva indosso il suo bel giacchino color lavanda... Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> Tutti gli usi alimurgici o farmaceutici indicati sono a mero scopo informativo, frutto di esperienza personale, declino ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.

  • L'IPPOCASTANO, LA CASTAGNA D'INDIA.

    "Il nostro castagno è in piena fioritura dai rami più bassi alla cima, è carico di foglie e molto più bello dell'anno scorso". Anne Frank 13 maggio 1944 Di scrivere dell'Ippocastano mi è tornato in mente quando alle prime foto di castagne di quest'anno, riscopro come alcune persone non sappiano distinguere le castagne buone da quelle matte, appunto dell'Ippocastano o Castagno d'India. Al di là del gusto amarissimo che a me verrebbe in mente come sia quasi impossibile mangiarle, c'è che sono tossiche, in quanto ricche di una particolare saponina. E invece la notizia è che i casi di intossicazione da castagne d'India sono circa il 12 per cento, secondi solo alle intossicazioni da bulbi velenosi. Quest'anno le castagne sono incredibilmente grosse e la confusione può essere ancora più facile. Il riconoscimento messe al confronto con la vera castagna è quanto mai facile, se invece si dovesse trovare una qualità per volta può sorgere qualche dubbio. Le differenze si notano distintamente nelle foto sotto, sia nelle foglie, sia nel riccio, sia nella castagna vera e propria. - foglia, ricci e castagne dell'Ippocastano - La castagna d'India, frutto di Aesculus hippocastanum, è sempre più tondeggiante, mancante della cosiddetta "torcia", la parte finale a punta che, per dirla facile, è in pratica la rimanenza del fiore. La base, ilo, anche quella più rotonda e dove facilmente si può appoggiare la castagna. Il colore scuro, più lucido. Il riccio completamente diverso ha poche spine e spesso contiene una castagna sola, massimo due. Le foglie composte di 5 o 6 o 7 foglie grandi fino oltre 20cm, riunite alla base e sono tra le primissime a cadere già a fine settembre. La castagna commestibile, frutto di Castanea sativa, è di forma vagamente triangolare, più o meno schiacciata, con una parte piana dove si appoggia, con all'apice la"torcia" bene in evidenza formata spesso da un residuo di peli o fili sottilissimi di colore chiaro. La base, l'ilo, ossia la cicatrice dove era attaccata, l'ombelico praticamente, è di forma rettangolare, di colore più chiaro, ma la castagna non si può appoggiare. Il riccio tutto spine sottilissime e acuminate, che può contenere tre castagne ma possono arrivare a otto. La foglia semplice di forma allungata, appuntita, commestibili anche esse, degli usi delle quali ho parlato qui: https://www.lellacanepa.com/single-post/2017/12/03/sua-maest%C3%A0-il-castagno-non-si-butta-via-niente-tantomeno-le-foglie Le saponine contenute nelle castagne matte però diventano preziose per le proprietà come decongestionante, antinfiammatorio e astringente. Uso interno in forma di tisane o tinture in maniera casalinga è sempre sconsigliato perché non è possibile misurare il contenuto di escina, il principio attivo, pertanto occorre avvalersi di preparati di sicura provenienza erboristica, evitando assolutamente prove fai da te. È nota l'azione che ha sull'emorroidi, specie sanguinanti, o quante creme a base di ippocastano si trovino per cellulite e vene o semplicemente defaticanti. Il contenuto di saponine, come preannuncia il nome, ne fa anche un ottimo detergente e questo forse si può provare a fare in casa. Non fanno molta schiuma, ma hanno un potere lavante, un po' come le famose noci esotiche. Occorre sbucciarle, tritare, far seccare e poi se ne usa un cucchiaio, chiuso in un sacchettino, in una bacinella. È necessario sbucciarle perché con la buccia si possono usare solo con i capi colorati. Per lo stesso potere lavante si può aggiungere questo trito anche all'acqua del bagno, verificando prima eventuali allergie. La saponina si attiva con l'acqua calda. È