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  • GAZPACHO IN PIMPINELLA

    Sono state giornate calde, torride e l'idea di accendere i fornelli o mangiare qualcosa di caldo non piace e così si è alla ricerca di ricette fresche e semplici. Io mi son fatta il Gazpacho. Non si può certo dire che sia una ricetta di casa mia, mi sbizzarrisco ora che sono sola, con una variante "erbicola" personale. Il Gazpacho, è una zuppa fredda, originaria dell'Andalusia. Non ho avuto la fortuna di poterlo assaggiare nel suo luogo di origine perché il sud della Spagna mi manca, e così mi affido a testi attendibili. Nella sua semplicità non è altro che pomodoro fresco frullato, senza la buccia, con l'aggiunta di cetriolo, eventualmente peperone e decorato con anelli di cipolla e lasciato relativamente liquido. Con l'aggiunta di pane raffermo, quadretti di prosciutto, fettine di uovo sodo diventa una vera e propria zuppa e prende il nome di Salmorejo. Non si cuoce niente, è davvero facile, le varianti sono infinite, impossibile sbagliare. La mia versione, non ha il peperone, e al posto del cetriolo (per alcuni dal sapore troppo deciso e indigesto) metto la Pimpinella (qui>>>), erba facilissima da trovare e dagli infiniti utilizzi, in pratica tutti quelli dove si usa il cetriolo, e anche di più. Per la proporzione bisogna affidarsi al gusto personale, se la Pimpinella piace ... Se non si trova la Pimpinella fresca serve il cetriolo. In origine gli ingredienti venivano pestati al mortaio e poi passati al setaccio, oggi ci si avvale dell'uso di un buon mixer o frullatore. Importante la varietà di pomodoro, essendo l'ingrediente principale, se si sceglie degli anonimi pomodori si avrà un anonimo sapore, di norma preferisco pomodorini. Per avere un Gazpacho fine è necessario pelare i pomodori, togliere i semi, altrimenti pur passandolo ad un setaccio si ritroveranno in bocca. Su come si sbucciano i pomodori ho già scritto (qui>>>). Per quanto mi riguarda non pelo i pomodorini, a me non da fastidio la buccia e comunque una volta frullato lo passo in un colino tipo chinoise. Non rimane che mettere tutto nel frullatore, pomodorini, pimpinella , una fetta di pane raffermo, un'ombra di aglio e frullare con un bicchiere d'acqua. Se lo si vuole pronto subito, oltre alle verdure ben fredde, basta sostituire il bicchiere di acqua con cubetti di ghiaccio. Lo passo in una ciotola e condisco con due cucchiai di olio evo, aggiusto di sale, pepe e mezzo limone spremuto o un cucchiaio di aceto di mele. Dopo un ragionevole tempo per raffreddarlo in frigorifero, si prepara in una ciotola aggiungendo anelli di cipollotto fresco e se si vuole fette di uovo sodo e foglioline di Pimpinella Il Gazpacho teme due cose: l'ossidazione veloce che toglie il colore, e se si tiene troppo in frigo si separa la polpa dal liquido. Per il colore pazienza, ma prima di servirlo è necessario mescolare bene, magari una ripassata veloce nel frullatore. È una felice idea sempre per un fresco aperitivo estivo, soprattutto nella versione più ricca, il Salmorejo. Sulla stessa base, in monoporzione, magari in bel bicchiere, si aggiungono dadini di pane raffermo ripassati in padella con un goccio d'olio, sale e pepe, striscioline di prosciutto crudo, uovo sodo sbriciolato, anelli di cipolla, cubetti di altre verdure, peperoni, pomodori, cetriolo, rendendo la zuppa più consistente. Si può servire con vicino le verdure già tagliate perché ogni commensale aggiunga quello che vuole e soprattutto con cubetti di ghiaccio per raffreddarla a piacere. Se si vuole, tanto non siamo in Spagna e non ci vede nessuno, piattini con quadretti di feta, di prosciutto cotto affumicato invece che crudo, di tortilla casalinga (frittata di patate), e tutto quello che viene in mente. Provare per credere. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • ACQUE PROFUMATE DISSETANTI (DETOX WATER)

    Perdindirindina! Sta per finire l'estate e mi sono dimenticata il post sulle acque profumate dissetanti e disintossicanti da bere! Ho scoperto che ora vanno di moda con il nome di "Detox Water", benissimo, salvo per me aver sempre messo qualcosa nell'acqua in estate per dissetarmi. Sono talmente facili e veloci da fare e buone che l'unica cosa è ricordarsi di metterle in frigorifero per averle pronte. Buone, naturali, economiche, senza zucchero, dissetanti, disintossicanti... Sconosciute con il nome di Macerati a freddo, come invece si chiamano nel mondo degli infusi e delle tisane, in quanto per alcune erbe il calore distruggerebbe le proprietà, come nel caso delle Bacche di rosa canina,(qui>>>) o della Malva,(qui>>>), dove il riposo per 6/8 ore in acqua fredda ne esalta le proprietà. Potrei scrivere combinazioni possibili per ore, dipende dal periodo e da quello che si ha sottomano, la più conosciuta è la semplice acqua e limone che credo si serva dalla notte dei tempi, citata anche nella famosa commedia genovese di Gilberto Govi " I manezzi pe majâ na figgia" quando nella casa di campagna stanno per arrivare gli ospiti e la Gigia tutta impettita chiede alla serva Colomba se è pronta la limonata da servire. Con il tempo alla semplice acqua e limone ho imparato ad aggiungere il cetriolo non sbucciato, a fette, e davvero diventa una bevanda rinfrescante e depurativa, per renderla profumata volete non metterceli due petali di rosa? Il procedimento è semplicissimo, acqua, possibilmente di fonte, fette di cetriolo, fette di limone, petali di rosa a piacere, qualche ora in frigo. Un'altra facilissima, di ritorno dalla passeggiata fra i boschi, è con Melissa, Menta, Ortica, e se volete Salvia,(qui >>>) una corolla di Cicoria (qui>>) per tappo, con l'aggiunta di cinorrodi di Rosa Canina, gli ultimi che mi ero seccata l'autunno scorso, ora è ancora presto, ma approfitto per ricordarveli, tra poco è ora delle prime raccolte, trovate le indicazioni, e tutto quello che potete fare con l'Ortica qui>>> Buonissima e depurativa quella con le cime di rovo, la mora di bosco. Petali di rosa e timo... Fette di pesche, limone e fiorellini di sambuco ... Insomma senza limiti alla fantasia. È l'occasione anche per vedere le differenze fra Ortica, menta e Melissa (qui>>) così simili nella forma ma diverse nel profumo Buonissima anche Mirtilli o More e Limone o Pompelmo se si possiede del proprio albero, sembrerà strano ma una delle migliori remineralizzanti è semplicemente Acqua e Anguria a pezzi. Le varianti infinite per chi ha fantasia, da inventare ogni giorno una diversa, omettete possibilmente lo zucchero, se la fate con frutta basterà quello suo. Da abusarne per tutta l'estate, da servire agli ospiti nei pomeriggi afosi o per aperitivo analcolico, da portarsi nel termos al mare o nelle passeggiate in campagna, non se ne potrà che trarne benefici. - Tutto pronto per le limonate?...Vassoi, bicchieri e tutto il resto? - Scì scignoa ... - E allora, marciare... svelta...di là - Ah, signora, il succao ... il zucchero per le limonate... - Va bene... per quello vengo poi di là io... - Ah signora, i limóin ... - Eh ma santo cielo!!!…ma allora cosa avete di pronto per le limonate?... - L ’ægoa, l'acqua...! " I manezzi pe majâ na figgia" https://www.youtube.com/watch?v=b0lFydi141M&t=2644s Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> Tutti gli usi alimurgici o farmaceutici indicati sono a mero scopo informativo, frutto di esperienza personale, declino ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.

