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- CHE FICO!
amîgo amîgo ma chinn-a zu da o fîgo* Anche questa estate sta finendo, finiscono le vacanze e si torna alle attività comuni. Chi torna al lavoro, chi a scuola, chi torna a scrivere post. È stata un'estate con qualche intoppo, due cadute ravvicinate con conseguente rallentamento, una specie di riordino della cucina, che ha fatto sì che per il momento abbia ancora disordine ovunque, qualche evento che si è rivelato faticosissimo. Insomma, se non ad altro, questa estate è servita a farmi capire che ormai i tempi di preparazione e di ripresa per il mio fisico sono diventati molto più lunghi, a volte mi sembra vadano per l'eternità. Ritorno al blog per parlare del fico, dei suoi frutti dolcissimi e delle sue foglie delle quali ho scoperto solo tardi le innumerevoli proprietà. Non sono ingorda di questo frutto, me ne basta uno al giorno, possibilmente raccolto dall'albero e mangiato subito, e non amo trasformarlo, se non come fichi secchi, ma qui è difficile riuscire a farli bene. - Fico di Bacoli nato e cresciuto alla rovescia - -foto dal web- È un albero delle zone mediterranee calde, e propri al sud ho imparato a mangiare i Fioroni, i primi fichi, dalla lenta maturazione pronti a giugno. Ne esistono diverse varietà, neri, rossi, verdi, bianchi... Pianta citata più volte nei testi antichi tanto era diffusa ovunque e pare sia la prima coltivata dall'uomo, forse grazie alla sua facilità di adattamento ai terreni aridi e a tutte le situazioni più difficili. Famoso è il Fico di Bacoli, cresciuto alla rovescia. È l'albero della conoscenza, chi non sa di "Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture." Genesi 3,7-8, fino alla maledizione scagliata da Gesù che trovatolo senza frutti lo seccò all'istante., Matteo 21,18-22. Non è certo invece che Giuda si sia davvero impiccato ad un albero di Fico, anzi nemmeno che si sia davvero impiccato, nella tradizione si raccontava questo a noi bambini per ricordarci di non arrampicarsi, perché albero traditore vista la facilità del legno fragile e tenero di spaccarsi di colpo. Se tu vuoi cacciare un amico fai il fuoco con legna di fico, se hai un amico vero fai il fuoco con legno di pero. È l'albero sotto al quale vennero allattati Romolo e Remo, ed è da allora che si regalano fichi secchi a fine anno come bene auguranti portatori di fecondità e ricchezza. È caro ai Greci come dono di Dioniso e Demetra agli uomini, e si racconta che fu Polifemo il primo ad usare il lattice di fico per cagliare il formaggio. Sono talmente tante le leggende attorno a questa pianta che impossibile citarle tutte. Mi preme in ultimo ricordare che è fra i pochi alberi a rimanere maschile nel frutto. Il fico produce il fico. Punto. L'arancio fa l'arancia, il pero la pera, il melo la mela, il banano la banana, il fico no, rimane fico anche nel frutto, è meglio. È davvero necessario scrivere perché? il significato della parola al femminile la conosciamo tutti e pare sia in uso da quando nel 421 a.C. viene messa in scena La pace, commedia di Aristofane che chiude con chiare allusioni al frutto del fico come "frutto saporito della sposa", senza tralasciare altri scritti che legano la pianta a Priapo, simbolo dell’istinto sessuale e della forza generativa maschile, quindi anche di fecondità ... e ancor oggi ci si esprime con termine di "è un fico" senza sapere nemmeno più il perché... Cosa farne quindi dei fichi raccolti ieri? Di facile deperibilità, e non potendo mangiarli tutti ho fatto per la prima volta la marmellata. Non erano tanti e per strada avevo raccolto anche delle piccole pere selvatiche quindi ho fatto un misto. Sbucciati i fichi e tagliati , li ho messi in una ciotola con lo stesso peso di zucchero, mentre le perine tagliate a pezzi ad ammorbidire in una pentola con pochissima acqua, quel tanto da poterle passare con l'estrattore, ottenendo una purea che ho aggiunto ai fichi e ho messo a cuocere per ottenere la marmellata. Per le quantità sono andata un po' ad occhio, la purea di pere era la metà del peso dei frutti puliti e per quello ho calcolato lo zucchero solo sul peso dei fichi che dolcissimi avrebbero da soli avuto bisogno di meno zucchero. La marmellata di fichi è tremenda, tende a cristallizzare in fretta, ad attaccarsi e saltare in gocce ustionanti più di qualunque altra, ci vuole attenzione costante e fuoco basso. Visto che non è tra le mie preferite ho aggiunto alla fine delle scaglie di mandorle pelate e un cucchiaio di rum, assolutamente non necessari se si vuole una confettura pura di fichi, così come non servono le pere. Ho fatto ciò per avere qualcosa di diverso da servire con i formaggi, e se devo essere sincera, per il mio gusto, la prossima volta aggiungerò delle noci al posto delle mandorle. Una delle cose che ho imparato già da adulta e non rientrava negli abitudini di casa mia, è l'uso delle foglie di fico. Per tanto tempo non ho nemmeno creduto fossero commestibili, visto le raccomandazioni di stare attenta al lattice ustionante per la pelle, poi il soggiorno al sud mi ha insegnato tante cose. Non solo sono commestibili e quindi usate, previa leggera sbollentatura, per avvolgere alimenti, tipo involtini da cuocere, o fresche come si usano qui quelle di castagno al posto della carta forno, ma anche fasciare formaggi, o qualsiasi cosa si voglia tenere coperta. Come dimenticare la pampanella servita freschissima nelle foglie di fico sulle spiagge tarantine? Ora pare sia proibita, per l'igiene dicono... pur essendo un gratuito vassoio vegetale, assolutamente naturale e più biodegradabile di così! Esattamente come è proibito avvolgere la burrata nelle foglie di asfodelo, che contribuivano a trasferire al prodotto il particolare gusto pungente. Ora, sempre per igiene, abbiamo inventato delle bellissime foglie finte fatte di tre fogli di polietilene... Potrei continuare con le casse di legno per il pesce sostituite da quelle perfette in polistirolo così igieniche, che però... peccato! non permettono lo sgrondo del sangue, per esempio, delle acciughe... ma divagherei troppo. Chissà se un giorno, giusto un attimo prima dell' estinzione di massa, torneremo furbi. Sempre sull'onda dell'entusiasmo di provare a fare qualcosa di nuovo, ieri dopo averne sentito meraviglie mi sono cimentata anche nella produzione dell'olio di foglie di fico. Una piccolissima quantità, facile da fare, solo per provarlo. Basta sminuzzare delle foglie di fico, eliminando le nervature più grandi. Intiepidire a bagno maria olio extra vergine di oliva, senza scaldare troppo, e poi frullare insieme ai pezzi di foglia in un frullatore. Occorre poi filtrare accuratamente, lasciar raffreddare e usare a piacimento per condire pasta, pesce e verdure. È meglio farne poco alla volta e conservarlo in frigo. Per provare ho usato 50gr. di olio con 10gr. di foglie fresche Ma non tutte le ciambelle escono con il buco e mentre stavo filtrando mi è scappato tutto di mano e patatrac! si è rotta la bottiglietta. Non mi è rimasto che assaggiare qui e là, con il dito, si ottiene un condimento molto aromatico, devo rifarlo per provarlo a dovere. Non solo utilizzi banalmente alimentari, ma pare che le foglie di fico usate in infuso, abbiano importanti proprietà terapeutiche, antinfiammatorie e contro la tosse, come regolatrici di trigliceridi e glucosio. Lo stesso olio di cui sopra può essere assunto, un cucchiaino al mattino a digiuno, senza dimenticare i blandi effetti lassativi. Pur essendo propensa ad approfittare quando la natura mette a disposizione, e quindi se dovessi usare una tisana di foglie di fico a scopo terapeutico, preferirei farla tra giugno e luglio, prima dei frutti, quest'anno ne farò seccare una piccola quantità, fosse mai m'avessero a servire nell'inverno. Lavate accuratamente, asciugate, tolto il picciolo e seccate all'ombra. - Foto: van Noort, S. & Rasplus, JY. 2020 - - da pagina Fb di Biologica - Ci sarebbero ancora tante cose da dire, soprattutto a livello botanico, di difficile comprensione per i profani e ancor più difficili da spiegare per me che botanica non sono. Semplificando davvero molto e vi invito ad approfondire nei testi opportuni, quello che pensiamo essere un frutto è in realtà un fiore. E perché questo fiore si trasformi nella goduria che tutti conosciamo ha bisogno di un piccolissimo insetto erroneamente chiamato vespa del fico, Blastophaga psenes, che depone le uova al suo interno impollinandolo. I nuovi nati, i maschi insemineranno le femmine per poi morire all'interno del frutto, le femmine trasmigreranno alla ricerca di un altro fico dove deporre, trasportando anche il polline, che trasformerà il fico in frutto. La sopravvivenza del fico e di questo insetto è così vicendevole che uno non vive senza l'altro. Le piante chiamano questo particolare insetto, che vive grazie al fico e il fico grazie a lui, tramite un segnale chimico riconosciuto solo a loro. Il fico selvatico, o Caprifico, senza il lavoro di questo insetto, produce solo frutti stopposi e non commestibili. Nessuna paura di mangiare insetti quando si mangiano i fichi, sono piccolissimi, e gli enzimi della pianta li dissolvono rapidamente. Ma l'uomo, che vuol sempre metterci del suo, è riuscito ad ottenere varietà domestiche che producono frutti senza questo tipo di impollinazione. Peccato che detti frutti siano sterili. Attualmente le piante di fico sono attaccate da un altro insetto, il punteruolo nero del fico, che sta sterminando le piante di Liguria, Lazio, Toscana, e con impressionante velocità si sta espandendo, tanto che va segnalato se ritrovato sulle piante. Ci sarà da studiare qualche altro elemento per contrastare. - Adulto di Aclees taiwanensis (foto Crea DC) - *amîgo amîgo ma chinn-a zu da o mæ fîgo Amico o non amico scendi dal mio albero di fichi Proverbio genovese Possiamo essere amici finché vuoi ma se c'è di mezzo l'interesse... Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- AGOSTO ERBANDO MIO NON TI CONOSCO
