Search Results
391 risultati trovati con una ricerca vuota
- PAN DI ZENZERO A MODO MIO
Dove o da chi ho avuto questa ricetta non potrei mai dirlo, ho nelle nebbie della memoria che fosse originale svedese. Pur essendo semplicissima ha delle caratteristiche che la rendono particolare e bisognosa di fiducia per essere realizzata, e se ho continuato a farla è perché per me è buonissima. Può essere usata per fare i classici biscotti o le casette decorate con la glassa a tema natalizio. Non ha uova e l'aspetto appena finito di impastarla non è incoraggiante, ma andiamo per gradi. Occorrono: 250gr. di burro di qualità 200ml di miele di castagno 400 gr. di zucchero di canna, uso quello fine dell'Eridania 200ml di acqua 650gr. di farina pochissimo lievito da dolci, mezzo cucchiaino Spezie un cucchiaino da te di zenzero un cucchiaino da te di cardamomo un cucchiaino da te di chiodi di garofano in polvere 2 cucchiai di cannella e ancora a piacere noce moscata, anice stellato sempre in polvere. Sciolgo a bagnomaria il burro con il miele, tolgo dal fuoco, aggiungo zucchero dove avevo mescolato le spezie, l'acqua, sempre mescolando la farina. A questo punto si può assaggiare e nel caso aggiungere ancora spezie. Il tutto avrà una consistenza molle tipo un impasto da torta, a vederlo così poco compatibile con la possibilità di modellare biscotti, ma basta metterlo in frigo, in un contenitore chiuso per un giorno, ma si può anche due o tre, l'impasto dura in contenitore coperto in frigo anche un mese, e trascorso questo tempo l'impasto indurito, sarà modellabile, sempre con una certa rapidità perché con il calore tende a ri-ammorbidirsi. Si stende come una comune frolla, si tagliano velocemente le forme, non troppo sottile, specie per i pezzi delle casette, meglio con gli stampi, si mettono con la carta forno su un vassoio in frigo per una mezz'oretta e poi si cuociono in forno a 140°. Questa pasta tende a gonfiarsi e deformarsi in cottura e fredda gonfia meno, si può anche omettere il passaggio in frigo, come si possono preparare e mettere in congelatore e poi direttamente in forno quando si vuole. Detto tutto ciò penso che comunque l'aggiunta all'inizio di un uovo non cambierebbe di molto il gusto, forse aiuterebbe nella consistenza, ma ripeto a me piace molto così. Se per la casetta non si hanno le forme, basta disegnare e o meglio stampare su un foglio uno dei tanti modelli che ci sono su internet, così da non dimenticare dei pezzi. Lasciare raffreddare molto bene prima di tentare la decorazione. Per fare i vetri delle finestre uso poco isomalto, messo nei fori prima di infornare, ma bastano pezzetti di caramelle dure, che col calore si sciolgono. DELLA GLASSA Il mondo che mi si aprì quando partecipai ad un corso con importanti personaggi nel settore dell'icing e del piping, e le cose che vidi fare dal vero, mi fecero capire che mai avrei potuto aspirare non dico a certi livelli, ma nemmeno a quelli più terra terra Questi artisti perché artisti sono, e fra questi Donatella Semalo e Eddie Spence, fanno cose con la glassa che nemmeno immaginavo possibili, io a malapena un puntino storto. Nella specialità biscotti decorati, sogno ancora un corso con Evelindecora. In rete i video più esaurienti che ho trovato sono di Emma's Sweets, specie per capire bene la consistenza giusta. Per arrivare a questi risultati hanno prodotti e strumenti specifici dove per esempio lo zucchero è uno zucchero impalpabile speciale (sotto nella foto) e beccucci dal foro talmente piccolo che non passa uno spillo. Molti usano la polvere di meringa al posto dell'albume Di questi quelli indispensabili sono almeno i beccucci di acciaio professionali PME dell' 1 e del 2. Sono da lasciare completamente perdere tutte gli attrezzi in plastica, le siringhe, e simili. Utili i sac a poche usa e getta se non si riesce a fare il cornetto di carta da forno. Tutti questi articoli, una volta introvabili si possono tranquillamente reperire su internet e averli con pochi euro Per la consistenza https://www.youtube.com/watch?v=_eGFTz-Hs6s&t=186s&ab_channel=Emma%27sSweets Per la decorazione https://www.youtube.com/watch?v=-zR5rIG4nrs&t=111s&ab_channel=Emma%27sSweets Anche se i miei risultati sono modesti lo stesso ho potuto assistendo, capire qualche regola ferrea. - Tutti e dico tutti, gli utensili usati vanno puliti benissimo con alcool alimentare o con aceto, sgrassati perfettamente, asciugati e possibilmente in acciaio o vetro non in plastica. - L' albume deve essere assolutamente a temperatura ambiente da almeno un giorno e passato in un colino. Se si hanno problemi a usare il bianco d'uovo crudo preferire quello confezionato, in vendita ovunque, che è pastorizzato, ricordando che un albume pesa all'incirca 35-37 grammi. - Un pizzico di cremor tartaro che lo tiene su, a me povera mortale, in effetti chi se ne intende non lo mette - Un cucchiaio di acqua o due gocce di limone - Mescolare l'albume con il cremor tartaro e l'acqua e quando inizia a schiumare unire metà dello zucchero e una volta assorbito l'altra metà. - Sbattere con le fruste elettriche per almeno cinque minuti a velocità media cercando cioè di far inglobare meno aria possibile. La glassa non ha bisogno di gonfiare. Deve essere lucida e della consistenza giusta, cioè sollevando la frusta deve rimanere una bella punta Le dosi: - 35 gr. di albume - 250 gr. circa di zucchero a velo il più fine possibile - un pizzico di cremor tartaro - un cucchiaio di acqua Ci sono centinaia di proporzioni diverse per fare la glassa, con la pratica ognuno trova la sua. Montata la glassa occorre un "tempo di maturazione" in frigo, coperta con la pellicola "a pelle", cioè aderente, perché non passi aria, almeno un'oretta. Così si conserva fino a tre giorni in frigo. Questa consistenza serve per le decorazioni classiche, se invece si vuole ricoprire tutto il biscotto o comunque superfici più grandi serve una glassa leggermente più liquida e questo si ottiene aggiungendo UNA GOCCIA DI ACQUA alla volta per un massimo di 7, 8 gocce fino ad avere una densità simile allo yogurt. Meglio spruzzata, nel video si vede molto bene. Non si può recuperare una glassa troppo liquida. Fatta la glassa si fa il cornetto in carta, o se ne adopera uno usa e getta, dove si infila il beccuccio di acciaio inox da 1 mm. massimo due. Il cornetto di carta deve essere piccolo, per poterlo tenere in mano fra pollice e indice, la carta forno deve essere di buona marca resistente, inutile cercare di descrivere a parole, in questo video è spiegato benissimo https://www.youtube.com/watchv=Eop0XP9_Fm0&ab_channel=Milli È possibile colorare la ghiaccia con colori meglio in gel, mai mai liquidi. I cornetti con i vari colori vanno preparati prima e posizionati con la punta su uno strofinaccio appena umido perché non secchi e seccando occluda la punta. Se si vuole prendere la mano basta stampare un disegno semplice, posizionare sopra a un foglio di carta forno e in trasparenza provare a seguire i contorni. Queste decorazioni su carta forno seccano velocemente e si possono poi staccare e usare. La glassa serve per unire i vari pezzi delle casette Si possono decorare i biscotti anche con la pasta di zucchero. Per la neve la farina di cocco è quella che secondo me è più decorativa. Quest'anno mi sono divertita con le "arbanelle"di Natale, o Candy jar da regalare alle amiche, molto facili, un misto di polveri, (cacao, zucchero, amido) per fare la cioccolata a casa, da aggiungere solo il latte e sopra qualche biscotto decorato. Qui sotto qualcuno dei miei "paciughi".
