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  • ERBANDO 2025 PASSEGGIANDO E RICONOSCENDO

    MARZO 2025 E siamo ad un'altra primavera! Purtroppo senza aver visto nemmeno una giornata di vero inverno, tanto che le erbe si sarebbero potute raccogliere senza interruzione. Per scelta non faccio incontri in inverno e se posso non raccolgo. Le giornate sono corte e fredde e viene presto buio e le piante sono confuse dalle temperature strane. Siamo a Febbraio e il calendario degli incontri per le passeggiate è d'obbligo. Ricordo che gli eventi pubblici sono sempre postati sul mio profilo fb, sulla pagina dell'Associazione e sul blog con un ragionevole anticipo, visto le condizioni del tempo che determinano la presenza o meno di erbe e non permettono di decidere mesi prima. Purtroppo non tutti riescono a prenotare o essere presenti quando decido io il giorno o il posto, quindi: DISPONGO DI UN CERTO NUMERO DI DATE INFRASETTIMANALI PER EVENTI PRIVATI PER GRUPPI DI ALMENO 10 PERSONE È NECESSARIO : UN TERRENO MESSO A DISPOSIZIONE DAL PROPRIETARIO UN POMERIGGIO O UNA MATTINATA circa DUE ORE, DUE ORE E MEZZA, massimo TRE UN MINIMO DI DIECI PERSONE DURANTE L'INCONTRO NON SI RACCOGLIE MA SI RICONOSCE A ogni partecipante viene dato un taccuino dove fare le proprie annotazioni e compilare un erbario personale da portarsi a casa con le erbe che si incontrano o in alternativa i sette manuali cartacei È richiesto un contributo minimo a persona di 15 euro all'Associazione Erbando Trovate dieci amici o amiche e sarò felice di essere dei vostri e passare qualche ora insieme nella natura a parlare di erbe selvatiche commestibili. È possibile anche un incontro personalizzato anche con meno persone, con un contributo da concordare Mi potete contattare solo via Wsapp  al 348 69 30 662 per accordarci SABATO 1 MARZO Si inizia quest'anno con l'appuntamento abituale a Bargone, all' Hostaria Tranquillo  a Bargone. Al mattino, ore 10, nei pressi del ristorante, una breve passeggiata per il riconoscimento delle erbe classiche del Prebuggiun con Lella Canepa. Sarà facile capire come guardandoci intorno, anche in un marciapiede, un'aiuola, un poggio, ancor prima di arrivare nei prati, è possibile riconoscere le erbe più comuni che spesso ignoriamo essere commestibili. A ogni partecipante sarà dato un taccuino per formare un erbario personale da portare a casa con le proprie annotazioni o in alternativa i sette manuali cartacei. Alle 12,30 -13 Pranzo all' Hostaria Tranquillo con menù a base di erbe a km0 Dopo aver gustato i pansoti di Monica, al pomeriggio, per chi vuole rimanere, show cooking del maestro Giulio Cassinelli per imparare la pasta matta perfetta e dimostrazione con cottura di focaccia al formaggio tipo Recco La pasta matta ligure è usata per la focaccia al formaggio, ma anche per le torte di verdura, la pasqualina, le focacette fritte e tanto altro I partecipanti impasteranno con il maestro e si porteranno a casa un panetto di pasta matta, poi con Lella Canepa prepareranno una torta di prebuggiun da portare via È possibile partecipare all'intera giornata o alla mattina con pranzo o al pomeriggio con pranzo Inizio ore 10 Passeggiata del mattino più pranzo: € 40 Pranzo più corso del pomeriggio: €40 Passeggiata + pranzo + corso, l'intera giornata: € 70 Menù: Baciocca della Val di Vara Torta di erbe Pansoti fatti a mano con prebuggiun e ricotta conditi con burro e salvia Coppa arrosto alle erbe aromatiche e patate al forno Dolce Prenotarsi al 3421601908 All'atto della prenotazione sarà fornito l'Iban dell'Associazione per un versamento anticipato di 10 euro sulla quota   a conferma della partecipazione. SABATO 8 MARZO Partecipazione di Lella Canepa all'evento promosso dalla ProLoco a Villa Vicini a Zoagli, presentazione delle erbe del prebuggiun e conversazione sulla conoscenza arcaica tutta femminile delle erbe. Ancora da definire i particolari che saranno pubblicati a breve. DOMENICA 9 MARZO La magia del Travo, l'antico mulino e i prati intorno sono la cornice perfetta per un'esperienza unica. L’antico Mulino, datato 1690, nei pressi del torrente Travo, sotto l'abitato di Carro, è stato scrupolosamente restaurato da Silvia e Maurizio e riportato a funzionare ad acqua così come una volta. Sarà l’occasione per una passeggiata nei dintorni, con Lella Canepa per riconoscere le erbe presenti del territorio, con particolare attenzione a quelle commestibili specie del Prebuggiun. Ogni partecipante potrà comporre un erbario da portarsi a casa, con il taccuino fornito dall’Associazione. Al ritorno una degustazione dei prodotti dell’ Azienda Agricola Silvia Bonfiglio a base di miele, marmellate, castagnaccio, tutti prodotti locali, con l’opportunità di visitare e vedere in funzione il mulino ascoltandone la storia. L'evento è aperto a un massimo di 20 persone, prenotarsi in tempo al 3486930662 solo wsapp o chiamare al 347 3108995 Contributo Passeggiata riconoscimento erbe + visita e degustazione 25€ Alla prenotazione sarà fornito l'Iban per un anticipo a conferma della prenotazione SABATO 15 MARZO Partecipazione di Lella Canepa al convegno "DALLA LIGURIA AL MONDO promosso dal MEI Museo Dell'Emigrazione Italiana di Genova DOMENICA 16 MARZO Immancabile il tradizionale appuntamento per una passeggiata di riconoscimento erbe a Castiglione Chiavarese, in località Fiume, nei terreni messi a disposizione dalle amiche dei B&B Fiume e Tre Ponti. Un pomeriggio, dalle ore 15, dedicato all'identificazione di tutto quello che si incontra, in primis, le erbe del Prebuggiun. Novità di quest'anno la partecipazione straordinaria di Italo Franceschini , Commissario del Corpo Forestale in congedo, che illustrerà le modalità per una raccolta opportuna, senza danneggiare la natura, le proprietà delle erbe e dei loro usi nella piccola farmacopea casalinga, parlerà inoltre dei Sentieri a Levante, l'associazione di cui è presidente, che svolge una importante e preziosa opera di tutela ambientale con la pulizia dei sentieri, luoghi dove le erbe del Prebuggiun crescono spontanee. A ognuno dei partecipanti sarà consegnato un taccuino dove potrà a piacere annotare quello che vuole, (nome caratteristiche ecc. di ogni erba) insieme ad una fogliolina raccolta che costituirà poi un piccolo erbario da portarsi a casa, con un contributo di 15 euro a persona all'Associazione. I posti disponibili per questo evento sono massimo 20, per questo motivo all'atto della prenotazione sarà fornito il codice IBAN dell'Associazione per un versamento anticipato di 10 euro della quota Prenotarsi al 348 693 0662 SOLO CON MESSAGGIO VIA WSAPP Come tutti gli anni è possibile pernottare nei due B&B prenotando in tempo. B&b FIUME 0185 408000 B&B TRE PONTI 338 992 9095 SABATO 22 MARZO Si torna anche quest'anno alla Madonna dell'Olivo, il piccolo santuario nel comune di Brugnato. Appuntamento al Santuario alle ore 14 per una passeggiata nei prati circostanti. La modalità è la stessa, dopo una breve introduzione sulle piante che si potranno trovare, ognuno potrà costruire un piccolo erbario con il taccuino fornito dall'Associazione da portare a casa. L'evento ancora da definire nei particolari Per informazioni e prenotazioni Angela 335 304 496 DOMENICA 23 MARZO Un altro posto magico delle erbe sono i prati dell'Az.Agr. Schiappacasse Simona e anche qui torniamo a ritrovare la magia delle erbe. La formula è la stessa degli altri anni un giro nei prati, la costruzione dell'erbario per chi vuole farlo, e per chiudere il pomeriggio una breve dimostrazione di pulitura e cottura del prebuggiun, veloce produzione casalinga di simil prescinseua da gustare subito insieme all'aperitivo con i prodotti dell'Azienda Agricola. Passeggiata con taccuino fornito dall'Associazione e Aperitivo € 30 Per prenotazioni e informazioni Simona 347 420 3054 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • DEGLI ERIGERON