Come tutti gli anni mi sono presa un po' di vacanza dal blog. D'altra parte questa è una pagina di erbe e cucina di campagna e con queste estati calde l'erba è secca e in cucina raramente vado oltre frisella e pomodori, pomodori e insalata, potrei eventualmente parlare di Spritz, che non mi faccio mancare mai d'estate 😜😂. Per giunta per qualche tempo non sono riuscita ad accedere alla piattaforma (misteri informatici) . Voglio però aggiornarvi sui prossimi eventi ai quali riuscirò a partecipare, se qualcuno fosse in zona e volesse fare un salto a chiacchierare con me. SABATO 12 AGOSTO 2023 SAN SALVATORE DEI FIESCHI Si rinnovano nella splendida cornice del sagrato della Basilica dei Fieschi le celebrazioni che collegano San Salvatore a Lavagna, entrambe città fliscane. Se a Lavagna il 14 agosto si celebrano tutti gli anni le nozze di Opizzo Fieschi, già nei giorni precedenti a San Salvatore iniziano i festeggiamenti. Sabato 12 a Medioevo nel Borgo una rievocazione storica con arti e mestieri antichi, spettacoli di Falconeria, danze medievali, giullari e sputafuoco, alla sera Sagra e spettacolo teatrale. Ci sarò in veste di Herbaria, quasi strega, con erbe e unguenti e chissà filtri d'amore... DOMENICA 20 AGOSTO SAN PIETRO VARA https://www.facebook.com/profile.php?id=100095296817337 Come tutti gli anni non posso mancare alla fiera di San Pietro Vara, una manifestazione sempre ricca di novità e personaggi. Ci sarò con il gazebo per parlare di erbe e di Corzetti>>> in collaborazione con Alessandra Picetti, per chi vuole vedere gli stampi o provare a fare questa pasta unica. DOMENICA 10 SETTEMBRE 2023 VARESE LIGURE https://www.facebook.com/biodistrettovaldivara Ritorna il VALLE BIO FESTIVAL, evento dedicato alle produzioni bio della Valle e non Saremo lì a parlare come sempre di erbe, il programma è in aggiornamento è possibile qualche novità Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- FIOR DI PRATO... FIOR DI FIENO ... ultima parte
e n'avais pas quinze ans que les monts et le bois, et les eaux me plaisaient plus que le cour de rois Rostand - primi anni 70 - io, di ritorno alle 10 di sera dopo aver raccolto e portato nella stalla le mucche - 𝓃ℴ𝓃 𝒶𝓋ℯ𝓋ℴ 𝒶𝓃𝒸ℴ𝓇𝒶 𝓆𝓊𝒾𝓃𝒹𝒾𝒸𝒾 𝒶𝓃𝓃𝒾 ℯ 𝑔𝒾𝒶 𝒾 𝓂ℴ𝓃𝓉𝒾 ℯ 𝓁ℯ 𝒻ℴ𝓇ℯ𝓈𝓉ℯ ℯ 𝓁ℯ 𝒶𝒸𝓆𝓊ℯ 𝓂𝒾 𝓅𝒾𝒶𝒸ℯ𝓋𝒶𝓃ℴ 𝓅𝒾𝓊 𝒹ℯ𝓁𝓁𝒶 𝒸ℴ𝓇𝓉ℯ 𝒹ℯ𝓁 𝓇ℯ Concludo con questo post gli articoli dedicati al fieno dei miei prati, quello che qui si è coltivato per anni per tagliare e conservare per l'inverno come cibo per mucche, cavalli, asini, ecc. Quello che un tempo era davvero ricchezza e chi più ne aveva più animali poteva tenere, vista l'ingente quantità di fieno che mangia in un giorno una mucca, considerata l'animale più necessario, insieme al maiale, alla vita contadina di questa parte dell'Appennino, soprattutto in Liguria, dove gli appezzamenti di terreno seminativo sono davvero pochi, e la divisione delle proprietà infinita. Gli animali venivano tenuti al pascolo il più a lungo possibile fino all'arrivo della neve, perché si nutrissero di erba fresca e avessero bisogno di meno fieno possibile. In queste zone non c'era una vera transumanza, le mucche venivano portate al pascolo ogni mattina, una volta quasi sempre dai bambini che vivevano le loro giornate liberi sui monti, territori che brucati da ovini, caprini e bovini erano pulitissimi, con sentieri perfettamente tracciati. Intorno agli anni '70 gli ultimi contadini rimasti accompagnavano le mucche al pascolo ogni mattina e le andavano a riprendere la sera, io stessa passavo le mie estati così e conoscevo ogni anfratto dei miei monti. Ho imparato qui ad andare a cavallo, a pelo, sulla cavalla del vicino, ho imparato, annusando l'aria, quando sta per arrivare un temporale, ho imparato a riconoscere le impronte degli scarponi di chi era partito prima di me per funghi, ho imparato a stare attenta alle vipere nelle giornate di "sciumbrio". Monti che ora non riconosco più, coperti come sono dalla vegetazione non più tenuta sotto controllo. Quelle rare volte che mi faccio portare sono sommersa oltre che dai rovi e dalla rosa canina, le "razze", dalle felci, una pianta che prima quasi non esisteva, 50 anni fa le andavamo a vedere su in alto dove le mucche non arrivavano. Un termine, fra i tanti, che non ho più sentito da anni, è "dare la mucca in sciù-vernu", cioè chi aveva più mucche ma non abbastanza fieno consegnava in custodia, una specie di adozione temporanea, una mucca al vicino che aveva il fieno ma non poteva permettersi la mucca o per qualche motivo gli era morta. Questo la allevava amorevolmente per tutto l'inverno curandola come sua, prendendo il latte, che gli procurava poi anche il formaggio, per riconsegnarla al legittimo proprietario in primavera quando questa avrebbe partorito il vitello. Una sorta di collaborazione, sconosciuta ai giorni nostri, che permetteva di non sprecare risorse e a qualcuno di sopravvivere meglio, senza il minimo scambio di denaro. Come ho già scritto nei due post precedenti FIOR DI PRATO>> e FIOR DI FIENO>> l'abbandono di questi territori e i cambiamenti del clima hanno fatto sì che inselvatichissero, facendo nascere in mezzo alle erbe pregiate per l'alimentazione animale altre erbe più resistenti che vengono comunque tagliate ancora dai pochi allevatori rimasti e da chi, come mio figlio tenta di tenere puliti i terreni, senza quindi tenere conto se questa o quell'erba sia più o meno utile. Di questo mi sono resa conto in questi ultimi anni interessandomi non solo delle erbe commestibili e notando sempre meno prati fioriti e con fiori che conoscevo bene rispetto ad altri che non avevo mai visto. Una delle piante ormai infestanti ovunque e del quale spesso non se ne conosce la tossicità sono i comuni Ranuncoli gialli di campo. Il nome viene da rana in quanto spesso si trovano in luoghi umidi, la famiglia è quella delle Ranunculaceae, la stessa della VItalba, del Favagello, del terribile Aconito, dell'Aquilegia, dell'Elleboro, e altre e non ne conosco personalmente una che non sia pericolosa. Con tossicità diverse, sempre se ingerite, spesso anche solo per contatto, dal semplice mazzolino di Ranuncoli gialli che può far venire un eritema, all'Aconito dove si registrano casi di morte solo per averlo toccato. Gli animali evitano i Ranuncoli per poi rassegnarsi a cibarsene nel fieno, quando essiccati perdono un poco la tossicità, le api, se non costrette, non li bottinano. Se si osserva attentamente un recinto di asini o cavalli si nota la terra battuta e ogni erba brucata, salvo spuntare qui e là ciuffi gialli di ranuncoli che evitano accuratamente. - Cresta di gallo - Una delle piante diffuse, non più estirpate dai contadini, facili da incontrare nei prati, sono le Creste di Gallo, genere Rhinanthus, come sempre ce ne sono infinite varietà, famiglia delle Orobanchaceae, e quindi, oltre ad essere moderatamente velenosa (gli animali la evitano) è emiparassita, ostacola la crescita alle piante vicine. - Mercorella o Erba Mercuriale - Un'altra pianta davvero tossica che sta invadendo le campagne e presto sarà anche qui è l'Erba Mercuriale. Tossica per l'uomo, può provocare avvelenamenti nel bestiame al pascolo. Come tante altre con l'essiccazione perde una parte di componenti tossici, ma non è sicuramente un buon foraggio. Si raccontava addirittura che la presenza di Mercorella nei filari di viti facesse poi andare a male il vino. - Senecio comune - - Senecione di San Giacomo o di Giacobbe - Fra le erbe infestanti anche degli orti, ci sono quelle appartenenti al genere Senecio, pianta comunissima che attacca il fegato, gli animali evitano le piante di Senecio nel pascolare, ma se sono nel fieno in quantità rilevante possono provocare danni anche letali soprattutto in animali molto giovani. Un'altra pianta davvero pericolosa è quella conosciuta come Senecione di San Giacomo, ma appartenente a un altro genere, le Jacobaeae. - fusto di cicuta - Sorrido sempre agli incontri quando parlando di Cicuta mi sento dire - Ma come, c'è la cicuta qui da noi?- C'è più cicuta oramai che carota selvatica e insieme convivono spesso vicine, ed è per questo che sconsiglio vivamente ai neofiti di raccogliere erbe che assomiglino al prezzemolo (prima regola che insegnano i vecchi raccoglitori) o alla carota, perché il rischio di confonderle c'è davvero. Specie in primavera con le piante giovani, fra le varie cicuta, il Conium maculatum, è più riconoscibile per il gambo appunto "maculato" di rosso, e anche per il cattivo odore che emana e se per caso posata sulla lingua l'immediato senso di bruciore che si prova. Per tutti gli animali al pascolo è fortemente pericolosa, 500gr. possono essere letali per un cavallo... Anche questa sempre più spesso la si può ritrovare nel fieno ormai non controllato, dove perde tossicità, ma ... - carota selvatica e cicuta che convivono nel prato vicino a casa - - Felce aquilina - La stessa felce di cui parlavo prima, ora tappezza tutti i boschi e i prati, è ricca di sostanze tossiche che provocano malattie diverse secondo l'animale che lo ingerisce, nei bovini per esempio provoca cistiti e tumore della vescica (IL RUOLO DELLA FELCE...