- I CARAMELLATI DELLA SIG.RA GRAZIELLA
Una persona non muore mai se c'è qualcuno che la ricorda Ugo Foscolo Questi dolci, un altro classico dei giorni di festa della mia infanzia, sempre troppo pochi nel vassoio dei pasticcini, a fare a chi fa prima a prenderne uno... e mai saputo il nome ... "quelli con la pasta di mandorla" ... Da grande li ho preparati, spesso per questo periodo, sempre un numero limitato in mezzo agli altri. Poi un giorno chiacchieri con un'amica di dolci di Natale e lei ti racconta dei Caramellati di sua mamma, che produceva in quantità industriale da regalare agli amici. Caramellati? chiedi ... cosa sono? e così lei ti racconta di come tutti gli anni, prima delle feste, c'era un giorno, in casa sua, fra sua mamma e sua zia dedicato a dividere prugne, datteri e noci, a impastare la finissima pasta di mandorle, farcire la frutta e infine ohh! passarli nel caramello, e dell'attesa di parenti e amici di ricevere il pacchettino di dolcetti, una tradizione familiare insomma. Mi assale la voglia di provare la versione caramellata e a lei di ritornare a sentire quel gusto, ora che sua mamma, la Graziella, non c'è più. Gli ingredienti pochi: mandorle e ugual peso di zucchero a velo, poca acqua di rose, non avendola sciroppo di rose. Il procedimento semplicissimo: spellate le mandorle, messe nel mixer con lo zucchero e fatte diventare finissime fino a che estraendo l'olio diventino una pasta modellabile. Come sempre ingrediente d'obbligo: la pazienza. Per una prova bastano: 100gr. di mandorle con la pelle 100gr. di zucchero a velo un cucchiaino di sciroppo o acqua di rose Le mandorle si sbucciano facilmente. Si fa bollire un pentolino d'acqua, si immergono le mandorle per pochi minuti, poi una ad una si tolgono dall'acqua e premendo sulla parte tonda la pellicina marrone viene via con facilità. Si asciugano poi al calore mite del forno aperto, non devono tostare. Consiglio l'uso delle mandorle con la buccia per questi pasticcini perché infinitamente più buone delle altre già sbucciate. Asciugate per bene si passano nel mixer con uguale quantità di zucchero a velo, insistendo fino a che un poco dell'olio delle mandorle fa diventare tutto una pasta. Si agevola il processo con un cucchiaio di sciroppo di rose, ma si può sostituire con semplice acqua, pochissima, o con un altro sciroppo tenendo presente che aromatizzerà la pasta. È opportuno preparare prima la frutta a metà e denocciolarla, prugne secche, datteri e gherigli di noci. Per le noci, ho le mie e per romperle lasciando interi i gherigli c'è un piccolo segreto, basta schiacciare le noci tra la cima e il fondo, "ai poli" per così dire Si impasta velocemente spolverizzando il piano con zucchero a velo. Ottenuta la pasta omogenea si rotolano dei filoncini, si staccano dei pezzi e si farcisce la frutta premendo. Per il caramello si mette su un fuoco basso un pentolino con zucchero e metà peso di acqua. Senza mescolare mai, si aspetta che bolla e che inizi a caramellare, si aggiungono poche gocce di limone e si spegne appena assume un colore dorato. Molto velocemente UNO ALLA VOLTA con l'aiuto di una forchetta (il calore potrebbe sciogliere la pasta di mandorle) si passano nel caramello i frutti farciti e si posano su di una griglia con un piatto sotto a scolare. Raffreddati si sistemano nei pirottini di carta. Una goduria. Due parole su pasta di mandorla, marzapane, pasta reale: vorrei riuscire a chiarire le differenze. Non ci riuscirò mai, come per tante altre ricette i nomi passano da una all'altra con più o meno gli stessi ingredienti tanto da non capirci niente. Di fatto esiste una pasta di mandorle di solo mandorle e zucchero a velo adatta all'uso descritto sopra, una con mandorle zucchero e albume più consona alla cotture dei pasticcini (qui>>>) una con zucchero cotto (a volte con aggiunta di glucosio o miele) che dà una pasta più fine per le coperture di torte o per la frutta martorana, ecc. Potrei dire che ritengo pasta di mandorle la prima, marzapane la seconda e pasta reale la terza, ma è solo un'opinione mia, anche i pasticceri più famosi hanno divergenze in proposito e ho sentito chiamare tutte e tre le versioni in tutte le combinazioni possibili a secondo del luogo di provenienza del dolce, quindi ... mi rimarrà il mistero. Così da tre chiacchiere in un lungo pomeriggio di un anno un po' tanto strano sulla tavola di Marta ci sarà di nuovo qualcosa di simile ai Caramellati di sua mamma, che per il pudore che spesso accompagna il dolore della perdita di una persona nessuno aveva mai provato a rifare. Non ho conosciuto la sig.ra Graziella e non ho assaggiato i suoi fruttini ma ho avuto piacere di provare e con Marta abbiamo deciso che l'anno prossimo faremo insieme una giusta quantità di Caramellati da distribuire agli amici, proprio come faceva lei con tanta generosità. E finalmente questi dolcetti hanno un nome: i Caramellati Dicono che Elena non sia più qui ma anche quest'anno ha messo in tavola i miei dolci preferiti, dicono che anche Tina sia con Elena e insieme guardino le stelle serene e immobili come loro. Non ho bisogno di sognare per sapere che invece stanno aspettando dalla mattina l'arrivo dei parenti. In quanto a Menotti ha già aperto il vino: è sempre toccato a lui per questo ha posato la mano sulla mia e lo abbiamo fatto insieme. È bello che le ombre diano gioia abbiamo luce e sangue e carne di chi è restato. Natali che durano tutti gli anni della vita. NATALE PER SEMPRE Anna Spissu. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- VIN BRULE' DELLE FESTE e i suoi BISCOTTINI
Freddo, neve, dicembre, Natale. Tempo di regali, di visite di amici e parenti, per riscaldare cuori e membra stupiamoli con un'originale tazza di Vin Brulè dorato accompagnato da particolari biscottini. La ricetta del è quella che faccio da anni ed è modificabile a piacere con l'aggiunta di spezie che più piacciono, servono: Per 4 persone: mezzo litro di vino rosso a piacere 100 gr. di zucchero, meglio di canna 4 chiodi di garofano un stecca di cannella la buccia di metà arancia bio senza parte bianca la buccia di metà limone ugualmente senza albedo Questa è una base, già molto buona così, si possono aggiungere anice stellato, che fa tanto Natale, una grattatina di noce moscata, bacche di ginepro o quel che si vuole. Di facile esecuzione, basta mettere tutto in un pentolino sul fuoco, mescolando ogni tanto con il cucchiaio di legno per pochi minuti fino a portare quasi a bollore, senza far bollire, fino a che non si scioglie lo zucchero. A questo punto andrebbe fiammeggiata la superficie per eliminare l'alcool, pare che l'origine del nome derivi proprio da vino bruciato. È un'operazione che non faccio sempre, lo ammetto, nel caso basta un bastoncino lungo di legno, acceso, avvicinato al