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- LA MIA ZUPPA D'AGLIO
A dir la verità è diventata la mia zuppa d'aglio con gli anni, ma il suo nome vero è Tourin all'Aglio, presa in prestito da Maurice Mességué che, con la sua bontà ha scaldato tante delle mie sere invernali. È un altro piatto povero e veloce, dal procedimento molto semplice, ma dal risultato gustoso. Dell'aglio non vi dico più, diverse volte ho parlato di quello di Vessalico (qui >>) e, anche in questo caso, il tipo di aglio usato è importante. PROCEDIMENTO Ne metto qualche spicchio, diciamo anche due a testa, tagliato a fettine, in una pentola (ve lo dico, la pentola di terracotta fa la differenza) con qualche cucchiaio di olio, sempre extra vergine di oliva e, appena scaldato (non deve soffriggere, ne tanto meno colorare) verso una quantità d'acqua in proporzione a quante persone siamo e aggiungo il sale o posso insaporire con un cucchiaino del mio dado vegetale (qui >>) Oppure se ce l'ho, del brodo. Lascio bollire il tutto per qualche minuto. Nel frattempo rompo un uovo ogni due persone, separando tuorlo da albume in due recipienti diversi. Condisco i tuorli mescolando con un pizzico di sale, pepe e un cucchiaino di aceto ogni tuorlo. Getto l'albume, leggermente sbattuto con una forchetta, nella pentola continuando a sbattere fino a che non rapprende, tolgo dal fuoco e aggiungo i tuorli mescolando velocemente. Servo su fette di pane raffermo, meglio se di semola di grano duro e finisco con una bella spolverata di formaggio, Parmigiano o se voglio anche Gruyere. Se la voglio profumata, aggiungo all'aglio, prima di mettere l'acqua, una manciata di erbe a piacere: timo, maggiorana, salvia, alloro, finocchio...sbriciolate, se secche, lascio bollire qualche minuto in più e poi passo al colino prima di mettere l'uovo. Au revoir! Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- IL PREBUGGIUN DI NE
L'Italia è un posto particolare, le ricette cambiano con gli stessi o simili ingredienti, e spesso cambia anche il nome mantenendo gli stessi componenti. Ho sempre considerato questo un valore aggiunto e se c'è una regione dove succede, si può dire di casa in casa, questa è la Liguria ed è proprio la Liguria "quella lingua di terra selvatica e aspra che ben poco ha da offrire e che solo la fantasia dei suoi abitanti sa trasformare in raro e prezioso". Nel caso del Prebògion è riconosciuto da Levante a Ponente come un misto di erbe selvatiche commestibili (qui>>>), da mangiare bollite con patate, o da usare come ripieno per torte, ravioli, pansoti o altro, e salvo alcune zone limitrofe dove è considerato un misto di ortaggi per il minestrone, finirebbe qui. Ma si sa poi intervengono leggende e fantasia ... e per l'etimologia della parola Prebuggiun si racconta quella delle truppe genovesi al soldo di Goffredo di Buglione, che girando fuori di Gerusalemme andavano cercando erbe un po' per sfamare la soldataglia, un po' per curare i mali di pancia di Goffredo e raccogliendo dicevano "Pro Buglionis", per Buglione. Ma arrivando in Val Graveglia nel comune di Ne, se si chiede del Prebuggiun si scopre che è invece un piatto di cavoli e patate bolliti e schiacciati conditi con olio di oliva... si doveva pur dar una spiegazione e quindi visto che in Italia o è passato Napoleone o è passato Garibaldi, questa volta si scelse di dar la colpa a Napoleone. Narra la leggenda che per queste terre capitò nella Prioria di S.Eufemiano, posta giusto all'ingresso della Val Graveglia, dove gli fu servito patate e cavoli schiacciati e conditi generosamente con buon olio della vallata. Era quella sera il Grande Corso, accompagnato da un nobile luogotenente di cognome Bouillon, che rifiutava di assaggiare tal umile pietanza e Bonaparte di più buona bocca, lo invitò con un fantomatico "éprouvez" Bouillon, sconosciuto alla grammatica francese . Fu così che da quel dì, per la Val Graveglia nel comune di Ne, patria peraltro degli avi di Garibaldi (questo sì, provato storicamente) fu in uso di chiamare Prebuggiun cavoli e patate schiacciati e conditi con abbondante olio extravergine di oliva rigorosamente della Riviera Ligure. Dopo la bella cena mercoledì scorso al Ristorante La Brinca di Ne in Val Graveglia mi sembrava doveroso parlarne. La serata era dedicata alle scelte naturali di un gruppo di amici toscani, fra loro Michele Guarino di Tenuta Lenzini, Saverio Petrilli di Tenuta Malgiacca e Valgiano, Beppe Ferrua di Fabbrica di San Martino, Giovanni Frullani Mr.Liquor, che hanno raccontato i loro splendidi vini delle colline della Lucchesia provenienti da vigne coltivate con il metodo dell'agricoltura biodinamica facenti parte del progetto Lucca BioDinamica . I loro vini accompagnavano le eccellenti pietanze de La Brinca, piatti