>>>). La Coronilla, pur essendo una pianta con importanti tossicità, ha un contenuto simile alla digitale, viene inconsapevolmente qualche volta coltivata come foraggio, e anche come decorativa. Qui la trovo sempre più spesso a sostituire trifogli e sulla e se pure forse ne serve una grande quantità per provocare problemi nel bestiame non è sicuramente una delle piante più consigliate. Noi siamo quelli dell'Italia periferica, Quelli che cento anni fa sono rimasti a vivere in campagna, Quelli che cercano di strappare all'oblio Almeno alcune tra le mille magie dell'antico vivere contadino. Noi siamo quelli che resistono a tutto, da millenni, Al silenzio, all'abbandono, al freddo, alla ciclica povertà, Al silenzio, ai soprusi, alle cittadine leggi dei padroni, Al silenzio, al terribile, dolce, interminabile susseguirsi delle stagioni. Al silenzio. Un giorno avrete bisogno davvero di noi. Verrete a chiederci come si fa a vivere così. E non lo farete per curiosità, ma perché non avrete altra scelta. E noi vi mostreremo terre incolte, con la nostra solita, unica faccia. Noi siamo quelli dell'Italia periferica. Vi aspettiamo qua. Paolo Papalini Questo è un elenco limitato, soprattutto alle erbe che ho intorno in questa zona. Inoltre piante che sono velenose per un animale non lo sono per un altro, così come erbe buonissime infestate da funghi possono diventare tossiche o come la Galega, coltivata per anni per la sua attività stimolatrice della secrezione lattea, tanto da essere data anche alle puerpere, si è poi scoperto come durante la fioritura diventasse tossica fino a provocare la morte di alcuni animali. Altre erbe o arbusti ormai infestanti e con tossicità, di cui ho già parlato come EDERA, PERVINCA,EBBIO, SAMBUCO, VITALBA, ecc. La CELIDONIA della famiglia delle Papaveracee è tossica per uomini e animali che la scartano trovandola. L' IPERICO, diventa tossico se mangiato in quantità da bovini cavalli e ovini. Nei prati sono presenti anche specie non tossiche ma a volte di scarsa appetibilità come per esempio le grandi margherite bianche, commestibili anche per l'uomo, ma amare e non gradite, e in misura minore erbe e fiori conosciuti di cui ho già scritto, di scarso valore foraggiero che non fanno propriamente parte delle erbe da fienagione. LINO, POLIGALA, ACHILLEA , SALVIA, TARASSACO, GALIUM, PIANTAGGINE ecc. ecc. e altri che si trovano nella categoria FIOR DI... cliccando si accede all'articolo dedicato. - Natural History Museum, Vienna, Falce neolitica - Bene lo sapevano i vecchi contadini e soprattutto le contadine quando tutti i giorni armati di "mesoîa" , la falce messoria, attrezzo rimasto quasi immutato dal neolitico, prima in selce poi in bronzo e infine in ferro, tagliavano l'erba per gli animali da cortile galline, conigli. Un lavoro fatto a mano, spesso nei poggi dove era possibile controllare ed estirpare quelle considerate malerbe. Gli uomini invece provvedevano con la falce fienaia, la gruiàtta, a tagliare il fieno nei campi, lavoro che durava per tutta l'estate, e alla raccolta partecipavano tutti grandi e piccoli, donne e bambini. Il fieno tagliato veniva prima più volte rigirato perché seccasse bene, poi rastrellato e legato nelle "reje" reti di corda a maglie larghe, che sulle spalle venivano portate nelle "cabanne", dove sciolto, era conservato all'asciutto. Una rete poteva pesare anche più di un quintale. - anni '70 - fra le ultime "cabbanne" con il tetto di paglia, costruzioni classiche della Val di Vara, (pare provengano dai Celti) vicine alla stalla per riporre fieno e foglie Come ultime considerazioni mie non rimpiango certo la vita improponibile di fatiche disumane che era la fienagione un tempo. Mio figlio che non riuscirebbe a tagliare a mano un prato e non porterebbe una reje per pochi metri, taglia e imballa da solo con i macchinari qualche tonnellata di fieno. Vorrei solo un poco di attenzione in più per il territorio, unire l'esperienza di un tempo con le conoscenze attuali per avere un ambiente vivibile per tutti, uomini e animali, natura e scienza in quell'equilibrio che adesso è assolutamente perso. Le erbe potenzialmente tossiche che ho descritto hanno sicuramente il loro posto nell'imperscrutabile disegno della natura, proprio quella natura che ci ricorda tutti i giorni che non ha bisogno dell'uomo. L'equilibrio lo dobbiamo trovare noi per sopravvivere. L'erba ha poco da fare. Sfera d'umile verde. Per allevare farfalle E trastullare api. MuoversI tutto il giorno A melodie di brezza Tenere in grembo il sole Ed inchinarsi a tutto. Infilare rugiada La notte come perle. E farsi cosi bella Da offuscare duchesse. Quando muore, svanire Come dormienti spezie E amuleti di pino. Ed abitando nei granai sovrani I suoi giorni trascorrere nel sogno L'erba ha poco da fare Ed io vorrei esser fieno! Emily Dickinson alcune foto sono tratte dal sito Actaplantarum>>> Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- FIOR DI PRATO... FIOR DI FIENO ... PARTE SECONDA
In questo secondo articolo che segue a FIOR DI PRATO... parte prima >>> cerco di dare un nome alla parte verde del prato da fieno. Impresa quanto mai complicata per me che non sono botanica e manco delle basi tecniche scientifiche per riconoscere una pianta, e in questo caso, gli anziani, di cui farei parte anche io oramai, poco mi hanno saputo aiutare, liquidandomi con un "U l'è fén!" è fieno, semplicemente, o al massimo "A l'è gramigna". Per "verde" intendo quelle piante che non hanno fioriture dai colori vivi ma spighette o pannocchie e in gran parte appartengono a quelle una volta dette Graminacee, responsabili delle allergie così dette da fieno. Famiglia alla quale appartengono i cereali come grano, orzo, segale, riso, ecc.. una volta selvatici e "addomesticati" dall'uomo migliaia di anni fa. Si riconoscono dallo stelo cilindrico intervallato da nodi dai quali esce la foglia e non hanno bisogno di fiori sgargianti e profumi inebrianti per attirare gli insetti perché la loro impollinazione avviene per lo più con l'azione del vento, inoltre nel prato polifita, cioè composto da più di 5 specie vegetali, hanno anche il compito di sorreggere alcune leguminose semi rampicanti. Nell'alimentazione animale apportano le vitamine, gli amidi e le fibre necessarie alla digestione. Piante di questa famiglia formano le savane, le praterie, le steppe, le pampas, costituendo l'alimentazione di molti animali selvatici. Citerò solo il genere al quale appartengono queste erbe foraggere, essendo impossibile per me definirne la varietà con esattezza, per non incorrere in errori la maggior parte delle fotografie sono del sito ACTAPLANTARUM>>>, in quanto difficilissimo davvero distinguere una dall'altra, visto quanto cambiano anche durante la fioritura, e non semplici da fotografare. Tutto pare sia cominciato con lui, l'Orzo selvatico, coltivato da circa 10000 anni, ha dato inizio all'agricoltura come attività umana, e ancora oggi lo si trova nei prati. Temuto dai proprietari di cani perché può infilarsi nelle orecchie e anche sotto pelle creando non pochi fastidi. Contiene moltissime vitamine, magnesio, fosforo e potassio, minerali come zinco, ferro e calcio, antiossidanti, aminoacidi essenziali ed enzimi benefici e una volta se ne faceva una bevanda disintossicante, ma ancora si fa! Pochi sanno come sia ancora usato al giorno d'oggi per la produzione di orzo solubile. Ricerche recenti hanno portato a creare una bevanda fatta con foglia verde di orzo selvatico che pare sia un segreto di eterna giovinezza, per il contenuto di antiossidante SOD E anche qui mi sovvengono certe abitudini che mi sono state regalate, è tutta la vita che faccio colazione con una tazza d'orzo e non sapevo il perché. - Cappellini comuni - Erbe comuni nei prati che producono un buon foraggio per l'alimentazione animale, sono quelle appartenenti al genere Agrostis, volgarmente dette cappellini. Estremamente resistenti, con radici importanti, sono utilizzate per i tappeti erbosi, specie come tappabuchi, spesso nei campi da golf. il genere Dactylis, l'erba mazzolina, è tra i più apprezzati dal bestiame ed è fra quelle ancora marginalmente coltivate, in quanto altamente produttiva e longeva Un altro ottimo foraggio è il genere Alopecurus le così dette code di volpe o anche code di topo. Pianta, resistente agli inverni rigidi, sopravvive sotto una coltre di neve, adatta ai prati qui a 800mt dove una volta faceva freddo davvero. - codolina comune - Simile ma appartenente al genere Phleum, la codolina comune, sempre per la somiglianza con una coda. Anche questa presente nei miscugli da prato e da pascolo, adatta alle zone fredde e montane ed è per quello che la ritrovo qui. Pare sia una delle erbe principali causa di allergia alle graminacee - fienarola dei prati - Del genere Poa, che dal greco significa proprio pastura, l'erba fienarola, molto produttiva e