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  • QUANDE FEUGGISCE I FÒ... QUANDO FIORISCONO I FAGGI

    -Gulli, quande semenemmu?- e lui, girando lo sguardo verso il monte: - Quande feuggisce i fò - Negli anni quante volte gli ho sentito ripetere questa frase... Il fatto è che qui, terra di frontiera, si parla un dialetto che ha un po' di tutto quello che c'è in confine, e soprattutto in persone anziane sopravvivevano parole antiche che nessuno ormai usa più e io dove "fuggissero" i faggi per tanti anni non l'avevo mai capito. In realtà "feuggisce" non significa propriamente fiorire, ma quando "fogliano" cioè mettono le foglie. Fino che a forza di vederlo guardare là verso il monte, ogni volta che lo diceva, ho finalmente capito che se per i faggi era l'ora di germogliare e coprirsi di quella peluria che rende di un verde tenero la cima, era pure tempo di mettere le sementi nell'orto, di quelle a foglia, tipo insalate e soprattutto il basilico che teme il freddo e appena nato, non avrebbe sopportato una gelata tardiva e i faggi sanno quando è il momento giusto e lo dicevano a Gulli. Il mio albero è il castagno, per me vivere circondata da castagni è il massimo, ma al fascino della faggeta lassù in alto non si resiste. Più alto e austero il faggio, con un sottobosco più spoglio, ha contribuito, prima che i castagni venissero impiantati in gran numero in queste zone dell'Appennino, a sfamare le genti di montagna. Come il tiglio si mangiavano le foglie, e le faggiole, i semi. Le faggiole contengono però sostanze tossiche e devono essere arrostite prima di essere consumate. Questi semi danno un olio secondo solo a quello di oliva. Preziosissimo, chiamato l'oro del bosco, si trova a prezzi proibitivi per le problematiche legate alla raccolta, al trasporto, tenendo conto anche che il faggio fruttifica dopo 40 anni e abbondantemente solo ogni cinque-sette anni. Le faggiole restano uno dei più importanti alimenti per la fauna selvatica, scoiattoli e uccelli e altri, ed erano importanti per l'allevamento dei maiali. faggiola -dal web- È albero comune in tutta Europa, antropizzato proprio per tutto quello che offriva all'uomo. Cresce meglio fra i 700 e i 1600 mt. dove si incontrano più spesso le faggete, ma si trova anche in pianura se c'è ombra e vento e terreno umido. Sono tredici le faggete primordiali d'Europa in Italia riconosciute patrimonio dell'Unesco, sparse per tutto il territorio dall'Aspromonte al Pollino, dall'Abruzzo, al Lazio, Il fogliame fitto crea un'ombra rinfrescante che fa della faggeta il posto migliore per ripararsi dal caldo torrido. La scarsa luminosità al suolo crea un sottobosco pulito, che alle prime piogge autunnali è l'habitat giusto per i funghi . Le radici spesso formano intricati disegni affascinanti. Qui sul Monte Zatta c'è un faggio monumentale, non tanto per le misure quanto proprio per le radici che mi riprometto di fotografare meglio se riuscirò a tornare lassù. Il legno leggero, resistente, adatto ad essere curvato e lavorato al tornio, è usato per arredamenti, e spesso per oggetti di uso alimentare. Le sedie di Michael Thonet devono il loro successo alla possibilità che offriva il legno di faggio. Oggi per le famose sedie di Chiavari, inizialmente costruite in ciliegio o acero, viene usato anche il faggio F.lli Levaggi - Chiavari Più prosaicamente nessuno qui in campagna, tornava a casa senza fascine di faggio per accendere il fuoco, e una provvista della sua legna è necessaria quando l'inverno si fa duro. Qui la faggeta fa parte dell'antica Communalia, i "terreni sui quali ogni componente di una determinata comunità, secondo regole tramandate da secoli, aveva il diritto di esercitare un godimento, come quello del pascolo, della coltivazione o dell'uso civico di legnatico"(cit.). e il nonno di mio marito tutte le mattine possibili, all'alba, si recava sul monte con l'asino e lo riportava carico di fascine e legname raccolto, e dopo colazione lo aspettava una giornata di lavoro. Morto all'inizio degli anni '60, quando mi sposai nel '75, continuammo a bruciare per qualche anno la legna raccolta da lui e pazientemente accatastata. Persino la cenere di faggio è fra quelle usate per avere una lisciva (qui>>>) migliore. Non fosse abbastanza il legno, oltre le foglie, ha anche proprietà curative. Le foglie schiacciate curano le ulcere, la corteccia chiara e liscia, era usata per le febbri e dalla distillazione del legno si ottiene un componente altamente disinfettante, repellente per gli insetti e una volta purificato espettorante e balsamico. Una storia tristissima è legata al nome. In tedesco faggio si dice Buche e Wald foresta. Là in quel luogo terribile, nella Germania orientale, a Buchenwald, i faggi ci sono ancora e hanno assistito impotenti alla tragedia delle circa 50.000 persone seviziate, usate come cavie e sterminate. *Quasi tutte le foto, si riconoscono, le più belle, sono sempre di Antonio Andreatta al quale rubo costantemente certa che mi perdoni ogni volta. È che succede che io penso e lui ha già scattato la foto a km di distanza. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • QUANDO MIA NONNA FACEVA IL GHEE SENZA SAPERLO...

    Yavajjivet sukham jivet Rinam kritvaa ghritam pibet... Brihaspati Finché la tua vita è felice chiedi credito e bevi del ghee... Da tempo avevo in mente di scrivere questo articolo, se ho tergiversato è perché cercavo di ricordare la parola dialettale con la quale era conosciuto qui. Niente, non mi viene più e in paese non c'è più nessuno che lo sa. In realtà non era mia nonna ma mia suocera, classe 1903, che mi aveva insegnato a farlo, quando non avevamo il congelatore e c'erano periodi che si riusciva ad avere più latte e quindi formaggio e burro più di quello che si consumava. Se per il formaggio non c'erano problemi di conservazione, per il burro diventava più difficile e molto semplicemente un giorno mi disse facciamo il... niente, non so più quella parola, e l'ho cercata tanto fra le conoscenze, ma, ahimè, sono anni che nessuno lo fa più, e se qualcuno lo ricorda, ancora meno viene ricordato come veniva chiamato. Anni e anni dopo, quando improvvisamente il mondo divenne tutto Kombucha e Kefir seppi anche del Ghi o Ghee e poffarbacco! era quello di mia suocera. Ignara delle proprietà, lo faceva solo per un problema di conservazione e in italiano ho scoperto poi che si chiama burro chiarificato. Stasera l'ho rifatto, così per vedere se ero ancora capace, visto che fa così bene e perché l'ho visto in vendita a prezzi folli, ci sarà un perché. Dunque quali sono queste proprietà? Leggendo qui e là favorisce la digestione, rafforza il sistema nervoso e il cervello, migliorando la concentrazione, la memoria, la vista, lubrifica le articolazioni. È il grasso meglio accettato dal fegato e quindi il più digeribile, aiuta nelle ulcere gastrointestinali e le coliti. Pulisce il sangue. Così dicono, ma forse la verità è un'altra, e quella che ho imparato è in fondo all'articolo. Intanto per il momento procedo a fare questo burro chiarificato. Farlo non è così difficile, anche se ci ho perso un po' la mano, e in rete esistono decine e decine di video. L'importante è che si parta da un prodotto ottimo, se non si ha a disposizione burro certo di malga da affioramento della panna, conviene farselo in casa. Di come si faceva il burro ho già detto qui>>Burro, grazie me lo faccio Ho usato una confezione da 250gr. di panna liquida fresca, quella che è nello scaffale frigo del latte e ho usato il frullatore a immersione con la frusta, ma si può usare anche con il coltello, proprio per dimostrare che ci vogliono 5 minuti. Nelle foto i passaggi: da panna liquida passa velocemente a panna montata, continuando la massa grassa si unisce e si separa da quella liquida. Si cola e sotto l'acqua corrente fredda letteralmente si lava, con l'aiuto di una spatola. Una volta andavo alla fontana e lo lavavo bene premendo con le mani, poi si forma un panetto. Per chiarificarlo si taglia a pezzetti e si mette a fuoco bassissimo in una pentola a fondo spesso, senza mescolare mai Appena sciolto affiora una schiuma che si toglie piano piano. Si lascia sul fuoco minimo che più minimo non si può, (non deve assolutamente friggere) e dopo una ventina di minuti sul fondo si vedono altre particelle e il tutto avrà una colorazione più dorata. Occorre togliere tutte le parti bianche per bene, se ne rimangono. Si filtra con un telo pulito e si lascia raffreddare, diventerà solido, pur rimanendo morbido, di un giallo quasi trasparente. Questo non sarà un metodo perfetto, ma è quello che ricordo. Si conserva per mesi, semplicemente così nel vasetto chiuso, meglio al buio, senza essere in frigo, come una qualunque conserva. A questo punto per l'utilizzo in cucina si deve ricordare di usarne il 20% in meno di quello che adopereremmo. Con questo procedimento rimangono i soli grassi saturi, si eliminano le caseine, le proteine del latte, l'acqua e non rimangono proteine e carboidrati. In questo modo si alza il punto di fumo a 250°, facendo del burro chiarificato il grasso migliore per le dorature e le fritture. Quello che ho fatto è quindi burro chiarificato, sicuramente più digeribile e con un punto fumo più alto e quindi più sano, ma senza valenze curative specifiche, e non è il vero Ghee. Quello vero, usato nella medicina ayurvedica, è sì burro chiarificato, ma che viene sottoposto a ulteriori processi di cottura con l'aggiunta di erbe e spezie a secondo dell'uso curativo che se ne vuol fare ed è reperibile solo nei centri specializzati con il nome vero di Gruta, in sanscrito ghrita, घृतम् . Ghee o ghī è solo la parola storpiata usata dagli inglesi durante la colonizzazione dell'India. Questo sì che ha importanti proprietà terapeutiche, privo completamente di colesterolo, cura gastriti e ulcere, è utile per l'intestino, per arrossamenti della pelle e tensioni muscolari, contratture ecc. La storia del Ghee o meglio Ghrita è antica come l'uomo, appare in scritti orientali già dal 3000 a.c., e si ha conoscenza della sua preparazione da almeno 6000 anni. Gli induisti credono che il dio supremo Prajapati, lo ottenne strofinando le mani e gettandolo nel fuoco creò la vita. È adoperato nei rituali di tutte le religioni indiane. È usato anche per la cura della pelle, dei capelli, come balsamo delle labbra, ecc. È usato per le lampade votive. In senso pratico la scelta di chiarificare il burro è data per le alte temperature del sud dell'India così da favorire la conservazione, esattamente come mia suocera. Attenzione negli acquisti a pagare una cosa per quello che non è. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • AGGIONAMENTO PASSEGGIATE ERBANDO 2024