a base di ingredienti locali e ricette del territorio. Sono stata invitata a parlare del Prebuggiun (qui>>>) classico, quello che la mia Associazione porta avanti, e per assaggiare quello tradizionale della Val Graveglia, di cui narravo sopra, peculiare invece di questa zona, anche se tutte le altre erbe commestibili liguri sono usate tantissimo pure qui, un valore aggiunto, precisamente.. È stato certamente per me un onore e soprattutto un piacere assaggiare la cucina della famiglia Circella, e arrivo sicuramente ultima a decantarla e a consigliarla. Posso sembrare di parte, in realtà sono orgogliosa, che al giorno d'oggi persone dedichino la loro vita con grande professionalità a portare avanti un modello di ristorazione fatta di cultura del territorio, di prodotti locali, senza trascurare un'eleganza particolare nel servirla. Vi passo la versione della ricetta aggiornata del Prebuggiun di Ne di Sergio Circella, dove come vedrete sono presenti anche le erbette classiche. Spero solo che questo particolare momento di emergenza sanitaria che stiamo attraversando, finisca il prima possibile perché tanto io come voi si possa tornare a godere di altre serate come quelle di mercoledì e soprattutto della buona cucina de La Brinca e della sua cantina. I piatti assaggiati durante la serata, le foto parlano da sole. Il menù della serata: Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- LA RADICHELLA A COSTANEIGRA
La Natura non fa nulla d'inutile. (Aristotele) Ancora un'erba del Mio Prebuggiun (qui>>>), facilmente reperibile nelle campagne qui intorno a me. A primavera spunta con la sua rosetta basale somigliante a un Tarassaco (qui>>>) e per questo spesso confusa. Con il Tarassaco condivide la famiglia delle Asteracee , il suo genere invece è quello delle Crepis che possiede 200 o 300 specie, facilmente confondibili per un profano. Per quel che mi riguarda sono arrivata ad individuare quella che raccolgo nella Crepis vesicaria e nelle sue sottospecie, ma come ho già avuto modo di dire non ho competenze botaniche specifiche, il mio interesse per il nome scientifico è puramente a livello amatoriale. È questa quella raccolta un po' ovunque con il nome di Radichella o Radichiella. In questa zona è chiamata Costaneigra, nome che favorisce il riconoscimento per il colore rosso scuro dello stelo alla base. L'altro segno particolare è il "bottone" centrale che formerà il fiore, che la fa distinguere dal Tarassaco e dalla Cicoria(qui>>>). Anche se spesso è confusa con questi, non ci saranno conseguenze di sorta, ha un gusto tendente all'amaro e per questo depurativa, disintossicante e diuretica come appunto Tarassaco e Cicoria. Il fiore, a differenza del Tarassaco, che è uno su ogni stelo, nelle Crepis forma una ramo ad ombrello di simil-margherite gialle, spesso con sfumature rossastre, alto anche 80 cm. Non c'è molto altro da dire, non la mangio né cruda né da sola, ma solamente nel misto di erbe, bollita, stando attenta a ben equilibrarla con qualcun altra più dolce. Pare che l'appellativo vesicaria le derivi dalle brattee rigonfie, simili a vesciche, che la contraddistinguono nel momento della fioritura. Sono venuta a conoscenza di una Crepis con una certa tossicità la Crepis lacera, che per fortuna non è presente qui in Liguria e penso in gran parte del Nord Italia, la segnalo solo per chi non cerca erbe qui, ma al centro e al sud. Non avendo avuto occasione di fotografarla propongo una foto presa dal web. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- 🌿🌿 I MANUALI DI ERBANDO 🌿🌿
AGGIORNAMENTO 2020 Questo post per parlarvi con molto piacere del progetto dell'Associazione ERBANDO: i manuali cartacei per il riconoscimento delle erbe. In seguito alle numerose richieste di chi preferisce ancora avere un qualcosa di carta in mano da consultare, a chi non piace o non può accedere con facilità a internet, abbiamo realizzato dei semplici manuali dedicati, per il momento, alle erbe del Prebuggiun. Per poter offrire un prodotto economico, ma valido, semplice ma dettagliato, abbiamo pensato a delle piccole guide pratiche che radunano in maniera veloce le informazioni su ogni erba, mettendo a confronto fra quelle che assomigliano evidenziando le differenze per una più facile identificazione. Fotografie chiare, particolari in evidenza, informazioni di base, come sempre con un linguaggio non ufficiale, più di tradizione che scientifico, il nome botanico, la descrizione e foto del fiore, della foglia, sull'uso. Ogni sezione dedicata ad una pianta è completata del codice QR per una più facile consultazione del post sul blog Ogni manuale è in formato depliant, in cartoncino premium opaco. Grazie alla calorosa accoglienza e la partecipazione al progetto siamo finalmente riusciti