pregiata per le sue qualità foraggere, è una delle cinque piante più diffuse al mondo. Viene coltivata anche per i tappeti erbosi soprattutto quelli da golf, per le sue capacità di contrastare le malerbe con le sue radici importanti. - poa annua - Tutti quelli che hanno voluto un prato all'inglese hanno prima o poi sentito la parola loietto, in realtà il genere Lolium, è da sempre considerato uno dei foraggi più importanti per l'alimentazione degli animali da latte, bovine, ovine, e anche bufale, dove si è notato oltre ad una migliore produzione, anche un latte che acquisisce maggiori attitudini alla coagulazione e alla trasformazione in formaggio. Buono come foraggio fresco, adatto anche da affienare. Negli scorsi anni un progetto al sud ne ha favorito la semina per foraggio - Avena fatua - Anche con erbe del genere Avena si ha un ottimo foraggio, gradito specialmente ai cavalli, ricco di vitamina A e silice, e poi chi di noi non ha giocato da bambini a tirarsi le spighe per vedere quante ne rimanevano attaccate? noi le chiamavamo "rondini" e credevamo di farle volare. Altre piante comuni nei prati ma meno pregiate per il foraggio appartengono ai generi Arrhenatherum, Briza, Bromus, Festuca, Holcus, Glyceria ecc. Davvero troppo complicato parlare di tutte, qualcuna è nelle foto sotto, sempre prese dal sito di Actaplantarum, dove raccomando di guardare se si vuole sapere qualcosa in più. Per mio conto, visto che ancora tagliamo il fieno e lo imballiamo, sono contenta di averci capito qualcosa, poco, rispetto a tutto quello che c'è da sapere, almeno ora le guardo meglio. Certamente non sono tutte qui le erbe del prato, visto che di ogni genere sono poi presenti diverse specie, è solo per dare un'idea di quanto è vasto un mondo che a volte non ci fermiamo nemmeno ad osservare attentamente, nonostante le differenze proprie di una pianta che le proprietà alimentari per la produzione di fieno. L'incuria dei prati, l'abbandono della campagna, soprattutto dell'Appenino dove piccoli appezzamenti si dovevano falciare a mano, per poi poter mantenere qualche mucca, conigli, poche pecore e capre a famiglia, ha portato piano piano all' inselvatichimento delle erbe, favorendo la diffusione di varietà più resistenti, anche ai cambiamenti climatici. Queste varietà spesso sono di scarso valore per gli animali, o poco appetibili, frequentemente con componenti tossici e ne scriverò prossimamente. Mi sorprende sempre come abbiamo abbandonato, dopo migliaia di anni dall'addomesticamento di animali e erbe, la buona consuetudine di conservare le specie migliori per gli animali e noi stessi, salvo stare attenti ad avere un prato perfetto, tutto tagliato alto uguale per giocare a golf o avere un'immagine da cartolina finta intorno a casa. Ricordo come ho già scritto l'altra volta che nessun contadino avrebbe mai tagliato il fieno prima che questo fosse andato a seme per favorirne la propagazione. Adesso se qualcuno ancora lo taglia, almeno qui, lo fa quando ha tempo, se c'è il sole per farlo seccare velocemente. Non esiste più il taglio del fieno "maggengo" o "agostano" e meno che meno quello di poco prima dell'inverno, quando si tenevano fuori le bestie il più possibile e si lasciavano prati e poggi puliti pronti per la nascita delle nuove erbe a primavera. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- FIOR DI MAGGIO! AGGIORNAMENTO EVENTO
FIOR DI MAGGIO DIVENTA FIOR DI GIUGNO Nel programmare gli eventi della tarda primavera ho parlato di quello dedicato ai fiori. Decidere la data implica aspettare con pazienza quando la natura ha deciso lei di mostrarsi. Questo mese di maggio è stato fino ad oggi una specie di marzo. Tanta pioggia, freddo. L'erba è cresciuta tantissimo ma i fiori non ci sono. L'evento si terrà a Ghiggeri, alla sede di Erbando a 800mt , dove ieri sera ho ancora acceso la stufa, ogni giorno un temporale, intorno tanto verde ma poche corolle. L'iperico non si vede nemmeno, l'achillea ha qualche corolla chiusa, l'acqua ha solo contribuito a rovinare le rose e il biancospino. A questo punto ho deciso di postdatare a sabato 3 GIUGNO. SABATO 3 GIUGNO ORE 15 ALLE 18,30 - 19 LOCALITÀ GHIGGERI- VARESE LIGURE googlemaps https://www.google.com/maps/dir/44.3867152,9.5120359//@44.3850589,9.5110113,177a,35y,13.52h,45t/data=!3m1!1e3!4m2!4m1!3e0!5m1!1e4 Il pomeriggio inizierà con una breve passeggiata di riconoscimento e raccolta dei fiori eduli o di erbe usate nella piccola farmacopea casalinga contadina per poi tornare ed assistere ad una dimostrazione della trasformazione in maniera semplice, empirica come le nostre nonne. Consigli di base come seccare opportunatamente le corolle, come procedere per uno sciroppo di fiori o foglie, produrre un oleolito, comporre un mazzolino per profumare o fumigare, come conservare il tutto. Suggerimenti e consigli non avranno nessuna valenza medica, solo quella di trasmettere gesti antichi e ricette di un tempo che una volta erano consuetudine in tutte le case. Ogni persona tornerà a casa con il suo piccolo raccolto da trasformare in sciroppo o seccare per tisana, un vasetto con un olio da completare, un mazzolino da fumigare, le dispense cartacee. L'evento è aperto solo a un massimo di 10 persone, per riuscire ad avere risultati soddisfacenti per tutti. È indispensabile un abbigliamento adatto, pantaloni lunghi e scarpe idonee e un piccolo cestino per la raccolta. Contributo necessario all'Associazione Erbando 25€ Prenotazione su wsapp al 3486930662, con versamento di un anticipo di 15€ all' Iban dell'Associazione Erbando Intestato a: Associazione Culturale Erbando SWIFT: BAPPIT21R95 IBAN: IT06J0503449860000000001053 Causale: Evento Fior di Giugno È possibile effettuare il versamento dell'anticipo tramite Pay Pal inquadrando direttamente il Qrcode Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- FIOR DI PRATO... PARTE PRIMA
Maggio è sempre stato per me il mese più atteso, il più bello per il tripudiare di prati fioriti prima della fienagione. Son almeno due anni che preparo questo articolo e mi sono resa conto come con il passare degli anni, i fiori sono sempre meno e diversi. Fra le tante ragioni c'è anche quello dell'abbandono di queste campagne. Errore di molti è pensare che i nostri meravigliosi prati fioriti fossero opera della natura e basta. In un ambiente antropizzato è difficile che sia così. Da tempi immemori l'uomo ha selezionato erbe che meglio servivano all'alimentazione animale e umana seminando e tagliando quando la pianta era andata in seme. Così da tempo cerco di chiedere ai pochi anziani e rintracciare fisicamente tutte le erbe da fieno che vedo perdersi in mezzo a selvatiche mai viste prima, quasi tutte contenenti qualcosa di tossico, colonizzatrici, veramente infestanti, che rendono i prati spogli della bella fioritura multicolore di un tempo. In Trentino, per esempio, hanno una cura diversa delle erbe, in specie di quelle usate anche nell'alimentazione umana e per i bagni di fieno, nella foto sotto io che mi godo un bellissimo bagno all'Alpe di Siusi. In pianura padana invece ormai si semina quasi solo erba medica e trifoglio. Un post sicuramente incompleto, tanto che ho deciso di dividerlo in più parti. - Luglio 2018- meraviglioso bagno di fieno all' Alpin Relax Chalet Tianes a Castelrotto - I TRIFOGLI È o è stata una delle piante foraggere più importanti, in Europa è ancora coltivato per centinaia di migliaia di ettari più per l'uso come pianta fresca che per fieno secco. Oltre a essere gradito dagli animali è pianta importantissima per il terreno dove viene seminata. Le radici sono in grado di trasformare l'azoto presente nell'aria, così da rendere il terreno fertile. Ciò avviene tramite colonie di batteri detti simbionti, presenti appunto nelle radici. Studi cercano di trasferire queste colonie ad altre piante per evitare interventi con costosi fertilizzanti chimici. Per questo il Trifoglio viene impiegato nelle colture di rotazione e spesso interrato. Il trifoglio è una delle migliori e più usate erbe da foraggio, una volta i contadini la chiamavano "erba da latte" . Usata preferibilmente fresca, secca tende a sminuzzarsi troppo. È una pianta commestibile, se ne possono mangiare i germogli teneri e i fiori e se ne può fare un tè. Una volta, le corolle seccate venivano macinate e unite alla farina per renderla più nutriente, specie durante le carestie. Ricco di proprietà curative, è un'estrogeno naturale raccomandato per prevenire l'osteoporosi in menopausa. Esistono come sempre diverse varietà di trifoglio. Il più comune, è il Trifoglio rosso, Trifolium pratense, delicatamente profumato, gradito anche a bombi e farfalle, oltre che alle api che non lo disdegnano per il miele millefiori, anche se alcuni pensano che non riescano a succhiare il nettare per i capolini troppo lunghi. Bellissimo e non mi stancherei mai di guardare, il Trifolium incarnatum, dai capolini allungati dalle delicate sfumature di rosa fino ad arrivare al rosso e il Trifolium repens, bianco e pure il Trifolium campestre giallo. Ma ce ne sono infiniti altri, divisi in ulteriori sottospecie L'ERBA MEDICA Ma non basta aver tre foglioline per credersi trifoglio, un'altra pianta da foraggio importante è l'Erba medica, Medicago sativa, forse più importante, perché più adatta di questo ad essere essiccata e insilata, anzi