    PASSEGGIATE DI RICONOSCIMENTO ERBE SPONTANEE DI PRIMAVERA Post di Aggiornamento sugli eventi in programma. Ricordo che: gli eventi pubblici sono sempre postati sul mio profilo fb, sulla pagina dell'Associazione e sul blog con un ragionevole anticipo, visto le condizioni del tempo che determinano la presenza o meno di erbe e non permettono di decidere mesi prima. Purtroppo non tutti riescono a prenotare o essere presenti quando decido io il giorno o il posto, quindi: DISPONGO DI UN CERTO NUMERO DI DATE INFRASETTIMANALI PER EVENTI PRIVATI PER GRUPPI DI ALMENO 10 PERSONE È NECESSARIO : UN TERRENO MESSO A DISPOSIZIONE DAL PROPRIETARIO UN POMERIGGIO O UNA MATTINATA circa DUE ORE, DUE ORE E MEZZA, massimo TRE UN MINIMO DI DIECI PERSONE DURANTE L'INCONTRO NON SI RACCOGLIE MA SI RICONOSCE A ogni partecipante verrà dato un taccuino dove fare le proprie annotazioni e compilare un erbario personale da portarsi a casa con le erbe che si incontrano o in alternativa i sette manuali cartacei È richiesto un contributo minimo a persona di 15 euro all'Associazione Erbando Trovate dieci amici o amiche e sarò felice di essere dei vostri e passare qualche ora insieme nella natura a parlare di erbe selvatiche commestibili. È possibile anche un incontro personalizzato anche con meno persone, con un contributo da concordare Mi potete contattare solo via Wsapp al 3486930662 per accordarci ERBANDO A BARGONE SABATO 9 MARZO Un altro appuntamento d'obbligo all'Hostaria Tranquillo a Bargone, quest'anno sarà il sabato ad essere selvatico. Al mattino, ore 10, nei pressi del ristorante, una breve passeggiata per il riconoscimento delle erbe classiche del Prebuggiun con Lella Canepa. A ogni partecipante sarà dato un taccuino per formare un erbario personale da portare a casa con le proprie annotazioni o in alternativa i sette manuali cartacei. Alle 12,30 -13 Pranzo al Tranquillo con menù a base di erbe a km0 A grande richiesta, dopo aver assaggiato i pansoti di Monica, al pomeriggio, per chi vuole rimanere, un corso amatoriale introduttivo sulle paste ripiene, in particolare i pansoti. Sarà mostrato come pulire, cuocere le erbe, preparare un ripieno e come lavorare la pasta fino al prodotto finito in maniera casalinga così come facevano le nostre nonne. Ogni partecipante proverà a impastare e preparare una piccola quantità di pansoti da portare a casa. È possibile partecipare all'intera giornata o alla mattina con pranzo o al pomeriggio con pranzo Inizio ore 10 Passeggiata del mattino più pranzo: € 35 Pranzo più corso del pomeriggio: €35 Passeggiata + pranzo + corso, l'intera giornata: € 60 Menù: Baciocca della Val di Vara Torta di erbe Pansoti fatti a mano con prebuggiun e ricotta conditi con burro e salvia Punta di petto al forno con insalata fiorita e patate al forno Crostata Prenotarsi al 3421601908 All'atto della prenotazione sarà fornito l'Iban dell'Associazione per un versamento anticipato di 10 euro sulla quota a conferma della partecipazione. CHI VA AL MULINO... TROVA ERBANDO 16 MARZO Via Isolato 14, Travo, Carro Sabato 16 Marzo dalle ore 15 nella magica cornice del Mulino del Travo un’esperienza unica. L’antico Mulino, datato 1690, nei pressi del torrente Travo, sotto l'abitato di Carro, è stato scrupolosamente restaurato da Silvia e Maurizio e riportato a funzionare ad acqua così come una volta. Sarà l’occasione per una passeggiata nei dintorni, con Lella Canepa per riconoscere le erbe presenti del territorio, con particolare attenzione a quelle commestibili specie del Prebuggiun. Ogni partecipante potrà comporre un erbario da portarsi a casa, con il taccuino fornito dall’Associazione. Al ritorno una degustazione dei prodotti dell’ Azienda Agricola Silvia Bonfiglio a base di miele, marmellate, castagnaccio, tutti prodotti locali, darà l’opportunità di visitare e vedere in funzione il mulino ascoltandone la storia. L'evento è aperto a un massimo di 15 persone, prenotarsi in tempo al 348 693 0662 solo wsapp o chiamare al 347 310 8995 Contributo Passeggiata riconoscimento erbe + visita e degustazione 25€ Alla prenotazione sarà fornito l'Iban per un anticipo a conferma della prenotazione In caso di maltempo l'evento sarà rinviato altre informazioni su https://www.mulinodeltravo.it/ https://www.lellacanepa.com/.../succede-nei-sepponi-di-carro INTRECCIAMO LE PALME INSIEME DOMENICA 17 MARZO Risveglio Naturale - Valletti - Varese Ligure Una Pasqua davvero bassa quest'anno, così ci ritroviamo a parlare di palme intrecciate già a metà marzo. Per chi volesse intrecciare insieme a noi per conservare una tradizione esclusivamente ligure e di pochi paesi del sud, domenica 17 febbraio ci ritroviamo all'Agriturismo Il Risveglio Naturale. Faremo palme classiche, crocette, fiocchi e anche qualcosa di più. Impasteremo anche dei piccoli canestrelli che era uso una volta portare a benedire con la palma L'evento è ancora da definire nei particolari perché le palme arrivano fresche solo nei giorni precedenti. Ci ritroveremo per il pranzo e intrecceremo al pomeriggio Per informazioni al Tel. : 01871854393 Cell.: 3493386861 Mob. : 392219596 NON SOLO CIBO: PROPRIETÀ E BENEFICI DELLE ERBE DEL PREBUGGIUN SABATO 6 APRILE Risveglio Naturale - Valletti - Varese Ligure Una giornata intera dedicata alle erbe commestibili Alla mattina passeggiata di riconoscimento nei dintorni dell'Agriturismo con Lella Canepa, con la possibilità di comporre un erbario con il taccuino fornito dall'Associazione e tutte le informazioni su come si puliscono e cuociono e gli usi in cucina. Alle 13 Pranzo a base di erbe Aperitivo e antipasto a tema erbette Pansoti con insalata selvatica Arrosto profumato alle erbe di Liguria Panna cotta alle rose Dopo pranzo incontro con Marco Fossati, erborista, che illustrerà le proprietà e i benefici di ogni erba del Prebuggiun, perché è importante mangiarlo e altri usi di questi erbe. Un piccolo laboratorio su come comporre una tisana per portare a casa un ricordo della giornata. Contributo richiesto compreso di passeggiata pranzo e pomeriggio con l'erborista €60 È possibile pernottare in Agriturismo Informazioni al: Tel. 0187 185 4393 Cell. 3493386861 Mob.392 219 5962 ERBANDO IN VAL FONTANABUONA DOMENICA 14 APRILE San Marco d'Urri Nei ricchi e puliti prati sotto l'uliveto a San Marco d'Urri, nell'azienda agricola I Liberti Della Terra una bellissima passeggiata alla ricerca delle erbe migliori per il prebbugiun. Pamela particolarmente attenta a fornire ai suoi clienti ortaggi freschi e prelibati della sua azienda, da qualche anno ha approfondito le sue conoscenze sulle erbe commestibili per salvaguardare la biodiversità dei suoi campi. Inizio ore 15, a ognuno dei partecipanti sarà consegnato un taccuino dove potrà a piacere annotare quello che vuole, (nome caratteristiche ecc. di ogni erba) insieme ad una fogliolina raccolta che costituirà poi un piccolo erbario da portarsi a casa. Saranno presenti altre aziende del territorio che a fine passeggiata offriranno un assaggio dei loro prodotti. È richiesto un contributo di 20 euro a persona Prenotarsi al Pamela 379 149 9356 ERBANDO AL TOCETO DOMENICA 21 APRILE 2024 Non può mancare l'annuale appuntamento qui in Alta Val di Vara Quest'anno saremo ospitati nel Toceto da Ca'du Pinzer Una passeggiata nel pomeriggio, inizio ore 15, con Lella Canepa, nei dintorni per il riconoscimento di erbe e fiori selvatici a 700 mt.s.l.m. diversi da quelle che si ritrovano in riviera e quando a questa altezza ci sono ancora. La composizione di un erbario da portarsi a casa con le nozioni acquisite durante il cammino e un campionario di foglie raccolte Taccuino e penna per l'erbario (forniti da noi) e passeggiata con un contributo di 15 euro a persona all'Associazione. Al termine chi vuole potrà avere i manuali dell'Associazione con il contributo di 1 euro cadauno. È necessario prenotarsi, via wsapp, al 3486930662 All'atto della prenotazione sarà fornito l'Iban dell'Associazione dove versare un anticipo di 10 euro a conferma della prenotazione stessa. È FIORITO IL CUCCO DOMENICA 5 MAGGIO Cascina il Cucco - Casaleggio Boiro - Al EVENTO TUTTO DEDICATO ALLA TRASFORMAZIONE DI ERBE E FIORI Giornata interamente dedicata alle erbe, fiori e foglie di maggio. Alla mattina dalle ore 10, una passeggiata per riconoscere e raccogliere erbe commestibili, fiori e foglie eduli presenti nel territorio intorno alla Cascina A pranzo un buffet di piatti e bevande con prodotti della Small Farm e delle aziende agricole dei dintorni. Dopo una dimostrazione sulla trasformazione di quanto raccolto petali di rose, fiori di sambuco, foglie di piantaggine e altro, in modo semplice, alla maniera delle nostre nonne. Consigli di base su come seccare opportunamente le erbe e fiori, e la differenza in pratica fra tisana, decotto, infuso. Sarà mostrato come procedere per produrre uno sciroppo di fiori o di foglie, come conservare al meglio tutto. Ogni partecipante realizzerà un oleolito con l’erba che preferisce, comporrà un mazzolino da profumare o fumigare e tornerà a casa con un piccolo raccolto da trasformare in sciroppo o seccare per tisana, un vasetto con un oleolito da completare, un mazzolino da fumigare, le dispense cartacee. È indispensabile un abbigliamento adatto, pantaloni lunghi e scarpe idonee e un piccolo cestino per la raccolta. Passeggiata + pranzo + esperienza al pomeriggio €45 a persona Per informazioni e l'indispensabile prenotazione telefonare al 327 854 8388 e non finisce qui... Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • PASSEGGIATE DI ERBANDO 2024