a stampare la serie completa di sette manuali. Il MIO PREBUGGIUN dove sono presentate le principale e più buone erbe spontanee che lo compongono TARASSACO, CICORIA, ASPRAGGINE TALEGUA, GRUGNIN, BUNOMMO PIANTAGGINE, ORTICA, BORRAGINE RAPERONZOLO, SCIGUELLI, PIMPINELLA SCISCERBOA, SENIE, COSTANEIGRA PRATOLINA, PRIMULA, VIOLETTA, PAPAVERO, VALERIANA È possibile ordinare con donazione a parte anche un manuale riepilogativo in lingua inglese I sette manuali insieme sono offerti con il contributo di una donazione all'Associazione di 12 € comprese le spese di spedizione. Per spedizioni all'estero è necessario effettuare la donazione di 15 euro per le spese di spedizioni più alte. Abbiamo cercato di contenere il più possibile i costi, che coprono appena le spese di stampa, con la speranza di offrire un prodotto che sia comunque apprezzabile e utile, ma nonostante questo senza il vostro aiuto non riusciremo a raggiungere l'obiettivo finale, quello di avere un compendio il più possibile esaustivo sulle erbe delle quali si occupa l'Associazione. Se saranno di vostro gradimento in futuro saranno aggiunte le schede per ogni erba che trovate nel blog, con gli usi e i particolari di riconoscimento, come Iperico, Malva, Achllea ecc... Cosa manca quindi? la vostra preziosa donazione a questo link: https://www.lellacanepa.com/donazione-tutti-manuali Per questioni burocratiche possiamo accettare solo pagamenti tramite carta sul conto Pay Pal dell'Associazione, in quanto tutti i fondi pervenuti saranno impiegati per stampare altri manuali e non possono essere usati per scopi diversi da quelli che si prefigge l'Associazione. Non dimenticate di aggiungere il vostro indirizzo dove spedire i manuali GRAZIE A CHI VORRÀ PARTECIPARE Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- IL RAMPUSI, questo sconosciuto o quasi
Oggi voglio parlare di questa erba, per me ancora difficile da riconoscere. Ho avuto occasione di vederla e raccoglierla sono una volta con l'amica che me ne ha parlato e mostrata. Da allora, anni e anni fa, è tutto un girare e vedere se la ritrovo. La principale difficoltà sta, per sapere con certezza se è lei, che bisogna scavare e trovare anche le radici: i "rampunsi" appunto, quello che mi ha a un certo punto fermata, Per il resto mostra fiori e foglie facilmente confondibili con altre erbe commestibili: foglie dentate, fiore giallo, rosetta basale. il nome scientifico stesso Leontodon tuberosus, la indica come "dente di leone tuberoso" per l'estrema somiglianza con le altre. Per quanto mi riguarda sono sicura di averla raccolta più di una volta scambiandola per Grugnin qui>>> che la ricorda non poco, le foglie ispide e pelosette, anzi più pelose del Grugnin, il portamento della rosetta basale, il fiore giallo sullo stelo rigido, ed è per questo che dopo aver cercato scavando le radici commestibili senza praticamente mai trovarle, ho smesso, nella speranza di individuare un tratto caratteristico specifico che me la faccia individuare senza tanto danneggiare piante e radici. Ho letto che comunque è un'erba non proprio da montagna, più facile negli oliveti e nei terreni della macchia mediterranea, e forse questo è uno dei motivi che mi impedisce di trovarla con facilità, come potrebbe essere il Bunommo qui>>>, altra pianta che qui non esiste praticamente, mentre a pochi km, scendendo, si trova in quantità. Altro tratto caratteristico: fiorisce molto prima delle altre. Dei Rampusi, o Rampunsi, o Rampunsci, si cercano e si raccolgono le radici perché commestibili tanto quanto le foglie, leggermente amare, che possono consumarsi sia crude che cotte. É indubbiamente un' erba del Prebuggiun qui>>, non del mio purtroppo o se lo è, lo è stata inconsapevolmente. A questo proposito vorrei specificare che non raccolgo erbe a caso, ma questo è uno di quegli esempi che spiega come una volta non si andava troppo per il sottile nel distinguere una varietà o una specie dall'altra, si sapeva istintivamente che erano commestibili e questo istinto è proprio quello che è andato perso e che mi ha convinto a fare ricerche accurate presso le anziane raccoglitrici di erbe per riuscire a "codificare" i tratti empirici che permetteva loro di riconoscerle, nel tentativo di recuperare quello che ritengo sia un tesoro da conservare per chi verrà dopo di me. Questa è un 'erba che ho visto raccogliere da chi conosceva il nome volgare, ma poi in realtà raccoglieva Grugnin, Bunommi, o addirittura il Raperonzolo qui>> convintissimi che fossero la stessa cosa. Ma non demordo, giorno verrà, che mi riuscirà, come ho fatto per le altre, di trovarla, riconoscerla e raccoglierla e allora non avrà più segreti ... o quasi 😜 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- CASTAGNACCIO: dolce o salato?