è preferibile servirla secca per evitare gonfiori negli animali. È ricca di vitamine e minerali e proteine vegetali, viene usata anche per estrarre carotene, clorofilla e vitamina k. È un altro ottimo fertilizzante del terreno, e usata come sovescio nei terreni impoveriti dalle precedenti coltivazioni. È specie officinale oltre che commestibile, anche se non conosco nessuno che la mangia. Una volta si usavano i germogli e i semi per insaporire le insalate, le foglie tenere crude o cotte e per fare pane e tisane. Studi scientifici confermano la sua capacità di ridurre il colesterolo nel sangue, e come il compagno trifoglio è utile nel periodo della menopausa e nelle convalescenze. Nonostante le sue proprietà non si chiama "medica" perché cura, si crede provenga da Media, regione della Persia, molti la conoscono come Erba Spagna, perché reintrodotta in Italia dalle dominazioni Spagnole del 1500. Anche di questa sono molte varietà, in foto quelle che ho trovato residue nei campi intorno. Negli anni qui praticamente nessuno l'ha più seminata ed è andata quasi sparendo. - Medicago sativa - - Medicago arabica - o Trifoglio del Calvario, dai fiorellini gialli, chiamato così per le macchie sulle foglie che si dice siano gocce di sangue cadute visto che la pianta si trovava ai piedi della Croce LA LUPINELLA Quanto mi è sempre piaciuto il fiore della Lupinella, del genere Onobrychis Mill., ce ne sono talmente tante e simili che davvero non riesco a definirne la varietà precisa. Una volta i prati e i poggi erano un tripudiare di rosa ed è una pianta foraggera seminata fin dal 1400, sconosciuta ai romani, importata forse dall'Asia più vicina per le sue grandi qualità, anche se adesso si trova spontanea, sempre meno, residuo delle semine di una volta. Resistente al freddo, alla neve, alla siccità, vive in terreni poveri, è uno dei fiori più bottinati dalle api, sia per il nettare che per il polline, una volta forniva un miele particolare ora rarissimo e adesso si spera ce ne sia nel millefiori. Come fieno è adatto sia verde che secco con davvero importanti proprietà nutritive e gli animali che lo sanno, la gradiscono. Non conosco se i suoi usi sono anche alimentari per l'uomo, se ho letto di lei non ho trovato si parlasse di tossicità, anzi. - genere Onobrychis Mill - LA SULLA Altra importante pianta foraggera e pure commestibile è la Sulla, che in fatto di coltivazioni se la batte con Trifoglio e Erba medica. L' Italia è il paese in Europa che ha più grandi coltivazioni di Sulla anche per la produzione di un miele uniflorale speciale ricco di proprietà e il rinvenimento di polline di Sulla viene considerato indice di provenienza italiana del miele. Oltre ad essere un ottimo foraggio per gli animali sia da pascolo che per essere tagliato e seccato, è un buon alimento per noi, si usano foglie e fiori cotti o crudi. La Sulla coronaria ha diverse proprietà usate in erboristeria sia per l'uomo che per gli animali. Contrasta efficacemente le infezioni gastro intestinali di ovini, bovini e pollame e nell'uomo riduce il colesterolo e ha proprietà astringenti. Qui non fiorisce prima di giugno e per forza ho dovuto scegliere una foto dal sito Actaplantarum - Sulla coronaria - LA VECCIA Al genere Vicia L. appartengono piante somiglianti al pisello e spesso sento chiamarle "pisello selvatico" e di fatto il nome botanico per esempio della fava è Vicia faba. Con i piselli condivide la famiglia, Fabaceae, ma non il genere Vicia, e occorre fare attenzione perché come tutte le leguminose va a seme con un baccello, ma non è detto che tutte le piante così siano completamente commestibili. Spesso si chiama pisello selvatico la Roveja, la Cicerchia, e appunto la Veccia, ma è necessario imparare a distinguere. Nel caso di una Cicerchia selvatica, Lathyrus hirsutus, comunissima, l'uso dei semi è stato abbandonato perché provocava un disturbo chiamato "latirismo" per la presenza di un amminoacido tossico, ed è proprio questa che spesso vedo confusa con il pisello selvatico e con la Veccia. Sono molto simili sia nel fiore che nella pianta le foto sono del sito Actaplantarum https://www.actaplantarum.org/galleria_flora/galleria1.php?view=1&id=1579 https://www.actaplantarum.org/galleria_flora/galleria1.php?view=1&id=1536 https://www.actaplantarum.org/forum/viewtopic.php?t=133841 La Vicia cracca, quella di monte che nasce qui, o anche la Vicia sativa, sono commestibili e venivano consumate foglie e fiori insieme ad altre erbe selvatiche. I semi non hanno molto gusto e nessuna proprietà di rilievo, quindi il suo uso in alimentazione è stato abbandonato, se non in una zuppa di origine francese. Anche questa è una importante foraggera e mellifera attira le api. varietà di Veccia - Vicia cracca - Tutte le piante presentate appartengono alla famiglia delle Fabaceae e sono state usate da sempre oltre che per alimentazione animale e umana per sovescio essendo, come scrivevo per il trifoglio, in grado di fissare attraverso le radici, l'azoto e rendere il terreno fertile per altre colture che ne hanno bisogno. CONSIDERAZIONI MIE Per concludere questa prima parte, alla quale seguirà una con le erbe meno appariscenti per i fiori e poi una dedicata alle varietà tossiche infestanti che hanno preso piede dopo l'abbandono dell'uomo nelle campagne, mi viene da dire che tutte queste erbe, che presto in gran parte dell'Appennino spopolato non esisteranno più, non servivano solo agli animali, ma anche all'uomo che le usava così o le dava appunto come foraggio, ottenendo sicuramente carne e latte più preziosi dal punto di vista nutritivo e del gusto. Gli animali oggi non hanno più una biodiversità così di alimento se pur lasciati liberi, perché i pascoli non sono più seminati, mi sono resa conto di questo perché ancora nei miei terreni tagliamo il fieno per venderlo e seppur in valle biologica, ho assistito personalmente al degrado dei prati in questi anni. Tanto da farmi un punto d'onore di seminare più che posso, ricercando semi che ancora sono in vendita per chi vuole, e scrivere queste poche parole per ribadire ancora una volta che la Natura è bella ma che noi a lei non siamo necessari, fa quello che le pare adattandosi. Se l'uomo la trascura e perde l'equilibrio con essa, non sarà lei a rimpiangere l'uomo. Se facciamo i turisti per andare a vedere la fioritura bellissima di Castelluccio di Norcia ricordiamoci che è opera della semina dell'uomo. A proposito c'è un progetto in corso perché i semi delle così dette infestanti che contribuiscono allo spettacolo, papaveri, fiordalisi, trifogli, ecc. che da sempre si cerca di isolare dal seme delle lenticchie, vengano messi in vendita e visto il via vai di turisti chissà se continueranno a seminare lenticchie dal timido fiore bianco. E per fortuna a Castelluccio ora è stato interdetto l'ingresso a auto e camper. Ancora una considerazione che pochi fanno quando amano avere un bel prato all'inglese e tutto tagliato intorno, per pulizia dicono, se non si lascia fiorire l'erba non andrà a seme e si estinguerà favorendo erbe più resistenti. L'erba alta con i fiori è rifugio di molti animali e insetti. Molti nidificano o hanno il loro cuccio protetti dall' "erba alta", nessun contadino avrebbe mai tagliato il fieno prima che questo andasse in seme e sopratutto perché a quel tempo uova e cuccioli sono schiuse e cresciuti. E se capitasse di trovare un nido di fagiano, o un cucciolo di capriolo allontanarsi lentamente e silenziosamente senza toccare nulla. Ricordo un anno che mio figlio interruppe il taglio del fieno quando si accorse di un nido di fagiana con i piccoli non ancora autonomi. E non accenno minimamente ai danni da taglio con i macchinari al posto delle grosse falci a mano usate un tempo. Camminare, saltare, giocare, insensatamente nel fieno alto, oltre ad essere di disturbo, crea un danno al fieno che non si rialzerà più rendendo difficile tagliarlo e sistemarlo, e comunque diventa poco appetibile per gli animali, insomma voi la mangereste un insalata tutta ciancicata? Per quello è così importante il ripristino e la pulizia degli antichi sentieri, dove sarebbe opportuno passare in armonia con la natura circostante, non con moto strombazzanti, per fare un esempio. Ricordo una solenne sgridata di quando ragazzina con gli amici distruggemmo una piana di fieno per andare a raccogliere fragoline e allegramente saltammo per tutto il prato e di quante volte fui accompagnata nei mesi successivi a vedere quei segni che avevamo lasciato e il danno che avevamo procurato. Ora chi oserebbe? ma forse non si salta nemmeno più nei prati... foto dal web Ape! Ti sto aspettando! Proprio ieri dicevo A qualcuno che conosci Che ormai dovevi arrivare- Le rane sono rientrate settimana scorsa- Si sono sistemate, messe all’opera- Gli uccelli, per lo più già qui- Il trifoglio caldo e folto- Riceverai questa mia entro Il diciassette; rispondimi Ö meglio, vieni direttamente- Tua, Mosca. E.Dickinson Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- IL CUCCO