    PASSEGGIATE DI RICONOSCIMENTO ERBE SPONTANEE DI PRIMAVERA Grazie alle vostre segnalazioni ho scoperto che il post con gli appuntamenti pubblici di Erbando non si apre, non si trova, boh! segreti della tecnologia. Eccolo di nuovo, sperando che questa volta arrivi. Ricordo che: gli eventi pubblici sono sempre postati sul mio profilo fb, sulla pagina dell'Associazione e sul blog con un ragionevole anticipo, visto le condizioni del tempo che determinano la presenza o meno di erbe e non permettono di decidere mesi prima. Purtroppo non tutti riescono a prenotare o essere presenti quando decido io il giorno o il posto, quindi: DISPONGO DI UN CERTO NUMERO DI DATE INFRASETTIMANALI PER EVENTI PRIVATI PER GRUPPI DI ALMENO 10 PERSONE È NECESSARIO : UN TERRENO MESSO A DISPOSIZIONE DAL PROPRIETARIO UN POMERIGGIO O UNA MATTINATA circa DUE ORE, DUE ORE E MEZZA, massimo TRE UN MINIMO DI DIECI PERSONE DURANTE L'INCONTRO NON SI RACCOGLIE MA SI RICONOSCE A ogni partecipante verrà dato un taccuino dove fare le proprie annotazioni e compilare un erbario personale da portarsi a casa con le erbe che si incontrano o in alternativa i sette manuali cartacei È richiesto un contributo minimo a persona di 15 euro all'Associazione Erbando Trovate dieci amici o amiche e sarò felice di essere dei vostri e passare qualche ora insieme nella natura a parlare di erbe selvatiche commestibili. È possibile anche un incontro personalizzato anche con meno persone, con un contributo da concordare Mi potete contattare solo via Wsapp al 3486930662 per accordarci ERBANDO AL FIUME SABATO 24 FEBBRAIO 2024 Anche quest'anno l'abituale passeggiata di riconoscimento erbe a Castiglione Chiavarese, in località Fiume, nei terreni messi a disposizione dalle amiche dei B&B Fiume e Tre Ponti. Un pomeriggio, dalle ore 15, dedicato a tutto quello che si incontra, in primis, le erbe del Prebuggiun. A ognuno dei partecipanti sarà consegnato un taccuino dove potrà a piacere annotare quello che vuole, (nome caratteristiche ecc. di ogni erba) insieme ad una fogliolina raccolta che costituirà poi un piccolo erbario da portarsi a casa. Taccuino e penna (forniti da noi) e passeggiata, con un contributo di 15 euro a persona all'Associazione. Al termine chi vuole potrà avere i manuali dell'Associazione con il contributo di 1 euro cadauno. I posti disponibili per questo evento sono solo 15, per questo motivo all'atto della prenotazione sarà fornito il codice IBAN dell'Associazione per un versamento anticipato di 10 euro della quota Prenotarsi al 348 693 0662 SOLO CON CHIAMATE O MESSAGGIO VIA WSAPP Come tutti gli anni è possibile pernottare nei due B&B prenotando in tempo. B&b FIUME 0185 408000 B&B TRE PONTI 338 992 9095 ERBANDO A BARGONE SABATO 9 MARZO 2024 Un altro appuntamento d'obbligo all'Hostaria Tranquillo a Bargone, quest'anno sarà il sabato ad essere selvatico. Al mattino, ore 10, nei pressi del ristorante, una breve passeggiata per il riconoscimento delle erbe classiche del Prebuggiun con Lella Canepa. A ogni partecipante sarà dato un taccuino per formare un erbario personale da portare a casa con le proprie annotazioni o in alternativa i sette manuali cartacei. Alle 12,30 -13 Pranzo al Tranquillo con menù a base di erbe a km0 A grande richiesta, dopo aver assaggiato i pansoti di Monica, al pomeriggio, per chi vuole rimanere, un corso amatoriale introduttivo sulle paste ripiene, in particolare i pansoti. Sarà mostrato come pulire, cuocere le erbe, preparare un ripieno e come lavorare la pasta fino al prodotto finito in maniera casalinga così come facevano le nostre nonne. Ogni partecipante proverà a impastare e preparare una piccola quantità di pansoti da portare a casa. È possibile partecipare all'intera giornata o alla mattina con pranzo o al pomeriggio con pranzo Inizio ore 10 Passeggiata del mattino più pranzo: € 35 Pranzo più corso del pomeriggio: €35 Passeggiata + pranzo + corso, l'intera giornata: € 60 Menù: Baciocca della Val di Vara Torta di erbe Pansoti fatti a mano con prebuggiun e ricotta conditi con burro e salvia Punta di petto al forno con insalata fiorita e patate al forno Crostata Prenotarsi al 3421601908 All'atto della prenotazione sarà fornito l'Iban dell'Associazione per un versamento anticipato di 10 euro sulla quota a conferma della partecipazione. ERBANDO IN VAL FONTANABUONA DOMENICA 14 APRILE AGGIORNAMENTO DATA Nei ricchi e puliti prati sotto l'uliveto a San Marco d'Urri, nell'azienda agricola I Liberti Della Terra una bellissima passeggiata alla ricerca delle erbe migliori per il prebbugiun. Pamela particolarmente attenta a fornire ai suoi clienti ortaggi freschi e prelibati della sua azienda, da qualche anno ha approfondito le sue conoscenze sulle erbe commestibili per salvaguardare la biodiversità dei suoi campi. Inizio ore 15, a ognuno dei partecipanti sarà consegnato un taccuino dove potrà a piacere annotare quello che vuole, (nome caratteristiche ecc. di ogni erba) insieme ad una fogliolina raccolta che costituirà poi un piccolo erbario da portarsi a casa. Saranno presenti altre aziende del territorio che a fine passeggiata offriranno un assaggio dei loro prodotti. È richiesto un contributo di 20 euro a persona Prenotarsi al Pamela 379 149 9356 INTRECCIAMO LE PALME INSIEME DOMENICA 17 MARZO Una Pasqua davvero bassa quest'anno, così ci ritroviamo a parlare di palme intrecciate già a metà marzo. Per chi volesse intrecciare insieme a noi per conservare una tradizione esclusivamente ligure e di pochi paesi del sud, domenica 17 febbraio ci ritroviamo all'Agriturismo Il Risveglio Naturale. Faremo palme classiche, crocette, fiocchi e anche qualcosa di più. Impasteremo anche dei piccoli canestrelli che era uso una volta portare a benedire con la palma L'evento è ancora da definire nei particolari perché le palme arrivano fresche solo nei giorni precedenti. Ci ritroveremo per il pranzo e intrecceremo al pomeriggio Per informazioni al Tel. : 01871854393 Cell.: 3493386861 Mob. : 392219596 Ancora da definire la data di Aprile, probabilmente sabato 6 o domenica 7, che ci vedrà con la Passeggiata di Erbando sempre al Risveglio Naturale. ERBANDO AL TOCETO DOMENICA 21 APRILE 2024 Non può mancare l'annuale appuntamento qui in Alta Val di Vara Quest'anno saremo ospitati nel Toceto da Ca'du Pinzer Una passeggiata nel pomeriggio, inizio ore 15, con Lella Canepa, nei dintorni per il riconoscimento di erbe e fiori selvatici a 700 mt.s.l.m. diversi da quelle che si ritrovano in riviera e quando a questa altezza ci sono ancora. La composizione di un erbario da portarsi a casa con le nozioni acquisite durante il cammino e un campionario di foglie raccolte Taccuino e penna per l'erbario (forniti da noi) e passeggiata con un contributo di 15 euro a persona all'Associazione. Al termine chi vuole potrà avere i manuali dell'Associazione con il contributo di 1 euro cadauno. È necessario prenotarsi, via wsapp, al 3486930662 All'atto della prenotazione sarà fornito l'Iban dell'Associazione dove versare un anticipo di 10 euro a conferma della prenotazione stessa. Altri eventi saranno pubblicati più avanti, il ritorno a Cascina il Cucco in Piemonte, Chiavari in Fiore, l'evento dedicato ai fiori e alla trasformazione in sciroppi, e altre novità Stay tuned! Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • DELL' ARANCIO AMARO E DELLA MARMALADE

    Torno torno la casa c'era "u jardinu", un ettaro d'àrboli da frutta: aranci, mandarini, limoni, limongelli...* A. Camilleri - Da quanti anni non mi capitavano delle belle arance amare da poter trasformare nella famosa Marmalade! >>>Pour Marie Malade Come ho già scritto in un altro post dedicato a varie marmellate, la parola marmellata in Europa si può usare legalmente solo per le marmellate di agrumi e pare che questo derivi dalla marmellata di arance che i cuochi fiorentini inventarono per la Regina Maria di Francia debilitata per le frequenti gravidanze. L'etimologia esatta della parola vuole derivi dal portoghese marmelo, la mela cotogna con le quali si confezionarono le prime composte. L'arancio amaro arrivò in Europa prima di quello dolce, portato dagli Arabi che lo scoprirono in India. In Sicilia, ormai spariti, presso ogni villa, tenuta, casa di campagna c'era una costruzione in pietre a secco, rotonda ma anche quadrata, u jardinu, dove venivano coltivati gli agrumi, spesso di una varietà sola. Il muro difendeva dai venti caldi e favoriva un microclima che tratteneva l'acqua. Le proprietà dell'Arancio Amaro, conosciuto anche come Melangolo, Citrus × aurantium, credo siano dimenticate dai più, perché non ne sento parlare molto. Un giorno le riscopriranno e così torneranno di moda. Questo frutto, specie nella buccia, contiene sinefrina un alcaloide che ha un'azione simile all'adrenalina, era ed è usata in preparati dimagranti ed energizzanti... che i cuochi fiorentini avessero ragione? Con tutte le cautele del caso, perché allo stesso modo aumenta la pressione e il rischio cardiovascolare. I preparati che derivano dall'arancio amaro devono essere somministrati da un medico che conosca bene il paziente che vuole dimagrire. Sempre perché naturale non vuol dire privo di controindicazioni. Dagli Arabi arriva non solo l'arancio ma anche la capacità di distillare i fiori di questo agrume, ottenendo così l'olio di Neroli, prezioso alleato per calmare, rilassare il sistema nervoso, utile nelle depressioni, nei periodi bui, dentro ha il sole delle arance del Mediterraneo. Per lo stesso motivo i fiori d'arancio non potevano mancare in occasione di matrimoni. Le zagare, come mi insegnò un calabrese che mi diede del suo meraviglioso miele di zagare, sono i fiori di tutti gli agrumi, arancio, limone, mandarino, anche se tendenzialmente si individuano con quel nome solo i fiori di arancio. Olio di Neroli perché deriva dalla moglie di quel Orsini duca di Bracciano e principe di Nerola, Anna Maria de la Tremoïlle de Noirmoutier, che lo introdusse in Francia alla fine del '600. Inutile dire che è largamente usato in profumeria. Purtroppo, puro è carissimo. In Liguria è nota l'Acqua di Fior d'Arancio, l'idrolato ottenuto dalla distillazione dei fiori di arancio amaro, una volta prodotto in grande quantità, in provincia di Imperia, nella valle di Vallebona, veniva e viene usata per profumare i dolci liguri, in primis il nostro pandolce e anche le chiacchiere. A Genova si può acquistare dalla Antica Farmacia dei Frati, cliccando sulla foto si va al link di riferimento. Con le belle arance che mi sono state regalate mi sono preparata una super marmelade, a modo mio, seguendo come sempre il mio istinto dopo aver letto e ascoltato decine di ricette. Ho pelato con un pelapatate le arance, togliendo solo la parte arancio, che poi in parte ho tagliato a striscioline. Ho tagliato a metà le arance pelate per togliere i semi, operazione da fare su un piatto per recuperare il succo. Ho passato questi pezzi nell'estrattore. Ormai faccio tutte le marmellate con l'estrattore, se non si possiede l'estrattore, o si hanno grosse quantità è uguale con la macchina della salsa, altrimenti si possono spezzettare e mettere sul fuoco con un bicchiere di acqua e frullare con il frullatore ad immersione dopo qualche minuto. Ho pesato la polpa ottenuta e ho aggiunto nella pentola lo zucchero nella proporzione di 800gr. per ogni chilo di frutta passata. Controllare il bollore con un fuoco non troppo basso, all'inizio sembrerà che si formi molto liquido, ma gli agrumi hanno un alto potere gelificante e anche se non sembra, da fredda rassoda tantissimo. Importante schiumare per avere un prodotto finito limpido. Dopo aver schiumato, ho aggiunto parte delle scorze tagliate a striscioline, che avevo appena tuffato in acqua bollente per un minuto. Tutte sembravano tante, le rimanenti l'ho messe in congelatore, qualcosa ne farò. Non serve tantissimo tempo, la pectina si degrada con la cottura e si ottiene l'effetto contrario, continuando la cottura si ha la caramellizzazione dello zucchero perdendo colore e profumo della frutta. Per una quantità limitata, tra uno e due chili non faccio bollire più di mezz'ora - quaranta minuti. Personalmente ormai mi regolo con il colore, ma il metodo del piattino freddo funziona sempre. Ho tenuto i semi per piantarli, chissà... l'arancio amaro sopporta anche temperature bassissime, io ci provo. ...e da oltre il muro l’agrumeto faceva straripare il sentore di alcova delle prime zàgare. Era un giardino per ciechi... Il Gattopardo *da “A. D. Architectural Digest”, Dicembre 1995 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • ABETE O NON ABETE? L'ALBERO DI NATALE