    Prima che inizino le passeggiate di riconoscimento di quest'anno desidero dire due parole su queste erbe, perché è ormai impossibile non incontrarne e di conseguenza descriverle. Ormai, cambiamento climatico o no invadono dappertutto ed è più facile trovare loro che altre. Botanicamente Erigeron è un genere di piante appartenenti alla famiglia delle Asteraceae, per dirla facile facile piante che hanno, per i profani, visivamente, il fiore tipo la margherita, a volte piccolissimi, a volte riuniti assieme. È la famiglia che conta più specie, si parla di 23000, suddivise in 1620 generi, quindi il riconoscimento non sempre è facilissimo. Gli Erigeron da soli sono già 150 specie diverse, alcune, una quindicina forse, vivono da sempre fra le nostre Alpi ed Appennini, le altre fra America e Sud America. Fra quelle che vivevano all'altro capo del mondo, sfuggite agli orti botanici dove erano state portate come curiosità, ce ne sono due diventate comunissime ai nostri piedi l'Erigeron canadensis e l'Erigeron karvinskianus, che vengono definite neofite invasive, di fatto malerbe infestanti. Adesso è il momento che va di moda mangiare, tutto, specie se è un'erba selvatica e presto davvero dovremo mangiare queste perché stanno soppiantando con la loro facilità di espansione e resistenza ai diserbanti, alla siccità e al gelo, le altre, quelle che una volta era banale trovare. Come diceva quello, per quanto mi riguarda, non mi avrete mai come volete voi. Io non le mangio. - Erigeron - non sono in grado di definire la specie se canadensis o una delle altre, in questa fase sono molto simili Erigeron canadensis, Erigeron floribundus, Erigeron sumatresis ecc. Impossibile non trovarlo, tra poco sarà più facile trovare questo che la piantaggine una volte così comune. Gli va bene qualsiasi angolo di strada, di campo, di pietra, di sabbia, da 0 a 1400mt. Ci sono almeno tre varietà simili con poche differenze che personalmente non riesco a percepire, Erigeron candensis, Erigeron floribundus, Erigeron sumatrensis. Differenze nella foglia più stretta o più larga, nell'altezza del cespo fiorito, nella misura e numero dei fiorellini del corimbo o nell'odore più o meno persistente. fiore di Erigeron - foto di Actaplantarum Il fiore, uno stelo alto con le foglie diverse da quelle della rosetta, con in cima un corimbo di fiorellini, fino a 200 I nomi simili seppola canadese una, seppola di Buenos Aires l'altra, seppola di Naudin ancora un'altra. Il nome seppola o coniza, Conyzinae è il nome della sottotribù di appartenenza, potrebbe derivare dal greco pulce, per il forte odore di cimice che emana da secca e serviva ad allontanare appunto le pulci. Gli oli essenziali di cui è ricca fanno assomigliare di più al cumino l'odore che emana. Ha proprietà da non sottovalutare e nei testi viene indicata come officinale. Gli animali non la apprezzano per il forte sapore amaro e potendo la scartano. Invece gli umani sì, pare che ci sia gente in giro che la mangia, la usa con grande soddisfazione. Nelle mie passeggiate la faccio sempre assaggiare perché sorprende con il suo gusto che ricorda il peperone verde così a chi piace può unirla a insalate, ma cruda la peluria che la ricopre può essere fastidiosa o aggiunta a cuocere per insaporire un sugo. Sempre che piaccia. A me no, non piace, in realtà non posso mangiare neppure i peperoni veri per un'allergia che mi è uscita una decina di anni fa. Erigeron karviskianus Erigeron karvinskianus Un altro Erigeron invasivo che si vede davvero dappertutto e che ha preso il posto di tante spontanee selvatiche del prebuggiun, tipo le Talegue e tutte quelle che amano crescere sui muri, fra le pietre, è l'Erigeron karvinskianus. Confuso spesso con la pratolina, sorprende per la fioritura inossidabile, duratura, che non si lascia intaccare da nulla, siccità, freddo, terreno povero. Pratolina Erigeron Le differenze con la margheritina dei campi sono notevoli ma possono sfuggire ad una osservazione frettolosa. La prima sono sicuramente le foglie completamente diverse e il portamento stesso della pianta. Mentre la pratolina, pur riempiendo interi prati, ogni pianta ha la sua rosetta di foglie e due o tre fiori su uno stelo sostenuto, questo Erigeron forma grandi cespi di fiori su steli sottili che ormai si vedono sui muri di pietra di tutte le strade. Il fiore che potrebbe sembrare più simile non si chiude alla sera e i petali sono diversi, più sottili, più numerosi, spesso rosati. -Erigeron annuus- foto di Actaplantarum Un'altra varietà simile è l'Erigeron annuus. Da entrambi sono derivati ibridi per decorare i giardini rocciosi. Non mi risulta una commestibilità della pianta, ma ormai sempre più spesso vedo i fiori usati per decorare piatti vari. Pur non sapendo di una reale pericolosità preferisco non usarla, consapevole che non sarebbe un fiore sull'insalata ad avvelenarmi, ma preferisco nel caso continuare ad usare le pratoline. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • IL PREZZEMOLO

    Mescola per benino aglio , salvia, e pepe fino, prezzemolo , e buon vino. Se il miscuglio non si falsa, forman sempre buona salsa Scuola Medica Salernitana Dappertutto come il prezzemolo... Qui, sul mio blog non ne avevo ancora sentito la necessità. In queste feste appena trascorse ne ho usato talmente tanto per fare tutti i Cappon Magro che ho pensato valesse la pena parlarne o meglio scriverne. Se c'è un'erba davvero conosciuta e usata in tutto il mondo questa è il prezzemolo, tanto che non è nemmeno certo da dove provenga, probabilmente dalle aree mediterranee dove è conosciuto e usato dall'antichità. particolare del gambo del prezzemolo Botanicamente della famiglia delle Apiacee, la stessa della Cicuta e tante altre con qualche tossicità, molto somiglianti fra loro, per questo se ne sconsiglia la raccolta nei prati, essendo fra l'altro non così facile trovarlo spontaneo selvatico, al massimo il seme dall'orto si sposta e va a nascere vicino. Per riconoscerlo nella mia maniera empirica dovrebbe essere sufficiente l'odore e lo stelo che non è rotondo perfetto ma con una insenatura, mentre in altre è liscio. Occorre ricordare che un riconoscimento di questo tipo non è sufficiente, deve essere l'insieme di più fattori a garantirne con certezza l'identificazione. L'insenatura presente nello stelo del prezzemolo per esempio tende a sparire se il gambo è grande, anche se con un minimo di sensibilità si riconosce negli altri più piccoli, così come la cicuta in certe parti può trarre in inganno, sempre se non si ha un minimo di esperienza e sensibilità. Proprio per la facile confusione spesso veniva coltivato in vaso, perché più controllabile la possibilità di mescolarsi nel terreno aperto a altre piante, il vaso tenuto vicino a casa per l'uso frequente che se ne fa. Della cicuta sono velenosissimi i frutti immaturi, ma anche una modica quantità di foglie può essere mortale, specie se mangiata cruda o in infuso. Purtroppo la tossicità resiste e l'intossicazione può avvenire anche se ci si ciba della carne di un animale che ne ha mangiato. I sintomi di un eventuale avvelenamento si manifestano dopo pochi minuti, meno di mezz'ora, con manifestazioni evidenti, gastrointestinali, tachicardia, tremito, bocca secca. Gli animali non la mangiano normalmente, la riconoscono e la ignorano, gli unici a esserne immuni sono gli uccelli. C'è chi pensa sia raro trovare la cicuta nei nostri prati invece è un'erba comunissima, anche per l'abbandono dei contadini che contribuivano a tenerla a bada e ci sono più varietà tutte velenose. Ma anche il prezzemolo non è completamente innocuo. prezzemolo riccio Prezzemolo ne esistono come sempre, diverse varietà. Interessante quello riccio per le decorazioni dei piatti. A me piace quello che si è sempre seminato qui in campagna con le foglie più piccole e più aromatico, mentre quello che si trova in vendita spesso è quello con le foglie grandi che sa di poco. Di solito il secondo anno va in semenza, e così è possibile riconoscere il fiore, simile alle altre Ombrellifere e raccogliere il seme per una nuova semina. Fiore di prezzemolo - foto di Actaplantarum Ricco di proprietà medicinali, per il tratto urinario, digestivo, interessante per il contenuto importante di vitamine A e C, molto più di frutti come arance e albicocche, usarlo come medicinale casalingo diventa pericoloso per il contenuto di apiolo, sostanza presente specie nell'olio essenziale, ma anche in una tisana. L'apiolo influenza le contrazioni della parete uterina, stimolando le mestruazioni, gli usi infatti, nella medicina popolare, erano indirizzati a provocare l'aborto, facendosi un tè di prezzemolo ma questo metteva a serio rischio anche la vita della donna che provava. Questa non è una mera