  • DI FELCI E DI MAGIA

    Noi rubiamo come se fossimo dentro una botte di ferro, perfettamente sicuri; abbiamo la ricetta dei semi di felci, camminiamo invisibili Enrico IV - W.Shakespeare Splendono nei boschi verdi odorose e fresche le felci e avvicinandosi San Giovanni, un anno o l'altro mi toccava pur parlarne. Lo faccio con una certa ritrosia, come si deve quando si parla di riti, superstizioni e simili, scelte individuali e personalissime che ognuno fa per se stesso. Lo faccio per conoscenza, la poca che ho in proposito, rimarcando che "qui non si fa scienza o credenza ma tutto con coscienza" ... un po' anche trascinata dagli ultimi eventi dove mi è sembrato di assistere al ritorno di un nuovo buio medioevo dove è lecito dire e credere di tutto e di più. Ma l'umano è sempre stato così e quindi preferisco lasciarmi sfiorare dalla positività che mi possono regalare le erbe, in fin dei conti cosa sarà mai cercare di raccogliere il magico fiore della felce nella notte di San Giovanni, che potrebbe regalarmi l'invisibilità, confronto a tutto quello che ho letto e sentito in questi ultimi mesi? Ebbene sì, fra le erbe più magiche che si può, c'è sicuramente la felce. Quale? difficile dirlo, si parla di "felce d'acqua", e per me sono sempre state queste della foto sopra, lunghe, in grandi cespugli frequenti lungo gli anfratti e le valli ombrose dei miei boschi di castagno, che tanto mi hanno aiutata nelle composizioni floreali in chiesa, la Dryopteris filix-mas, la felce maschio. In realtà, chiedendo ad un amico esperto, a livello botanico per felce d'acqua si intende quelle appartenente al genere Salvinia, che vivono galleggiando sull'acqua. - Salvinia - Perché questo alone magico intorno alla felce? Pare che con l'osservazione delle piante, agli antichi non riuscisse di capire come si riproducessero, visto che non era possibile vederne mai i fiori, e di conseguenza i semi. In realtà è così, la felce è un organismo antichissimo che si diffonde per mezzo di spore, sulla pagina inferiore delle foglie sono presenti gli sporangi che lasciano cadere le spore che servono per diffondere la pianta e in qualche senso questa polvere veniva definita magica. Inoltre c'è chi parla di un effimero fiore bianco che compare solo nella notte del solstizio. Quindi un po' tutte le Felci sono considerate piante magiche, il meraviglioso Capelvenere di cui già parlai qui>>>, la Cedracca qui>>>, con tutto il loro bagaglio di doti e proprietà. In tutti i testi antichi si parla della magia delle felci e dei loro usi scaramantici, inutile li stia a ricopiare qui, alcuni sono riportati in questo articolo, se qualcuno ha piacere di leggere, molto è già scritto qui: https://www.fondazioneterradotranto.it/2018/07/25/la-felce-di-s-giovanni-o-del-solstizio-tra-leggenda-magia-e-medicina-popolare/ Per contro la mia foglia di felce nell'Acqua di San Giovanni qui >>> la metto sempre, adoro il profumo muschiato, il verde intenso, e la prediligo nelle composizioni floreali, così come era usata in quanto elemento decorativo nei giardini romantici dell' 800. Usate anche a scopo terapeutico, ma con una certa tossicità, e tante proprietà, una volta si facevano cuscini di felci secche per tenere lontane le pulci, per esempio nella cuccia dei cani. Post estrapolato dalla pagina fb "IL MONDO A TAVOLA Dalla Cucina Etnica alle Cucine del Mondo" di Vittorio Castellani Chef Kumalé I germogli ricciolosi di alcune specie, tossici se consumati crudi, in certe culture sono normalmente consumati cotti come verdura e addirittura commercializzati, dall'Asia alla Russia, alla Francia Settentrionale ai Nativi Americani, conosciuti con il nome di Fiddleheads, dette pastorali in botanica per la somiglianza con il bastone pastorale, il loro particolare modo di svilupparsi srotolandosi si chiama vernazione circinnata. -foto dal sito Actaplantarum- https://www.actaplantarum.org/galleria_flora/galleria1.php?view=1&id=2082 E allora fra scienza e credenza, sono pronta a cercare di raccogliere questo prezioso talismano che dovrebbe donarmi l'invisibilità, dote per altro che so darmi da sola se voglio, rifugiata come sono qui nel mio piccolo mondo antico, dove nessuno mi vede se non attraverso il virtuale, questa strana magia del terzo secolo. Quante cose da fare in questi giorni e sopratutto in queste notti! Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • FIOR DI CIOMBOLINO