    O Tannenbaum Dein Kleid will mich was lehren: Die Hoffnung und Beständigkeit Gibt Mut und Kraft zu jeder Zeit! O Tannenbaum... da fine 1700 è una delle più antiche canzoni di Natale e parla di abeti illuminati Finite le feste si ripongono gli addobbi, ornamenti e decorazioni ben riposti in scatole, prendono la via della soffitta o della cantina. Per il presepe è tradizione aspettare un po' di più, in casa si arrivava al 2 febbraio, il giorno della Purificazione della Beata Vergine Maria, passati i 40 giorni dal parto, e Presentazione di Gesù al Tempio. Quest'anno la sindrome influenzale mi ha impedito di addobbare alcunché, ma tosse e sintomi li ho alleviati con lo sciroppo di gemme d'abete fatto questa estate e così ho pensato di scrivere qualcosa sugli Alberi di Natale. L'usanza di decorare un albero nel periodo del solstizio d'inverno è antichissima, nel Nord Europa come i Romani, legata alla speranza di veder tornare la primavera e la luce (non ne erano così certi una volta) ed era normale scegliere per quello scopo una pianta che avesse ancora le foglie verdi. L'uso pubblico di un abete decorato sembra risalire al Natale del 1411 nella piazza di Tallin, anche la città di Riga se ne appropria la paternità, ma non esistono documenti. Sembra invece certo che all'epoca di Martin Lutero in tutte le case si addobbasse un abete con candele vere, e che già venissero commercializzati alberi a quello scopo, fino ad arrivare al XIX secolo quando principesse e principi di origine germaniche lo introdussero nelle loro residenze e divenne normale anche nel resto d'Europa. Per quanto riguarda la Liguria, fino alla seconda guerra mondiale era un ramo d'alloro l'albero di Natale e sulle montagne dell'entroterra assolutamente un ginepro. Le decorazioni nelle case erano per lo più fatte di carta, frutta secca, qualche dolcetto e mandarini. Immancabili le luci, che con l'avvento della luce elettrica resero tutto meno pericoloso delle candele vere. Ma quelli che comperiamo oggi sono abeti? Abies è un genere botanico che comprende numerose specie di alberi, Conifere, della famiglia delle Pinaceae. Per dirla semplice Conifere (o Pinophyta) perché i semi sono contenuti in coni legnosi, Pinaceae perché le foglie sono aghiformi. Pini, Cedri e Larici appartengono alla stessa famiglia e gli Abies si distinguono per avere gli aghi inseriti singolarmente nel ramo mentre gli altri li hanno riuniti in gruppi. Ma quello che portiamo a casa per decorare è un vero abete? cioè un Abies? Quasi sempre no, a meno che non si chieda esplicitamente. Solitamente è un Picea abies o Peccio, detto anche Abete rosso, non del genere Abies, ma Picea. La differenza? gli Abies hanno le pigne mature erette, i Picea le pigne mature pendule. Le foglie trasformate in aghi per offrire meno superficie alla neve e raccogliere meno peso, sono piatti negli negli Abeti e spesso disposti a pettine, nei Pecci sono di forma rombo-quadrangolare e tutto intorno al ramo. Abies alba Picea abies foto di Monaco Nature encyclopedia Si preferiscono i Pecci per il portamento più regolare, la crescita abbastanza veloce, le radici che si estendono orizzontalmente e quindi più facile alla sopravvivenza anche in vaso, per qualche anno. A scopo ornamentale è sicuramente la specie più coltivata in tutta Europa, usata anche come rimboschimento. Occorre tener presente che la selvicoltura, specie di Picea abies, occupa migliaia di ettari solo in Europa, anche se noi quando entriamo in un bosco pensiamo sempre che sia la "natura" e che l'oculato taglio di alcuni esemplari non è solo a scopo commerciale, ma rientra in un progetto ampio di tutela delle piante e del bosco tutto, anche quando si tratta di alberi molto grandi. La Selvicoltura moderna prevede il bosco disetaneo, cioè con piante di diversa età, che vengono prelevate con oculatezza, per permettere la crescita delle piantine giovani. Se qualcuno pensa che la Selvicoltura sia una pratica moderna esclusivamente commerciale è bene ricordare che arriva dalla preistoria, e che diversi secoli fa il legno era molto più usato di adesso per la costruzione di tutto, navi, case, scaldarsi. Basti pensare a Venezia costruita su pali di pino, quercia, larice, tutti provenienti dalle foreste del Friuli trasportati sull'acqua dei fiumi Adige, Brenta e Piave e non è che a quei tempi fossero così tonti da non capire che se tagliavano e non ripiantavano presto sarebbe finito il legname a disposizione. Semmai è recente, intorno al 1800, la regolamentazione della selvicoltura con regole ben precise che tengano conto delle esigenze commerciali ma anche del bosco e delle piante. Tutte le piante che si possono trovare sul monte Biscia venendo dalla riviera in questa vallata sono state piantumate una cinquantina di anni fa e una decina le ho piantate io. Gli abeti del Biscia visti dalla cima del Monte Porcile Quindi vorrei spezzare una lancia per gli alberi di Natale veri, così contestati tutti gli anni. Non è possibile andare a tagliare l'albero nel bosco, tutte le piante immesse regolarmente in vendita nei garden sono con certificato e provengono da vivai autorizzati, così come qualsiasi altra pianta che si acquista. Per coltivare questi abeti vengono utilizzati terreni, spesso abbandonati, poveri, marginali di collina e bassa montagna e contribuiscono a prevenire il dissesto idrogeologico. Vengono regolarmente sostituiti all'espianto con piante giovani. Un albero comperato con il pane di terra ha sempre una possibilità, anche se inizialmente si tiene in vaso. Nel caso sopravvivesse alle temperature interne, per cortesia è da evitate di trapiantarlo a caso nella prima campagna, o peggio nel giardino, a meno che non si abbia a disposizione una villa con parco. In Italia non esistono i terreni di nessuno, o sono proprietà privata o sono demaniali e un abete messo in un posto sbagliato può fare più danno che guadagno. Molte altre varietà di Pecci e di Abeti sono coltivati per l'utilizzo come Alberi di Natale. Pianta di Picea abies acquistata come albero di Natale una ventina di anni fa e trapiantata nel giardino pensando non resistesse, è cresciuto tantissimo, e dovrà essere tagliato purtroppo. Sotto un'altro abete di Natale, trapiantato proprio qui nel giardinetto in mezzo alle case. Dopo diversi anni, meno di quanti si possa pensare, è stato necessario tagliarlo perché cresciuto oltre i tetti, nella foto non si vedono più i rami bassi, già tagliati, che lambivano i muri e lasciavano le finestre in un'ombra perenne e impedivano la ristrutturazione degli edifici. Non è stato semplice nemmeno abbatterlo perché lo spazio dove farlo cadere era pochissimo e ci sono volute persone veramente esperte e l'operazione non è costata pochissimo. Se l'abete sopravvive, messo nel posto giusto, a primavera potrà regalare le nuove gemme che possono essere utilizzate in tanti modi. Ne ho già scritto qui Di Sciroppi e zuccheri con fiori gemme foglie e...>>> dove racconto dello sciroppo cotto, ma da qualche anno invece mi limito a fare quello al sole, che quest'anno mi è stato utilissimo per la tosse di questa brutta influenza. Basta fregare tra le mani qualche ago per accorgersi dal profumo delle proprietà balsamiche di questi alberi, che vengono trasferite dal sole nello zucchero, sciolto dallo stesso sole diventa sciroppo. A primavera, appena sui rami appaiono le geme verde tenero si raccolgono, nella quantità necessaria e soprattutto senza raccogliere a cottimo tutte quelle che si vedono, ma lasciandone anche all'albero, si mettono in un vaso coperte di zucchero (non ho quantità vado ad occhio) e si lasciano al sole chiuse per il tempo, almeno 40 giorni. Lo zucchero sciogliendosi al sole assorbirà profumi e proprietà delle gemme diventando uno sciroppo balsamico con il quale dolcificare latte e tisane nel periodo invernale, o preso anche così, un cucchiaino al mattino. Il migliore è quello ottenuto con il Pino mugo, dal quale deriva il famoso mugòlio e sicuramente ci sono differenze anche fra gemme di abete, gemme di pino o di peccio, ma non le conosco in maniera approfondita, so che in ogni caso fanno bene, sempre nella giusta misura. L'uso alimentare non si limita allo sciroppo, gli aghi profumati possono essere aggiunti alle insalate, agli impasti, seccati con altre erbe per farne tisane, regaleranno un gusto inaspettato. I germogli sono più teneri e dolci e profumatissimi. Nella seconda foto ho aggiunto qualche fiore di sambuco e petali di rosa, così come faccio per le tisane Per quanto riguarda il riconoscimento fra albero e albero, molto ci sarebbe da dire ancora oltre le nozioni elementari scritte sopra, l'unica attenzione può essere nel non confondere abete con tasso, albero molto pericoloso, sicuramente uno dei pochi vegetali che contengono una sostanza velenosa mortale. Non è così facile imbattersi in un albero di Taxus baccata selvatico, in quanto la pianta non forma boschi, si mescola a faggi e aceri. È molto usata per siepi e nei parchi, perché adatta all'arte topiaria, e non mi capaciterò mai del perché visto la sua pericolosità. Come tutti i vegetali molto tossici si è rivelato