bordo interno della pentola per lasciar bruciare l'alcool in superficie. Dopo tutto ciò per renderlo originale basta servirlo in una bella mela rossa svuotata all'occorrenza, con uno scavino, zuccherata in superficie e per aggiungere un tocco natalizio decorata con oro alimentare. Non si deve aver timore di mangiare l'oro, è commestibile ed è reperibile in fogli, scaglie, spray o in polvere. Molto usato in civiltà più ricche di noi, nell'antico Egitto si faceva il pane farcito con l'oro, in Giappone si è sempre servito il sakè con l'oro, ma è nel medioevo che se ne comincia a fare un uso persino spropositato, tanto da costringere Galeazzo Visconti a limitare l'uso a due sole portate dorate durante i pranzi. Il termine "indorare la pillola" deriva proprio dall'uso di mescolare oro a medicinali per farli accettare meglio, quindi... Non pensate poi che sia inavvicinabile come prezzo, è ancora caro ma non così tanto e dura tantissimo. Per quel che mi riguarda sono andata avanti almeno una decina d'anni con la mini confezione che comperai a Milano. Ci sono poi tutti i coloranti alimentari per pasta di zucchero che ne contengono quella minima quantità e sono davvero accessibili. Per far rimanere ferma la mela occorre tagliare dalla base, lasciandola appoggiata sul picciolo sotto e con lo scavino svuotarla lasciando un consistente contorno di polpa. Premere il bordo della mela in una ciotola con zucchero e se si vuole, decorare con l'oro. Versare il Vin Brulè caldo e servire con biscottini alle mele e noci, o una fetta di Strudel (qui>>>la ricetta perfetta) Per i biscotti della foto ho pronta la ricetta un po' particolare che si abbina benissimo, essendo quelli alle mele e noci banali, quelli speziati si scontrano con il gusto del vino già speziato di suo e quindi mi sono inventata questi. Occorre: 50gr di farina di grano saraceno 50 gr. di farina di segale 100 gr. di farina 0 100 gr. di zucchero muscovado 50 gr. di cereali bio misti tipo muesli con avena e semi di girasole, zucca, amaranto... 80 gr. di burro morbido e al posto delle uova 50gr. di farina di ceci una decina di noci spezzettate Impasto con cura con l'aiuto di mezzo bicchiere di latte Stendo con il mattarello fra due fogli di carta forno, non proprio sottile e taglio a rettangolo Inforno a 180-200 gradi anche ventilato e lascio cuocere per 15- 20 minuti . A me hanno creato dipendenza. Essendo inventati lì per lì si possono fare tutte le modifiche e le prove che vengono in mente, è possibile sostituire il burro con l'olio, non mettere le noci, mettere noci e pezzetti di mela, sostituire la farina di ceci con un uovo, aggiungere un pizzico di lievito da dolci, chissà ... chi lo sa ... Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- DI SALI PROFUMATI E ACETI AROMATIZZATI
Ma "quanti pochi" giorni mancano al Natale? Sforato il budget e ancora quel regalino da fare? Colleghe di lavoro o amiche del gruppo di burraco, dell'uncinetto o checchessia alle quali fare un presente? All'ultimo momento, con spesa praticamente nulla non rimane che il sale aromatizzato. Assurdo comperarlo visto che per prepararlo in casa ci vuole meno che a leggere questo post. Si fa praticamente da solo, bastano sale grosso e erbe. A dir la verità, e qui approfitto per parlarne, esiste la ricetta principe, quella vera, antica, collaudata, da usare su tutto, usata con gli stessi ingredienti ovunque. Conosciuta con il nome di Salamoia Bolognese, e questo potrebbe fare la differenza nell'etichetta dei vasetti preparati da regalare, ha un ferreo elenco di ingredienti che qui passo a citare come li conosco io: - 500 gr. di sale grosso meglio marino, magari integrale - un bel ramo di rosmarino - un ciuffo di salvia - 3 bei spicchi di aglio - grani di pepe a piacere Non resta che lavare e far asciugare le erbe, pulire l'aglio, tritare fini a coltello o mezzaluna e mescolarle al sale. Diffidare di prodotti troppo fini che passati ad un robot rendono amare le erbe, meglio se si vuole e si può, pestare tutto insieme, erbe tritate e sale, in un mortaio, e questo è un'ulteriore salto di qualità, magari con l'aiuto amoroso di un compagno compiacente. Se proprio non potete fare diversamente tritate con il robot solo il sale ad una misura media non fine. Mescolato bene il tutto, si può allargare in un vassoio di cartone, coperto con un foglio di carta da cucina e lasciare asciugare una notte, magari vicino al calorifero o alla stufa, o come posso fare io all'aria secca e gelida di questo bel sole dicembrino. Vasetti carini reperiti presso un qualsiasi negozio orientale o di casalinghi o se si è accorti, riciclati, una bella etichetta con la dicitura "VERA SALAMOIA BOLOGNESE TRITATA A MANO" uno spaghino, un fiocchetto, un cartellino di auguri. Se la cosa prende la mano, come spesso succede a me, ci si può sbizzarrire con gli ingredienti: - sale, limone e timo adattissimo per pesce - sale e origano per bruschette e friselle - sale e peperoncino per il barbecue e che la fantasia si scateni. Una ricetta che trovai tempo fa, chissà dove, parlava di un Sale della Zingara, e a memoria era più o meno così: 1/2 kg di sale grosso pestato insieme a la buccia di un limone uno spicchio di aglio due foglie di alloro tre belle foglie di salvia un ramo di rosmarino circa 20 gr. di pepe Pensarci per tempo e raccogliere fiori vari di campo, in estate e mescolarli al sale per un bel Sale Fiorito, oltre ad essere profumatissimo, d'effetto nel piatto. Se come me seccate di tutto, si può ancora mescolare roselline, achillea, fiori di cicoria, elicriso, tarassaco, malva, calendula, lavanda, fiori di rosmarino e chi più ne ha ne metta se eduli, e fare un sale profumatissimo, d'effetto sulla bistecca o nell'angolo del piatto anche solo come decorazione, e se non utilizzato diversamente può diventare un profumato centrotavola, anche con una candelina nel mezzo. Tutto sommato, c'è ancora più di una settimana e se vogliamo fare qualcosina in più, vicino al barattolino di Sale Aromatico una bottiglietta di Aceto Aromatico, facile ancora più che il sale. Già avevo raccontato di quello alle Rose (qui>>>), non solo è profumato nell'insalata, ma serve per curare i foruncoli e come tonico per il viso. Basta una manciata di petali di rosa in una bottiglietta di aceto di mele, lasciato in infusione per una settimana, filtrare e imbottigliare. Questo è invece è proprio l'aceto di Natale. Preparo schiacciati nel mortaio due o tre spicchi di aglio, un trito di timo e rosmarino, qualche grano di pepe nero, una stecca di cannella, 5 o 6 chiodi di garofano, qualche bacca di ginepro o di mirto, una foglia di alloro. Metto sul fuoco una pentola con un litro di aceto bianco, appena raggiunge il bollore butto dentro il mix di erbe e copro con un coperchio. Lascio in infusione anche tutta