pianta tintoria, il decotto, specie quello dei ricci, dà un bellissimo e resistente colore. Usata anche in ecoprint, la foglia rimane benissimo sulla stoffa. -- foto e lavoro di Oniq - Ma l'uso in assoluto più conosciuto, che tutti prima o poi abbiamo sentito, è quello di tenere una o due castagne in tasca o nella borsa per sconfiggere i malanni invernali, quali raffreddore e tosse. Nessuno saprà mai dire perché, ma personalmente l'ho sempre fatto, come sarebbe possibile affrontare un duro inverno di malanni senza la castagna in tasca? E poi non era bello sapere di avere qualcosa di magico da portarsi appresso, quando la nonna te la dava e ti consigliava di custodirla gelosamente? Il perché o se è vero non aveva molta importanza. Un altro uso delle donne di una volta era metterle nell'armadio e nei cassetti come antitarme, basta bucarle con un ago, passare un filo e farne una collana da appendere, o spaccarle in due, mettere i pezzi in un sacchetto di garza e sistemare nel cassetto insieme a due foglie di alloro, chiodi di garofano, lavanda, bucce di arancio secche. Sacchetti che se ben confezionati, a costo zero, possono decorare un regalo di Natale e diventare un piccolo omaggio anche essi. - Ippocastano vicino a casa mia, soffocato dalla vitalba - L'Ippocastano è un albero imponente, decorativo, usato nei viali delle città. Arrivato dall'Oriente, forse portato da Costantinopoli 500 anni fa, è stato chiamato Ippo-castano perchè si curavano i cavalli e forse una volta si otteneva una farina con i suoi frutti macinati usata come stimolante per i cavalli bolsi, ma son prove da non ripetere, credo completamente abbandonate . Castagna d'India perché spesso si chiamavano così le cose che arrivavano da lontano, non avendo bene a mente dove stava l'india o la Turchia. Un po' come il mais, chiamato granoturco perché arrivava da paesi sconosciuti, anche se in realtà è arrivato con la scoperta dell'America. A maggio si riempie di meravigliose pannocchie alte anche più di 20cm, contenenti anche 50 fiori leggermente profumati, che attirano le api. È una pianta che vira il colore per informare che all'interno non c'è più polline, da giallo diventa rosa, rosso, anche se esiste una varietà a fiori rossi. Non facile da trovare nei boschi in campagna, non si naturalizza, più frequente nei parchi, lungo i viali, sono stata presa dallo sconforto quando oggi ho visto l'unico esemplare vicino a casa mia soffocato dalla vitalba e irraggiungibile dai rovi alla base. Presto non si vedrà nemmeno più. Ne ricordavo altre piante vicino alla chiesetta nel bosco, dedicata a San Rocco dopo una pestilenza, costruita su terreno nostro dalle famiglie riconoscenti salvate da un'epidemia di colera e infatti lì le ho trovate, per fortuna ancora in salute. L'ippocastano più famoso è certamente quello che tenne compagnia ad Anne Frank nei mesi di isolamento nascosta nella casa di Amsterdam, era l'unica cosa che si vedeva dalla finestra della soffitta dove era nascosta e Anne ne osservava i cambiamenti stagionali e li annotava nel diario. La pianta, malata, nonostante i tentativi di curarla, è stata abbattuta nel 2010 per evitare disastri a persone e al Museo dedicato alla ragazza. Da esso sono stati creati 150 cloni innestati in giro per il mondo. - Ippocastano di Anne Frank dalla finestra della soffitta - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • BISCOTTI DI MELIGA