    ... È un fior magato. Il suo germe quassú lo portò il vento. Il suo nome lo cantano le stelle. Nulla sa delle selve e dei giardini sparsi pel mondo: sta, fra tetti e cielo, felice: al mondo unico fior si crede, ed io l’amo per questo... Ada Negri È arrivato il momento di parlare anche di lei, la Cymbalaria muralis. Me la fece notare qualche anno fa quel gran saggio che è Don Sandro Lagomarsini, fermandosi un attimo al mio gazebo di selvatiche commestibili, da lontano segnandola col dito, abbarbicata ai muri del Castello di Varese Ligure, dicendomi : - Vedi lassù? Ora mangiano anche quella, la Cymbalaria - Un piccolo inciso per dire che non c'è stata volta che non ho incontrato Don Sandro e non ho imparato qualcosa e di lui potete leggere qui>>> Tornando al Ciombolino, da quella volta ho imparato a notarla sui muri a mezz'ombra, fra le pietre, in mezzo a Ombelico di Venere (qui>>>) e a Parietaria (qui>>>) per la sua rapida diffusione, ora che si moltiplicano i ruderi abbandonati. Fatta qualche ricerca, è vero si potrebbe mangiare anche lei. Dal sapore acre e amaro che ricorda il crescione, e per quello a me non piace molto, può insaporire le insalate. Con la giusta misura però, qualche fiorellino qui è la per decorare, qualche foglia per chi piace, perché ha comunque una certa tossicità. L'alto contenuto di tannini e mucillagini ne fanno una pianta usata per curare le emorroidi. Compresse imbevute nell'infuso ottenuto con la pianta possono essere applicate sulla parte e anche per accelerare la guarigione di ferite ed escoriazioni. Sempre meglio da fresca, pare sia usata anche per i calcoli renali. Un'altra piantina che, ad osservarla bene, regala inaspettate meraviglie botaniche. All'inizio crea un riparo di foglie carnose, che ricordano nella forma quelle dell'edera, coprendo la fessura dove stanno attecchendo le radici, poi con il suo esile portamento filiforme che scende flessuoso lungo i muri, sta attenta a non sovrapporre mai le foglioline perché possano raccogliere tutta la luce possibile, i piccolissimi fiori si allungano a cercarla fino a quando, diventati piccoli frutti giunti quasi a maturazione, allungano il peduncolo nella direzione contraria per raggiungere una nuova crepa all'ombra nel muro ove aprirsi e mettere radici. I fiori appunto, minuscoli, che sembrano piccole orchidee, perfetti, appena accennanti sfumature di viola, con al centro due punti di giallo vivace quasi a dire: - sono qui guardatemi! - Sembra impossibile che in un mondo di perfezione e bellezza simili ci sia posto anche per noi gente imperfetta al punto da pensare che la natura sia a nostra disposizione. Ieri non c’era. Or vive, tra due vecchi embrici. Se per poco io m’arrischiassi sovra il muretto del terrazzo, cogliere lo potrei. Non ardisco... Ada Negri Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • FIOR DI LINARIA

    - Ogni erba che guarda in su ha le sue virtù - Questa serie di post potrebbe chiamarsi "conoscetele con me" in quanto trattasi di erbe molto comuni, che vedo da sempre, ma delle quali non ho mai giovato degli usi che se ne può fare. Oggi è la volta della Linaria vulgaris Mill, in questi primi giorni d'autunno riempie ancora i campi, insieme a Solidago (qui>>>) e Topinambur, del quale parlerò prossimamente, tutti fiori gialli, come a sostituire la luce del sole che si sta attenuando. Per quanto mi riguarda ho sempre chiamato questi fiori bocche di leone selvatiche, e infatti alla stessa famiglia di quelle coltivate appartengono. Solo di recente ho scoperto, ma non provato personalmente, le proprietà e gli usi di questo fiore. È commestibile, ma per il momento ne riserverò l'uso decorativo delle corolle nelle insalate. È utile fresca, ridotta in polpa, o il decotto in impacco, per alleviare i disturbi delle emorroidi, pare calmi velocemente prurito e dolore. Il decotto serve anche per le infiammazioni agli occhi, o della pelle, per i foruncoli per esempio. L'infuso, sempre delle sommità fiorite, anche secche, aiuta nella stitichezza e nella diuresi. È pianta tintoria, da sempre il decotto concentrato di fiori era usato per i capelli biondi e pure per tingere le stoffe di giallo. Il suo nome deriva dalla similitudine delle foglie con quelle del lino, il fiore ricorda decisamente una bocca e rappresenta una sfida per gli insetti che devono arrivare in fondo per raccogliere il polline, sporcandosi così tutto il corpo e favorendo l'impollinazione. Questa è quella comune ovunque, ma sfogliando i miei libri ne ho scoperta una più rara a fiori tra il lilla e il blu, non ritrovata in Liguria. Ripeto non ho avuto modo di provarla personalmente, ma queste sono le ultime giornate per la raccolta e farne scorta, di conseguenza, scusate, non posso fermarmi oltre a chiacchierare, ho da andare a raccogliere per farle seccare, altrimenti come faccio a provarne le virtù? Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • FIOR D'ORCHIDEA