la notte, filtro, imbottiglio ed etichetto. Non avete idea di cosa sia questo aceto, anche su una triste fetta di pollo ai ferri... E poi anche qui ci si può sbizzarrire all'infinito: - aceto agli agrumi con le bucce bio di limoni, arancia, mandarino - aceto alle erbe una per ogni bottiglietta o un trito misto rosmarino, timo, maggiorana, origano - al peperoncino Preferisco Sale e Aceto aromatizzato all' Olio Aromatizzato, perché sempre meglio aggiungere questi all'ultimo momento per fare una salsa profumata, piuttosto che aggiungere ingredienti tipo erbe o altro all'olio che col tempo tendono a alterarsi e a cambiare il buon gusto dell'olio. L'unico, per me, che regge un po' nel tempo è l'Olio al Peperoncino. E quindi: un vasetto di sale aromatico, una bottiglietta di aceto di Natale o agli agrumi, una di olio al peperoncino, e se il regalo è per l'amica o l'amico appassionati di erbe, potete mettere tutto nella borsa dell'Associazione, insieme a cd e manuale, con il fiore di Tarassaco fatto a mano da me ... un gran regalo. Se interessa la borsina potete averla con un minimo contributo all'Associazione, potete contattatarmi su wsapp al 3486930662 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- I MIEI TORTELLINI -
Immancabili sulle tavole del Natale di casa mia. A ricordo di una signora che gestiva con il figlio un negozio di alimentari in Chiavari e di cui non ricordo il nome, che a mano faceva migliaia di migliaia di tortellini per tutti i chiavaresi e che li insegnò a mia mamma negli anni '50. La ricetta di famiglia è praticamente quella originale che potete trovare qui salvo pochissime modifiche, forse per alleggerirla un pochino. Le pur modeste dosi degli ingredienti vi permetteranno di ottenere una quantità incredibile di tortellini che rigorosamente vanno contati per averne un numero sufficiente a persona, circa una ventina. Vi consiglio di provare con metà dose, se non li avete mai fatti. Dunque, il ripieno: 100gr. di carne di maiale e 100gr. di carne di vitello, vitellone, tagliata a dadini che rosolo scoperta a fuoco lento in burro e olio e una foglia di alloro. Alzo la fiamma e sfumo con un goccio di vino bianco, sale (poco). Trito finemente 80gr. di prosciutto crudo di parma, 80gr. di mortadella e la carne rosolata. A questo proposito ricordo che se si mettono prodotti di prima qualità si ottengono tortellini di prima qualità. Mescolo in una terrina con circa 150 gr di parmigiano reggiano grattugiato, un uovo (due se sono piccole) e un nonnulla di noce moscata fino ad ottenere un impasto sostenuto. Assaggio per controllare il sale. Se non riesco ad amalgamare rimetto tutto nel Moulinette e diventerà omogeneo, perché il ripieno dei tortellini deve essere perfetto, data la poca quantità che ne va in ognuno non si devono sentire in bocca pezzi e pezzetti. Metto in frigo, coperto. Per la sfoglia: 200gr di farina bianca 00 100 di semola (oppure 300 di farina bianca 00 è lo stesso). Aggiungo la semola per dare un po' di forza alla mia farina che è sempre locale e semi integrale, pur se setacciata finissima. Faccio la solita fontana, metto pochissimo sale e due uova, e impasto per avere un impasto tenace, non morbidissimo. Cerco di non aggiungere il terzo uovo, ma piuttosto pochissima acqua. Quando assorbita tutta la farina, mi ritrovo le mani pulite, formo un palla, la avvolgo in pellicola e la metto in frigo a riposare, per un'oretta. Proseguo l'impasto con la macchina tipo Imperia, passando più e più volte pezzi di pasta fino ad avere delle sfoglie abbastanza spesse, uguali e tutte di grana fine. Questo è uno dei casi dove non provo nemmeno a fare la sfoglia a mano e spiego il motivo. La costruzione religiosa di ogni tortellino, specie da parte di una persona sola, richiede molto tempo, taglia, riempi, piega. Mentre ne faccio uno il resto della sfoglia secca e non riesco più a piegarla. Se faccio un impasto molto morbido altero, piegandolo, la forma del tortellino. A questo proposito, proprio come in una liturgia, si sceglieva in casa mia la giornata giusta, ne troppo secca ne troppo umida, non si doveva aprire le porte e fare corrente "CHE SECCA LA PASTA", gridava mia madre, e si finiva per scegliere una sera dove regolarmente si arrivava a notte fonda tagliando e riempiendo cerchietti, ma sopratutto si era tranquille senza nessuno attorno. Ci provo da anni ma non riesco a fare i tortellini se non di notte. Quindi passo poca sfoglia per volta per averla sottilissima, conservando l'altra coperta bene, e non provo nemmeno a rimpastare i ritagli, li uso al massimo per fare dei taglierini. “E l’oste, che era guercio e bolognese, imitando di Venere il bellico..." Veniamo alla forma. Pare che un cuoco burlone spiò dalla serratura una affascinante marchesa riuscendo a sbirciare null'altro che l'ombelico, ma tanto bastò che non potendo dimenticare tal adorabile particolare, cercò di riprodurlo... In tutti i libri di cucina ho trovato sempre la descrizione di un quadratino di pasta sottilissima con poco ripieno, piegato a triangolo e avvolte le due punte a unirsi. Non so perché ma i miei tortellini non sono così. Intanto non sono quadrati ma rotondi e, ogni anno, si tirava fuori il bicchierino da liquore della misura giusta, piccolissima, per tagliarli, tenuto da parte apposta. Tempo fa ho trovato l'attrezzino giusto, che poi è quello per fare gli anolini. Sopra a un dischetto, tenuto nella mano sinistra con la punta dell'indice, si posa una quantità più o meno come un'unghia, di ripieno, si piega, si chiude premendo il bordo, si tira leggermente fra il pollice e l'indice della mano sinistra per poter girare intorno all' indice destro ripiegando la parte, prima di unirla pressando sull'altra. La differenza è visibile e per me i tortellini sono i miei, forse una soluzione a mezzo nella diatriba fra Bologna e Modena che se ne contendono l'invenzione. Con un po' di pratica si riesce a farli sempre più piccoli fino a girarli sul dito mignolo. Ricordarsi che in tutti i casi, un tortellino non deve pesare più di cinque grammi... Essendo un procedimento laborioso, eseguo con largo anticipo, in grande quantità e sistemo in freezer su un vassoio, per poi appena congelati sistemarli in sacchetti, pronti da cuocere senza scongelare. Un'altra regola inconfutabile è che i tortellini vanno cotti in brodo, un buon brodo confezionato con metà manzo e metà gallina ruspante. Di tortellini asciutti non se ne è mai parlato in casa. Vado, che la notte è lunga ... Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- CASSINELLI, IL MITO