    Sono questi biscotti facilissimi, chiamati chissà perché Galletti in casa, quelli in campagna, da fine inverno, quando la farina fine era finita, le galline uova non ne facevano ancora, lo zucchero chi lo aveva, l'ultimo, prima che con i raccolti si potesse comperare, lo si centellinava. Sono di una bontà secondo me infinita per le poche e povere cose che ci sono dentro. In tempi di svaligiamento supermercati ritroviamo ricette antiche semplici da vera sopravvivenza con un risultato più che ottimo. Di "Meliga" in quanto fra Piemonte e Liguria il mais prese il nome di meliga da "miglio" quando ancora non si era capito bene di cosa si trattasse, poi nell'entroterra genovese-spezzina contratto in mêga. Facili e veloci. Verso questi tempi nelle dispense di una volta era finita o quasi la farina di grano, se c'era, c'era più quella di polenta, la farina gialla di mais, e proprio perché gialla sembrava così che nei biscotti ci fosse pure l'uovo. Farina finissima di mais, setacciata fine con il setaccio da farina bianca, c'è differenza fra setaccio fine per farina bianca e quello per farina gialla, più rado. Dunque farina di mais fine 400gr., burro morbido 80gr. , zucchero 100gr., latte quanto basta per avere un impasto morbido. Se l'impasto risulta troppo morbido si può stendere tra due fogli di carta forno Si può anche mettere 300gr. di farina gialla e 100 di bianca. Stendere, rigare con una forchetta, tagliare dei rettangoli a piacere, ma anche tondi, non cambia niente, li faccio così da sempre solo per distinguerli nel caso siano mescolati a altri. Cuocere in forno caldo a 180° per una quindicina di minuti, sorvegliando che non brucino. Sono biscotti da inzuppo tanto nel vino quanto nel latte anche se il giorno dopo diventano più morbidi ... se ci arrivano al giorno dopo ... Buoni così, anche senza zucchero a velo. Sono passati anni da quando mi è stata data questa ricetta, chi me l'ha passata non c'è più, ma non dimentico i pomeriggi insieme a chiacchierare di dolci per le feste: come li fai tu, come li faccio io, per poi arrivare a - ma questi, i biscotti per tutte le mattine li hai mai provati? - Oracolo: Ecco fatto, il segreto è questo: bisogna usare le mani. Sati: Perché? Oracolo: I biscotti, come ogni cosa, richiedono amore Matrix Revolution Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • DI SCIROPPI E ZUCCHERI CON FIORI, FRUTTA, FOGLIE E GEMME

    Via via che scrivo di un'erba e dei suoi usi ho spesso riportato come con questa si possa ottenere uno sciroppo, un modo delle genti contadine di una volta, di conservare qualcosa della bella stagione, per godere nei duri inverni delle proprietà rimaste imprigionate dallo zucchero. Da momento che non tutti possono leggere tutto e che il blog comincia ad avere un numero consistente di articoli che non tutti riescono a ritrovare, ho deciso di ripetere condensate tutte qui alcune regole del metodo elementare, da me usato da sempre, per trasformare con successo qualsiasi fiore od erba in sciroppo. Prima di tutto mi preme ricordare che qualsiasi sciroppo degno di questo nome contiene una quantità di zucchero importante e qualsivoglia sia il suo uso occorre tenerne conto, inutile provare a fare sciroppi con metà zucchero o simili. Lo zucchero o eventualmente il miele è importante per la conservazione, non è possibile scendere sotto la proporzione di 650 gr. di zucchero a chilo. Inoltre la cottura tende a far perdere alcune proprietà termolabili dell'erba o del fiore. Nonostante ciò, alcuni sciroppi restano di conforto alle prime avvisaglie di tosse e raffreddore o come nel caso dello sciroppo di rose, per rinfrescare l'intestino o altri estremamente dissetanti aggiunti all'acqua d'estate. Servono poche cose: erba o petali di fiori, acqua, zucchero. Regole ferree due: che la pianta sia edibile, non velenosa, foglie o petali sani e puliti, e che la cottura sia per il tempo giusto, in modo da non arrivare a un caramello che non avrebbe più niente della pianta usata né profumo né proprietà. Un altro processo necessario la macerazione e nel caso della frutta la fermentazione. Se lo sciroppo è di foglie, normalmente più consistenti di un petalo di fiore, è opportuno fare un decotto con le foglie, fatto bollire per 10 minuti un quarto d'ora, da lasciar riposare per 24 ore, successivamente si spreme per bene l'erba e si aggiungono minimo 800 grammi di zucchero a chilo di liquido ottenuto. Si mette sul fuoco e si fa addensare, sorvegliando perché tende a