    La siccità dei mesi scorsi ha avuto una importante rilevanza sui fiori quest'anno. Il mio lillà ha solo una decina di fiori, trovo pochissimi iris nei campi e praticamente quasi nessuna orchidea. Forse cambierà qualcosa ora dopo le piogge. Volevo lo stesso scrivere due parole sulle orchidee selvatiche, non per fare un elenco di nomi botanici che per altro non sono nemmeno sicura di conoscere bene, più di tutto mi preme ricordare di come siano protette a livello non solo nazionale ma europeo, tanto da essere inserite nella Cites (Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora). Alcune varietà hanno una protezione totale in tutta Italia, alcune una protezione parziale. Non si possono cogliere i fiori, non si possono raccogliere le capsule dei semi, per nessuna ragione può essere estratto il bulbo sotterraneo. Sembrerà banale un post per dare solo questa informazione ma in realtà c'è ancora chi non sa che sono protette ma soprattutto c'è ancora chi non sa che sono orchidee spontanee. Mi sono trovata tempo fa a pranzo in un agriturismo dove i tavoli erano allegramente decorati da mazzolini di Anacampis morio con l'unica giustificazione che ce n'era il bosco pieno e figuriamoci se sono orchidee e se sono protette. Lo so, sono noiosa forse anche pedante ma tant'è non ho resistito a spiegar qualcosa. E poi a dirla tutta non c'è solo questo da dire, c'è altro. In fin dei conti questo è un blog di erbe commestibili! Una delle cause della estinzione delle orchidee selvatiche sono le proprietà che sono state attribuite al suo bulbo. La forma di quest'ultimo, somigliante ai genitali maschili, due tuberi ovali vicini, ha fatto sì che si creasse l'aspettativa di un potere afrodisiaco o che servisse per agevolare la procreazione, anche perché legato alla leggenda di Orchis, il focoso figlio del Satiro, che tentò di violentare una sacerdotessa e per questo punito e fatto a pezzi da bestie feroci. Dai pezzi sbranati crebbero le orchidee, per ricordare come fosse bellissimo e i suoi tuberi per rimarcare l'oltraggio del quale si macchiò. In medicina il prefisso orchi- è infatti usato per le malattie dell'apparato maschile. Ovvio che ho messo una foto presa da un vecchio libro di mia madre, non ho scavato e estratto i bulbi solo per fare una fotografia. Con queste premesse era adoperato il bulbo seccato e macinato per produrre una farina, il Salep, dal profumo dolce e conturbante, che è ancora in uso nei paesi arabi e mediorientali, oggi quasi solamente in Turchia, utilizzata per bevande simili alla cioccolata e gelati da passeggio. Questi paesi non hanno aderito alla Convenzione di cui sopra, ma quello di cui non mi capacito che si possa tranquillamente acquistare su internet, visto che ne è proibito il commercio in tutta l'Unione Europea, tanto è vero che, per esempio in Germania, viene usata la gomma guar come sostituto per chi vuole assolutamente berlo. Eppure con le moderne tecnologie, basta frugare un po' sul web e, vicino a improbabili composti in polvere sostitutivi artificiali, c'è tranquillamente la possibilità di comperare quello vero. A questo punto diventa difficile convincere che non è il caso di consumare i tuberi di orchidea. Tra l'altro la scienza non ha minimamente confermato le famose proprietà afrodisiache e tanto meno quelle procreatrici, ma solo un debole potere antidiarroico. È semplice da capire come estraendo il bulbo se ne impedisca la propagazione, visto che le orchidee in genere hanno una riproduzione complicata per seme e comunque raccogliendo il fiore si finisce per impedire anche quello visto che senza fiore il bulbo non arriva a maturazione. In Turchia però le orchidee per produrre il Salep sono coltivate, quindi ... Di forme e colori diversi, alcune orchidee sono talmente specializzate nella loro forma, per invitare gli insetti all'impollinazione, da assomigliare all'insetto stesso. Di altre orchidee, quelle che qui da noi sono fiori preziosi coltivati, e in altre parti del mondo fiori spontanei, non parlo se non per ricordare la Vanilla planifolia Jacks. ex Andrews, da tempo coltivata nei paesi tropicali per i suoi frutti profumatissimi, la Vaniglia o Vainiglia, come l'abbiamo sempre chiamata un tempo, famosa per il suo uso in cucina. - foto dal web - Come scrivevo sopra non mi attarderò a scrivere i nomi botanici, potrei sbagliarli, ci sono centinaia di libri sull'argomento, uno fra tutti Orchidee d'Italia - Guida alle orchidee spontanee . Tra i siti che si occupano di orchidee ho trovato questo, molto chiaro e semplice da consultare, se qualcuno vuole approfondire. Il Matese è uno dei luoghi dove sono concentrate le più varie specie di Orchidee spontanee italiane. https://www.matesenostrum.com/orchdee-spontanee-specie Fotografi che si occupano solo di fotografare orchidee selvatiche, e fra i miei amici Antonio Andreatta, al quale ho rubato le foto più belle, come quelle che seguono che si distinguono molto facilmente dalle mie sopra. Per chi serba il cuore di un'Orchidea, Le paludi sono rosa a giugno. Emily Dickinson Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • HEMEROCALLIS, IL GIGLIO TURCO

    ... possa l’Hemerocallis al di là degli alberi salvarmi dalla mia miseria ... Canti Classici (cit.Andrea De Donato) L'Hemerocallis, "bellezza di un giorno", più o meno questo è il significato di questo fiore di un arancio caldo, che se si è fortunati si può incontrare nei boschi adesso a giugno, e certamente nei giardini di una volta dove formava abbondati bordure profumate, fino a diventare infestante. Se ne parlo qui fra erbe e fiori mangerecce e ricette di campagna è perché questo bellissimo fiore è commestibile. Confesso che la prima volta che mi è stato proposto in un piatto ho pensato che mai avrei mangiato un giglio e lì feci il primo errore, nel senso che l'Hemerocallis non è propriamente un giglio anche se la sua somiglianza lo fa confondere spesso con il così detto Giglio di San Giovanni, il Lilium bulbiferum, presente nello stesso periodo, sempre allo stato selvatico, protetto e non commestibile. Alcuni caratteri distintivi permettono l'identificazione. L'Hemerocallis ha foglie nastriformi in grossi cespi solo alla base, il fiore arancio striato, leggermente pendulo sullo stelo gracile privo di foglie. Il Giglio ha portamento eretto con lo stelo rigido dove sono presenti le foglie. Per questa somiglianza e per il medesimo periodo di fioritura spesso vengono chiamati entrambi Giglio di San Giovanni, ed è per questo che il nome botanico è sempre importante e non bisogna affidarsi solo al nome popolare. - a sinistra Hemerocallis, a destra Lilium - il Lilium nella foto, protetto non va raccolto, questo si è trovato, ahimè, sulla strada di una falciatrice durante la fienagione. È necessario non fare confusione perché il Lilium potrebbe essere tossico, mentre l'Hemerocallis si mangia. Identificato non resta che portarlo nel piatto. L'uso in cucina è antico come il tempo, già è nominato negli scritti del Confucianesimo, Dioscoride ne parla e forse per questo è chiamato Giglio turco. In Cina dove è largamente usato, in cantonese chiamato "verdura d'oro", intere famiglie vivono della coltivazione e la raccolta di questo fiore, che poi essiccato è portato ai mercati. SI mangiano i fiori interi, i petali dal sapore dolce e profumati leggermente di limone, meno gli steli e i tuberi, usati anche dalla medicina popolare cinese. Le foglie no, è meglio di no. Raccolti quando appassiscono, prima che cadano, oppure quando il bocciolo è pronto a sbocciare, usati freschi per una meravigliosa decorazione per piatti e insalate, zuppe, fritti, cotti stufati in padella pochi minuti, o fatti seccare, poi reidratati in acqua tiepida e saltati velocemente in padella con erbe aromatiche e spezie sempre tenendo conto del sapore tendente al dolce. Nel mondo occidentale ha trovato largo spazio anche nei giardini dove forma angoli tappezzati molto gradevoli, ed è stato ibridato in altri colori. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • DELLA CICORIA E DELLA CIOFÈCA, il ☕️ di una volta