... La mia gente che m’aspetta ancora la gente mia ce l’ho qui nel cuor ... Potrebbe accadervi un giorno di passeggiare per Osaka, entrare in qualche locale e scoprire di poter mangiare la "pizza genovese" e altro, lo stesso potrebbe succedervi in qualsiasi altra parte del mondo dal Sud America all'India, è stato ovunque e ovunque ha impastato e cotto focacce. Lui è Giulio Cassinelli, il mito della focaccia genovese e con chi se non con lui potevo iniziare questa categoria di post dedicati alla mia gente, giovane e diversamente giovane che ha fatto del proprio lavoro una passione. E Giulio diversamente giovane lo è davvero, difficile credere la sua data di nascita, nel 1936 ad aprile, il 23 per l'esattezza. Tutto di lui è giovane e frizzante, come si muove, come pensa e interagisce con tutti, come sorride alla vita e come gira il mondo senza fermarsi. Forse il mito nasce da qui, dalla sua semplicità e facilità di comunicazione con tutti, dal portare con disinvoltura più di settant'anni di impasti di pane e focacce sulle spalle che si rendono palesi solo quando lo vedi al lavoro, quando ti rendi conto che l'impasto lo riconosce, gli cresce tra le mani liscio e morbido, quando lo vedi cuocere e sfornare le sue bontà con una facilità che riesce a trasmettere con un'empatia insuperabile. Corsi che insegnano della panificazione proliferano ovunque, ma nessuno lascia l'entusiasmo di uno fatto con lui. In poco tempo con semplici, essenziali ma importanti nozioni ti porta a fare la vera focaccetta genovese, leggera, morbida e croccante, alveolata il giusto, che non unge le mani, che non ti sarà mai indigesta, o a riuscire a cuocere nel forno di casa la focaccia al formaggio di Recco Sarebbe facile per me mettere qui l'ennesima ricetta, una sfilza anonima di ingredienti banali farina, olio, sale, acqua, lievito ma non servirebbe a immergervi nella magia di farla con lui. Figlio di altri tempi, quando i bambini fortunati venivano messi a lavorare a 12 anni, nel suo caso un panificio, il mestiere del padre, i primi giorni al lavoro alle cinque, poi rapidamente alle quattro, fino ad arrivare a recarsi al lavoro alle tre d'inverno e all'una d'estate per poter avere pronta la prima focaccia alle cinque. Tutto impastato a mano, specie la focaccia, e non era di certo qualche chilo, e cerca di barare una notte Giulio, con l'amico che lavorava con lui, decide di provare con l'impastatrice, ma no, la focaccia non esce uguale, "I'impasto vuole sentire la pelle, il calore delle mani" dice lui. Anche tutti i panini sono formati a mano con una velocità che lo mette in competizione con la prima chifferatrice che arriva. Felice di guadagnare bene nel miglior panificio della zona e ogni tanto un colpo di fortuna: un turista di passaggio che entusiasta della sua focaccia gli regala 10000 mila lire a lui che ne portava mille al giorno a casa. A casa, a Camogli, oltre a papà e mamma sono cinque fra fratelli e sorelle, lui eredita il nome da una sorellina morta prima della sua nascita di difterite, famiglia onesta dove "il pane non mancava mai" racconta sorridendo. A soldato si offre per fare il cameriere e riconosciute le sue capacità si ritrova alla mensa ufficiali, dove mette da parte di nascosto qualcosa da regalare alla sera ad un soldato meno fortunato, padre di cinque figli ... Tornato fa di tutto nella sua vita, non solo pane, capo personale di un ristorante, gestisce panifici, ecc., proprio a Recco un locale ancora oggi esibisce orgoglioso l'insegna: Focaccia al Formaggio dal 1962 e indovinate chi era lì già allora a farla? Ora va ovunque lo chiamino a trasmettere il suo entusiasmo, sempre con le mani in pasta. E quando si dice mani in pasta, si dice per tutto, con lui si può imparare la focaccia al formaggio di Recco, la sua famosa pizza genovese con stracchino e un piccolo segreto, pane e impasti vari e tanto altro. Per conoscerlo basta seguire i suoi spostamenti nei vari corsi, i più vicini a me sono al Tapullo di Sestri Levante, nelle cucine dell'Accademia dei Sapori dell'ex convento dell'Annunziata, con la fedele Micaela, suo alter ego. http://www.tapullo.it/ tel. 329 955 1556 Sempre circondato da giovani e bambini usa con disinvoltura smartphone, tablet e social, lo trovate su Fb, controlla le 2 milioni e passa di visualizzazioni del suo video non solo su you tube ma su ben più importanti piattaforme. Io donna fortunata sono onorata della sua confidenza, voi cercate di frequentare uno dei suoi corsi, fosse solo per la magia di conoscerlo ... Oppure potreste, chi lo sa, incontrarlo che cuoce focacce nel deserto ... AGGIORNAMENTO 2021 Oggi all'interno di Pane e Olio 2021 c'è stata l'ennesima dimostrazione di preparazione e assaggio della focaccia da parte di Giulio. Sono cambiate molte cose in questi due anni e sono un ricordo i bellissimi corsi per imparare a farla con lui e non si sa quando e come potranno ricominciare. Nella speranza di fare cosa gradita pubblico la ricetta che ha consegnato oggi ai partecipanti e un piccolo video anche se mi scuso per l'audio non proprio chiarissimo ma questo è quello che ho potuto fare. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- PICAGGE DI MAIS E CAVOLI ALLA CREMA DI FORMAGGIO
Avevo già parlato delle pappardelle o tagliatelle di mais in precedenza qui>>PAPPARDELLE DI MAIS AL SUGO DI PORRI E LUGANEGA Oggi invece sono a raccontare della ricetta con la quale ho partecipato al contest indetto dalla manifestazione SONO TUTTI CAVOLI NOSTRI tenutasi a Lavagna sabato e domenica scorsi, per conto dell'Associazione Culturale Erbando. La ricetta è quanto mai semplice e ovviamente sono onorata e commossa di essere stata premiata con la motivazione "per l’impegno nel portare avanti le nostre preziose tradizioni più antiche" Per la pasta ho usato 100gr.di farina di granoturco e 200 di farina di grano duro, non semola, ma può andare bene anche una farina 00, un uovo, acqua, un pizzico di sale. Ho fatto bollire il cuore di un Cavolo Broccolo di Lavagna, una varietà di cavolo propria della zona del Tigullio e coltivata da sempre nella piana dell'Entella, del quale avevo già parlato qui>>>FOCACCETTE DI MAIS E DINTORNI Ho tritato non finissimo, il cavolo bollito e l'ho aggiunto nella fontana di farina e ho impastato. Dopo aver lasciato riposare la pasta, ho tirato la sfoglia e tagliato le tagliatelle . Il termine "picaggetta" in genovese e in generale in tutta la Liguria, definisce lo strofinaccio, il canovaccio da cucina di cotone che un tempo aveva un anello di fettuccia, "la picaggia" appunto, per essere appeso. La parola compare già nel 1588 in Rime diverse ecc. parlando di calzoni tenuti su da una fettuccia comodi da portare e svelti da togliere Che no han da desgroppà che unna picaggia ... Anche in altre regioni si usano parole simili, gli studiosi tendono ad associarle ad "appiccare" nel senso di appendere e così le tagliatelle larghe tra gli 8 mm. e un cm. vengono chiamate picagge, come è la misura di una comune fettuccia di cotone. Per curiosità riporto che la misura delle vere tagliatelle bolognesi è stata codificata in 8 mm. da cotte e 7 da crude, che sarebbe pari alla 12.270a parte della Torre degli Asinelli. Cavolo! divago... tornando alla ricetta, bollite le tagliatelle in abbondante acqua salata, si condiscono con una salsa di formaggio ottenuta sciogliendo del formaggio San Stè (qui>>) grattugiato, in poca panna e latte. Ho usato questo tipo di formaggio per la ricetta presentata a un contest che prediligeva i prodotti locali, ma nel caso è fattibile con il formaggio che più piace, per esempio un taleggio. Se piace in ultimo, un pizzico di peperoncino. Cavoli e granoturco si sposano benissimo come si può assaggiare anche con LA PUTA qui>>>, la polenta con i cavoli, piatto tipico invernale della tavola contadina, e non solo in Liguria. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- EVENTI