credenza popolare è un'informazione con basi scientifiche. Personalmente mi fu sconsigliato l'uso del prezzemolo in gravidanza, dal mio ginecologo, dato delle piccole contrazioni che avevo già di mio. Sì usavano anche i cataplasmi di prezzemolo per la mastite del seno e per far andare via il latte. Si dice che la dose tossica mortale per l'uomo sia di 200gr. che è una quantità enorme, in quanto il prezzemolo è leggerissimo, mentre ridotto in decotto è più facile usarne tanto senza accorgersene. Ed è questo che mi chiedono spesso quando parlo di erbe, ma allora quando si mangia tanta salsa verde? È davvero difficile arrivare a mangiare due etti di prezzemolo mangiando salsa verde... magari si mangiano due etti di salsa verde ma non è l'unico ingrediente. Non è poi cosi piacevole da mangiare una simile quantità, chi mai si è fatto un'insalata di prezzemolo? Non credo che nemmeno una tisana di prezzemolo sia la cosa più buona da assaggiare e qui ci potrebbe salvare l'istinto (finché ce lo avremo) e le nostre papille gustative deputate a riconoscere i vari tipi di amaro, raggiunta una soglia ci dovrebbe disgustare. e quindi non così facile berlo. Un altro uso tradizionale al limite della farmacopea casalinga, era quello di provocare l'evacuazione dei neonati con problemi di stipsi, sollecitando con uno stelo di prezzemolo appena unto d'olio la cavità anale, e anche questo l'ho visto fare personalmente. Adesso si sconsiglia un uso simile, perché è innanzitutto antigienico, e una stimolazione manuale potrebbe dare una "cattiva abitudine" all'intestino del lattante. Dell'uso del prezzemolo in cucina non mi perdo a dire, va bene con tutto, pesce, carne, verdura, sughi, ecc. Si usano prevalentemente le foglioline, o almeno così mi è stato insegnato, ora invece si tende a servirsi anche dei gambi, non so, ma non ci sono abituata, così come uso poco le foglie del sedano. Nella mia cucina il trionfo del prezzemolo è la salsa verde. Quella per il Cappon magro o il mio magrissimo è a questo link >>> . Leggermente diversa potrebbe essere quella che accompagna un bollito, il classico bagnet verd, lasciato un poco più grossolano e con meno ingredienti. La base vuole prezzemolo, aglio, acciughe, mollica bagnata nell'aceto, olio di oliva, da quando fu descritta da un cuoco di corte Savoia a metà dell'800. Le aggiunte successive, tuorlo d'uovo sodo, capperi, olive e in Liguria pinoli, sono a piacere, ognuno ha la salsa verde sua. Se un volta si usava la mezzaluna è anche questa una salsa che ancora prima era fatta al mortaio, oggi quella per il cappon magro mi piace fine e la faccio con il mixer e non mi si è mai scurita nemmeno dopo una settimana in frigorifero. Per la conservazione, anche qui con un minimo di attenzione si può tenere la pianta tutto l'inverno, in frigorifero fasciato nella pellicola dura un bel po', se invece mi capita di averne tanto lo congelo, ma non è che mi soddisfa molto e ancora meno secco o sott'olio. Lo uso se ce l'ho fresco. foto dal web Come tutte le piante con proprietà il prezzemolo entra nel mondo mitologico e della magia. Gli antichi Greci e Romani si facevano corone di prezzemolo convinti che mettesse in relazione i vivi con il mondo dei morti. Fin dal 1500, se non prima, Prezzemolina è la protagonista di molte fiabe, riproposte anche con altri nomi e da molti autori famosi. La storia è sempre più o meno la stessa, una madre golosa di questa pianta deve cedere la neonata a streghe che non potendo godere della vita si appropriano della sua, ma Prezzemolina vincerà e tornerà dal regno dei morti. Le attinenze con Raperonzolo e Cenerentola sono fin troppo evidenti. Così come, la pianta, una volta nata, tagliata anche più volte, rivegeta velocemente, come se davvero "tornasse". Nel quotidiano dei contadini il prezzemolo non va mai trapiantato, sarebbe di grave malaugurio. Va seminato, possibilmente nel giorno del Venerdì Santo, in maniera leggera, non interrato, semplicemente mescolato a sabbia, perché deve sentire il suono delle campane e sta molto tempo a nascere, anche 40 giorni, perché, si dice, deve tornare dal diavolo almeno tre volte. Queste credenze dovrebbero dare l'idea della considerazione che avevano del prezzemolo una volta. Imparare ad usarlo ma non ad abusarne e per questo non c'era niente di meglio che raccontare affascinanti storie perché rimanessero nell'immaginario popolare e si trasferissero nella vita quotidiana. Se qualcuno spesso sorride quando racconto queste cose, occorre ricordare che era il mezzo più semplice per insegnare la pericolosità di certi usi e consumi, quando anche la scienza non era così conosciuta e forse nemmeno ancora nemmeno scientificamente si sapeva il perché o il percome. Non si usa più raccontare certe cose, io però incontro sempre più spesso persone che non riconoscono il prezzemolo dal sedano, dalla cicuta, dalla carota e nozioni scientifiche non ne hanno lo stesso. Oggi che abbiamo il sapere a portata di mano non ci interessa saperlo e non ci interessano nemmeno le favole. "Il prezzemolo non serve riconoscerlo, va bene quello surgelato", e questa non è battuta mia, ma di una ragazza che così mi rispose tempo fa ad un incontro, non posso nemmeno sperare che lo riconosca perché le cresce dentro le orecchie, come si diceva una volta ai bambini perché si ricordassero di lavarle per bene, oggi ci laviamo tutti, forse anche troppo. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • UN SAN VALENTINO IN ERBA

    Tu tienimi e io mi trasformerò in meraviglia tra le tue mani, al caldo, quel caldo che di notte fa crescere il gran o ... Chandra Livia Candiani La primavera, i primi tepori, le prime erbette, ma vogliamo stupire con un menù abbastanza green, semplice, costo limitato, sapore inaspettato? e inaspettatamente afrodisiaco? Succede che se poi, come me, resti tutta la settimana senza auto, finita dal meccanico, e non ti puoi muovere, devi inventare con quello che c'è in casa ... Una specie di cena finger, coreografica, qualcosa di più di un aperitivo per non appesantire, tutto pronto da gustare non necessariamente a tavola ... Tutto già visto nel blog solo idee raccolte qui da scegliere Accese le candele, con il primo flûte di bollicine, con qualche chicco di melagrana dentro gambi teneri di sedano bianco con formaggio morbido e noci e un pizzico di paprika, il sedano è opportuno in certi casi ... sugli effetti del sedano qui>>> Cuoricini sablè salati al parmigiano e timo Da preparare prima e tenere chiusi, una frolla salata leggera all'olio, ma si può fare anche al burro, con erbette che possono essere anche salvia, rosmarino o quel che si vuole e .. un pizzico di pepe, che serve sempre... 100 g farina 00 50 g parmigiano grattugiato 50 g olio evo oppure 50 gr. burro un cucchiaino di timo tritato o a piacere o l'erba che si preferisce sale pepe Impastare velocemente gli ingredienti, lasciar riposare l'impasto nel frigo, spianare fra due fogli di carta forno, ritagliare i cuori, infornare a 180° Cuocere 12-14 minuti senza lasciar colorire troppo. Mini torte di verdura tipo Pasqualina, bastano due, si possono preparare in anticipo, la ricetta dettagliata qui>>>Pasqualina o...   Poca sfoglia di pasta matta, qualche verdura, se non si hanno erbette spontanee del prebuggiun, spinaci o bietole, prescinseua o ricotta, nel mezzo un ovetto di quaglia, prima di coprire con altra sfoglia. Cuocere in forno caldo a 180° . Insalatina radicchio, pratoline e pimpinella e erbette varie Qualche piantina di pratolina, poche foglie di radicchio rosso, qualche stelo di pimpinella, di talegua, raperonzolo, altre erbe tenerissime che spuntano adesso, da raccogliere direttamente nel prato. Tutte le verdure pulite, pronte da condire all'ultimo minuto con un'emulsione di olio, qualche goccia di limone, una di aceto balsamico, sale rosa. Delle piccole crêpes , per cambiare, fatte con farina di castagne e farina bianca, ripiene di asparagi, magari i primissimi selvatici, verdura afrodisiaca per eccellenza, o in mancanza funghi porcini, quelli seccati questa estate, condite con una besciamella leggera passate un attimo in forno all'ultimo minuto. Per la ricetta delle crêpes   qui>>>   Crazy cake all'arancia Un dolce leggero e semplicissimo la crazy cake al cacao o torta all'acqua, la famosa torta inventata in America durante la crisi del '29 quando anche trovare le uova era un problema. Da provare assolutamente, tutto insieme direttamente in teglia, una mescolata veloce aggiungendo l'acqua. Servono: 180 g di farina 150 g di zucchero 30 g di cacao 1 cucchiaino di bicarbonato 1 pizzico di sale 1 cucchiaio di aceto 80 g di olio di semi 250 ml di acqua Da lasciare cosi con una riduzione di arance, ottenuta con fettine di arancia bio fatte bollire pochi minuti con qualche cucchiaio di zucchero e succo di arancia. Oppure ricoperta di una goduriosa ganache al cioccolato fondente ottenuta facendo sciogliere a bagno maria lo stesso peso di cioccolato e panna bacio Il tempo di fare due baci con biglietto dedicato, ho già messo la ricetta passo passo qui>>>   Se questo menù è troppo verde, si può integrare con un vassoio di salumi, giardiniera e funghi sott'olio sempre preparati quest'estate, puntare su panini coreografici con arrosto o petto di pollo marinato e cotto alla piastra. Meglio star leggeri, per una volta niente aglio, niente cipolla ... 