    Non c'è cicoria che guardi in su che non abbia le sue virtù Con il nome di Cicoria vengono individuate molte piante, spesso il Tarassaco (qui >>>), quasi uguale nella foglia e, in definitiva, molte insalate visto che la cicoria comune è la madre di quasi tutte quelle che mangiamo, ma solo quella con il delizioso fiore azzurro è Cichorium intybus L., 1753 fiore di cicoria E' una delle piante più antiche conosciute e mangiate dall'uomo, tracce del suo uso si riscontrano nelle grotte preistoriche. E' facilmente individuabile in estate con i suoi fiorellini azzurri dalla forma simile a una margherita, in primavera le sue foglie tenere possono essere consumate in insalate o bollite sole o nel misto di verdure e per certe ricette può essere ripassata in padella con aglio e olio. Ha proprietà digestive leggermente lassative, disintossicanti, depurative, per fegato e reni. Queste qualità si concentrano a fine estate nella radice, che fin dal 1600 viene utilizzata per una bevanda che sostituisce il caffè senza averne gli effetti eccitanti, anzi ha solo effetti benefici sull'organismo, dati dall'acido caffeico contenuto. Il nome di questo decotto spesso viene associato alla parola ciofèca, che in parole povere vuol dire "bevanda dal sapore cattivo", tanto per capirci... e per comprendere perché abbandonata per preferirle il caffè, tralasciando completamente i risultati positivi che aveva sulla salute. Per provare a fare questo succedaneo del caffè, come una volta, è ora il momento di raccoglierla, in autunno, dove mesi fa abbiamo visto i suoi fiori, cercando le piante più grosse e evitare le piante più piccole per goderne la primavera prossima. Tolgo le foglie al colletto, pulisco e lavo e le preparo per bollirle Lavo accuratamente le radici con una spazzolina o una paglietta e taglio a rondelle per accelerare il processo di essiccazione. In questo mi aiuta come sempre la stufa a legna, ma se ho premura e una quantità limitata, mi aiuto con qualche passaggio in microonde 5 minuti alla volta alla massima potenza. Tra una volta e l'altra tiro fuori e mescolo. A questo punto tosto in padella (ancora possiedo quella apposta per la tostatura), ma si può fare in una normale senza il coperchio, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. Mi regolo dal profumo che sprigiona che assomiglia vagamente a quello del caffè, facendo attenzione che non bruci. Ora posso macinarlo e metterne a bollire un bel cucchiaio in una tazza d'acqua per due o tre minuti, filtrare e bere. Se ho a disposizione dell'orzo o della segale crudi, tosto anche quelli e faccio una miscela in proporzioni come più mi piace e, nella versione di lusso, aggiungo qualche cucchiaino di caffè. Si può fare anche nella classica moka, l'importante è riempire il filtro a metà. Ci conosce la cicoria leva la palandrana al farmacista Può sembrare una cosa lunga, ma stamattina ho raccolto, essiccato e macinato. Ho pulito e bollito la verdura e questo a mezzogiorno è il risultato. Buon appetito e buona bevuta ☺️. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • 🌱🌱 TARASSACO 🌱🌱