Fino agli anni 50 del secolo scorso la castagna è stata il principale nutrimento di queste campagne dell'Appennino, qui come in altre parti d'Italia. Dalla macinatura delle castagne secche si ricava una farina, dal sapore dolce, oggi molto ricercata, con la quale si confezionano diverse ricette e fra queste il Castagnaccio. Nella mia infanzia in riviera ho sempre assaporato il castagnaccio nella sua versione dolce, con aggiunta di pinoli e uvetta, cotto nella teglia in forno . Trasferita in campagna, circondata da piante di castagno e seccatoi, ho imparato, dopo un iniziale diffidenza, a gustarlo salato, o meglio accompagnato da cibi salati, ed è di questa versione che voglio parlarvi. Era abitudine, in inverno inoltrato, mangiarlo per colazione, quella che in campagna si faceva a qualche ora dal risveglio, finiti i lavori in stalla, solitamente consumato cosparso di ricotta fresca e accompagnato da salumi vari tipo salsiccia, sanguinacci (berodi), pancetta, lardo. Non nascondo che la prima volta che ho visto piegarne una fetta a mo' di panino con dentro una salsiccia son rimasta interdetta e se non fosse stato per il grande godimento che percepivo in chi lo mangiava e per il profumo che sprigionava l'insieme non mi sarei azzardata ad assaggiare... e una volta assaggiato! Conosco due differenti ricette. Quella che segue era cotta sulle foglie di castagno sempre nel fuoco sotto il testo, come il pane che vedete qui>>, improponibile ai tempi nostri, quindi mi rassegnerò a mostrarvi la versione nel forno di casa. Per la farina, ho già detto di abitare vicino a un mulino, ma non lontano dal mio paese, a Carro dall'Azienda Agricola Silvia Bonfiglio (qui >>) potete trovarne di altrettanto eccellente. LE RICETTE (salate) IN FORNO Verso in una ciotola farina e acqua e mescolo. Le dosi, come è mia abitudine, non le posso quantificare, vado a naso fino a che non ottengo un impasto, per così dire "a nastro", tipo quello di una comune torta dolce. La farina di castagna è solita formare facilmente molti grumi a contatto con l'acqua e l'unico vero segreto è quello di lasciare l'impasto a riposare per qualche ora, riposo che serve proprio a scioglierli. In un altra terrina sistemo la ricotta, condisco con un pizzico di sale, un rosso d'uovo crudo, una manciata di parmigiano e un poco di panna liquida o latte e mescolo fino ad avere un miscuglio morbido ma non liquido. Versato per primo l'impasto del castagnaccio nella teglia ben unta di olio extra vergine di oliva, sopra sistemo con delicatezza quello di ricotta, con l'aiuto di un cucchiaio. Inforno in forno caldo a 220° per mezz'ora-quaranta minuti a seconda della misura della teglia. Uso spesso questa versione negli antipasti o ai buffet, insieme alle torte di verdura e alla Baciocca (clicca qui per il post!!). Spesso sistemo nella teglia le Foglie di Castagno (clicca qui per il post!!) che daranno un tocco di rusticità e anche un po' di sapore. NEI "TESTETTI" L'altra ricetta, più usata con i salumi, è invece quella cotta nei "testetti" di terracotta tipici di questa zona. Piccole teglie, di circa 17cm in terracotta costruite artigianalmente, arroventate su braci ardenti, Nella mano sinistra sistemo tre foglie di castagno rinvenute in acqua (clicca qui per il post!!), sopra poso due cucchiai abbondanti di impasto, nel frattempo avevo preso al momento giusto, con l'aiuto di un paio di molle da camino ed appena diventato rosso, un testetto sistemo con attenzione le tre foglie con l'impasto copro con altre tre foglie incrociando con quelle sotto, e sopra poso un altro testetto caldo, dove metto altre foglie con l'impasto e così via fino a formare una pila di sette, otto Dopo qualche minuto, estratti i castagnacci, ripuliti dalle foglie bruciacchiate, sono pronti per essere gustati, piegati a metà e farciti di leccornie varie, salumi o anche formaggi. Credetemi, c'è una differenza sostanziale di gusto fra quelli cotti in forno e quelli cotti nei testetti. Provare per credere. 😋😋😋 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze appassionanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- LA FARFRITTATA - 😮 la finta frittata senza uova