prezioso in medicina, la tassina, il potente alcaloide mortale contenuto nelle foglie e nella corteccia e nei semi, è usato in via sperimentale nella chemioterapia per alcuni tumori della mammella e dell'ovaio. L'albero è meno imponente dell'Abete, di crescita più lenta, con chioma meno regolare. Gli aghi, molto somiglianti all'abete, sono più erbacei, pure il ramo è verde e non marrone come nell'abete, e finiscono a punta, non rotondeggianti come l'abete, anche se non pungono in quanto morbidi. Sui rami potrebbero essere presenti i fiori maschili o gli arilli rossi che proteggono il seme, che sarebbero anche l'unica parte non velenosa della pianta, solo l'arillo rosso, il seme dentro è pericolosissimo, che lo distinguono dall'abete con certezza. La corteccia è di colore rossastro e tende a staccarsi. Taxus baccata - foto prese dal sito Actaplantarum Quest’anno mi voglio fare un albero di Natale di tipo speciale, ma bello veramente. Non lo farò in tinello, lo farò nella mente, con centomila rami, e un miliardo di lampadine e tutti i doni che non stanno nelle vetrine. Un raggio di sole per un passero che trema, un ciuffo di viole per il prato gelato, un aumento di pensione per il vecchio pensionato. E poi giochi, giocattoli, balocchi quanti ne puoi contare a spalancare gli occhi: un milione, cento milioni di bellissimi doni per quei bambini che non ebbero mai un regalo di Natale, e per loro un giorno all’altro è uguale, e non è mai festa. Perché se un bimbo resta senza niente, anche un solo, piccolo, che piangere non si sente Natale è tutto sbagliato. G.Rodari Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • SANCRÂO, I FINTI CRAUTI

    Oggi mi sono fatta un piattino di Sancrâo, una delle pietanze preferite di mio padre. D'altronde era nato in Piemonte e per le solite contaminazioni fra vicini non saprei dire se il piatto da lì è arrivato o lì è andato. Per tanto tempo da bambina ho creduto fossero i crauti, per una sorta di saccenteria che non voleva il dialetto, traducendo il termine tedesco sauerkraut che indica sì i crauti ma quelli ottenuti attraverso la fermentazione del cavolo, non certo con la ricetta di questi preparati qui. I Sancrau o Sancrou di uso ligure e piemontese sono in pratica cavolo stufato lentamente, possibilmente sulla stufa a legna nella pentola di terra. Per quanto mi riguarda preferisco prepararlo con il cavolo cappuccio, cioè quello più chiaro e lisco, pronto già a mezza estate, che non deve aspettare il gelo come gli altri, quello buonissimo tagliato fine fine crudo in insalata, ma in mancanza si può pensare di usare la verza. Il risultato non sarà lo stesso. Si taglia a listerelle non troppo fini, non finissimo come si taglia per mangiarlo crudo (in quel caso io lo taglio con l'affettatrice). Si lava velocemente. In una casseruola di terra si mette olio buono, qualche filetto di acciuga sotto sale pulito e dissalato, uno spicchio d'aglio o più se piace, qualche pinolo, ma se non ci sono i pinoli pazienza. Si lascia scaldare l'olio e sciogliere l'acciuga senza far soffriggere nulla, a fuoco dolcissimo, e a quel punto si mette il cavolo lavato ma non strizzato. Si alza la fiamma quel tanto per permettere al cavolo di assorbire, mescolando, il condimento, si rimette sul fuoco basso e con il coperchio si lasciare stufare dolcemente anche per 40 minuti, un'ora. Si assaggia a metà cottura per regolare di sale, ricordando che l'acciuga era salata, e si aggiunge un mezzo bichiere di aceto e si finisce di cuocere. Qualcuno mette un cucchiaio di zucchero, qualcuno mette i capperi. I capperi io a volte sì, lo zucchero mai. Ê cotto quando l'acqua di vegetazione e quella sgrondante dal lavaggio si sono consumate e anche, a me piace così, appena appena colorito, come una rosolatura all'ultimo, alzando appena la fiamma, con attenzione, perché non bruci. Se è un giorno che prevale la mia parte piemontese, con le alici e l'aglio dell'inizio aggiungo qualche pezzo di luganega o qualche pezzo di salsiccia, perché la morte sua è comunque servito con qualcosa di maiale. Siano essi wurstel, salsiccia, costine al forno, cotechino, uno stufato. C'è chi lo fa anche con il cavolo rosso o viola, non ho ancora provato. Questa è la versione di insalata di cavolo cappuccio crudo, mescolato a radicchio a palla, dei radicchi ne parlo qui>>>Volevo vivere in un mondo di radicchi, condito con acciughe e capperi e olio buono. Sulle proprietà del cavolo sono talmente tante che c'è poco da aggiungere, certamente crudo è uno dei più importanti apportatori di vitamina C che si hanno a disposizione con la stagione fredda. Per le acciughe, nonostante i consigli che dispenso in questo post >>>Acciughe sotto sale, quest'anno non sono riuscita a farle, uso quelle dell'amico Michele di L'Anciua qui>>> che prepara anche delle bellissime confezioni regalo di tutti i suoi prodotti PRENOTAZIONI :MAIL A lanciua@libero.it o Solo messaggio WhatsApp al 348 003 9598 . Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • O CHÉUSSO, LA ZUCCA A FIASCO

    Quest'anno la mia zucca di Halloween è stata proprio quella della tradizione nostra, dei miei nonni, dei miei zii che la intagliavano per spaventare le sorelle agli inizi del '900 e più tardi mia madre, un po' per dimostrare per l'ennesima volta come le zucche intagliate e festa compresa, non siano un'importazione dall'America, ma una tradizione dimenticata di ritorno, quando si è capito che si poteva mercificare. Per avere l'occasione di parlare di questa particolare zucca, quasi dimenticata, dopo essere stata presente nella vita quotidiana dell'uomo da migliaia di anni, in Liguria come in tutte le parti del mondo. Conosciutissima, chiamata chéusso, cossa, cusso, cösso e chi lo sa in quanti altri nomi, cresceva sulle téupie, le pergole che ogni casa di campagna aveva davanti all'uscio, insieme all'uva merella, l'uva fragola. foto dal web Talmente antico il suo uso che non si riesce nemmeno a rintracciarne l'origine, uno dei primi ortaggi coltivati, pare addirittura prima del frumento. Tracce ne sono state trovate fino a 13000 anni fa, sia in Africa, che in Cina ma anche in Messico, tutti i popoli ne hanno e ne fanno uso. Il suo nome botanico è Lagenaria siceraria, della famiglia Cucurbitacee, unica zucca presente prima della scoperta delle Americhe, quando arrivarono le altre, sempre stessa famiglia ma genere Cucurbita. Contrariamente a quanto si pensa è commestibile da giovane, una varietà, la Lagenaria longissima o Serpente di Sicilia è molto conosciuta al sud, e i suoi germogli chiamati tenerumi apprezzatissimi in zuppa. foto dal web Difficile possa venire in mente di mangiarla matura, la polpa di consistenza schiumosa è un purgante e un emetico e la buccia dura. Secca è leggera ed è stata usata come galleggiante per le reti e anche per imparare a nuotare. Seccando diventa come legno e da sempre l'uomo ha pensato che svuotandola dei semi e dei residui di polpa secca aveva a disposizione un recipiente ottimo per i liquidi acqua e vino, ma anche per farine, tabacco e simili. L'origine del nome viene dal greco lagenos che significa fiasco e l'uso antico è dimostrato nelle frequenti raffigurazioni in dipinti e statue. Specialmente nell'iconografia dei Santi, la Lagenaria è rappresentata quando si tratta di santi pellegrini come per esempio San Rocco e San Giacomo. Si usa anche una forzatura nella crescita per farla rimanere piatta come la più classica borraccia piatta In Cina è simbolo dei farmacisti in quanto vi venivano riposti erbe e rimedi vari. Svuotata e divisa, modellata, diventava recipiente, mestolo. Qui veniva usata per per concimare gli orti con la chintànn-a... e separare l'olio dall'acqua e i miei nonni che in tempi più moderni ne ebbero uno di lamiera, continuarono a chiamarlo cossu, mi ci volle un po' di tempo per capire che il nome veniva direttamente dalla zucca, Nel libro sotto come trasformali in utensili di uso quotidiano https://www.amazon.it/Historic-Gourd-Craft-Traditional-Vessels/dp/0764328301 Prima ancora di pensare a svuotarla, semplicemente scuotendola, secca con i semi dentro, l'uomo scoprì uno dei primi strumenti musicali. Le vere Maracas ancora oggi sono fatte spesso con una zucca dipinta. In seguito zucche svuotate sono state usate come cassa armonica, uno dei Sitar indiani, Kaccapi vina, è fatto con una lagenaria svuotata e sei corde, e pure il Berimbau, strumento tribale emigrato dall'Africa con gli schiavi e diventato indispensabile elemento della Capoeira brasiliana. Non ci è voluto molto per pensare a decorarle e quindi dipinte, incise, disegnate sono diventate elemento decorativo di arredo. Qualche esempio in foto, ma si può trovare di tutto. Chi di noi, di una certa età, non ha avuto un presepe in una zucca? Non privo della giusta rilevanza, l'uso, comune in tutte le parti del mondo, che ne fanno alcuni gruppi etnici come astuccio penico, la Koteka. Dall'Africa al Nord America, ancora oggi in Papua Nuova Guinea gli uomini usano la parte opportuna della zucca essicata e svuotata a protezione del pene, tenuto con una cordicella di palma, dando a questo indumento, l’unico spesso indossato, simbolismi particolari, tipo protezione contro gli spiriti maligni a tutela della propria fecondità e decorato in maniera diversa a secondo dell'occasione nella quale viene messo caccia, danza, eventi sociali. Ultimi, ma forse chissà non ne trovo altri, l'uso nell'orto per allontanare roditori e istrici e quello nella medicina popolare L'odore delle foglie di una varietà, la Lagenaria Mayo Giant, sembrerebbe essere sgradito e quindi in un orto a carattere familiare, una pianta di Lagenaria, opportunamente cimata per non sopraffare le altre coltivazioni, potrebbe tenere lontano fastidiosi visitatori notturni. Ho già scritto della polpa che ha effetti purganti e emetici, e un impiastro con le foglie pari curi il mal di testa. -foto da Actaplantarum- Mi resta da fare una piccola considerazione personale. Al di là degli innumerevoli impieghi di un qualcosa che cessato l'uso ritorna alla terra, alla natura, senza lasciare traccia, mentre per tutte le cose che si possono fare si spreca spesso plastica, chi mai ci restituirà la fantasia, l'inventiva, che una semplice zucca in tutto il mondo ha saputo suscitare? Qualche anno fa, quando per curiosità un amico le aveva seminate, me le portò dicendo che nessuno sapeva cosa farne... Servirà l'intelligenza artificiale? Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • DUE MARRONI...