    - Quello di cui ho bisogno è il dente di leone che fiorisce a primavera. Il giallo brillante che significa rinascita anziché distruzione. La promessa di una vita che continua, per quanto gravi siano le perdite che abbiamo subito. Di una vita che può essere ancora bella. - (Suzanne Collins) Da quando vado raccogliendo erba in compagnia, mi sono resa conto di come sia difficile per alcuni identificare il Tarassaco o dente di leone o dente di cane o piscialetto dalle altre erbe simili. Credo di averlo riconosciuto da sempre, non ricordo un momento della mia vita che non sapevo cosa era, prima ancora di distinguere il sedano dal prezzemolo... quando all'arrivo della primavera mia madre scendeva nei prati, e io con lei, e ne faceva dei grandi "grilletti"(insalatiera in genovese), tagliato fine crudo e condito a volte con uova sode, a volte con cipolla, a volte con acciughe salate o patatine novelle bollite, o lo si raccoglieva per il misto di erbe, il nostro Prebuggiun (qui>>>). Così cercherò di descrivere come faccio io, quali sono le mie empiriche valutazioni per riconoscerlo, anche se non me ne rendo nemmeno conto e spesso è l'istinto che mi guida. Intanto se andiamo a cercare in modo scientifico, scopriamo che esiste il genere e la tribù Tarassaco e quindi ne esistono diverse varietà con leggere differenze che da semplice raccoglitrice poco mi riguardano se non per mera informazione, visto che sono infinitesimali e non inficiano sulle proprietà e gli usi, che sia uno che sia l'altro. Aggiungo inoltre che una possibile confusione a scopo alimentare, fra Tarassaco, Sciscerba (qui>>>), Cicoria (qui>>>), Crepis, o tante altre simili, usate comunemente, poco avrebbe di conseguenze se non un gusto diverso, più o meno amaro. Ma crudo è in assoluto il migliore, il più tenero e il più appetibile e quindi vediamo come fare. Sempre scientificamente il riconoscimento avviene tramite il fiore e quindi eccolo: secondo l'orologio di Linneo si apre dopo mezzogiorno, tra l'una e le due un sole giallo con tanti petali, della grandezza di una bella moneta inconfondibile anche da chiuso, per la presenza delle "brattee" che altri non hanno, un fiore solo per ogni lungo stelo, lo stelo grosso e cavo, tanto che si può costruire una trombetta 😀 Quando fiore e stelo non sono presenti, scostando le foglie e raggiungendo il centro è possibile, specie in primavera, con la prima fioritura, trovare il bocciolino chiuso al centro della rosetta questo non succede con altre, nella foto sotto una pianta di Cicoria, dove le foglie sono simili ma al centro della rosetta non c'è il bocciolo chiuso Osservando le foglie lunghe e lanceolate, il nome Dente di cane o Dente di leone è dato dalla punta spesso più accentuata dei lobi che assomigliano a un dente. il colore verde con a volte una sfumatura rossastra nel gambo, completamente glabre, senza peli, lisce, sottili. Queste sono tutte foglie di Tarassaco, prese nello stesso prato da piante vicine, ma evidentemente di varietà diverse. Si riconoscono però in tutte i "denti", anche nella più foglia più arrotondata alla base, da qualche parte, si può trovare la punta arcuata appuntita che assomiglia a un dente e che empiricamente se fornisce il riconoscimento e il nome dialettale. Caratteristica che erbe simili non hanno. queste sotto invece sono foglie di piante molto simili a confronto, tutte commestibili, e con fiore giallo simile ma diverso da quello del Tarassaco, meno la Cicoria che lo ha azzurro. E anche qui potete vedere i "dentini" Al tatto quella di Tarassaco è sicuramente quella più sottile e liscia e completamente senza peli La rosetta è facilmente composta da molte foglie, più spesso si tratta di tante rosette che nascono dalla stessa radice Una volta sfiorito il fiore si trasforma in un pappo formato da tanti peli bianchi che tutti abbiamo soffiato da bambini, e per questo il Tarassaco è conosciuto anche con il nome di Soffione e ha dato origine a infinite leggende e poesie. Per riassumere le informazioni per riconoscere il Tarassaco cercate bocciolo, fiore, stelo cavo e soprattutto dente: Una volta riconosciuto si può approfittare e mangiarne in ogni modo. Crudo tagliato fine, io tutti i giorni in stagione. Un consiglio, per mangiarlo crudo si deve guardare bene le foglie una a una, tagliarlo fine, sul tagliere, tenendo con la sinistra il mazzetto e con la destra il coltello metterlo a bagno tagliato e poi in un canovaccio o nella centrifuga per insalata per togliere l'eccesso di acqua. Se lavate le foglie prima risulterà quasi immangiabile. Certamente il tempo che lo tenete a bagno deve essere brevissimo, solo quello necessario per lavarlo. Cotto insieme alle altre erbe nel misto del Prebuggiun (qui>>>) Ma ben più affascinanti sono gli usi dei fiori. Ancora chiusi, semplicemente mescolati a sale grosso e usati durante l'inverno come capperi. Più interessante ancora il profumatissimo sciroppo di fiori di Tarassaco. Raccolti in una bella giornata di sole, quando si aprono, dopo mezzogiorno, cerco di evitare il passaggio in acqua, ma nel caso sciacquo molto molto velocemente e metto ad asciugare. Premendo fra il pollice e l'indice della mano destra tengo solo i petali gialli eliminando il calice e metto in una casseruola con due o tre limoni tagliati a pezzi e faccio bollire per trenta minuti. Calcolo 1l e mezzo di acqua per 350gr. di fiori più o meno. Lascio raffreddare, qualche ora , ma anche tutta la notte. Filtro, peso e aggiungo 800gr. di zucchero, se si vuole di canna, ogni litro/chilo di liquido filtrato. Rimetto sul fuoco e faccio bollire fino a ottenere la consistenza sciropposa, come tutti gli sciroppi 20-30 minuti. Assomiglia talmente al miele per profumo colore e consistenza che che viene comunemente chiamato miele vegan di Tarassaco. L'importante è ricordare che è uno sciroppo ottenuto con zucchero, e non ha sicuramente le proprietà di un miele fatto dalle api. Le proprietà curative del Tarassaco sono tali che esiste la"tarassacoterapia" a base di composti di radici e/o foglie. A casa si può preparare un macerato di fiori messi in acqua bollente per una notte, o anche il decotto amaro della radice, ma anche il consumo quotidiano crudo non può che far bene al fegato. Oltre alle proprietà depurative ne ha altre diuretiche tanto da essere chiamato Piscialetto e si può facilmente intuire il perché 😅 Ho perso il mio sorriso, ma non preoccuparti. Ce l’ha il dente di leone (Nhat Hanh) Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> Tutti gli usi alimurgici o farmaceutici indicati sono a mero scopo informativo, frutto di esperienza personale, declino ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.