traboccare, anzi direi che nel momento che si alza per uscire dalla pentola è pronto. Il tutto non deve durare che dai venti ai 40 minuti a meno che non si abbiano decine di litri da portare a bollore. Un passaggio importante è quello di togliere con un mestolo forato la schiuma che si forma all'inizio, perché porta in superficie eventuali imperfezioni rimaste che tolte lasceranno lo sciroppo limpidissimo. La proporzione di foglie/acqua per fare il decotto è difficile da calcolare, tutto sta nell'erba usata, normalmente si coprono di acqua, altrimenti vale più o meno 100gr. per un litro, ma non è una regola rigida, non si fanno molti danni se se ne mettono più o meno, lo sciroppo di piantaggine per esempio a volte, lo faccio anche con solo 50gr. di foglie per litro di acqua. Con il tempo ognuno trova la formula che più gli viene bene. Si scopre presto che foglie e petali sono leggerissimi e che farne un etto ne servono davvero molti. Per lo sciroppo di petali di fiore, siano essi di rosa, di acacia e di sambuco (di queste ultime due, acacia e sambuco, vanno tolte con attenzione tutte le parti verdi perché tossiche) di viole, di tiglio, di gelsomino, di lillà, di fiori di rosmarino, e udite udite bouganvillea, insomma un fiore che abbia un aroma o proprietà, si fa bollire l'acqua e si versa intiepidita sui petali e poi si lascia lo stesso a macerare per 24 - 36 ore. Si preme, si pesa e si procede come sopra. Anche qui la proporzione fra petali e acqua va da 100 a 300gr. per litro di acqua. In entrambi i casi è utile unire ai petali del limone a fette, con la buccia. Per lo sciroppo di gemme, l'ultimo che ho fatto in questi giorni, ho usato le gemme di abete rosso, Picea abies, quello normalmente venduto come albero di natale, ho seguito lo stesso metodo come con le foglie. Ho raccolto le gemme tenere, di un verde brillante, ormai si possono trovare solo intorno ai 1000 metri, le ho sciacquate, coperte d'acqua, fatte bollire per 15 minuti e lasciate in infusione per poco più di 24 ore. Dopo di che ho spremuto bene le gemme, che nella cottura hanno perso il colore brillante, pesato il liquido, avevo 1200 gr., ho aggiunto 1 kg. di zucchero, rimesso sul fuoco e fatto bollire una mezz'oretta fino ad avere la consistenza sciropposa e un bel colore ambrato. Per quanto riguarda la frutta il discorso è leggermente diverso, ma non tantissimo. Quello che differenzia la confettura o la gelatina dallo sciroppo è il contenuto di pectina. La pectina è una fibra solubile che riscaldata a contatto con gli zuccheri si trasforma in gel e crea l'addensamento di marmellate e simili. La pectina è presente nella frutta, più è acerba più ce n'è. Il contenuto in pectina varia a seconda del tipo di frutta, mele, prugne, agrumi e uva i più ricchi e la confettura cambia consistenza a seconda della quantità di pectina presente data sia dal tipo di frutta sia se la frutta è più o meno matura. Lo zucchero fa da conservante, agisce poco sulla densità della marmellata. Quindi se si vuole una buona marmellata, o anche se dal succo di una frutta qualsiasi si vuole ottenere una gelatina, occorre mettere sul fuoco subito il succo appena spremuto con lo zucchero, sempre in proporzione di 800 gr. di zucchero a chilo di succo e in venti minuti di cottura si ottiene la gelatina voluta. Per ottenere la gelatina con cose tipo bacche varie occorre aggiungere, oltre all'acqua, qualche fetta di mela verde abbastanza acerba. Così come in anni di produzione eccessiva di mele, specie quelle selvatiche, è possibile farsi in casa una buona pectina da aggiungere per addensare quello che si vuole. Basta far cuocere in poca acqua mele a pezzi NON sbucciate e senza togliere il torsolo, con un po di succo di limone, dopo 40 minuti a fuoco basso, si prende e si filtra attraverso un telo, si rimette sul fuoco e si fa restringere ancora per una ventina di minuti. Si conserva in congelatore o in barattoli nel frigorifero. - amarene sciroppate - Se invece si vuole uno sciroppo, che sia di amarene, ciliegie, fragole, lamponi, ribes, è necessaria la fermentazione dove la pectina perde forza. La frutta raccolta matura viene spremuta un po' con le mani, tanto da romperla appena, in un contenitore di acciaio o ceramica, non plastica o alluminio, spolverizzata sommariamente di zucchero in superficie, coperta e lasciata a fermentare per qualche giorno. Il tempo di fermentazione dipende da quanta pectina ha la frutta e dalla temperatura del periodo e dalla quantità. Se si fa uno sciroppo di amarene a luglio farà più caldo e basterà qualche giorno, che uno fatto a maggio o settembre. In questo tempo formerà una schiuma in superficie, si "alzerà", si dice, fermentando.... Quando smette di bollire è pronto per essere messo in un telo, e premuto per ottenere il massimo liquido. Per questa operazione ho comperato per pochi euro un torchietto in acciaio. Non uso il torchietto o comunque sto attenta a non rompere e schiacciare troppo, nel caso per esempio di sambuco o altre piante che nel seme hanno sostanze tossiche. Se non si possiede un torchietto si usa un sacchetto di tela bianca, ottime le federe di cotone o lino dei corredi di una volta tenuti allo scopo, e si preme forte con le mani appendendolo per facilitare l'operazione. Si pesa il liquido ottenuto, si mette sul fuoco, si aggiunge lo zucchero sempre in proporzione di 800gr per chilo di liquido e si fa bollire sempre per venti minuti mezz'ora. Qualunque sia lo sciroppo ottenuto va conservato adeguatamente. Mentre lo sciroppo cuoce, si provvede a sterilizzare nel forno a 110°, per un quarto d'ora le bottiglie, vuote, preferibilmente scure, perfettamente pulite. La temperatura dello sciroppo deve essere simile a quello delle bottiglie, cioè meglio evitare di versare sciroppo caldo in bottiglie fredde e viceversa. Nessuna preoccupazione se a caldo lo sciroppo potrà sembrare troppo liquido, vale sempre la regola della goccia sul piattino lasciato raffreddare per verificarne la consistenza. Tappato immediatamente non avrà bisogno di altra pastorizzazione o almeno io non l'ho mai fatto, lo sciroppo ricuocerebbe alterandone sapore e aroma. Una bella etichetta e via in dispensa al buio, i miei sciroppi hanno sempre durato anni, anche se abitualmente non uso conserve che abbiano più di due anni. Un altro metodo per estrarre uno sciroppo è quello del sole. Basta mettere quello che si vuole, come nel caso delle gemme di abete, soprattutto trovandole le pigne di Pino mugo, ma anche con i petali di rosa, con una generosa dose di zucchero esponendo al sole per una ventina di giorni o fino a quando lo zucchero non si scioglie estraendo le proprietà. Una volta si faceva con le ciliegie amarene, che il sole aiutava a diventare leggermente alcoliche. Una cosa completamente diversa è lo zucchero fiorito, come il sale fiorito del quale avevo già parlato (qui>>> Di sali profumati e aceti aromatizzati). Basta raccogliere corolle di fiori, calendula, lavanda, viole, rose, rosmarino, salvia, ecc. ecc. seccarli e sbriciolarli a piacere in zucchero o sale a secondo degli usi. Ultimamente frullo i petali con una quantità di zucchero e poi faccio seccare, Un profumato zucchero alla violetta, alla lavanda o alla rosa per addolcire la tisana, un sale ai fiori di rosmarino o di salvia per la carne alla brace. zucchero alla rosa e zucchero alla violetta per addolcire tisane e decorare dolci sale fiorito Rammento, con largo anticipo, che tutte queste cose, sciroppi, marmellate, zuccheri e sali fioriti, costituiscono un delizioso regalo di Natale, o anche un presente se si va ad una cena, quando finalmente si potrà tornare ad allegre cene fra amici, specialmente in questo tribolato anno dove tanti non hanno potuto trascorrere vacanze in campagna e farsi la provvista di cose buone e dolci ... Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. 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