    Che sia questa la mia svolta nella volgarità più becera? Quando mai! No! Intendo parlare proprio dei marroni, la castagna che l'uomo ha sapientemente coltivato, innestato, selezionato per ottenere un frutto più liscio, più grosso e più facile da sbucciare. Le differenze si comprendono bene con l'immagine sopra. Una castagna, se pur di dimensioni ragguardevoli, vicino a un marrone è di dimensione più piccola, ma soprattutto l'interno della castagna è arzigogolato in numerose pieghe dove si infila la pellicina mentre il marrone è liscio e quindi risulta molto più facile da pelare. Un Regio decreto del 1939>>> stabilisce la differenza fra castagne e marroni, come confezionarli e come spedirli, e di quanti frutti deve essere composto un chilo. La foto non fa sentire il gusto, se pure più neutro, cioè alcune varietà di castagne possono sembrare più saporite, ma il marrone è almeno il 20% più dolce di una castagna normale. Ragion per cui l'uso più scontato è quello nei dolci e quindi Marron Glacè e Mont blanc e marmellata. Il prezzo è purtroppo un elemento deterrente, perché molto più caro della comune castagna, quando poi non succeda purtroppo di trovarle bacate, ed è per quello che dopo una brutta esperienza non ne ho mai più comperato. Tanti anni fa un amico piantò pochi alberi di marroni non lontano da casa mia e mi chiedeva tutti gli anni di andare a vedere se le nuove piante avessero cominciato a produrre. Stamattina mi è tornato alla mente, e vista la buona produzione di castagne, anche grandi, mi sono decisa ad andare. Lui non c'è più, ma le sue castagne c'erano, grosse, belle e sane. È stata un'emozione trovarle e pensare a lui, grande amico della mia adolescenza. Purtroppo non ci è stato concesso di mangiarle assieme e negli anni scorsi, dopo la sua scomparsa, fra il cinipide, la siccità, la scarsa produzione, un po' di malinconia, non ero più andata a vedere. Nonostante qualcuno ci avesse pensato prima di me, qualcosa era rimasto. Giusto quelle da fare qualche marron glacés e forse un cucchiaio di Mont blanc... MARRON GLACÉS CASALINGHI Come sempre fatti un po' a modo mio Ho tolto la buccia esterna, l'ho messi in acqua fredda e ho bollito una quindicina di minuti. Pelate molto facilmente da calde, ho preparato uno sciroppo di zucchero fatto con 250gr di acqua e 250 di zucchero. L'acqua deve coprire bene i marroni, si pesa e si aggiunge lo stesso peso di zucchero. Si mette al fuoco, si possono aggiungere i semi di una bacca di vaniglia, si fa bollire per cinque minuti, si mettono le castagne pelate una a una delicatamente e si fanno sobbollire per un minuto. Si spegne. Si copre e si lascia tutto lì per 24 ore. Si tolgono le castagne, si rifà bollire lo stesso sciroppo e si immergono di nuovo facendo bollire per un minuto. Si spegne e si copre per altre 24 ore e così per almeno 4 volte in totale. Al quarto giorno si mettono a raffreddare su una gratella. Se nel corso delle operazioni se ne rompe qualche pezzo non importa, sono buoni lo stesso e servono per decorare il Mont blanc. È possibile rifinirli sopra con un glacé fatto con poco sciroppo avanzato e zucchero a velo mescolati. Se dovesse avanzare dello sciroppo anche quello può essere conservato e usato per dolcificare qualsiasi cosa. MONTBLANC A MODO MIO A modo mio perché trovate casualmente le castagne l'ho arrangiato con quello che avevo in casa, e per fortuna avevo una confezione di panna fresca. Per questa ricetta ho provato a cuocere i marroni in maniera diversa della precedente. Incise, l'ho messe a cuocere per in acqua fredda per una quindicina di minuti, poi l'ho pelate. Tutto sommato ritengo meglio il metodo di sbucciare prima le castagne, farle bollire e poi pelarle. Una volta pelate facilmente, ma nel caso di questo dolce anche dovessero rompersi non ha molta importanza, visto che poi vengono passate, le ho messe in una pentola con del latte e zucchero. Avevo inizialmente circa 250gr. di castagne con la buccia, ho aggiunto circa 300ml. di latte e 50gr. di zucchero, un cucchiaino di estratto di vaniglia o i semi di una bacca e ho fatto bollire piano per una ventina di minuti, facendo molta attenzione che assorbissero tutto il latte e non bruciassero. Devono diventare morbide tanto da poter facilmente essere schiacciate anche con una forchetta. Se dovesse mancare il latte va aggiunto fino a che le castagne non sono cotte bene. Con uno schiacciapatate, con un passaverdura o con quello che si vuole ridurle a una purea consistente. A questa purea le ricette prevedono l'aggiunta di qualche cucchiaio di cacao amaro, non l'avevo, ho sciolto poco cioccolato fondente e ho messo quello, più un cucchiaino di rum. Ho mescolato tutto bene. Ho formato con la purea una montagnola su un piatto, rigandolo con una forchetta, non mi piace fatto come viene passandolo nello schiacciapatate, a vermicelli, e mi piace più morbido, giusto quel tanto che stia su. Una generosa porzione di panna fresca montata al momento sopra, pezzetti di cioccolato fondente e amaretti rotti perché non avevo la meringa, che si trova spesso nelle ricette, ma ci stavano benissimo. Marmellata di Marroni Ho già fatto la marmellata di castagne altre volte, certo con i marroni è tutto più facile. Pare che il metodo migliore per pelarle bene sia quello di inciderle con un taglio, metterle a bagno per mezz'ora, farle cuocere in acqua bollente per 4 cinque minuti, e poi asciugate bene su una padella calda. Procedimento da fare poche castagne alla volta. Una volta pelate si pesano, si rimettono in pentola, si coprono d'acqua e si fanno cuocere per almeno mezz'ora, 35 minuti, fino a che non si spappolano e l'acqua è quasi tutta consumata. Si frullano con un mixer o con un robot fino ad avere un composto liscio. A questo punto, tenendo a mente il peso delle castagne pelate, si aggiunge 600gr di zucchero a chilo e si fa cuocere con molta attenzione girando spesso fino a che non si ottiene la consistenza di una marmellata che vela il cucchiaio. Alcune ricette prevedono metà zucchero integrale, alcune un aggiunta di estratto di vaniglia, altre rum. Per una volta, cosa che non faccio mai con le mie marmellate, ho bollito per venti minuti i barattoli dopo averli chiusi, perché mi è successo che la marmellata di castagne sia più deperibile di altre e dopo tanto lavoro sinceramente dover aprire e trovare della muffa... E SE LE CASTAGNE NON CE L'HAI? Se non ce l'hai te le fai finte. Biscotti a forma di castagna fatti con una parte di farina di castagne e immersi nel cioccolato fondente Ne avevo giusto un rimasuglio in frigo e per completare il post ne ho fatto qualcuno. Gli ingredienti semplicissimi: 60gr. di burro ammorbidito 50gr. di zucchero a velo un uovo piccolo (ma si può fare senza) 80gr. di farina di castagne 60gr. di farina 00 cioccolato fondente per finire i biscotti Mescolare zucchero e burro ammorbidito, unire l'uovo e poi le due farine, fino ad ottenere un impasto morbido. Lasciar riposare per mezz'ora. Riprendere l'impasto e formare delle palline, appiattirle da un lato e creare una punta per assomigliare la forma a una castagna. Cuocere in forno a 180° per una ventina di minuti massimo mezz'ora. Lasciar raffreddare, sciogliere il cioccolato a bagnomaria e immergere i biscotti con la punta lasciando scoperto il fondo. Altre ricette sul blog con le castagne qui: IL CASTAGNACCIO DOLCE O SALATO>>> PAN MARTIN>>> DELL'USO DELLE FOGLIE DI CASTAGNO>>> STRUDEL DI FARINA DI CASTAGNA>>> PASTA FRESCA DI FARINA DI CASTAGNA>>> CALDARROSTE ALL'INFERNO>>> I CÀSSARILEU>>> Diverse varietà di marroni sono coltivate in Italia e hanno l'Igp o altri prestigiosi riconoscimenti, come si può leggere sulla Gazzetta Ufficiale di cui sopra, fin da allora sono nominati come gli unici a essere riconosciuti di categoria AAA quelli di produzione della Campania " i marroni di Napoli" che addirittura erano 48 in un kilo. Ma Toscana con il Marrone del Mugello, Veneto con i Marroni di San Zeno e quelli del Monfenera e i Marroni di Combai, Emilia Romagna Marroni del Castel del Rio, i Marroni della Val di Susa, nel Cilento i Marroni di Roccadaspide, e in Irpinia quelli di Serino e chissà quanti non so. La castagna una volta si mise in dosso una sua veste orrida, spinosa, spiacevole, coprendosi tutta insino al volto, talché li viandanti non ardivano toccarla, anzi detestandola la schifavano. Passando per la selva Autunno, la pregò che ‘l volto si scoprisse e dicessegli chi ella era. Il che fatto, e la sua grata condizione conosciuta: – Quanto son pazzi li omini – disse Autunno – che da la vista di fòra de l’altrui condizione fanno iudicio! - Pandolfo Collenuccio - A CANDIDO Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • L'IPPOCASTANO, LA CASTAGNA D'INDIA.