  • FIOR DI GIAGGIOLO

    ... la brace qua copre, là desta, passando, frr, come in volo, spargendo un odore di festa, di nuovo, di tela e giaggiolo. G.Pascoli Quest'anno tutto sembra correre più degli altri anni, complice l'inverno poco freddo, le giornate soleggiate e infine adesso finalmente la pioggia, che accelera lo sbocciare di tutto quello che ardentemente la aspettava. Già da metà aprile in giro ho visto Giaggioli fioriti, le orchidee dei poveri, che una volta usavo per adornare l'altare il giorno di San Filippo Neri, essendo la seconda metà di maggio, più o meno, l'epoca di sbocciatura qui. Se la natura sembra essere precipitosa, la mancanza d'acqua ha fatto si che tutti i fiori siano pochi, molto meno degli altri anni. Gli Iris che si trovano ancora qui nei poggi, selvatici, in campagna, una volta invasivi, sono quelli dal grande fiore blu violaceo, con tre petali ritti interni e tre pendenti esterni spesso ondulati. Giaggioli li abbiamo sempre chiamati e Iris invece le varietà diverse da giardino, ma è una distinzione che non esiste, sono tutti Iris, anche se forse mia madre intendeva per giaggioli quelli con il rizoma e per iris quelli con i bulbi venduti come fiori da giardino. - foto dal web- Ho scoperto poi la parola derivare da "ghiacciolo" per via dell'Iris bianco, frequente nelle campagne toscane e preso a simbolo della città di Firenze, chiamandolo erroneamente Giglio Fiorentino. Un curioso aneddoto vuole che lo stemma Ghibellino fosse fiore bianco in campo rosso, ma alla vittoria dei Guelfi i colori furono invertiti. Dagli anni '50 esiste una competizione che promuove la ricerca di un Iris dello stesso rosso di quello del Gonfalone della città, che ancora nessuno è riuscito a riprodurre. Sotto Piazzale Michelangelo a Firenze un giardino racchiude le tremila specie di colori diversi, che sono uscite fino adesso dalle ibridazioni ed è uno spettacolo vederli in questi giorni fioriti. Con queste genti vid’io glorioso e giusto il popol suo, tanto che il giglio non era ad asta mai posto a ritroso né per division fatto vermiglio… La Divina Commedia - XVI canto del Paradiso. IL GIARDINO DELL'IRIS - qui>>> E spinse Iri, ch’à d’oro le piume, a recare un messaggio: «Iri veloce, va’, reca ad Ettore questo messaggio... Iliade, XI,18 il nome Iris da Iride, messaggera funesta di Zeus, con ali d'oro, vestita di gocce di rugiada riflettenti la luce. Lascia dietro di sé, scendendo dall'Olimpo, un arco iridescente di mille colori, preferita da Giunone, alla quale invece porta solo buone notizie, e che la trasforma in arcobaleno. Fiore conosciuto da tempi antichissimi, pare che il faraone Thutmosis III, 1500 anni prima di Cristo, lo portò dalla Siria e che alcune raffigurazioni della pianta si vedano nel tempio di Amon a Karnak. Se è arrivato fino a noi è anche per le sue proprietà usate specialmente in profumeria. È nello stemma di Firenze, perché le colline toscane ne sono coperte, specie della varietà Iris pallida, coltivato da tempi remoti per essere inviato alle profumerie, soprattutto di Grasse in Francia, ma ovunque nasca un profumo. Anche se negli ultimi anni la produzione è diminuita tantissimo, per via del lavoro quasi esclusivamente manuale di raccolta, essiccazione e pulitura del prezioso rizoma, che dura anche tre anni prima di avere il prodotto finito, aspetta il riconoscimento di una Igp che lo valorizzi ulteriormente. È ormai diffuso l'uso di prodotti di sintesi che non potranno mai dare lo stesso risultato, Anche se pochi lo sanno il suo profumo fa parte anche del bouquet di alcuni liquori. Ed è appunto la radice o meglio il rizoma che contiene la preziosa fragranza, anche se già il fiore la annuncia. Dopo tre anni della messa a dimora viene tolto dalla terra, pulito dalle barbe uno per uno con un roncolino, i migliori, rizoma bianco, spellati e messi a seccare al sole, altri recuperati anche così e detti rizoma nero, seccati a fette. Solo alla fine di tutti i passaggi si sentirà il profumo intenso di violetta che non si avverte nel rizoma fresco. Tutto il lavoro è svolto manualmente. Oltre ai profumi e ai liquori è usato anche in cosmetica, per esempio macinato per essere aggiunto a ciprie e a talchi. Si racconta che la Contessa di Castiglione usasse cospargersi con la polvere di Iris, chiamata per questo la polvere della Contessa, per far cadere gli uomini ai suoi piedi Al link sotto un interessante video sulla lavorazione del rizoma in Toscana Come tante piante bulbose o con rizoma ha una mappa di protezione che varia da regione a regione e da varietà a varietà. Non ho notizie certe sulla sua commestibilità, pare che fosse usato per tosse e depressione, in casa noi mai usato, anzi, ritenuto se non proprio velenoso, quasi. Come per tante altre cose ho trovato notizie contrastanti quindi mi attengo a ciò che ho sempre fatto o visto fare. Quello che invece proverò sarà di mettere un rizoma secco nel cassetto della mia biancheria, come facevano le nostre nonne, per sentirne sprigionare il profumo ogni volta che lo apro. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • CARCIOFINI SOTT'OLIO

    Dopo tanto tempo fra erbe, raccogli le erbe, porta le erbe, racconta le erbe, oggi mi sono concessa un pomeriggio. D'altra parte si aspetta la pioggia benedetta e riuscirò a stare un po' a casa, viste le previsioni, l'altra sera, tornando, al supermercato, ho trovato un po' di carciofini, ovvero gli ultimi carciofi piccoli che rimangono sulla pianta nei rami secondari e che vengono usati per essere conservati sott'olio. Il periodo che si trovano in vendita almeno qui da noi è questo, tra fine aprile e inizio maggio poi non ne arrivano più, e quelli dell'altra sera mi sembravano già abbastanza malconci da essere gli ultimi. Li ho presi lo stesso, mi piacciono troppo, e nonostante l'aspetto esteriore so che dentro poi saranno diversi, d'altra parte o faccio questi e devono essere piccoli, o non mi perdo a mettere sott'olio quelli più grandi divisi a spicchi, perché sono davvero tutta un'altra cosa, un altro sapore, al di là dell'aspetto estetico. Pulirli è meno tragico di quanto possa sembrare, basta osservare qualche accortezza. Si taglia sotto le punte, si taglia all'attaccatura del gambo, si arrotonda il fondo in modo da togliere in solo gesto anche le prime foglie più dure, e il carciofino è pronto da mettere a bagno con acqua fredda e limone. Puliti tutti, si fanno bollire in aceto, con un grano di pepe, una foglia di alloro, sale, uno spicchio d'aglio. Non serve molto liquido, appena appena coperti, e si fanno cuocere cinque minuti, non di più perché non serve, devono essere bei croccanti. Premuti leggermente in un canovaccio pulito e lasciati asciugare qualche ora, si sistemano poi per bene in una arbanella pulita e si coprono di olio di oliva, distribuendo il pepe, l'alloro e l'aglio bolliti insieme. Non metto mai prezzemolo nelle conserve, mi sembra diventi scuro e cambi sapore, aggiungerne un poco fresco al momento dell'uso è un attimo. Dovrebbero rimanere una decina di giorni per insaporirsi, io non ci riesco quasi mai, a meno che non ne trovi una quantità tale che mi permette di farli durare un po' di più. Classici nell'antipasto, sulla pizza, per una pasta veloce, un contorno, una bruschetta e chi più ne ha più ne metta. I più grandi, quando in questo periodo vengono venduti a cassetta, li pulisco con lo stesso metodo, taglio in quattro e dopo una brevissima sbiancatura di pochi minuti in acqua bollente li metto in congelatore e saranno pronti per fare torte, sughi, stufati. Metto in congelatore, in anni che si possono comperare senza un mutuo, anche quelli di prima scelta, tagliati a fette spesse, passati nella farina poi nell'uovo sbattuto e infine nel pane grattugiato pronti per friggere assolutamente in olio evo Altre ricette con i carciofi https://www.lellacanepa.com/single-post/2018/02/15/torta-patate-e-carciofi-a-modo-mio https://www.lellacanepa.com/single-post/2018/03/31/pasqualina-e-cappuccina Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • FIOR DI PERVINCA