😜😂 È quasi tutto fatto con quello che si può avere in casa, quasi improvvisato. Vado che pure io ho un amore che mi aspetta... A chi mi chiede quanti amori ho avuto io rispondo di guardare nei boschi per vedere in quante tagliole è rimasto il mio pelo. Alda Merini Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • L'INSALATA RUSSA

    È arrivato il momento di parlare anche di lei, l' insalata russa... Perché si chiami, russa con le ricerche storiche ora si sa, ma dalla Russia è partita con il nome di insalata Olivier. L'originale, quella pensata dal tale chef francese Lucien Olivier, che in Russia, nella metà del 1800 la inventò, conteneva carne di selvaggina da piuma, lingua di vitello, gamberetti di fiume, olive, capperi ecc. era rifinita con la gelatina, assomigliava di più a un aspic che a come è arrivata qui, e infatti in Russia è ancora chiamata insalata Olivier e le diatribe sulla ricetta perfetta sono esattamente come qui per tanti nostri piatti e poco assomiglia alla nostra. Nel percorso dalla Russia a qui è successo che ha perso per strada molta della sua opulenza probabilmente per i cambiamenti sociali che ci sono stati dalla fine dell'ottocento, crisi e guerre che nel tragitto hanno tolto molti ingredienti costosi. Mi sovviene una striscia comica che ho visto tempo fa che recitava: "In Germania l'insalata Russa è chiamata francese, in Germania italiana, in Italia russa... è evidente che nessuno se ne vuole prendere la responsabilità". Per molto tempo è stata immancabile nei piatti degli antipasti delle feste, ora mi sembra un po' meno presente perché anche il cibo segue le mode. La ricetta di casa mia è come sempre, leggermente diversa da altre viste in giro, chissà se per la preoccupazione di mia madre, combattuta fra è buona ma poco salutare per le troppe uova o per la saggia avvedutezza del costo del troppo olio impiegato: - Tuttu quell'oio! - e pensare che mai avrebbe creduto in un mondo dove con pochi euro adesso ti porti a casa un vasetto di maionese enorme. Così il risultato raggiunto è buono, molto più leggero ed economico. Nessun segreto, semplicemente una delle patate bollite schiacciata e mescolata con poca maionese e con queste condite le verdure, chissà quanti faranno già così. Con questi pochissimi ingredienti, dal costo irrisorio, anche dovendo comperare gli ingredienti, ho ottenuto una quantità che può essere servita con generosità a quattro cinque persone: 3 patate medie grandi 2 carote 200 gr. di pisellini fini, ho messo i miei del congelatore, anche se sono un po' grossi 1uovo sodo Giardiniera sott'aceto, funghi sott'olio o simili a piacere come decorazione Ho fatto un video per far vedere quanto è semplice, anche recuperando la carota dell'orto un po' così... Amo bollire le verdure per queste preparazioni già tagliate a dadini e a vapore. Cuocendole quel poco che restino croccanti. Una patata invece la lascio a fette. Cotte le verdure le metto in una pirofila con qualche goccia di olio e un pochino di sale a raffreddare Per la maionese: un tuorlo d'uovo a temperatura ambiente 100gr. di olio di semi (di mais, di girasole, di arachidi o anche di oliva se piace) un cucchiaio di aceto, meglio di mele un cucchiaino di succo di limone sale Va di moda adesso usare anche l'albume, a me hanno insegnato che il tuorlo dell'uovo crudo è digeribile mentre l'albume resta notevolmente indigesto e quindi non lo metto. C'è poi chi non farebbe mai la maionese senza pastorizzare l'uovo, ognuno faccia come crede. Per pastorizzare le uova non ci sono grossi problemi, basta scaldare l'olio a 120° e far bollire l'aceto...ma sarà davvero così? non proprio... anche se sono in molti ad asserirlo, così come si dice per lo sciroppo di zucchero a 120 gradi per le preparazioni dolci. L'eventuale salmonella che può essere all'interno dell'uovo non credo si elimini semplicemente con un po' di aceto e olio caldo, troppe sono le varianti, la temperatura dell'uovo, la quantità, ecc. ecc. La salmonella sul guscio può essere eliminata lavando velocemente le uova con acqua calda solo pochissimo prima di usarle. Un vantaggio di usare le uova pastorizzate è che sicuramente dura di più chiusa in un barattolo in frigo. L'importante è che non corriate a lavarvi le mani appena avete rotto l'uovo se poi fate la maionese con l'uovo crudo. La procedura per farla con il frullatore a immersione è ormai conosciuta a tutti: si versa uovo, sale, succo di limone, eventualmente la senape, in un contenitore alto e stretto. Si mette il frullatore a immersione posato sopra l'uovo, si aziona senza mai sollevarlo fino a che l'uovo non schiuma un po', a questo punto si aggiunge a filo l'olio intiepidito e si continua con il frullatore sul fondo fino a che non si forma la maionese, per ultimo l'aceto caldo C'è chi mette anche l'olio subito, in questo caso però a freddo. In rete ci sono centinaia di video di dimostrazione. Anche l'aggiunta di un cucchiaino scarso di senape pare aiuti a emulsionare la maionese. C'è ancora chi fa la maionese con le uova sode, chi mette lo yogurt, a me va bene tutto, ma è un'altra cosa ne più buona ne meno buona ma è un'altra cosa. Personalmente ho imparato verso i quindici anni da un gentile amico di mio papà, con il quale andavamo a pesca di trote e una domenica sera tornando, per cuocere il pescato a casa sua, mi insegnò la maionese a mano, quando di frullatori a immersione non se ne aveva notizia. Adesso se devo davvero farne tanta uso frullatori a immersione e non, ma se è per un tuorlo finisco per far prima a mano, scodella e forchetta o frustina. Procedimento quasi identico: in una fondina arrotondata sciolgo il sale con un cucchiaio di aceto (io di mele), aggiungo il tuorlo emulsiono un attimo comincio ad aggiungere olio versato a filo, forchetta che sbatte senza fermarsi, quando comincia a emulsionarsi si aggiunge il limone . A dir la verità non misuro nemmeno l'olio. Questo piccolo video è in tempo reale, cioè il tutto non dura cinque minuti, salvo qualche interruzione perché mi cadeva questo o l'altro ma si vede quanto è semplice. Ho recuperato sicuramente più maionesi impazzite con il frullatore di quelle a mano, e l'unico metodo che ho trovato valido è ricominciare da capo con un tuorlo e aggiungere la maionese impazzita come fosse l'olio. Olio sì, ma che olio? Un tempo la facevo solo con olio evo, specie se ligure leggero, adesso più spesso con olio di mais spremuto a freddo, insomma non un olio di semi di quelli ottenuti con solventi vari. Fatta la maionese, si schiaccia bene la patata come per fare il purè, bella fina e liscia e si mescola a un cucchiaio di maionese, si condisce con questa le verdure pronte e raffreddate, alla quale si possono aggiungere due cucchiai di giardiniera, o di soli cetriolini se piacciono, noi in casa qualche pezzetto di fungo sott'olio. Oggi non ne avevo sottomano non li ho messi. Si controlla se piace o serve aggiungere sale. Si sistema artisticamente in un piatto, io chissà perché lo preferisco ovale, tutto a cupola e si copre di un velo di maionese. Si procede poi con le decorazioni come si vuole. Di solito fettine di peperone rosso, di carota, olive spaccate. L'insalata russa era una delle poche occasioni per tirare fuori l'affetta uovo, uno degli oggetti più inutili che