    "Il nostro castagno è in piena fioritura dai rami più bassi alla cima, è carico di foglie e molto più bello dell'anno scorso". Anne Frank 13 maggio 1944 Di scrivere dell'Ippocastano mi è tornato in mente quando alle prime foto di castagne di quest'anno, riscopro come alcune persone non sappiano distinguere le castagne buone da quelle matte, appunto dell'Ippocastano o Castagno d'India. Al di là del gusto amarissimo che a me verrebbe in mente come sia quasi impossibile mangiarle, c'è che sono tossiche, in quanto ricche di una particolare saponina. E invece la notizia è che i casi di intossicazione da castagne d'India sono circa il 12 per cento, secondi solo alle intossicazioni da bulbi velenosi. Quest'anno le castagne sono incredibilmente grosse e la confusione può essere ancora più facile. Il riconoscimento messe al confronto con la vera castagna è quanto mai facile, se invece si dovesse trovare una qualità per volta può sorgere qualche dubbio. Le differenze si notano distintamente nelle foto sotto, sia nelle foglie, sia nel riccio, sia nella castagna vera e propria. - foglia, ricci e castagne dell'Ippocastano - La castagna d'India, frutto di Aesculus hippocastanum, è sempre più tondeggiante, mancante della cosiddetta "torcia", la parte finale a punta che, per dirla facile, è in pratica la rimanenza del fiore. La base, ilo, anche quella più rotonda e dove facilmente si può appoggiare la castagna. Il colore scuro, più lucido. Il riccio completamente diverso ha poche spine e spesso contiene una castagna sola, massimo due. Le foglie composte di 5 o 6 o 7 foglie grandi fino oltre 20cm, riunite alla base e sono tra le primissime a cadere già a fine settembre. La castagna commestibile, frutto di Castanea sativa, è di forma vagamente triangolare, più o meno schiacciata, con una parte piana dove si appoggia, con all'apice la"torcia" bene in evidenza formata spesso da un residuo di peli o fili sottilissimi di colore chiaro. La base, l'ilo, ossia la cicatrice dove era attaccata, l'ombelico praticamente, è di forma rettangolare, di colore più chiaro, ma la castagna non si può appoggiare. Il riccio tutto spine sottilissime e acuminate, che può contenere tre castagne ma possono arrivare a otto. La foglia semplice di forma allungata, appuntita, commestibili anche esse, degli usi delle quali ho parlato qui: https://www.lellacanepa.com/single-post/2017/12/03/sua-maest%C3%A0-il-castagno-non-si-butta-via-niente-tantomeno-le-foglie Le saponine contenute nelle castagne matte però diventano preziose per le proprietà come decongestionante, antinfiammatorio e astringente. Uso interno in forma di tisane o tinture in maniera casalinga è sempre sconsigliato perché non è possibile misurare il contenuto di escina, il principio attivo, pertanto occorre avvalersi di preparati di sicura provenienza erboristica, evitando assolutamente prove fai da te. È nota l'azione che ha sull'emorroidi, specie sanguinanti, o quante creme a base di ippocastano si trovino per cellulite e vene o semplicemente defaticanti. Il contenuto di saponine, come preannuncia il nome, ne fa anche un ottimo detergente e questo forse si può provare a fare in casa. Non fanno molta schiuma, ma hanno un potere lavante, un po' come le famose noci esotiche. Occorre sbucciarle, tritare, far seccare e poi se ne usa un cucchiaio, chiuso in un sacchettino, in una bacinella. È necessario sbucciarle perché con la buccia si possono usare solo con i capi colorati. Per lo stesso potere lavante si può aggiungere questo trito anche all'acqua del bagno, verificando prima eventuali allergie. La saponina si attiva con l'acqua calda. È pianta tintoria, il decotto, specie quello dei ricci, dà un bellissimo e resistente colore. Usata anche in ecoprint, la foglia rimane benissimo sulla stoffa. -- foto e lavoro di Oniq - Ma l'uso in assoluto più conosciuto, che tutti prima o poi abbiamo sentito, è quello di tenere una o due castagne in tasca o nella borsa per sconfiggere i malanni invernali, quali raffreddore e tosse. Nessuno saprà mai dire perché, ma personalmente l'ho sempre fatto, come sarebbe possibile affrontare un duro inverno di malanni senza la castagna in tasca? E poi non era bello sapere di avere qualcosa di magico da portarsi appresso, quando la nonna te la dava e ti consigliava di custodirla gelosamente? Il perché o se è vero non aveva molta importanza. Un altro uso delle donne di una volta era metterle nell'armadio e nei cassetti come antitarme, basta bucarle con un ago, passare un filo e farne una collana da appendere, o spaccarle in due, mettere i pezzi in un sacchetto di garza e sistemare nel cassetto insieme a due foglie di alloro, chiodi di garofano, lavanda, bucce di arancio secche. Sacchetti che se ben confezionati, a costo zero, possono decorare un regalo di Natale e diventare un piccolo omaggio anche essi. - Ippocastano vicino a casa mia, soffocato dalla vitalba - L'Ippocastano è un albero imponente, decorativo, usato nei viali delle città. Arrivato dall'Oriente, forse portato da Costantinopoli 500 anni fa, è stato chiamato Ippo-castano perchè si curavano i cavalli e forse una volta si otteneva una farina con i suoi frutti macinati usata come stimolante per i cavalli bolsi, ma son prove da non ripetere, credo completamente abbandonate . Castagna d'India perché spesso si chiamavano così le cose che arrivavano da lontano, non avendo bene a mente dove stava l'india o la Turchia. Un po' come il mais, chiamato granoturco perché arrivava da paesi sconosciuti, anche se in realtà è arrivato con la scoperta dell'America. A maggio si riempie di meravigliose pannocchie alte anche più di 20cm, contenenti anche 50 fiori leggermente profumati, che attirano le api. È una pianta che vira il colore per informare che all'interno non c'è più polline, da giallo diventa rosa, rosso, anche se esiste una varietà a fiori rossi. -foto di Actaplantarum- Non facile da trovare nei boschi in campagna, non si naturalizza, più frequente nei parchi, lungo i viali, sono stata presa dallo sconforto quando oggi ho visto l'unico esemplare vicino a casa mia soffocato dalla vitalba e irraggiungibile dai rovi alla base. Presto non si vedrà nemmeno più. Ne ricordavo altre piante vicino alla chiesetta nel bosco, dedicata a San Rocco dopo una pestilenza, costruita su terreno nostro dalle famiglie riconoscenti salvate da un'epidemia di colera e infatti lì le ho trovate, per fortuna ancora in salute. L'ippocastano più famoso è certamente quello che tenne compagnia ad Anne Frank nei mesi di isolamento nascosta nella casa di Amsterdam, era l'unica cosa che si vedeva dalla finestra della soffitta dove era nascosta e Anne ne osservava i cambiamenti stagionali e li annotava nel diario. La pianta, malata, nonostante i tentativi di curarla, è stata abbattuta nel 2010 per evitare disastri a persone e al Museo dedicato alla ragazza. Da esso sono stati creati 150 cloni innestati in giro per il mondo. - Ippocastano di Anne Frank dalla finestra della soffitta - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • CHE FICO!