In questo mondo bislacco i nostri anziani hanno lottato e si sono sacrificati per raggiungere quello che pensavano essere "il benessere", le generazioni moderne di questo "benessere" hanno solo goduto i frutti, ma ora pare che tutta questa floridezza si stia ritorcendo contro e si è scoperto che questo fa male, quell'altro pure e così si reinventano cose che sono sempre esistite quando si chiamavano povertà, e ridiventate attuali si chiamano etiche, salutari o vegane . E così oggi vi parlerò della Farfrittata, una frittata senza uova che è sempre esistita ma che solo di recente ne ho risentito parlare, da parte di chi non vuole o non può mangiare uova. In una campagna come la mia, con una agricoltura a misura di braccia d'uomo, si sa che le galline hanno un periodo dell'anno dove fanno meno uova o addirittura smettono di produrne e quindi era giocoforza farne a meno. Così per fare una buona frittata senza uova si usava la farina di ceci. LA RICETTA Metto la quantità desiderata in una ciotola, un pizzico di sale ed inizio ad aggiungere acqua fino ad avere un impasto cremoso, esattamente come quello di qualche uovo sbattuto. Aggiungo anche un poco di olio. Se ho tempo lascio l'impasto a riposo per qualche ora, perchè la farina di ceci tende a formare grumi e con il riposo si sciolgono. Con il tempo la farina si gonfia un poco e quindi lascio l'impasto leggermente più liquido. A questo punto aggiungo la verdura tagliata a pezzetti che voglio, come per una normale frittata e o anche formaggio. Zucchine e/o cipolle appassite in padella, bietole o spinaci bolliti, carciofi o quello che più mi piace. Procedo per la cottura come una normale frittata. Una padella (antiaderente è più facile...), un filo d'olio, fuoco vivo all'inizio, appena rappresa abbasso la fiamma e lascio cuocere fino al momento di girare e finire di cuocere dall'altra parte. Garantisco che pochi si accorgeranno della differenza. Si può fare anche in forno, con l'accortezza di non lasciarla asciugare troppo, affinché non secchi. Va ricordato che i ceci sono i più calorici fra i legumi secchi, cioè non è la stessa cosa mangiare due fagioli o due ceci, ma sembra che oltre all'acido linoleico, abbiano una buona quantità di saponine che aiutano a pulire il sangue da trigliceridi e colesterolo. Per smaltire, non resta che tornare a tutte le buone usanze antiche, quindi oltre alle ricette tornare pure al movimento che facevano i nostri vecchi. Tanto lavoro manuale, tanti passi a piedi... Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- TERESA CICERI CASTIGLIONI la mia donna della settimana
Oggi voglio parlarvi di un personaggio non molto conosciuto, legato all’agricoltura e quindi alle erbe. Teresa Ciceri Castiglioni, nobildonna, nasce a metà del 1700, figlia del conte Giobatta. A vent’anni va in sposa al nobile comasco di ventitré anni più vecchio di lei, Cesare Ciceri. Nonostante abitino nel centro di Como in uno stabile di cinquantanove stanze, e il matrimonio sia allietato dalla nascita di dodici figli, donna Teresa non disdegna di interessarsi del grande podere del marito che comprende un terreno di 438 pertiche e 21 tavole e le due proprietà della Rienza e della Figarola. Rimasta vedova a quarantanove anni, nelle difficoltà quotidiane, oltre a cercare di sanare i debiti del marito, a reperire denaro contante per la vita di tutti i giorni, mandare avanti tutto, far maritare dignitosamente le figlie, studia attivamente come far fruttare al meglio le proprietà terriere. Introduce per prima la coltivazione della patata e dedica i suoi studi anche a utili applicazioni nell’industria. Scrive una relazione su come ricavare un filato dalla scorza dei lupini, molto comuni nei terreni acidi del posto e alcune frammenti di tele tessute da lei con questo particolare filato sono al Museo di Como. Ma la storia più curiosa su di lei arriva adesso. La sera del 4 novembre 1776 ha ospite l’amico Alessandro Volta e a questi parla di una strana “aria infiammabile” che c’è laggiù nella palude all’ Isolino Partegora. Questi si reca sullo scoglio e rovistando tra le canne scopre alcune bolle di gas. Riesce ad imbottigliarle e, dopo