esistano, ma di grande soddisfazione per mia madre quando doveva tagliare più di un uovo e quello che uso i suoi 60 anni passati li ha e fosse mai che taglio un uovo con il coltello per l'insalata russa. Qualsiasi aggiunta all'interno come al solito è lecita per il gusto proprio. C'è chi non la considera nemmeno insalata russa senza tonno sott'olio, o molti mettono carne di pollo o cubetti di prosciutto cotto e chi sono io per proibire di metterli? In casa mia quella non era insalata russa, se mia madre doveva scegliere cosa aggiungere, sceglieva una verdura magari fagiolini, o metteva più giardiniera. Quel che posso assicurare che abbondare di maionese non fa di questa pietanza qualcosa di migliore, ma uccide il gusto degli altri ingredienti, rendendo tutto pesante. Basta il velo sopra che la ricopre, per il resto si può fare come uno vuole. Un consiglio per prepararla per tempo: preparare le verdure condite anche uno, due giorni in anticipo e finire nel piatto di portata solo poco prima di portare in tavola. Questa insalata russa si può servire a cucchiaio, magari su una foglia di radicchio rosso, accanto all'antipasto di salumi, o se ci si vuol sbizzarrire, pressata dentro a una formina rotonda o dentro a un mini bicchiere da finger food. Un antipasto, anche quello ormai datato, erano gli involtini di prosciutto cotto, ripieni di insalata russa, volendo o non volendo ricoperti di gelatina, che sarei giusto dell'idea di riproporre per queste prossime feste. Magari più piccoli, giusto come un finger e non ricoperti di gelatina ma solo decorati. Dimenticavo: per gli appassionati di storia, pare che la maionese debba il suo nome a Mahòn, sull'isola di Minorca, quando il duca di Richelieu durante l'assedio, chiese al cuoco di preparare qualcosa di freddo con quel poco che era rimasto, così da non accendere nemmeno i fuochi. Il duca vinse e la salsa si continuò a fare ricordando Mahòn --- maionese. Circola voce che qualcosa di simile già esisteva e che fosse addirittura chiamata "salsa genovese" ... chissà quale sarà la verità Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • IL TREZÉN DI VARESE LIGURE

    Pe a festa du Trezén chi no mange in conpagnîa ghe beiga e òsse Paese che vai usanza che trovi. E se vieni a Varese Ligure la sera del 13 gennaio potresti trovare tavole imbandite per cene tra amici per festeggiare il Trèzen , il tredicino o meglio il tredicesimo giorno di Gennaio. L'usanza si perde nella notte dei tempi, è talmente antica che nemmeno gli storici locali riescono a collocarne l'inizio. Viene sicuramente in mente associarlo al Capodanno Ortodosso che segue il Calendario Giuliano e quindi la sera tra il 13 e il 14 gennaio sarebbe l'inizio del nuovo anno. Finiscono anche le Calende Contadine, almeno quelle in uso in questa zona, che comprendono l'osservazione dei primi dodici giorni di Gennaio per prevedere l'andamento meteorologico dei dodici mesi dell'anno, quindi il primo gennaio rappresenta le condizioni di tutto il mese di Gennaio, il 2 gennaio il mese di Febbraio, il 3 gennaio il mese di Marzo e cosi via. A questo proposito si narra che contadini e padroni si riunissero, nella serata del 13 Gennaio, nelle cantine, solitamente fra uomini, a regolare i conti di fine anno e a "programmare" semine e altri lavori nei campi con l'interpretazione appunto delle calende, una specie di briefing , si direbbe oggi 😂. La serata era allietata da vino nuovo e pietanze varie, confezionate spesso per non sprecare qualcosa avanzato dalle feste, non poteva mancare il Pan Martin ( qui>>> ) , fatto con la farina di castagne nuova, in qualche caso arricchito da fichi secchi, in qualche località ancora oggi si fanno i Frisceu (qui>>>) e altrove come dolce il Busciolan . Qualcuno ricorda ancora come nel dolce, che poteva essere anche la famosa Torta di Fecola di Varese Ligure ( ma questa merita un post tutto per lei) veniva inserito un bottone, o un anello o simili, e il fortunato che lo trovava a secondo del colore o della forma aveva la previsione e l'indicazione sul proprio futuro. Insomma da quanto ho capito e dopo qualche Trezén sulle spalle, mi sento di poter dire che l'evento segue la tradizione culinaria della casa dove si festeggia senza un piatto particolare che lo rappresenta assolutamente. Avendo già parlato di Pan Martin e dei Frisceu non mi resta che raccontare qualcosa del Busciolan . Busciolan sta per Bucellato ed essendo Varese Ligure piuttosto vicino, sente l'influenza della Toscana dove questo dolce è principe, specie nella zona di Lucca, ma anche in Sicilia, con ricetta molto diversa. Il nome, trae le sue origini dall'antico Buccellàtum , una sorta di pane arricchito che già gli imperatori romani distribuivano al popolo e che era adatto a essere rotto in piccoli pezzi, a essere " sbocconcellato ", e deriva nella forma dalla buccina , la tromba rotonda usata dai legionari romani. La mia ricetta è, come sempre, una delle tante di questa zona, diversa ma simile a quelle di altre parti d'Italia e nello specifico nel mio ricettario personale, è segnata come " Busciolan di Zia Ilda " dal nome della simpaticissima zia del mio parroco che me lo insegnò tanti anni fa, quando lo facemmo insieme a chili per orde di famelici bimbi alla colonia di Cassego. Occorrono: 500 grammi di farina autolievitante o farina OO e una bustina di lievito per dolci 150 grammi di zucchero Un etto di burro morbido o una confezione di panna fresca la buccia di un limone grattugiato 3 uova Mescolo nel caso con poco latte, se si usa la panna non serve, un impasto non troppo liquido, distribuisco nella teglia, dopo aver posizionato una tazza imburrata nel mezzo per creare il buco, copro la superficie con pinoli, mandorle, pezzi di cioccolato infarinati, a piacere. Con una mano appena bagnata spruzzo la superficie di acqua e spargo dello zucchero semolato. Inforno a 180° Si possono aggiungere cedro candito, uvetta, un liquore all'anice o del rum o del marsala, sostituire il burro con olio, ma come dicevo questa è solo una delle versioni, la mia e della zia Ilda. Un tempo anche questo era un dolce fatto con la pasta madre e forse si potrebbe riprovarci, anche se già l'Artusi ne propone una versione con bicarbonato e cremor tartaro. È uno di quei dolci semplici ottimo anche a colazione, da sbocconcellare appunto. ringrazio i cortesi signori di Varese Ligure che hanno gentilmente condiviso con me le notizie sul Trezen Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • ANICINI E ANICE

    Gli occhi l'anice avvalora e lo stomaco ristora Scuola Medica Salernitana Tempo fa raccontavo di quando andando in visita ai parenti, specie durante le festività, si portasse il classico pacchetto di Anicini. Sempre quando si "andava a trovare" un convalescente, per felicitarsi dell'avvenuta guarigione, convinti come si era una volta, che niente era meglio dell'uovo sbattuto e zucchero per riprendersi e in pratica questo sono, più leggeri di un dolce con burro, con l'aggiunta delle proprietà dei semi di anice. La mia ricetta, penso simili a tante altre, è con 200gr. di farina 00 200gr. di zucchero 3 uova un cucchiaino di semi di anice poca acqua di fior d'arancio uno stampo da plum cake Monto prima gli albumi a neve ben ferma con un cucchiaio di zucchero, così poi posso usare il mixer senza lavarlo per sbattere bene i rossi d'uovo con lo zucchero. Mentre sbattevano ho unito un cucchiaino di semi di anice finemente tritati. Non bisogna confondere i semi di Anice per la ricetta con i semi di finocchietto selvatico ( qui>> il Finocchio selvatico ) simili ma non uguali, usati quelli per fare i Biscotti del Lagaccio ( qui>>>I Lagaccio... ). In questo caso ho messo semi di anice stellato, ma si dovrebbero usare i semi di anice dei prati, facilmente reperibili nei negozi di prodotti per dolci. Ho messo anche un cucchiaio di acqua di fior d'arancio o se non ce l'ho succo d'arancia. Unisco a mano con molta attenzione gli albumi montati e poi la farina setacciata poco per volta. Avevo questo stampo da plumcake ondulato per fare non so più quale dolce (fa parte del mio corredo di 72 teglie messe insieme fra comprate ed ereditate) al quale pensavo da tempo per gli Anicini e infatti, dopo averlo imburrato e infarinato leggermente, ho versato l'impasto con attenzione livellando bene. Lo stampo mi