DAL 26 AL 28 NOVEMBRE - LAVAGNA Sono limitate a due le partecipazioni di Erbando agli ultimi eventi del 2021. La prima data è quella della della terza edizione di SONO TUTTI CAVOLI NOSTRI a LAVAGNA, il 27 e il 28 NOVEMBRE prossimi, con un GALÀ DI PRESENTAZIONE VENERDÌ 26 a scopo benefico. Un evento ricco di proposte di ogni tipo per far conoscere i cavoli, nello specifico il meraviglioso cavolo di Lavagna coltivato da sempre nella piana dell'Entella. Show cooking, escursioni, diverse le iniziative dirette ai bambini, mercatino delle eccellenze del territorio. È tutto nel programma pubblicato sotto. La manifestazione si terrà al Porticato Brignardello e in Via Dante, ma molte altre realtà parteciperanno in città. Erbando sarà presente al Porticato sempre con le erbe del Prebuggiun, per chiacchierare con voi, per chi volesse i manuali, ma la novità di quest'anno saranno i cuscinetti di erbe. Le erbe raccolte da noi Elicriso, Achillea, Luppolo, Tiglio, Crine, riempiono dei deliziosi cuscinetti cuciti artigianalmente con stoffe naturali antiche di recupero. Ogni cuscino ha un profumo particolare che va "ascoltato" e per questo preferiamo non spedirli, ognuno deve avere la possibilità di scegliere quello che piace. Dormire sopra a un cuscino di erbe dà la possibilità di usufruire del profumo degli oli essenziali presenti nelle erbe e delle loro proprietà. I cuscini si potranno avere dietro un contributo-donazione all' Associazione. Per saperne di più : https://www.lellacanepa.com/single-post/2020/06/27/dei-cuscini-profumati-e-fatati-herbal-sleep-pillows DAL 3 all' 8 DICEMBRE - SESTRI LEVANTE Ritorna Pane e Olio e ritorna la partecipazione di Erbando a questa bella manifestazione. Ancora da definire il programma, ma noi ci saremo, sempre con le nostre erbe e con uno Show Cooking sabato alla 16,30 in collaborazione con lo chef Jorg Giubbani . Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- SPEZZATINO DI CARNE E VERDURE, TANTE VERDURE
La ricetta delle domeniche invernali, insieme ad altre di carne come brasato o stufato. A proposito spezzatino o stufato che differenza c'è? A casa mia lo spezzatino era di carne più magra e tenera, con una cottura appena un poco più veloce dello stufato che nel nome dice tutto, la pietanza al fuoco tanto che si stufa, e in effetti è un metodo di cottura di varie cose verdure, carni, ma anche pesce. Lo spezzatino poi, sempre sulla mia tavola, ha la funzione di un secondo piatto e non come stufati e brasati accompagnati da polenta o riso pilaf che diventano un piatto unico. Questo in particolare è ricco di verdure così da farne un piatto tutto sommato leggero e digeribile. In pochissimo olio e una foglia di alloro rosolo la carne, mentre taglio le verdure. Una grossa carota tagliata a spicchi e poi a rondelle, due belle coste di sedano bianco meno aromatico di quello verde tagliato a listarelle, una bella cipolla tagliata a fettine e aggiungo alla carne rosolata Intanto ho messo sul fuoco il segreto della nonna, un pentolino con un bicchiere scarso di vino bianco con dentro uno spicchio di aglio schiacciato e qualche rametto di rosmarino, che faccio scaldare qualche minuto, per poi aggiungerlo alle verdure e alla carne rosolate. Qualche cucchiaio lo uso per sciogliere pochissimo doppio concentrato di pomodoro, non tanto per colorare quanto per dare sapore, ma si può fare a piacere. A questo punto regolo di sale e aggiungo le patate a pezzi, una varietà di patate che regga la cottura prolungata senza sfaldarsi completamente. La cottura continua per almeno un'ora, un'ora e mezza, con il coperchio ben chiuso, perché si dovrebbe arrivare a fine cottura con l'umidità fatta da carne, verdure e coperchio e il vino aggiunto prima di incoperchiare. La quantità giusta per non far diventare la pietanza un bollito. Tenere controllato che non bruci e nel caso aggiungere pochissimo brodo o acqua, sempre assaggiando per il sale. Buon appetito e buona domenica! Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- TOPINAMBUR
Entro i manipoli qua e là sparsi dei topinambùr lungo gli argini ogni lustro del giallo si fa intimo all’autunnale catarsi Ori di affabili corollari – topinambùr se è il caso di nominare una scintillazione che pare casalinga ed invece è stellare Altri Topinambur A. Zanzotto Come ho gia avuto modo di dire per la Linaria (qui>>) e il Solidago (qui>>>) l'inizio dell'autunno mi regala quasi esclusivamente fiori gialli intorno, come se avessero catturato la luce del sole e me la volessero restituire in un momento che questa diventa giorno per giorno più labile. Uno di questi è il Topinambur, ormai tutti siamo abituati a riconoscerlo sugli argini dei rivi, ai bordi delle strade. Topinàmbur e non Topinambùr, come invece si sente spesso dire, nome datogli, quando arrivò in Europa, pare in seguito ad una serie di coincidenze sbagliate: si credeva che la tribù brasiliana dei Tupinambà se ne nutrisse solo perché alcuni di questi indigeni arrivarono in Italia insieme ai primi tuberi intorno al 1600, in realtà la sua origine è nel Nord America, Canada e fuori di lì, dove coltivati come foraggio, hanno anche sfamato intere popolazioni. E proprio su un sito del Minnesota ho trovato le uniche foto per identificarlo e distinguerlo da altri girasoli con i quali condivide non poche cose. Quindi Helianthus tuberosus L., il Topinambur, "Helianthus" fiore del sole, in quanto anche questo segue il percorso del sole, e si comprende "tuberosus" per le radici che formano i tuberi. Questi raccolti a fine fioritura, sono consumati crudi e cotti. Conosciuto nel resto del mondo con altri nomi, Carciofo di Gerusalemme, Rapa tedesca , patata del Canada, ecc. Ma come dicevo, essendo parente stretto dei girasoli, ne esiste una varietà quasi identica, presente in molte regioni d'Italia, che è l' Helianthus pauciflorus o Girasole selvatico. Posto foto prese dal sito minnesota wild flowers per un confronto con i