studi di laboratorio ed esperimenti darà a quelle bolle il nome di Metano. E’ grazie a questa scoperta che Teresa Ciceri viene proposta dallo stesso Volta per essere accettata dalla Società Patriottica di Milano come "Sozia Corrispondente Nazionale per le cognizioni e lo zelo rispettivamente agli oggetti dell'agricoltura e delle arti", dove lei presenterà una relazione sull’arte di " pettinare, filare, torcere e tessere a maglia la scorza di lupini". Certamente la nobile signora avrà avuto domestici e camerieri, ma questo non mi toglie come malgrado abbia affrontato dodici gravidanze portate a termine, allevato questi dodici figli, gestito una grande casa e un vasto terreno, sopperito alla costante mancanza di denaro e, tutto ciò alla fine del 1700, avesse ancora tempo, forza e salute per dedicarsi alle arti e alle scienze, potesse avanzarle tempo per provare a filare i lupini e a vagare per le paludi cercando arie infiammabili. Ma qualcuno a voi lo aveva detto che il metano era stato scoperto grazie a una donna che aveva notato delle strane bolle di gas che si infiammavano in uno stagno? Nel ritratto conservato al Museo Giovio di Como si vede sullo sfondo un ramo di lupini e i fogli della sua relazione. Tra le mani una medaglia d'oro consegnatale per il suo impegno a promuovere la coltivazione della patata. A lei è intitolato il Liceo Teresa Ciceri di Como. Condividi il post! e poi torna, troverai storie appassionanti!. E se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> clicca qui sotto e vai al libro >>
- PASTA E CÖI - pasta con i cavoli
So per certo che nella tradizione ligure contadina è sempre esistita la pasta con i cavoli. E nella ricetta originale, per cavoli si intendeva Verza. In casa mia si è sempre mangiata con i cavoli ramosi che mia madre chiamava "broccoletti calabresi", che vedete qui in foto. Ho usato quelli dell'amica Cristina dell'Azienda Agricola Santa Giulia perché i miei sono piaciuto molto all'amico capriolo come si evince dalla foto sotto Puliti, divisi in cimette, tolte le coste e foglie più dure, lavati. Possono senz'altro essere sostituiti dalla verza tagliata a strisce. pelo qualche patata e la taglio a spicchi Nel frattempo ho messo al fuoco abbondante acqua, e al bollore aggiungo il sale e butto la pasta, meglio penne o mezze penne rigate. A questo punto la cosa importante è la cottura dei diversi ingredienti, nel senso che devono arrivare a cottura tutti insieme pur essendo di consistenza diversa. quindi calcolando (a seconda della qualità di pasta) 10 minuti per le penne, dopo due tre minuti butto le patate aspetto ancora qualche minuto e butto le cime di cavolo mentre aspetto, in una larga padella, in abbondante olio, metto aglio e pinoli a scaldare e aggiungo anche un poco del mio Dado Vegetale. Il tempo di scaldare l'olio e spengo il fuoco. Scolo la pasta e cavoli al dente e, trasferita la padella sul fuoco, salto per qualche minuto. Servo e, a chi piace, con formaggio grattugiato. Questa ricetta fa parte di quelle dove preferisco usare un olio del sud, sia calabrese, pugliese o siciliano e dove sta bene un formaggio anche un poco piccante tipo cacioricotta o al limite pecorino. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- Sua Maestà 👑 RE PESTO
Torno dai tre giorni di Pane e Olio a Sestri Levante, dalla partecipazione alla manifestazione con il mio Erbando dove ho contribuito, con la collaborazione di Barbara, alla lezione di Pesto al Mortaio a cura dell’ "Accademia dei Sapori". Potevo non farvene partecipi? Dunque: il Pesto. Se c’è una parola che identifica la Liguria questa è - Pesto - . Per Pesto si intende una salsa fredda a base di basilico, con l’aggiunta di formaggio, pinoli, aglio, olio, normalmente usata per condire la pasta. Così sembrerebbe facile; vediamo gli ingredienti, quelli del disciplinare del Consorzio del Pesto Genovese. BASILICO GENOVESE D.O.P. E per Basilico Genovese D.O.P. si intende quasi esclusivamente Il il basilico di Prà, quartiere del ponente di Genova, dove la coltivazione avviene da secoli e dove il microclima favorisce le caratteristiche particolari, sia di gusto che di odore, perfette per la