ha suggerito una lettrice del blog è per l'amor polenta un dolce tipico della zona di Varese Lombardo. Ho cotto in forno statico a 180° per 15-20 minuti fino a che non ho visto la superficie che iniziava a colorire. La scelta dello stampo si è rivelata giusta, l'impasto trattato con attenzione, pur senza lievito, è cresciuto tanto da permettermi, una volta cotto ed estratto, di tagliare i biscotti in misura lungo la traccia, dividendo poi le fette a metà per avere due biscotti ogni fetta Messi su carta forno li ho fatti biscottare in forno ventilato a 180° sorvegliando con attenzione e togliendoli appena accennavano a prendere colore. La tradizione li vuole di accompagno a un buon bicchiere di vino bianco, ma anche una bella tazza di tè caldo. Sinceramente non mi ha soddisfatto la scelta dell'Anice stellato, che nella cottura mi sembra aver perso tanto. La ricetta mi dà l'occasione di parlare dell'Anice, parola con la quale si intende comunemente più di una pianta. Piante tutte che ricordano nel profumo e nel sapore il finocchio con un vago sentore di menta. L' Anice vera o Pimpinella anisum L. , chi è fortunato la trova nei prati dove nasce spontanea, non ovunque. Per la sua stretta parentela con prezzemolo e cicuta, nonostante il forte odore aromatico, sconsiglio vivamente di ricercarla e fare prove visto i rischi che si corrono a sbagliare e quindi di affidarsi a un negozio per comperarne i semi che in realtà poi sono i frutti essiccati. Usata da tempi antichi, considerata pianta invincibile e annoverata fra le piante magiche. La tisana di questi frutti ha proprietà antisettiche, è utile per intestino e stomaco, si crede favorisca la montata lattea e dia un buon sapore al latte materno ed è per questo che gli Anicini venivano portati in regalo alle puerpere. Il suo olio essenziale è pericoloso in un uso casalingo. Un altra confusione è con l'Aneto, altra pianta della stessa famiglia ma con odore profondamente diverso. Non avendola qui metto un disegno botanico trovato in internet. Questa erba èspesso sostituita in quasi tutti gli usi di pasticceria dall'Anice stellato, che fa prima ad arrivare dall'Oriente che l'Anice vera dai nostri prati . L' Anice stellato o Illicium verum è un albero tropicale i cui fiori bianchi si trasformano poi nella stella legnosa che tutti conosciamo. Ogni lobo contiene un seme. È usato per produrre liquori come la Sambuca, il Pastis, il Mistrà. Ricco di proprietà simili al finocchio e all'anice vera, un acido estratto da questa pianta è presente nella composizione di un antivirale usato nella cura dell'influenza. Anche per questo la foto è presa da internet. Anice stellato Molti considerano anche la bacca di un'altra pianta orientale, Zanthoxylum piperitum o pepe di Sichuan, simile all'anice, forse perché spesso usata insieme all'anice stellato. Non ne faccio uso per la mia intolleranza alle spezie in generale. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . 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  • PANETTONE GASTRONOMICO

    Classico delle feste, degli antipasti, da tanto volevo farlo, tutti gli anni ho sempre comperato quelli già pronti da farcire, quest'anno ho deciso di farlo. Ci vuole meno di quanto si creda, fra una cosa e l'altra si può imbastire anche in anticipo, anzi si deve comunque sempre farlo almeno il giorno prima. Da tanto avevo in casa il pirottino di carta da mezzo chilo, ormai si trova in qualsiasi supermercato. per questa dose ho usato questi ingredienti: 150 gr. farina 00 100 gr. farina manitoba 50 gr. farina di semola 65 gr. acqua 65 gr. latte 30 gr. olio 1 uovo intero e un tuorlo 15 gr. zucchero 6 gr. di sale 1/2 bustina di lievito secco Mastro Fornaio Pizza Bella Alta Ho mescolato l'acqua al lievito e 100g. di farina e messo a lievitare al caldo (vicino al termosifone, o nel forno spento con la luce accesa. Quando sarà lievitato con le bollicine in superficie aggiungo il resto della farina, l'olio, il latte, un uovo intero e un rosso. Mescolo prima con una forchetta poi trasferisco sulla spianatoia e impasto a mano per qualche minuto, meno di dieci, fino ad avere un impasto morbido appena appena appiccicoso. Rimetto nella ciotola, copro e a lievitare al caldo. In questo periodo lo metto sopra alla stufa, altrimenti nel forno con la luce accesa. Ben lievitato lo rimetto sul piano lo stendo con il matterello a forma di rettangolo, piego i lati, arrotolo, copro e faccio lievitare di nuovo una mezz'ora. A questo punto, sempre sul piano, lo giro, ovvero come si dice lo "pirlo" fino a dare la forma caratteristica a mezza cupola, lo metto nel pirottino, deve arrivare a circa due terzi, o poco più di metà, e di nuovo coperto a lievitare. Il tempo è dato dalla temperatura, dalla farina, dal tipo di lievito. Da quando uso questo Mastro Fornaio Pizza Alta devo dire che non ne ho fallito uno e non ci metto poi così tanto. Per chi si lamenta che questi tipi di ricette siano complicate volevo aggiungere che non è che i lievitati vogliono essere tenuti per mano, o guardati ossessivamente. Mentre loro lievitano si può fare altro, perfino uscire di casa che non se ne accorgono e tornare a riprenderli più o meno al momento giusto, qualche minuto non pregiudica il risultato, basta non dimenticarsene. Una volta le donne impastavano il pane, lo mettevano a levà, poi andavano a far erba, a mungere la mucca, tornavano, mettevano a cagliare il latte, davano due pieghe alla levà, tornavano a fare il bucato ecc. ecc. Adesso il panettone lievita anche se si va a fare la spesa, si passa dall'ufficio, si va a prendere i bambini a scuola, ecc. ecc., giuro. Lievitato che sia, si inforna a 170°. panettone salato bruciato E così, confidando nella mia furbizia e l'innata esperienza con il forno della stufa a legna, me lo sono dimenticato e ho messo troppa legna, bruciando la superficie, e anche con il forno elettrico, a 160°-170° statico, consiglio di coprirlo con carta forno se tendesse ad arrostire troppo, dato che nel forno ci deve stare un'oretta. Nessuna paura però, la mia è solo una strinatura superficiale. Anche se questo non ha la procedura più lunga di altri panettoni, l'ho comunque infilzato con due ferri da calza, messo fra la griglia del forno spento, (la luce è accesa solo per fare la foto) a testa in giù fino all'indomani mattina, tolto la superficie bruciata e usato tranquillamente. Dentro era perfetto e buonissimo. Il raffreddamento a testa in giù serve per mantenere la sofficità, l'umidità che il pirottino tenderebbe a trattenere farebbe collassare la cupola, e comunque non è mai il caso di tagliarlo subito. Forse con questo tipo di impasto meno, mi piace farlo visto il risultato di fette che rimangono soffici anche nel tempo. Lo rifarò mettendo delle foto più decenti. Esperimento riuscitissimo, dato che non dovevo usarlo subito e che volevo vedere se si poteva usare, vista la scottatura, il mattino dopo l'ho tagliato a fette, eliminato la cupola bruciacchiata e come si vedono in foto, messe dentro ad un sacchetto e posizionate in congelatore. Tirate fuori dopo un mese, lasciate scongelare una notte in frigo, erano perfette come appena fatte per essere usate per l'aperitivo di Natale con gli amici. È noto come per il panettone gastronomico si usi farcire le fette nei più svariati modi. Chi lo fa solo di pesce, chi lo fa di carne, chi lo fa di vedura o chi mescola. Maionese, salsa tonnata, burri e formaggi morbidi alle erbe, mousse varie Salmone, gamberetti, prosciutto e altri salumi vari, funghi sott'olio, tonno, uova di lompo, insalate, infinite le varianti. Si tagliano le fette partendo dal basso, non più alte un dito, calcolando che non si farcisce la base con la crosta e la cupola, si spalmano le creme, si farcisce, si copre con la cupola intera. Non farcisco la base perché mi sembra che quella fetta in più dia solidità e non farcisco la cupola sempre perché mi sembra che stia più in forma. Si fascia nella pellicola e si tiene in frigo fino a mezz'ora prima di servire, così si compatta bene, così è trasportabile, e si conserva anche tre giorni in frigorifero. Si tira fuori dal forno, si lascia dieci minuti perché non sia troppo freddo,  si lega con un fiocco rosso, si porta in tavola, si taglia a triangolini per ottenere dei mini tramezzini facilmente asportabili. Sono pochi anni che ho capito come si farciva, cioè una fetta farcita e una no, in modo che si possano prendere poi con le dita, altrimenti tutte le fette ripiena come si fa? Farò la foto a quello che preparerò per l'ultimo dell'anno, adesso mi premeva la ricetta per cominciare dal pane. Nel disegno sotto le parti colorate sono le farciture, di solito mi viene meglio dal vero di come l'ho disegnato. Vado che ne voglio impastare un altro. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. 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  • BACIOCCA, prego! non torta di patate 😋