Quando canta il Cucco v'è da far per tutto; o cantare o non cantare, per tutto c'è da fare Sembra essere nel mio cuore da sempre, invece è solo poco più di un anno che conosco il Cucco con Sara e Fabio. Il luogo è a circa 490mt di altezza, nel Parco delle Capanne di Marcarolo, a una manciata di chilometri da Ovada, una cascina che è lì dal 1500, uno di quei posti dell’Appennino votati alla pura sussistenza, qualche animale, l’orto, legna, un campo di mais, uno di patate, così, come era una volta. Riparata a sud come si usa qui per via del Marino, il vento che infilandosi tra le gole arriva dal mare e rovinerebbe le colture, è illuminata dal sole tutto il giorno. Fame forse mai, lavoro tanto, intorno il nulla a forma di montagna, alberi, verde e il canto del Cuculo incessante. Il Gorzente scende vicino a formare i Laghi della Lavagnina e altri laghetti intorno. Laghetto nei pressi della Cascina foto di Antonio Andreatta Il precedente proprietario nel tempo l’aveva trasformata in una trattoria per i cacciatori di passaggio. Tutto a piedi, anche oggi, perché la Cascina pur essendo a una ventina di minuti dal casello di Ovada, è raggiungibile, nell’ultimo tratto di qualche km, solo così o tramite strade sterrate che consentono il passaggio di veri fuoristrada. Ma quando arrivi è un nido accogliente. Non funziona il cellulare, niente televisione, internet questo sconosciuto, l’unica connessione è con la natura. Negli ultimi anni si è intensificato il desiderio di aria aperta, e il luogo è meta di escursionisti che a piedi, a cavallo, o altri mezzi battono i tanti sentieri naturalistici all’interno del Parco per raggiungere i Laghi, fare Birdwatching o semplicemente respirare una natura incontaminata. Quando si ama veramente, niente è impossibile Da Genova, Sara e Fabio, una vita insieme, volevano davvero qualcosa di diverso e qui hanno trovato quello che cercavano. Con il lavoro tutto delle loro braccia hanno e stanno ancora ristrutturando gli edifici, mantenendo il più possibile intatti i manufatti originali, creato una piccola azienda agricola con qualche animale, galline e capre, tre cani pastori, un orto, e i prodotti ricavati sono utilizzati per il punto di ristoro del loro circolo. Con la tessera di appartenenza si può partecipare agli eventi, organizzare pranzi e cene, approfittare dell’area tende, un barbecue, e in seguito sarà a disposizione qualche camera. I tavoli fuori nella bella stagione e intorno prato. Sara e Fabio mirano, oltre che all’auto produzione, all’impatto ambientale zero, quindi nessun detersivo chimico, pannelli fotovoltaici, impianto di fito depurazione, dry toilet, compost toilet. Il cibo proposto viene dall’orto o dagli animali della Small Farm, o dai vicini (non troppo vicini) che producono miele, formaggi, farine di grani coltivati in zona, meno di km0. Le ricette si intersecano fra cucina ligure italiana e piatti di tutto il mondo conosciuti da Sara e Fabio nei loro viaggi, così tra pansoti e corzetti con le noci, si trovano idli e Ćevapčićio, ragù di lenticchie o burger di fassona. Vini… siamo a Ovada non devo aggiungere altro, anche la birra artigianale è locale. Niente televisione, ma tanti libri a disposizione degli ospiti Brigadoon, Brigadoon, Blooming under sable skies. Brigadoon, Brigadoon, There my heart forever lies. Let the world grow cold around us, Let the heavens cry above! Brigadoon, Brigadoon, In thy valley, there'll be love! Ma il Cucco non è solo luogo di passaggio, vale la pena venirci apposta. Il mio rapporto con Sara e Fabio e il Cucco è partito dal loro desiderio di conoscere le erbe selvatiche intorno alla cascina per usarle in cucina. Sono arrivata in un giorno nebbioso di Aprile e l’impressione è stata di aver trovato il mio Brigadoon, il posto magico, fermo nel tempo, che appare ogni 100 anni per un giorno solo e fortunati coloro che lo scoprono. Superato il primo smarrimento da mancanza di internet, cellulare ecc., la magia del luogo, il canto costante del cuculo, il sorriso accogliente di Sara, l’entusiasmo di Fabio mi hanno conquistata. E così è un anno che arrivo, parto, arrivo, parto, con la scusa delle erbe da riconoscere, i pansoti da fare, provare la ricetta di qualcosa, basta stare un po’ qui in cucina con Fabio, a chiacchierare con Sara, nella magica atmosfera del nido della Fossa del Cucco. Ma sarà davvero solo un anno? o saranno cento più cento più cento più cento ... Forse un mattino andando in un'aria di vetro, arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me, con un terrore da ubriaco. Poi, come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto alberi, case, colli per l'inganno consueto. Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto. Eugenio Montale Per i contatti: Cascina Il Cucco Fossa del Cucco 78, Casaleggio Boiro, Italy 327 854 8388 - cascinailcucco@gmail.com Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. 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- IL FUNGO ESCA
foto di A. Andreatta Il fuoco è un simbolo naturale di vita e passione, sebbene sia l’unico elemento nel quale nulla possa davvero vivere. Susanne K. Langer Da tempo avevo in mente di scriverne, ma mancava la materia prima, non mi riusciva più di trovarne nei boschi. Finalmente, domenica, giusto in tempo prima che si spengano tutti i fuochi dell'inverno, per il compleanno di mio figlio, in mezzo al bosco, mancando la candelina, un suo amico ha pensato bene di improvvisarne una, accendendone un pezzo per metterlo sulla torta, trovato attaccato ad un castagno lì nei pressi. E così mi sono decisa a parlarne. Si tratta del fungo esca, Fomes fomentarius, un fungo non commestibile della famiglia dei Polipori, che cresce sugli alberi di latifoglie, specialmente faggi, e provoca la marcescenza dei tessuti legnosi o marciume bianco. Lo stesso nome significa proprio carburante del fuoco, esca del fuoco ... "fomentare un fuoco". Le piante colpite da questo fungo sono destinate a morire e cadere a terra per decomporsi come natura vuole, mentre se si dovesse presentare in una coltivazione o in alberi ornamentali andrebbe contrastato. foto di A. Andreatta Non è l'unico fungo usato come esca per il fuoco, un po' tutti i funghi lignicoli, quelli che si ritrovano con questa forma che sembra una mensola o meglio ricorda uno zoccolo, a strati, vengono usati con questo scopo, ma quello che mantiene di più il fuoco, anche per trasportarlo, che si accende meglio, è questo, Quello, sotto in foto, ritrovato domenica e acceso è probabilmente invece un Fuscoropia torulosa. Oltre alla forma, diversa, più a ventaglio e meno "a zoccolo", il sotto è color cannella e al taglio leggermente diverso, anche se pure questo ha all'interno la "carne" che viene trattata per poterla usare. Il Fomens oltre a accendersi con facilità, in realtà non brucia, anche in condizioni avverse, forma una brace che rimane accesa per molte ore, permettendo così di poterlo conservare, in un contenitore adatto, e spostandosi essere in grado di avere un fuoco pronto da innescare al momento che serve. Pratica non facile come sembra a dirla, ma restava una delle poche, se non l'unica, possibilità... e i fiammiferi non furono in commercio come tali se non dopo la metà del 1800. Per come usarlo correttamente rimando a questo video: Il rapporto con il fuoco è ancestrale, il suo controllo da parte dell'uomo, ciò che lo distingue effettivamente dagli animali e che lo ha portato a credersi il padrone della natura, risale almeno a 125.000 anni fa. Ötzi, l'uomo di Similaun, la mummia circa 5300 anni fa, ha nel suo corredo due pezzi di poliporo di Betulla che oltre a procurargli velocemente un fuoco, venivano probabilmente usati anche a scopi terapeutici, uso che si è protratto fino al XX secolo. I due pezzi di Poliporo di Betulla dell'Uomo di Similaun conservati al Museo Archeologico dell'Alto Adige>>> Non molti anni fa, grazie al Museo del Bosco>>> , ho scoperto di come in Liguria, a Fontanigorda, in Val Trebbia, esistesse una fiorente "industria" per il trattamento di Fomens fomentarius, che veniva raccolto dagli uomini, e poi lavorato dalle donne per ottenere bende a uso chirurgico, come emostatico. Prima essiccato, poi tenuto in acqua, battuto con mazze di legno e bagnato nel nitrato di sodio, ridotto a sfoglia fino a diventare un simil tessuto morbido come velluto. Esportato anche all'estero, le richieste si protrassero fino alla seconda guerra mondiale. I documenti e gli strumenti di lavoro sono oggetto di uno studio per un giusto recupero del patrimonio culturale e di un progetto di Mostra ipermediale già in rete l'anno scorso >>> Proseguono negli anni 2000 gli studi per comprendere gli usi medicinali possibili, anche se i meccanismi di azione non sono ancora chiari, gli sviluppi sono interessanti, anche nell'ambito di contrasto di alcune cellule tumorali. altri articoli sul fuoco IL DONO DEL FUOCO>>>https://www.lellacanepa.com/single-post/il-dono-del-fuoco LA GINESTRA ACCENDIFUOCO >>>https://www.lellacanepa.com/single-post/la-ginestra-accendifuoco-il-bruxine Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- ERA DI MAGGIO ... EVENTI 2023