preparazione del pesto genovese. Le foglie di dimensioni medio - piccole, il colore di una tonalità di verde particolare, lo distinguono da ogni altro tipo di basilico. In più il basilico genovese D.O.P. si riconosce per non avere profumo di menta che invece è presente in quasi tutte le altre varietà. PINOLI Rigorosamente italiani, per i Genovesi possibilmente Pisani, niente pinoli orientali, niente anacardi, no alle noci, alle mandorle ecc. ecc. Le differenze oltre che nel gusto si intravedono nella forma: regolare, non allungata o piatta nel colore: bianco avorio uniforme nel profumo: resinoso di pino e nel prezzo: elevato, perché ci vogliono due anni a un pinolo per crescere e perché ci vogliono 100 chili di pigne per avere circa 7 chili di pinoli FORMAGGI Grana nel senso di Parmigiano Reggiano, è tollerato il Grana Padano, e Pecorino Fiore Sardo nella proporzione di tre parti di grana e una di pecorino. AGLIO C'è chi non digerisce le pietanze con l'aglio, forse non ha mai provato l' Aglio di Vessalico. Vessalico è un paese della Valle Arroscia in provincia di Imperia, in questo territorio viene coltivata questa varietà di aglio che si distingue per un aroma intenso ma una alta digeribilità. E' un aglio dalla buon conservabilità, dai bulbilli non molto grandi. Il 2 luglio di ogni anno si tiene la fiera dove potrete farne scorta. Si riconosce anche per la particolare forma che viene data alla sua "resta", la treccia diversa dalle altre. Quindi indispensabile per il pesto. Lo sentirete pizzicare in bocca un attimo e poi non ne rimarrà traccia. OLIO Solo olio extravergine ligure. Il sapore leggero sposa benissimo, senza sovrastare, quello del basilico. Sale grosso marino. Non esagerate, potrete sempre aggiungerne dopo. PROCEDIMENTO Occorre il mortaio classico di marmo con il pestello di legno. Si inizia mettendo l'aglio (il disciplinare dice uno spicchio per 28-30 foglie) e si picchia leggermente con il pestello per romperlo, con qualche grana di sale grosso Successivamente si aggiungono i pinoli, una manciata E' importante ogni tanto, raccogliere con un cucchiaio quello che si va ad attaccare alle pareti per rimetterlo al centro si continua con le foglie di basilico, solo le cime, senza i rametti che sono amari e difficili da rompere. Vanno lavate? Sì,ovviamente, ma molto prima e poi lasciate asciugare allargate su un canovaccio. Devono essere aggiunte asciutte. Quando l'aglio e i pinoli avranno la consistenza di una crema, e sarà il momento di aggiungere il basilico, non servirà più "pestare", piuttosto effettuare una pressione con il pestello di legno nelle pareti del mortaio stracciando delicatamente le foglie, e qui sta la differenza con la lama del frullatore che "taglia" il basilico. Nel fare questo movimento ci si aiuta tenendo con l'altra mano le "orecchie" del mortaio per girarlo mentre si preme E' il momento dei formaggi, si aggiunge continuando a mescolare e a raccogliere. Quando il pesto sarà sufficientemente cremoso si incorpora l'olio, direttamente nel mortaio senza pestare 😂😂😂 E grazie a Barbara. Vi sembrerà una procedura lunga, ma garantisco che nel tempo di mettere a bollire l'acqua di cottura della pasta, il pesto è pronto. Ora potete condire la vostra pasta, o bavette o trenette o trofie o gnocchi o anche una pasta all'uovo sottile tagliata molto larga "i mandilli de saea" (fazzoletti di seta). E' d'uso aggiungere nella cottura della pasta qualche patata farinosa a pezzi, cosi che l'amido rilasciato da queste renda ancora più cremoso il piatto al momento di condirlo, e in stagione se volete anche fagiolini. Vi ricordo che il minestrone genovese non è tale se non con l'aggiunta di un generoso cucchiaio di pesto a fine cottura. Riguardo alla quantità da usare per condire, beh, vi rimando a Gilberto Govi 😀 "E stasseia me fe menestrun cu in po de pestu, ansi pestu cu in po' de menestrun" (Colpi di Timone 1958) Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- NON C'E' AUTUNNO SENZA ZUCCA, non c'è zucca senza semi. 🎃