    ... pur viva è la boscaglia, viva sempre ne’ fior della pervinca... - Il bosco - G.Pascoli Ogni volta che arriva la stagione dei fiori, ognuno che vedo mi sembra sempre il più bello, il più perfetto. Fra questi tra i primi della stagione ci sono senz'altro i fiori di Vinca e ricordo sempre la prima volta che bambina li vidi nel bosco, meravigliata, credendo che un fiore così dovesse essere scappato da un giardino. Invece siamo noi che dal bosco l'abbiamo presa e portata ad abbellire gli angoli ombrosi, anche da paesi lontani. Tappezzante, in grado di sconfiggere qualsiasi altra erba, con una piccola talea in poco tempo si può avere un tappeto sempreverde che non teme il gelo e che a primavera si copre di fiori tra un azzurro e il viola tendente al grigio, il color pervinca appunto. Per questo motivo in alcuni paesi questa selvatica è messa al bando e si preferiscono varietà tropicali coltivate meno resistenti e meno espansive, anche se la nostra con le sue radici fitte contribuisce a tenere fermi i terreni in pendio. Presente nei boschi di tutta Italia, fino a più o meno 1000 mt., normalmente in due varianti la Vinca minor e la Vinca major, più una in Sardegna Vinca difformis. Il nome dal latino con il significato di "legare" proprio per i rami flessuosi e resistenti. Le foglie verdi lucide su tralci dapprima irti e poi striscianti a formare nuove radici. Occasionalmente si può trovare bianca, a volte raramente con le foglie variegate, quelle nei garden in diversi colori provengono dai tropici. Se si vuole abbellire un angolo ombroso del terrazzo con pochi vasi si può avere un effetto spettacolare. - foto dal web - Ahimè, questa però non si mangia, anzi meglio fare attenzione per la presenza di una certa tossicità importante, quindi niente usare i fiori, neanche per abbellire un piatto... e quanto me ne dispiace. Sono certi i suoi effetti, usati in farmacologia per medicinali legati all'irrorazione cerebrale, affezioni vascolari dell’encefalo, per migliorare le funzioni del cervello come vasodilatatore, se è capitato a qualcuno di assumere per qualche motivo una medicina di questo tipo, dopo per esempio un'ischemia è possibile che fosse a base di Vincamina, l'alcaloide estratto proprio dalla Vinca minor. Per usi esterni pare faccia bene alla pelle con dermatosi, eczemi e fermi il sangue. L' infuso di foglie sembra sia una cura di bellezza per il viso, applicato come impacco sulle pelli delicate, io non ho ancora provato, nel caso diventassi bellissima vi saprò dire. Fiore pallido, pervinca timida Conosco il luogo dove sbocci, Ai piedi delle montagne, la tua fronte si piega per incantare meglio i nostri occhi amorevoli! » La pervinca , Alphonse de Lamartine In tempi antichi, conoscendone bene gli effetti, veniva usata per filtri d'amore e indicata come il cibo di cui si nutriva Venere e chiamata Viola delle streghe. Ancora adesso navigando per internet si trovano pseudo ricette antiche e me ne stupisco molto, visto che non è davvero il caso di fare prove per avere poi possibili disturbi sia a poco dall'assunzione che dopo qualche tempo; dalle solite nausee e vomito a mal di testa e allucinazioni, per arrivare nel giro di una settimana al coma. Aux quatre coins du lit, aux quatre coins du lit Quatre bouquets de pervenches, quatre bouquets de pervenches Quindi nonostante le proprietà magiche di rendere la nostra unione d'amore grondante di fedeltà lasciamo perdere, nel caso si può arrivare a infilare le foglie nei materassi come facevano una volta, o a spargerle sotto il letto dell'amato perché ci resti fedele, dato che l'altra usanza, quella francese, di legare quattro mazzetti di pervinca ai lati del letto delle spose vergini credo sia difficilmente attuabile. Venivano anche sparsi fiori sul cammino che gli sposi facevano il giorno delle nozze, al giorno d'oggi abbandonate le pretese di fedeltà e tantomeno di verginità sarà opportuno farsi bastare il significato associato a questo fiore: tenacia nel preservare i bei ricordi. Per questo la Pervinca è anche un fiore dei morti visto che con i suoi rami si intrecciavano corone funebri a perenne ricordo di chi lasciava questa terra Frammezzo a ciuffi di primule, in quel fragrante pergolato S’arrampicava la pervinca con le sue ghirlande, E qualcosa mi diceva che ogni fiore Si beava dell’aria che respirava. Gli uccelli a me d’intorno saltellavano per gioco, E pur non sapendo leggere nei loro pensieri, Il loro minimo sussulto Mi sembrava un guizzo di piacere. I rami in boccio aprivano i loro ventagli, Per irretire i soffi della brezza, E per quanto dubiti son sicuro Che là regnava il piacere. Se questi pensieri non so allontanare, Se tale è il senso della mia convinzione, Non ho forse ragione di dolermi Di ciò che l’uomo ha fatto dell’uomo ? (W. Wordsworth, 1798 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

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