    Credo la ricetta della Baciocca come la più controversa nella storia di tutte le ricette di cucina. Spesso una ricetta varia di zona in zona, mantenendo più o meno gli stessi ingredienti e spesso più di un paese se ne appropria la paternità. Nel caso della baciocca la diatriba fra ricette e paesi sfiora la faida familiare. Di casa in casa si sente " la vera ricetta è questa! ": le uova si, le uova no... la sfoglia sotto, la sfoglia sopra, la sfoglia no, l'aglio, la cipolla tanta ...poca... quale sarà la verità? Anche le origini sono fantasiose: chi asserisce che le ragazze di paese più belle e brave nel comporla, fossero chiamate " baciocche ", chi dice che la sfoglia messa sotto sia di un impasto "matto" di farina e acqua e quindi " baciocco ".... Il suo "areale" si sposta dal Levante ligure, all' Alta Val di Vara , ai confini con la Lunigiana a Prato SopraLaCroce, fino a spingersi nella Val Taro dove se ne fa un vero culto. Resta il fatto che le diverse versioni sono appunto diverse, fino a diventare una cosa completamente estranea una all'altra, fermo restando l'ingrediente principale: le Patate . LA STORIA Ho studiato a fondo le varianti e mi sono fatta una mia idea storica. In Italia è sempre o perchè c'è passato Napoleone o perchè c'è passato Garibaldi, in questa storia tra la fine del '700 e l'inizio dell'800, tale sorella di Bonaparte, Elisa, detta la Baciocca dal cognome del marito Felice Baciocchi , regnò sul piccolo ducato di Massa e Carrara, Lucca e Piombino. Su di lei se ne narrano di cotte e di crude, amica di Nicolò Paganini (originario di Carro, Alta Val di Vara, ai confini con Massa Carrara) e molto...diciamo... "apprezzata e desiderata". Le premesse ci sono tutte perché qualcuno decida di usare il soprannome " baciocca " per le ragazze appetibili e scarse di contenuto e trasferire l'appellativo a una pietanza comunque buonissima con il poco che c'è dentro. Per quanto mi riguarda la vera ricetta resta quella che ho imparato qui in Alta Val di Vara e che si differenzia poco da quella di Santa Maria del Taro dove da qui è trasmigrata, proprio perché è anche quella più particolare, più scarna, ma più saporita tra le tante. Non ci sono le uova, e me ne sono fatta una ragione, visto che la scorta di patate coincideva con la muta delle galline, periodo nel quale fanno meno uova. Mi sembra logica la sostituzione di queste con le due farine di grano integrale e di granoturco per il colore, il sapore e per permetterne l'amalgama. Non veniva usata altra farina per la sfoglia sotto, ma veniva posata sulle foglie di castagno che fungevano da teglia e cotta sotto il testo come il pane. Quando la cuocio nel forno di casa a volte metto la sfoglia, ma solo per poterla porzionare e servire in maniera più precisa e funzionale. Insegnatami più di cinquant'anni fa da un'anziana del paese, che non voleva saperne di altri ingredienti oltre a questi che descrivo, nel caso l'aggiunta di sfoglia, uova o altro avrebbe dato per risultato finale quello che era da lei definito quasi con disprezzo "torte di patate". Mi sento a pieno titolo di erigere la mia ricetta come la più passabile di autenticità. Dunque veniamo al dunque. LA RICETTA Trito il lardo, un segreto antico è quello di scaldare la lama con il quale si trita, coltello o mezzaluna di ferro, la mia è quella di nonna non la cambierei con niente altro. Con pochi veloci movimenti ecco il lardo, circa 200gr, ridotto in pasta. Trito anche la cipolla, una piccola e la metto ad appassire in una padella a fuoco moderato. Trito finemente anche aglio prezzemolo e un nonulla di rosmarino In una terrina taglio le patate, circa 1kg e mezzo, a fette non sottilissime. Patate, quali? La tradizione del levante ligure dice Quarantina, a me piace tanto la Monalisa, certamente non una patata farinosa che tenda a sfaldarsi. aggiungo il trito di erbe e quello di cipolla appassita con il lardo, due pugni di farina di granturco e una di grano, integrale mi raccomando, e una bella manciata di parmigiano Mescolo ben bene con le mani, è l'unico sistema per amalgamare tutto, nel caso mi aiuto con uno o due cucchiai di panna o latte. Nel frattempo, avevo ammollato le foglie secche di castagno in acqua tiepida (vedi il post Sua Maestà il Castagno: non si butta via niente, tantomeno le foglie ). La cottura ottimale è sempre quella sotto al testo (vedi il post PANE..profumo di pane ) ma non avendolo a disposizione mi accontento di mettere le foglie nel tegame. Se non ho le foglie di castagno, impasto la pasta matta, anche con un comune robot da cucina. Farina, acqua e sale con un po' d'olio, quanto basta per avere un impasto morbido. Tiro una sfoglia sottile a coprire la teglia e sopra posiziono le patate schiacciando per bene in uno strato più o meno di 2 o 3 cm La Baciocca deve trasudare grasso, quindi ancora un bel giro d'olio sopra e inforno a 200° C per 40 minuti Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti . Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. 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  • TARTE TATIN SALATA DI CIPOLLE

    Piove, improvvisamente piombati dentro a un autunno estivo, qualcosa bisogna inventare. È la mattinata giusta per accendere il forno, visto poi la quantità di cipolle pulite ieri per servirmi della buccia come colorante per la lana non mi resta che provare una torta di cipolle. Troppo classica, alla ligure, cipolle stufate, uova, formaggio, maggiorana... ci starebbe ma sono senza uova. Ripiego, ma si fa per dire, senza uova, su una Tarte Tatin salata. Non sapendo minimamente come fare decido di copiare paro paro la ricetta di quella dolce che avevo fatto ( qui>>>Tartetatinoriginalericettafrancese ) sostituendo le mele con le cipolle. Proprio per questo NON è una semplice torta con pasta sfoglia o pasta frolla salata ripiena di cipolle caramellate e infornata. Il procedimento è quello da ricetta originale francese. Preparo la pasta brisée, con l'olio questa volta, la mia teglia per questa preparazione è da 20cm. giusto per due persone, o per una persona a mo' di piatto unico. 120 gr. di farina 40 gr. di olio sale timo sbriciolato pochissima acqua, solo quella che serve per impastare, anche niente se non serve metto a riposare coperta Accendo il forno a 200° Metto un pezzetto di burro e poco olio nella teglia (cm.20) che andrà in forno, e metto direttamente sul fuoco. Affetto non troppo sottili due belle cipolle e già che ci sono aggiungo uno scalogno, sistemo nella teglia, in due strati, pizzico di sale, infilo nel forno caldo per una ventina di minuti. Tiro fuori, lascio il forno acceso, rimetto sul fuoco, spolverizzo di zucchero di canna, aggiungo un cucchiaio di aceto e faccio caramellare con attenzione per pochi minuti. Stendo la pasta, non troppo sottile, copro, bucherello, e rimetto in forno per venti minuti sempre a 180 - 200°, sempre forno statico. Quando la pasta è colorata, tiro fuori, rimetto sul fuoco per pochi secondi, per sciogliere il caramello sul fondo, con un piatto giro ed è pronta. Buona calda, buona fredda, buona con l'aperitivo, buona fra gli antipasti, buona con un piatto di insalata come piatto unico, intanto fuori è tornato un po' di sole. A proposito ... che bella la lana tinta con la buccia di cipolla! Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • TARTE TATIN