Saggia la natura che a fine estate ci offre un prodotto come la zucca, di lunga durata, che ci terrà compagnia nelle buie giornate invernali con il suo colore acceso, che ci permetterà di confezionare con essa zuppe, tortelli, creme, minestre, marmellate, dolci, torte e quant'altro... Tante sono le sue qualità che i più non si soffermano a indagare anche quelle dei suoi semi, sempre numerosi all'interno e al più ci si limita a seccarli e a salarli. Hanno proprietà incredibili,ricchi di vitamine, persino del gruppo B, di grande aiuto per il cuore, la prostata, ricchi di selenio, zinco, magnesio, omega 3, Invece sbucciati e seccati sono un ingrediente prezioso per insalate, per aggiungere al pane fatto in casa e anche per essere gustati così. Ne devo preparare parecchi perchè vanno a ruba letteralmente. Per togliere i filamenti basta sciacquarli sotto l'acqua corrente, e dopo una breve asciugatura, cerco di romperli un poco con l'aiuto di un mattarello, senza schiacciarli troppo A questo punto, li butto in acqua bollente per pochi minuti, circa 5, così saranno più facili da sbucciare Con l'aiuto di un coltellino e con pazienza li pulisco ad uno a uno. Il segreto sta nell'imparare a schiacciarli al punto giusto. Così puliti li metto a seccare e CERCO di conservarli; sono così buoni che raramente ci riesco. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- La PUTA, polenta con i cavoli neri
Dopo un'estate lunghissima aspettare con ansia i primi freddi, questa non mi era mai successa! Qui a 800 mt. sul livello del mare è sempre un po' più freddo e un po' prima, ma questa volta ho dovuto decidere velocemente proprio appena la temperatura è cambiata a causa delle visite frequenti, direi giornaliere, del capriolo nel mio orto. Ora che non gli è rimasto altro ha deciso che anche i cavoli vanno bene...😡 La varietà di cavoli più indicata per la Puta sono i cavoli neri lunghi ovviamente liguri. Ho portato a casa quel poco rimasto, ho lavato e tagliato a pezzetti. Nel frattempo avevo messo sul fuoco a legna il vecchio paiolo di famiglia. Andrebbe di rame (e in effetti in casa c'è...), ma quello più usato è sempre stato questo di alluminio e non mi decido a cambiare. Misuro l'acqua per poter avere una proporzione di 400 gr. di farina per ogni litro e mezzo di acqua, ma in questo caso metto più abbondante l'acqua perchè deve bollire con i cavoli per almeno un quarto d'ora e si consuma un poco. Quando bolle metto i cavoli tagliati a tocchetti piccoli. Dopo circa 15 minuti aggiungo la farina di mais, fino a quando non ottengo la consistenza desiderata. Mi hanno sempre detto che la polenta non rassoda più di quello che è, cioè pur restando sul fuoco per almeno 45 minuti non diventa più dura; quindi date alla polenta la consistenza che volete più o meno fin dall'inizio. In questo caso la polenta è chiamata Puta proprio perchè rimane morbida, diciamo "a cucchiaio". Anche nella scelta della farina non devo faticare; anche se i cinghiali non mi hanno lasciato nemmeno un chicco del mio granoturco, nel mio paesello di pochissimi abitanti resiste un mulino con le macine in pietra che produce farine di grano, mais e castagna derivate da coltivazioni locali, che un giorno vi mostrerò e dove, se volete, potete portare il vostro grano o altro a macinare o semplicemente a comperare la farina. La tecnica per girare la polenta, quella che ho imparato io perlomeno, è difficile da mostrare con una fotografia; cercherò quindi di spiegarvela. Inizialmente lascio il mestolo nel centro del paiolo girandolo, mentre getto la farina a spaglio. Successivamente giro il mestolo su se stesso e contemporaneamente intorno alla pentola, esattamente come il movimento della planetaria qui sotto: questo per almeno 45 minuti. Non meno perché la farina di mais risulti digeribile. Quando comincia a staccarsi dalle pareti del paiolo è quasi pronta [a dir la verità c'è un detto popolare che suggerisce quando la polenta è cotta, specialmente per chi la cuoce e la mescola per 45 minuti davanti a un fuoco vivo, ma non posso davvero renderlo publico, scrivetemi e ve lo dico in privato 😂]. A cottura ultimata la verso nel piatto e la condisco con buon olio ligure e una spolverata di parmigiano. E buon appetito 😋. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>