Ecco i primi eventi programmati a maggio 2023, seguiranno eventuali aggiornamenti Tutti gli eventi sono pubblicati anche sui social FB, Instagram ecc. DALLA LIGURIA CON SAPORE - ERBE SELVATICHE E PANSOTI ALLA CASCINA IL CUCCO Al mattino nei prati intorno alla cascina una breve passeggiata per il riconoscimento delle erbe classiche del Prebuggiun con Lella Canepa. A ogni partecipante sarà dato un taccuino per formare un erbario personale da portare a casa con le proprie annotazioni o in alternativa il manuale cartaceo. Alle 12,30 -13 pranzo, antipasto e ricco piatto unico, con menù a base di erbe a km0 Al pomeriggio per chi vuole rimanere, un corso amatoriale introduttivo sulle paste ripiene, in particolare i pansoti, la particolare pasta ligure ripiena di erbe. Sarà mostrato come pulire, cuocere le erbe, preparare un ripieno e come lavorare la pasta fino al prodotto finito in maniera casalinga così come facevano le nostre nonne. Ogni partecipante proverà a impastare e preparare una piccola quantità di pansoti . È possibile partecipare all'intera giornata o alla mattina con pranzo o al pomeriggio con pranzo Passeggiata del mattino più pranzo: € 35 Pranzo più corso del pomeriggio: €35 Passeggiata + pranzo + corso, l'intera giornata: € 60 Per informazioni e per l'indispensabile prenotazione telefonare al 327 854 8388 Cascina Il Cucco si trova in provincia di Alessandria, nel parco delle Capanne di Marcarolo, in via fossa del Cucco, 78, 15070 Casaleggio Boiro AL CHIAVARI IN FIORE 20 - 21 MAGGIO Ritorna il 20 e 21 maggio 2022 “Chiavari in Fiore”. La manifestazione si svolgerà nel centro storico e le vie si trasformeranno in una grande serra in occasione della mostra-mercato di fiori e piante ornamentali, un modo originale per inaugurare la bella stagione. Erbando sarà presente come tutte gli anni con stand dedicato a erbe e fiori selvatici 27 - 28 MAGGIO FOGLIE E FIORI - RICONOSCIAMOLI E TRASFORMIAMOLI - SCIROPPI E OLEOLITI A CASA DI ERBANDO Rose, iperico, achillea e gli altri mille fiori del prato. Passeggiata di riconoscimento e raccolta con successiva dimostrazione di come trasformarli con facilità con metodi casalinghi delle nostre nonne. Come seccare con attenzione, come trasformarli in sciroppi e altre produzioni conservabili. Questo evento è ancora da definire nei particolari perché suscettibile delle condizioni meteo, insomma ci vogliono i fiori sbocciati per poterlo fare. Potrebbe slittare al fine settimana seguente del 2 - 3 - 4 giugno Sarà un evento dedicato a poche persone alla volta quindi se interessati inviare un messaggio wsapp al 3486930662. A maggio non basta un fiore. Ho visto una primula: è poco. Vuoi nel prato le prataiole: È poco: vuole nel bosco il croco. È poco: vuole le viole; le bocche di leone vuole e le stelline dell’odore. Non basta il melo, il pesco, il pero. Se manca uno, non c’è nessuno. È quando è in fiore il muro nero è quando è in fiore lo stagno bruno, è quando fa le rose il pruno, è maggio quando tutto è in fiore. G.Pascoli Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- SAMARE
Nel mezzo un olmo immenso, ombroso, stende i rami e le braccia annose: dicono che questa sia la casa dove stanno di solito i vani Sogni, appesi, sotto ciascuna foglia. Eneide VI, 282-249 Era il tempo delle Samare... Sono pochi anni che le ho ritrovate per caso, passando in un sentiero, dopo che negli anni '50 un fungo trasportato da insetti ha decimato tutti gli Olmi europei. Le Samare sono i frutti dell'albero di Olmo, i primi frutti, credo, dell'anno. Quando le ho viste non credevo ai miei occhi, in quanto ne avevo una memoria lontanissima, e non le avevo mai più trovate, ma non ho avuto dubbi. Questo particolare frutto, che in due sottili membrane leggere avvolge il seme, è commestibile, buono, con un gusto fresco che ricorda la nocciola. Buoni in insalata, mescolati ad altre erbe, o aggiunti a zuppe e minestre, o anche come decorazione nei piatti. Sono più gustose prima che si intraveda il seme rossiccio all'interno. Basta raccogliere e pulire velocemente senza tenerle troppo immerse nell'acqua. L'Olmo è un altro albero magico di cui si è persa memoria, quella memoria che faceva sì che anche un bambino sapesse distinguere un albero da un altro, ora non più. Ignoro se vengano insegnati a scuola, ma certamente in casa è difficile. Spesso la magia era la spiegazione alle proprietà curative e anche l'olmo ne ha, ma chi se ne ricorda? Forse solo gli erboristi oggi affidano all'olmo la cura della pelle, dell'acne, di alcune dermatosi. All'Olmo era affidato il mondo dei sogni, il potere di rimettere in ordine ciò che era in confusione, spesso sotto un olmo i giudici decidevano le sentenze. Albero caro vicino alle case, a lui si affidava la speranza di una prole numerosa, bambini che poi si suggeriva fossero messi a dormire fra rami e foglie di Olmo che li avrebbero fatti crescere con ossa forti e robuste. Non c'era vigneto dove l'Olmo non fosse maritato alla vite, sostituito ora da pali di cemento... Spesso piantato vicino alle chiese, il più vecchio d'Italia, che ha resistito alla grafiosi, è l'Olmo di Casa Mordini, di circa 500 anni, inserito negli alberi monumentali, protetto da almeno 4 leggi, 2 nazionali e 2 regionali. Anche se la circonferenza di 682cm non è data da un solo fusto ma da più alberi della stessa ceppaia. Con la disconoscenza degli alberi se ne va un altro sapere antico come l'uomo, quando ogni albero aveva una funzione all'interno della comunità. Finiti i tempi dove alla nascita di un figlio si piantava un albero. Due anni fa, senza grandi motivi apparenti, forse per fare luce su un sentiero, sono stati tagli gli enormi tigli che il nonno di mio marito aveva piantato alla nascita delle figlie, ho provato un dolore sordo. Loro non ci sono più da tanto, ma i tigli erano lì, forti e diritti a ricordarle... sì, ma da chi? forse solo da me. Chi li ha tagliati non lo sapeva e forse non sapeva nemmeno fossero tigli. Solo con me stesso Gli alberi si piegano ad accarezzarmi. La loro ombra abbraccia il mio cuore. Candy Polgar Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- I CUCULLI
A l’è a riunda di cuculli che tò moe a l’ha ruttu i tondi a l’ha ruttu i recamme cinque lie ghe son costè. A l’è a riunda di cuculli i cetroin sensa i peigulli a bursetta recamma scignuria sciu spezià. A l’è a riunda de zenà che comensa u carlevà carlevà u l’è zà passou l’ommu du saccu u se l’è piggiou. Mancavano alla categoria dei fritti di Liguria i Cuculli, le frittelle di farina di ceci, che forse facciamo solo qui così piccole, simili alle pettole pugliesi che sono però di farina bianca. Segreti non ce ne sono, anche perché ognuno le fa un po' come vuole, è semplice farina di ceci, acqua e lievito. Di solito lascio l'impasto di una consistenza per così dire a nastro, e una volta lievitato lo prendo con un cucchiaio passato prima nell'olio caldo e con l'aiuto di un altro cucchiaino lo faccio scivolare a friggere. Uso il lievito a lievitazione naturale in grani, con la dose indicata sulla bustina. C'è chi fa un impasto più sodo, io vado molto a occhio, perché come diceva mia nonna "A éuggiu se fâ sôlo i frisceu" a occhio si fan solo le frittelle, quindi per una volta sono più che giustificata. Messo il tutto a lievitare per qualche ora, anche 12, dalla sera alla mattina o viceversa, all'impasto finale viene aggiunto poco sale, il verde tritato della cipollina fresca e maggiorana, o anche niente. Qualche volta ho aggiunto pochi pezzi di carciofo tritati o anche un cucchiaio di Rossetti, il novellame di pesce, insomma si può aggiungere tutto quello che sta bene con la farina di ceci, così come si fa con la farinata. La ricetta è già presente con il nome di "cucullo" ne "La Vera Cuciniera Genovese" del 1862, dove sono anche dei cuculli di patate. Per quanto mi riguarda abbiamo sempre chiamato così solo quelli di farina di ceci per distinuerli dai Frisceau, quelle di patate semplicemente polpette. Più importante è come friggerli, pochi alla volta, in olio profondo, caldo ma non caldissimo per permettere la cottura anche dentro. Appena dorati si tirano fuori. E fritti nell'olio di oliva... eh sì, acquistano sapore. Resta da capire cos'era questa "rionda di cuculli" che tutti quella della mia età hanno sentito raccontare. Anche la parola "cucullo" non si capisce bene l'etimologia, qualcuno parla del bozzolo del baco da seta, anche se cucullus in latino significa cappuccio a cono, proprio dei monaci che a loro volta lo presero dal gallico, chissà che non derivi proprio dal tradizionale cono di carta paglia dove vengono da sempre serviti come cibo da strada. Ad ogni buon conto, qualche anno più tardi, qualcuno ha pensato di individuare la famosa rotonda (riunda) a Rapallo ... chissà ... 😜 A riunda dita “Siggi” amìa ben cumme ti a piggi, se ti sgàri in stisinin ti te u piggi in tu stupin. Ti ghe treuvi biciclette, camiun motu e carussette, tutti nun san cose fà se fermase o cuntinuà. Quelu in machina cu sùa, quelu a pè cu-a sò scignua, i furesti e i rapallin se ne sbattan u belin. Quella lì, cari fanciulli, a l’è a riunda di cuculli. Traduzione La rotonda detta Siggi guarda bene come la prendi se ti sbagli appena un poco trovi biciclette, camion, moto e carrozzelle nessuno sa cosa deve fare se fermarsi o continuare Quello in macchina suda quello a piedi con la sua signora agli stranieri e ai rapallini non gliene frega niente. Quella cari fanciulli è la rotonda dei cuculli Traduzione filastrocca inizio post E’ il girotondo delle frittelle tua madre ha rotto i piatti ha rotto quelli ricamati cinque soldi le son costati. E’ il girotondo delle frittelle le arance senza picciolo la borsetta ricamata riverisco signor speziale. E’ il girotondo di Gennaio che comincia il carnevale carnevale è già passato l’uomo del sacco se l’è pigliato.