    Tata, ta tarte tatin tenta Tonton ; tonton tâta ta tarte tatin, tata . Questo è il risultato di un naso schiacciato nella vetrina di una boulangerie a Saint Tropez al ritorno di un viaggio in Provenza con una cara amica tre anni fa. Appassionate entrambe di cucina e dolci, ci chiedevamo come mai si facesse, perché era evidente che non aveva niente da spartire con le solite ricette di torta di mele rovesciata che si leggevano in giro. La mia amica, più informata di me, aveva discusso la ricetta che aveva passaggi che non era riuscita a carpire. Il caramello perfetto, scuro ma non bruciato, le mele cotte ma non spappolate, la pasta ma che pasta? Le nostre incognite erano più o meno ma il caramello non rimane poi attaccato? ma le mele non fanno acqua sotto la pasta? ma la pasta? In questi giorni di raccolta di mele mi sono capitate tre belle renette e lo Strudel ( ricetta qui>>> ) lo faccio sempre, ho ricominciato a pensare a quella che avevo visto in vetrina in Francia e a tutte le ricette e le foto che mi erano passate in questi anni davanti senza che mi venisse voglia di farla, perché nessuna assomigliava neppure lontanamente. Poi, la svolta... cerca che ti cerca trovo una ricetta in francese, l'ho tradotta alla bella meglio, chissà se avrò capito bene, i passaggi diversi mi hanno convinto che era quella giusta. Per quanto mi riguarda è venuta perfetta. Ho usato una piccola teglia di alluminio di 18 cm. con queste dosi: Tre mele renette, sbucciate e divise metà e poi in quarti, non fette sottili 60gr. di burro e 120 di zucchero per il caramello 50gr. di burro e 100gr. di farina (la mia integrale) per la pasta brisé (no pasta frolla, no pasta sfoglia) un pizzico di sale e poca acqua fredda Accendo il forno a 200° Sbuccio e taglio le mele Con 50gr. di burro freddo e 100 di farina un pizzico di sale e due cucchiai di acqua fredda preparo la pasta. Metto sul fuoco medio direttamente nella teglia gli altri 60gr. di burro e i 120 gr. di zucchero e li faccio appena sciogliere, tolgo dal fuoco, e sistemo i pezzi di mela in cerchio, anche in due strati, cercando di stringere il più possibile. Infilo nel forno a 200° e faccio cuocere per una ventina di minuti. Passati i 20 minuti tolgo dal forno e rimetto la teglia con le mele sul fuoco e faccio caramellare, con attenzione perché non bruci Nel frattempo tiro la pasta non troppo sottile, appena più grande della teglia e bucherello con la forchetta. Sistemo sopra la pasta, premo sui bordi e infilo in forno per altri 20 minuti, fino a che la pasta non è dorata. Sfornata, lascio riposare un poco, poi, per sformarla, rimetto la teglia sul fuoco basso per un minuto per sciogliere appena il caramello, giro su un piatto, et voilà ... È molto buona e nonostante sembri una torta piena di burro e zucchero ne ha sempre meno che se fosse fatta con la pasta frolla che in più ha le uova e della pasta sfoglia che avrebbe più burro. Entrambe si inzupperebbero troppo, mentre la pasta brisè rimane friabile al punto giusto. Stephanie e Caroline Tatin Aggiungo solo quello che sappiamo un po' tutti, che è nata intorno agli inizi del '900 nel ristorante delle Sorelle Tatin a Lamotte-Beuvron, chi dice per una dimenticanza, chi dice che la torta rovesciata era già nota nella zona e Caroline e Stephanie aggiustarono solo la ricetta, tanto che tutti andavano da loro a mangiarla. Portata a Parigi da un critico gastronomico, tale Curnonsky, che la presentò con la fantasiosa storia delle mele bruciate per aver dimenticato di mettere la pasta sotto. Arrivò da Maxim's che la rese famosa servendola ai suoi tavoli, sempre con il nome di Tarte des demoiselles Tatin . Finalmente è arrivata anche a casa mia. Le informazioni che ho qui condiviso sono del sito https://www.unprincipeincucina.com/la-storia-della-tarte-tatin/ Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • PANSÖTI VELOCI

    Gennaio ci aveva illusi, con quel tepore primaverile, ma tant'è presto sarà Pasqua, e, nonostante il freddo, si va in cerca di erbe per fare i Pansöti, immancabili sul tavolo della festa. I Pansöti , per chi avesse la sfortuna di non averli mai assaggiati, sono una pasta ripiena classica genovese. Il loro ripieno morbido e delicato, senza carne, al profumo di " persa" (qui>>>) e la pasta povera di uova, li differenzia da altre paste ripiene di verdura che si possono incontrare in giro per l'Italia. La tradizione vorrebbe i Pansöti ottenuti tagliando un quadrato di pasta ed eventualmente chiusi con un pizzico le due punte del lato lungo, o ad anello. I primi arrivati in casa mia, intorno agli anni '70, erano triangolari. Meno a mezzaluna che ricordano troppo i tortelli di altre regioni. Pansoti chiusi ad anello del Pastificio Dasso Lavagna chiusura pansoto a Rapallo Questo mio invece è un sistema relativamente moderno e veloce. Per me utile, perché ne faccio sempre una certa quantità che poi tengo pronta in freezer per ogni evenienza. L'importante è che abbiano la "pansa " cioè la pancia, un bel "panciotto" che è quello che dà loro il nome e li distingue dai ravioli. Per un buon ripieno è necessario il Prebuggiun ( qui>>> ) ; altre soluzioni tipo bietole o spinaci non portano al risultato ottimale. Raccolto, pulito e bollito il Prebuggiun , mentre raffredda preparo la pasta. A mano o nella planetaria mescolo in parti uguali farina 00 e semola aggiungo uno/ due uova intere per circa 6-700 gr. di totale delle farine, sale, vino bianco e acqua, e lavoro fino ad ottenere un impasto morbido, che metto a riposare. In questo caso le uova mi servono per mantenere una certa elasticità alla pasta, dato che li preparo prima e li metto in congelatore. Altrimenti per consumarli subito si può anche non mettere le uova nell'impasto. Preparo il ripieno. Per abitudine, passo le erbe bollite e spremute nel mio fedele tritacarne elettrico con il disco dai fori grandi, ma posso anche tritarle a coltello, non nel robot perché troppo fino non mi piace. A questo punto posso aggiungere o la Prescinsêua (qui>>>) o della buonissima ricotta vaccina tipo quella della Cooperativa Casearia Val di Vara ( qui>>> ) del Parmigiano Reggiano e la Maggiorana, importantissima, tritata finemente. mescolo e aggiungo le uova intere a discrezione per ottenere un ripieno morbido. Le uova che si vedono in foto sono sempre perché ne faccio veramente tanti da mettere via, altrimenti il ripieno, e per tradizione è possibile farlo anche con un uovo o senza. Queste ricette che vengono dal mangiare contadino di quando si usava quello che si aveva, se c'era l'uovo si metteva, se non c'era non si metteva. Adesso per metterli in congelatore preferisco mettere un giusto numero perché reggeranno meglio la conservazione e la cottura. Non se n'è mai aperto uno. A questo punto riprendo l'impasto, che riposato sarà più facile da tirare. In questo caso tiro la sfoglia con la macchina tipo Imperia, anche perché questo Raviolamp per Pansöti, ereditato da mia nonna, si usa con la sfoglia della misura appunto di quella macchina. Posiziono la sfoglia sottile sul raviolamp infarinato, riempio di ripieno un sac à poche la bocchetta liscia grande, e ne metto dentro a ogni buchetto una noce Ricopro con un'altra sfoglia e passo il mattarello sopra premendo adeguatamente Con un colpo secco, giro e picchio sul tavolo per far scendere i Pansöti e tolgo con la rotella dentata l'eccesso di pasta. Per metterli nel freezer non li divido, sarà facile farlo dopo da congelati. Li sistemo man mano su un contenitore basso tipo vassoio coperto di carta forno infarinata, così sarà più semplice staccarli e conservarli da congelati in un sacchetto. Nel caso non si possieda questo aggeggino si può sempre, fatte le sfoglie, distribuire dei mucchietti a distanza uguale, piegare la sfoglia e tagliare poi a triangolo. Se l'occasione è importante, lo confesso, sono più precisa e guardo anche all'estetica, ma una volta cotti, l'importante è quello che hanno nella " pansa ". Pansoti del Pastificio Dasso di Lavagna Per apprezzare il gusto delle erbe sono ottimi conditi con burro e salvia, anche se la morte loro è condirli con la salsa di noce, ma questa è un'altra storia e ve la racconto un altro giorno.😜 ed esattamente qui>> https://www.lellacanepa.com/single-post/SALSA-DI-NOCI-DI-NOCCIOLE-O-DI-PINOLI-N%C3%92XE-NIS%C3%8AUE-E-PIGNEU - si cucina sempre pensando a qualcuno altrimenti stai solo facendo da mangiare - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti . Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> Tutti gli usi alimurgici o farmaceutici indicati sono a mero scopo informativo, frutto di esperienza personale, declino ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.

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