miei topinambur e comprendere quanto siano simili. Le misure quasi identiche, i colori simili, piccole differenze, la stagione di fioritura che inizia molto prima e le punte dei petali che tendono ad attorcigliarsi nel girasole selvatico. Un piccolo aiuto può venire dalle foglie Ma la prova decisiva sta nell'estrarre le piante: se sotto sono presenti i tuberi quasi sempre rossastri, che ingrossano a fine fioritura, abbiamo trovato i Topinambur. Si raccolgono a inverno inoltrato. Questo il raccolto di oggi da poche piante selvatiche trapiantate un anno fa nel mio giardino, niente di eccezionale, ma più che sufficienti per un assaggio. Conviene provare a trapiantare un tubero di quelli acquistati per avere una varietà coltivata, probabilmente si hanno migliori risultati, ma sempre con il passare di qualche anno. Per quanto riguarda il gusto, il pensiero ritorna a quando mia madre negli anni '70 pretendeva di farceli mangiare con la scusa che assomigliassero al carciofo, facessero così bene ... e noi ... E stesso risultato ho avuto io in casa mia. Adesso che vivo sola posso mangiare quello che voglio, non posso dire che non mi piacciano ma neanche vado di corsa a raccoglierli, più che altro li dimentico, e mi ricordo quando vedo i fiori in questa stagione e mi riprometto di tornare a raccoglierli. E bene farei visto che ho imparato quanto sono utili in una dieta, per lo scarso apporto calorico, per l'importante presenza di inulina, per la presenza di fibra solubile che favorisce la microflora intestinale e quindi il transito, e per la vitamina A, B e H. Ricordando sempre che sono diversi gli effetti che hanno sull'intestino, alcuni possono essere ... per così dire ... scomodi ...😜 Si possono consumare sia crudi che cotti, grattugiati crudi nello yogurt per una merenda sana, nell'insalata ridotti in chips con il pelapatate. In Piemonte vengono serviti con la bagna cauda (qui>>la ricetta) sia cotti che crudi. Cotti, stufati, fritti, un po' come le patate. Tutte le ricette di quest'ultime si adattano. Anche i fiori, commestibili, si possono usare per decorare insalate e piatti vari. L'odore dei fiori tiene lontane le mosche, ed è per quello che li raccolgo sempre, quando le ultime mosche diventano noiose sentendo la pioggia e il freddo che arriva. Inoltre un bel mazzo rallegra all'istante anche l'angolo più buio della casa. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- LA COTOGNATA
Ingredienti: due belle Cotogne, zucchero, un fulmine. Infatti la mia sarebbe "La Cotognata fulminata" visto che martedì scorso mentre era in corso un bel temporalone, avevo in mano le cotogne per farla, quando un fulmine è entrato in cucina dal filo della parabola facendo esplodere decoder, router, prese e spine, salvavita ... e giusto perché avevo in mano i due frutti e dovevo pesarli ero a due metri di distanza, ciò è bastato a salvarmi da guai fisici peggiori anche se è rimasta la paura. Passato lo spavento, ma rimasta senza corrente elettrica, senza televisione e senza internet in attesa di ripristinare una parvenza di normalità, non mi rimaneva altro che continuare a fare la cotognata, non fosse che per distrarmi. Due notizie sulla pianta: il Cotogno, Cydonia oblonga Mill., 1768, è lui, è Cotogno e basta. Botanicamente non esiste la Mela Cotogna o la Pera Cotogna, semplicemente alcune varietà fanno frutti più allungati somiglianti alla pera e altri più arrotondati somiglianti alla mela, ma sempre e solo Cotogni sono. Conosciuta fin dall'antichità, dai Babilonesi, ai Greci ai Romani, è spesso rappresentata in dipinti, mosaici e quanto. Il famoso Pomo d'Oro era quasi certamente Cotogno, lanciato sul tavolo di un banchetto di nozze, dalla dea della discordia, con inciso "alla più bella" e vinto da Afrodite. Infatti il Cotogno è simbolo delle nozze, augurio di amore e fertilità e spesso Venere è raffigurata con una Cotogna in mano o su un carro di fiori e Cotogne. Usata per profumare cassetti e armadi, l'intenso aroma che sprigiona maturando può dare persino fastidio. È frutto non appetibile crudo, anche se per tradizione la giovane sposa dovrebbe addentarne uno prima della notte di nozze, la cottura ne fa sprigionare la dolcezza e trasforma il gusto acidulo in uno solluchero. Frutto dimenticato, quasi introvabile, non interessa i mercati, trasformata in Cotognata era una volta l'unico dolcetto, al posto di cioccolatini e caramelle non proprio per tutti, e ambizione perduta di mia madre trovare qualche frutto per avere il gusto di risentirsi bambina. Qualche coltivazione salvata al sud, famosa la Cutugnata salentina, ed è ben lì che le ho ritrovate anni fa e provato a farla, anche se al nord Codogno pare debba il suo nome proprio alla ricetta della Cotognata a pezzi. Esistono altre ricette che non conosco, un liquore, lo sburlon, in provincia di Parma e anche la Cognà Piemontese, salsa-marmellata di mosto d'uva e frutta, può essere fatta con le cotogne. Qui e là ora se ne riparla e quando mi capita anche solo uno o due frutti mi metto all'opera. E questo stavo giusto facendo l'altro giorno, pesavo le due grandi pere cotogne che mi aveva regalato l'amico dell'Az. Agr. Ka Bambù Le, più di un chilo, quando è entrato il fulmine in cucina... Detto questo garantisco che viene benissimo anche senza la presenza del fulmine durante il procedimento. Basta prenderle, anche una sola se bella grande, pulirla e lavarla a dovere per eliminare facilmente la peluria che hanno sopra, togliere le varie macchie o ammaccature della buccia senza toglierla, aprirle una a una e togliere il torsolo e i semi. Questi possono essere fatti bollire in poca acqua a parte, filtrata, con l'aggiunta di zucchero in ugual peso e fatta addensare, per ottenere una trasparente gelatina da usare per esempio sulle torte, dipende da quanti torsoli si hanno. Tornando alla Cotognata, ridotte le mele in pezzi, si mettono sul fuoco su una pentola con il fondo spesso, a filo di acqua e si fanno bollire fino a che non sono tenere. Con un frullatore ad immersione, o con il passaverdure o con un robot si passano in purea, si pesa e si aggiunge uguale peso di zucchero. Si rimette sul fuoco, meglio in una pentola larga e bassa e si fa addensare a fuoco medio, rimescolando fino a che non ha il colore scuro classico della Cotognata, con l'accortezza di controllare che non attacchi, cosa per altro facile a questa composta. Si prepara una teglia bassa e larga foderata di carta forno, leggermente inumidita si versa e si stende con il coltello fino a uno spessore gradito di due o tre centimetri. Appena fredda si copre con uno strofinaccio pulito o con carta da cucina e si mette a seccare per uno, due giorni. Trascorso il tempo giusto si rovescia, si toglie la carta dal fondo et voilà la cotognata perfetta Si taglia a strisce e a