- FRITTO MISTO ALLA GENOVESE
Oggi è stata la grande giornata del fritto misto. A Bargone presso l'Hostaria Tranquillo, abbiamo passato il pomeriggio a parlare, confezionare ed assaggiare fritto. Chi temeva di non riuscire a gestire le ostie è invece riuscito benissimo. Tutti soddisfatti e con il loro fritto pronto da portare a casa. E non solo... grazie alla collaborazione di Ostificio Ligure >>>qui ogni partecipante ha avuto in omaggio una confezione di 100 Nêgie. - Alcune foto della giornata di oggi - Riepilogo in questo post la giornata per capire alla fine come è composto un piatto di fritto misto alla genovese e qualche nozione per una buona frittura. Chi segue i miei post sa che non sono altro che quadri di vita vissuta, non sono né una storica né una cuoca né un'erborista o una botanica. Mi limito a raccontare come si è sempre fatto in casa e come continuo a fare. Riguardo al piatto di fritto misto, credo di aver avvoltolato centinaia, se non migliaia di ostie per gli stecchini che facevo con mia madre, mentre per esempio i crocchini non erano così ambiti. In casa non si poteva usare pollo o coniglio per l'avversione di mio padre, quindi solo cotolettine di maiale o di vitella. La scorzonera non poteva mancare, come la fetta di carciofo fritto e se erano di stagione fette di zucchine e raramente qualche melanzana, piuttosto fette di porcini. Il quadrato di lattebrusco e il rombi di lattedolce solo nelle grandi occasioni, che per molti era Natale, per noi il fritto misto non mancava nemmeno a Pasqua nel menù. A noi interessava più di tutto fare scorpacciate di stecchi nelle nêgie. Sono proprio le ostie, le nêgie, quelle che caratterizzano il fritto genovese. Friggere friggevano già gli Egizi, pare una sorta di pasta dolce nel grasso, poi passando per i Romani, che non amavano il fritto croccante ma lo tornavano ad inzuppare, attraversando Medioevo e Rinascimento dove è diventato quasi comune, è arrivato a Napoli e a Roma diventando cibo salato di strada, vedi pizza fritta e supplì. Ogni regione ha il suo piatto di fritto misto, con differenze che solo noi rileviamo, tanto che all'estero viene servito un qualche assemblamento di carne e verdura senza traduzione, semplicemente chiamato "Fritto misto all'Italiana". Il più famoso e il più ricco è forse quello piemontese, che può avere fino a 30 pezzi diversi. Nato come piatto dell'inverno quando si macellavano gli animali nelle campagne e data la deperibilità delle frattaglie si provvedeva a suddividerle e a friggerle. A queste erano aggiunti funghi, carciofi, fette di mela e semolino dolce - Lorenzo Venuti batte a coltello il ripieno dei crocchini - Nel fritto ligure, come si vede nei post precedenti di questa categoria nel blog, bocconcini di carne prosciutto e formaggio sono infilzati in uno stecco e avvolti in un'ostia grande inumidita, e un impasto morbido di cervella, animelle, carne e verdura è confezionato di nuovo nell'ostia, per poi essere passati nella farina, nel bianco d'uovo o nell'uovo e nel pangrattato. Fino a pochi anni fa nelle case dove c'erano ancora le nonne, gli stecchi, erano preparati anche con un misto macinato, quello dei crocchini, simile al ripieno della cima, infilzato nello stecco e avvolto nell'ostia. Nelle antiche ricette, e personalmente ho aiutato a prepararli e mangiati, il crocchino di macinato sullo stecco, senza verdura, era diverso da quello senza stecco, era poi, invece che nell'ostia, fasciato in un quadrato di crema pasticcera, come quella del lattedolce, premuto intorno e impanato e fritto. Non so chi ancora faccia una preparazione simile e superata la prima diffidenza dell'accostamento fra carne e dolce, ho dovuto ammettere che era buono. Certo non sono più sapori del giorno d'oggi. Ripeto, per casa mia, in una porzione doveva esserci almeno una cotoletta di vitello, possibilmente una di maiale, tre stecchi, due crocchini, due fette di carciofo impanate, due o tre frittelle, frisceau, di cipollotto o erbe varie, due pezzi scorzonera bollita e impanata e se di stagione fette di zucchina in pastella, due rombi di lattedolce e uno di lattebrusco. Poche sono le differenze ma personalmente non mi piace vedere la fetta di mela o il semolino al posto del lattedolce, foglie di salvia o di borragine impastellate, anche la melanzana così così, poi ripeto quando una pietanza ha la parola "misto" significa che varia sempre molto anche da casa a casa, e non è che in altre occasioni non mi diverto a friggere foglie di salvia o petali di rosa, specie negli aperitivi estivi, ma non nel piatto di fritto misto. - Una giovanissima me, anni70, che prepara gli stecchi nella normale quantità abnorme che rappresentava le domeniche di fritto in casa mia - Come si frigge? Vorrei poter dire che friggo nell'olio di oliva, un olio leggero come può essere l'olio ligure. Non lo faccio, l'unica cosa che friggo nell'olio di oliva sono i carciofi. Il resto lo friggo in olio di semi di arachidi, che rimane il più adatto, (non lo dico io, è scientifico) avendo un punto di fumo abbastanza alto e soprattutto non dà sapore, anche perché solitamente non è estratto usando solventi come per l'olio di mais, di girasole e di altri semi, il prezzo più alto dell'olio di arachidi rispetto ad altri oli dovrebbe tutelarci, ma è sempre meglio che sulla confezione sia scritto "ottenuto per pressione" e soprattutto se friggendo si osservano alcune regole importanti. Si frigge in abbondante olio, ma veramente tanto, nuovo, mai di un'altra frittura, si aspetta che sia caldo con metodi empirici, ma che funzionano, tipo il pezzetto di pane o lo stecchino in legno, quando sfrigolano l'olio è pronto, se si ha un termometro fra i 160 e i 180 gradi, mai più basso. Il fuoco va regolato abbastanza alto da impedire che si abbassi troppo la temperatura immergendo i pezzi, che devono essere pochi alla volta e iniziando da quelli che sporcano meno l'olio, come le verdure in pastella e dopo quello che è impanato. Lasciato nell'olio il tempo che colorisca appena e immediatamente tirato su. Se si è sufficientemente bravi si possono mettere due padelle così da accelerare, visto che il fritto deve arrivare in tavola caldo, questo spesso implica il sacrificio di una persona che rimane a friggere mentre gli altri mangiano. Se si deve friggere per molte persone un fritto di tanti pezzi diversi, si può friggere in due uno immerge i pezzi e l'altro li tira su velocemente, se non si possiede una padella con la griglia. ll fritto deve essere scolato benissimo, posato su una carta assorbente, portato in tavola nel giro di pochi minuti e salato all'ultimo momento pena il suo afflosciamento. Il fritto deve arrivare in tavola dorato, caldo e asciutto. Un errore da evitare è quello della rifrittura, o di mettere a scaldare il fritto, oltre a non essere così buono è quando si sviluppano sostanze che potrebbero far male più che la frittura stessa, che ormai è acclarato non faccia così male, una volta ogni tanto, anzi, rappresenti una palestra per il fegato. Non ho ancora afferrato bene il concetto di friggitrice ad aria, ma penso che non lo affronterò nemmeno. Rimango convinta che un buon forno ventilato non sia così diverso, forse meno comodo, ma il consumo è lo stesso e il fritto è fritto se c'è l'olio. Punto. Piuttosto sottovalutiamo tante cose che non ci accorgiamo siano fritte. Come ebbe una sera a dirmi un caro amico cardiologo, mentre cuocevamo la farinata nel suo forno "anche la farinata è un fritto per la grande quantità d'olio e l'alta temperatura, ma restiamo convinti che sia al forno". E così patate, ecc. ecc. tutto dipende dalla temperatura e dalla presenza in quantità di olio. Per quanto riguarda dove friggere, visto schizzi e odore, e oltre l'impegno nel fare il cibo rimane poi da pulire davvero tanto, mi sono organizzata fuori, con un fornello, una protezione per il vento e non mi rimane che un minimo di sporco da pulire e nessuna puzza in casa. Quando piove non si mangia fritto in casa mia. STECCHI FRITTI MODERNI https://www.lellacanepa.com/single-post/2018/04/01/untitled CROCCHINI NELLE NÊIGE https://www.lellacanepa.com/single-post/2018/04/20/crocchini-nelle-neige LATTEDOLCE E LATTEBRUSCO. https://www.lellacanepa.com/single-post/2019/12/27/lattedolce-e-lattebrusco ZEPPOLE E FRISCEAU https://www.lellacanepa.com/single-post/2019/12/27/lattedolce-e-lattebrusco Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>