    amîgo amîgo ma chinn-a zu da o fîgo* Anche questa estate sta finendo, finiscono le vacanze e si torna alle attività comuni. Chi torna al lavoro, chi a scuola, chi torna a scrivere post. È stata un'estate con qualche intoppo, due cadute ravvicinate con conseguente rallentamento, una specie di riordino della cucina, che ha fatto sì che per il momento abbia ancora disordine ovunque, qualche evento che si è rivelato faticosissimo. Insomma, se non ad altro, questa estate è servita a farmi capire che ormai i tempi di preparazione e di ripresa per il mio fisico sono diventati molto più lunghi, a volte mi sembra vadano per l'eternità. Ritorno al blog per parlare del fico, dei suoi frutti dolcissimi e delle sue foglie delle quali ho scoperto solo tardi le innumerevoli proprietà. Non sono ingorda di questo frutto, me ne basta uno al giorno, possibilmente raccolto dall'albero e mangiato subito, e non amo trasformarlo, se non come fichi secchi, ma qui è difficile riuscire a farli bene. - Fico di Bacoli nato e cresciuto alla rovescia - -foto dal web- È un albero delle zone mediterranee calde, e propri al sud ho imparato a mangiare i Fioroni, i primi fichi, dalla lenta maturazione pronti a giugno. Ne esistono diverse varietà, neri, rossi, verdi, bianchi... Pianta citata più volte nei testi antichi tanto era diffusa ovunque e pare sia la prima coltivata dall'uomo, forse grazie alla sua facilità di adattamento ai terreni aridi e a tutte le situazioni più difficili. Famoso è il Fico di Bacoli, cresciuto alla rovescia. È l'albero della conoscenza, chi non sa di "Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture." Genesi 3,7-8, fino alla maledizione scagliata da Gesù che trovatolo senza frutti lo seccò all'istante., Matteo 21,18-22. Non è certo invece che Giuda si sia davvero impiccato ad un albero di Fico, anzi nemmeno che si sia davvero impiccato, nella tradizione si raccontava questo a noi bambini per ricordarci di non arrampicarsi, perché albero traditore vista la facilità del legno fragile e tenero di spaccarsi di colpo. Se tu vuoi cacciare un amico fai il fuoco con legna di fico, se hai un amico vero fai il fuoco con legno di pero. È l'albero sotto al quale vennero allattati Romolo e Remo, ed è da allora che si regalano fichi secchi a fine anno come bene auguranti portatori di fecondità e ricchezza. È caro ai Greci come dono di Dioniso e Demetra agli uomini, e si racconta che fu Polifemo il primo ad usare il lattice di fico per cagliare il formaggio. Sono talmente tante le leggende attorno a questa pianta che impossibile citarle tutte. Mi preme in ultimo ricordare che è fra i pochi alberi a rimanere maschile nel frutto. Il fico produce il fico. Punto. L'arancio fa l'arancia, il pero la pera, il melo la mela, il banano la banana, il fico no, rimane fico anche nel frutto, è meglio. È davvero necessario scrivere perché? il significato della parola al femminile la conosciamo tutti e pare sia in uso da quando nel 421 a.C. viene messa in scena La pace, commedia di Aristofane che chiude con chiare allusioni al frutto del fico come "frutto saporito della sposa", senza tralasciare altri scritti che legano la pianta a Priapo, simbolo dell’istinto sessuale e della forza generativa maschile, quindi anche di fecondità ... e ancor oggi ci si esprime con termine di "è un fico" senza sapere nemmeno più il perché... Cosa farne quindi dei fichi raccolti ieri? Di facile deperibilità, e non potendo mangiarli tutti ho fatto per la prima volta la marmellata. Non erano tanti e per strada avevo raccolto anche delle piccole pere selvatiche quindi ho fatto un misto. Sbucciati i fichi e tagliati , li ho messi in una ciotola con lo stesso peso di zucchero, mentre le perine tagliate a pezzi ad ammorbidire in una pentola con pochissima acqua, quel tanto da poterle passare con l'estrattore, ottenendo una purea che ho aggiunto ai fichi e ho messo a cuocere per ottenere la marmellata. Per le quantità sono andata un po' ad occhio, la purea di pere era la metà del peso dei frutti puliti e per quello ho calcolato lo zucchero solo sul peso dei fichi che dolcissimi avrebbero da soli avuto bisogno di meno zucchero. La marmellata di fichi è tremenda, tende a cristallizzare in fretta, ad attaccarsi e saltare in gocce ustionanti più di qualunque altra, ci vuole attenzione costante e fuoco basso. Visto che non è tra le mie preferite ho aggiunto alla fine delle scaglie di mandorle pelate e un cucchiaio di rum, assolutamente non necessari se si vuole una confettura pura di fichi, così come non servono le pere. Ho fatto ciò per avere qualcosa di diverso da servire con i formaggi, e se devo essere sincera, per il mio gusto, la prossima volta aggiungerò delle noci al posto delle mandorle. Una delle cose che ho imparato già da adulta e non rientrava negli abitudini di casa mia, è l'uso delle foglie di fico. Per tanto tempo non ho nemmeno creduto fossero commestibili, visto le raccomandazioni di stare attenta al lattice ustionante per la pelle, poi il soggiorno al sud mi ha insegnato tante cose. Non solo sono commestibili e quindi usate, previa leggera sbollentatura, per avvolgere alimenti, tipo involtini da cuocere, o fresche come si usano qui quelle di castagno al posto della carta forno, ma anche fasciare formaggi, o qualsiasi cosa si voglia tenere coperta. Come dimenticare la pampanella servita freschissima nelle foglie di fico sulle spiagge tarantine? Ora pare sia proibita, per l'igiene dicono... pur essendo un gratuito vassoio vegetale, assolutamente naturale e più biodegradabile di così! Esattamente come è proibito avvolgere la burrata nelle foglie di asfodelo, che contribuivano a trasferire al prodotto il particolare gusto pungente. Ora, sempre per igiene, abbiamo inventato delle bellissime foglie finte fatte di tre fogli di polietilene... Potrei continuare con le casse di legno per il pesce sostituite da quelle perfette in polistirolo così igieniche, che però... peccato! non permettono lo sgrondo del sangue, per esempio, delle acciughe... ma divagherei troppo. Chissà se un giorno, giusto un attimo prima dell' estinzione di massa, torneremo furbi. Sempre sull'onda dell'entusiasmo di provare a fare qualcosa di nuovo, ieri dopo averne sentito meraviglie mi sono cimentata anche nella produzione dell'olio di foglie di fico. Una piccolissima quantità, facile da fare, solo per provarlo. Basta sminuzzare delle foglie di fico, eliminando le nervature più grandi. Intiepidire a bagno maria olio extra vergine di oliva, senza scaldare troppo, e poi frullare insieme ai pezzi di foglia in un frullatore. Occorre poi filtrare accuratamente, lasciar raffreddare e usare a piacimento per condire pasta, pesce e verdure. È meglio farne poco alla volta e conservarlo in frigo. Per provare ho usato 50gr. di olio con 10gr. di foglie fresche Ma non tutte le ciambelle escono con il buco e mentre stavo filtrando mi è scappato tutto di mano e patatrac! si è rotta la bottiglietta. Non mi è rimasto che assaggiare qui e là, con il dito, si ottiene un condimento molto aromatico, devo rifarlo per provarlo a dovere. Non solo utilizzi banalmente alimentari, ma pare che le foglie di fico usate in infuso, abbiano importanti proprietà terapeutiche, antinfiammatorie e contro la tosse, come regolatrici di trigliceridi e glucosio. Lo stesso olio di cui sopra può essere assunto, un cucchiaino al mattino a digiuno, senza dimenticare i blandi effetti lassativi. Pur essendo propensa ad approfittare quando la natura mette a disposizione, e quindi se dovessi usare una tisana di foglie di fico a scopo terapeutico, preferirei farla tra giugno e luglio, prima dei frutti, quest'anno ne farò seccare una piccola quantità, fosse mai m'avessero a servire nell'inverno. Lavate accuratamente, asciugate, tolto il picciolo e seccate all'ombra. - Foto: van Noort, S. & Rasplus, JY. 2020 - - da pagina Fb di Biologica - Ci sarebbero ancora tante cose da dire, soprattutto a livello botanico, di difficile comprensione per i profani e ancor più difficili da spiegare per me che botanica non sono. Semplificando davvero molto e vi invito ad approfondire nei testi opportuni, quello che pensiamo essere un frutto è in realtà un fiore. E perché questo fiore si trasformi nella goduria che tutti conosciamo ha bisogno di un piccolissimo insetto erroneamente chiamato vespa del fico, Blastophaga psenes, che depone le uova al suo interno impollinandolo. I nuovi nati, i maschi insemineranno le femmine per poi morire all'interno del frutto, le femmine trasmigreranno alla ricerca di un altro fico dove deporre, trasportando anche il polline, che trasformerà il fico in frutto. La sopravvivenza del fico e di questo insetto è così vicendevole che uno non vive senza l'altro. Le piante chiamano questo particolare insetto, che vive grazie al fico e il fico grazie a lui, tramite un segnale chimico riconosciuto solo a loro. Il fico selvatico, o Caprifico, senza il lavoro di questo insetto, produce solo frutti stopposi e non commestibili. Nessuna paura di mangiare insetti quando si mangiano i fichi, sono piccolissimi, e gli enzimi della pianta li dissolvono rapidamente. Ma l'uomo, che vuol sempre metterci del suo, è riuscito ad ottenere varietà domestiche che producono frutti senza questo tipo di impollinazione. Peccato che detti frutti siano sterili. Attualmente le piante di fico sono attaccate da un altro insetto, il punteruolo nero del fico, che sta sterminando le piante di Liguria, Lazio, Toscana, e con impressionante velocità si sta espandendo, tanto che va segnalato se ritrovato sulle piante. Ci sarà da studiare qualche altro elemento per contrastare. - Adulto di Aclees taiwanensis (foto Crea DC) - *amîgo amîgo ma chinn-a zu da o mæ fîgo Amico o non amico scendi dal mio albero di fichi Proverbio genovese Possiamo essere amici finché vuoi ma se c'è di mezzo l'interesse... Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • AGOSTO ERBANDO MIO NON TI CONOSCO

    Come tutti gli anni mi sono presa un po' di vacanza dal blog. D'altra parte questa è una pagina di erbe e cucina di campagna e con queste estati calde l'erba è secca e in cucina raramente vado oltre frisella e pomodori, pomodori e insalata, potrei eventualmente parlare di Spritz, che non mi faccio mancare mai d'estate 😜😂. Per giunta per qualche tempo non sono riuscita ad accedere alla piattaforma (misteri informatici) . Voglio però aggiornarvi sui prossimi eventi ai quali riuscirò a partecipare, se qualcuno fosse in zona e volesse fare un salto a chiacchierare con me. SABATO 12 AGOSTO 2023 SAN SALVATORE DEI FIESCHI Si rinnovano nella splendida cornice del sagrato della Basilica dei Fieschi le celebrazioni che collegano San Salvatore a Lavagna, entrambe città fliscane. Se a Lavagna il 14 agosto si celebrano tutti gli anni le nozze di Opizzo Fieschi, già nei giorni precedenti a San Salvatore iniziano i festeggiamenti. Sabato 12 a Medioevo nel Borgo una rievocazione storica con arti e mestieri antichi, spettacoli di Falconeria, danze medievali, giullari e sputafuoco, alla sera Sagra e spettacolo teatrale. Ci sarò in veste di Herbaria, quasi strega, con erbe e unguenti e chissà filtri d'amore... DOMENICA 20 AGOSTO SAN PIETRO VARA https://www.facebook.com/profile.php?id=100095296817337 Come tutti gli anni non posso mancare alla fiera di San Pietro Vara, una manifestazione sempre ricca di novità e personaggi. Ci sarò con il gazebo per parlare di erbe e di Corzetti>>> in collaborazione con Alessandra Picetti, per chi vuole vedere gli stampi o provare a fare questa pasta unica. DOMENICA 10 SETTEMBRE 2023 VARESE LIGURE https://www.facebook.com/biodistrettovaldivara Ritorna il VALLE BIO FESTIVAL, evento dedicato alle produzioni bio della Valle e non Saremo lì a parlare come sempre di erbe, il programma è in aggiornamento è possibile qualche novità Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

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