quadrotti e si passano questi nello zucchero semolato e si conserva cosi in vasi coperti come qualsiasi marmellata. Meglio in frigo se si vive in una casa particolarmente calda. In Salento, vengono conservati, in "arbanelle" di vetro inframezzati da foglie di alloro e dischi di carta forno, chiuso il tappo con carta profumata al rum e passati nello zucchero all'ultimo minuto. Un quadretto di Cotognata era l'unico dolce comperato da mia madre bambina quando stava eccezionalmente buona, insieme alle briciole che una volta venivano vendute a peso per poche lire in tutte le pasticcerie di Chiavari. "Dui franchi de fregógge", due centesimi di briciole, era la sua merenda preferita, mentre andava a scuola, e per briciole intendo briciole, quelle che il pasticcere faceva tagliando pan di Spagna, paste sfoglie ecc. ecc. che venivano vendute a peso. Altri tempi ... quando bastavano le briciole per essere felici. Non sarebbe più conveniente il temporale non farlo per niente? Un arcobaleno senza tempesta, questa sì che sarebbe una festa. Sarebbe una festa per tutta la terra fare la pace prima della guerra. (Gianni Rodari) Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- PETTO DI POLLO AL LIMONE DI NONNA MARIA
Da giovane ragazza ero riuscita ad ottenere dal mio severissimo padre, il mezzogiorno di giovedì libero per poter andare a pranzo da chi volevo. Questo giovedì poteva essere da amici o parenti, ma spesso era dalla nonna Maria. Un must da lei era il pollo al limone che ancora oggi dopo più di 50 anni continuo a fare e che tutti quelli che assaggiano replicano, e che mangiavo con piacere visto che mio padre aveva bandito il pollo dai tavoli di casa. Niente altro che scaloppine al limone ma di pollo, una ricetta semplice ancora oggi sulla mia tavola, che non stufa mai, che contiene il segreto di come la carne rimanga morbidissima e saporita, oltre al velocissimo tempo di esecuzione, proprio da ultimo minuto. Occorre solo petto di pollo a fettine, farina, uno spicchio di aglio (a piacere), due o tre cucchiai di succo di limone, olio, sale, un pizzico di dado di verdura in polvere (il mio qui>>>IL DADO È TRATTO ) ma se non si hanno preclusioni verso glutammati e simili anche mezzo dado sbriciolato, o una punta di estratto. Preparare il succo di limone spremuto. In una padella grande mettere uno spicchio di aglio vestito e schiacciato a scaldare in poco olio, mentre si infarinano le fettine, dopo averle eventualmente battute. Sistemarle nella padella non sovrapposte, il tempo di far sbianchire un lato, girare velocemente, abbassare il fuoco, togliere la buccia dell'aglio, salare, mettere il dado, distribuire il succo di limone, chiudere il gas, incoperchiare e lasciare almeno 5 minuti con il fuoco spento e il coperchio. Questo procedimento è d'obbligo per far rimanere il pollo morbidissimo, deve necessariamente finire di cuocere con il limone e il calore trattenuto dal coperchio. Se si finisce la cottura sul fuoco il petto di pollo diventerà sgradevolmente stopposo ed è il motivo per il quale viene spesso disdegnato e considerato un piatto da malati. Il tempo di stendere la tovaglia, apparecchiare e servire. Le fettine saranno morbidissime, l' aglio e il dado insaporiscono la carne scipita del pollo, il succo di limone conclude la cottura della carne senza renderla stopposa e gommosa, il vapore che si forma con il coperchio favorisce il sughetto gustoso, nessuna crema a incidere sulle calorie del piatto. Questo piatto, che ho cucinato ancora oggi, mi dà modo di ricordare mia nonna Maria, della quale volevo parlare da tempo, non era una gran cuoca, il tempo in cucina le pareva un po' sprecato, aveva da cucire lei, ma non si adattava comunque a mangiar male, sapeva i banchi del mercato dove avevano la verdura migliore, il negozio con il parmigiano più buono ma in offerta, la carne più tenera, passava la mattinata a fare la spesa, come si usava una volta. Aveva comunque dentro i segreti della mamma sua, la famosa bisnonna Clorinda, la "curandera local", che tanto ha tramandato a figli e nipoti in fatto di erbe e usanze. Lei invece, nonna Maria, donna indomita e volitiva, con tutto il cuore voleva diventare autonoma e cittadina, dimenticare riti e erbe, curarsi con l'Aspirina, passeggiare per Chiavari con calze, cappello e guanti, e comperare il necessario nei negozi. Nonostante fossero contadini sì, ma proprietari di terre, scendeva alla fine della prima guerra mondiale, a nemmeno 14 anni, sola, tutti i giorni da San Salvatore di Cogorno a Chiavari 5 km andare e 5 di ritorno a sera, a piedi, per imparare a diventare sarta. Con fare civettuolo per tutta la vita si tolse due anni, perché l'età una donna non la deve mai dire. Per affrancarsi dalla vita di campagna, si scelse accuratamente per marito un giovane chiavarese con due appartamenti, con il quale si scambiò solo qualche occhiata per strada, prima che lui andasse a chiederla. Il romanticismo non faceva parte della sua esistenza, baci abbracci carezze banditi, relegò il povero nonno innamorato della bella campagnola, a dormire in uno dei due appartamenti subito dopo la nascita di mia madre, perché lei aveva da cucire anche di notte. Nell'altro, diventata sarta prima di sposarsi, allestì la sua sartoria, arrivando ad avere fino a 12 lavoranti tutte assieme, giovani allieve che venivano ad imparare, e nessuno l'udì mai più dire una parola con la còcina dialettale. Come gestiva le sue sartine con piglio deciso e pugno di ferro in guanto di velluto, così nessuno riusciva a fare qualcosa contro la sua volontà, la sua parola era legge, l' abilità caratteriale nel perseguire un obiettivo il suo credo, ci metteva anni ma arrivava, pochissime cose non sono andate come voleva lei. In tarda età tornarono a dividere lo stesso appartamento ma mai la stessa stanza e i racconti ilari di mio nonno dei suoi tentativi di dormire con lei vengono ancora oggi riportati in famiglia. Il loro rapporto, per noi nipoti, era esattamente come vivere dentro ad una commedia di Gilberto Govi. Stonata come pochi altri ho conosciuto, in una famiglia di cantanti e suonatori, per ninna nanna ci cantava Fratelli d'Italia a ritmo sostenuto. Per lei, pragmatica e con tante cose da fare, la lentezza non esisteva. Chi avrebbe detto che il mondo ce l'avrebbe fatta senza di lei ... Il fallimento più grande della sua vita, questa giovane nipote dotata, che volle fare la strada all'indietro e sposare un campagnolo, vivere scalza e senza mutande in mezzo alle erbe: io. Non voleva nemmeno venire al matrimonio... il regalo me lo diede due anni dopo, sotto il ricatto di battezzare mio figlio nella Basilica dei Fieschi, chiesa di famiglia. E questo nonostante mio marito le piacesse moltissimo. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>











