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- È TEMPO DI AMENTI
Di scorcio nel pendio della collina pallida sul lago non fronde non verdezza. Solo i nocciuoli tra i fusticelli diramati all'aria hanno allungato i ciondoli giallini e ingemmato il rossore degli stimmi. Forse così d'incerta pubescenza trasparve nella prima età la primavera ermafrodita. Più in là, dimenticato al margine dell'acqua, è un rimasuglio delle nevi... A. Richelmy - Febbraio - È tempo di amenti e occorre parlarne. Appunto, ma esattamente cosa sono questi "amenti"? Passeggiando in campagna, tra fine gennaio e febbraio, il primo debole segnale della primavera in arrivo sono i fiori penduli del nocciolo, mentre lungo i corsi d'acqua i salici iniziano a mostrare i loro "gattini". Ebbene questi sono amenti, nome di alcuni fiori di specie botaniche. I primi fiori, anche se pochi sanno che sono fiori. Quelli penduli, spesso se non sempre, sono maschili, come quelli del nocciolo, mentre le infiorescenze femminili di quest'ultimo sono piccole e poco evidenti se non ad un occhio attento. Piano piano più avanti nei mesi si vedranno quelli di betulle, ontani, querce, castagni e pioppi. Sono fiori che si servono del vento (anemofili) che trasporta il polline anche a km di distanza ad un altro albero simile, visto che di solito non possono impollinare lo stesso albero. -amenti di nocciolo- Pur non servendosi di insetti impollinatori, il pensiero va ugualmente alle api che trovano negli amenti di nocciolo il primo cibo utile dopo l'inverno per riprendere l'attività, nutrire la regina dell'alveare che ricomincerà a covare. Le api andranno in seguito a raccogliere il nettare di tutti i fiori primaverili, prodotto da questi proprio per attirare le api e favorire l'impollinazione, con il quale produrranno il miele, fonte di zuccheri nella loro nutrizione, ma adesso servono le proteine e se pur il polline degli amenti di nocciolo non ne è ricchissimo, la grande quantità di fiori prodotti dagli alberi è di primaria importanza per la loro sopravvivenza. - amenti di ontano - Al di là della curiosità botanica di scoprire che sono fiori, anche l'uomo se ne è servito nella sua alimentazione. In questa corsa a scoprire quello che c'è di edibile in natura, e basterebbe capire che se siamo qui dopo più di 200.000 anni e perché è quasi tutto commestibile, si riscoprono ricette e usi abbandonati ed è tutto un fiorire di frittelle e bevande a base di amenti. Personalmente, pur sapendo che ci si poteva nutrire di questi particolari fiori della betulla, dell'ontano, del pioppo, del nocciolo e del castagno, della quercia, anche se più la pianta è ricca di tannini più sono amari, non mi è mai venuto voglia di provare a metterli in una zuppa o di pastellarli e friggerli. So che alcuni fanno una bevanda frizzante tipo birra, o li usano in altri processi di fermentazione. Non sono contraria alle prove in generale, e sono contenta di avere questo tipo di conoscenza, fosse mai un giorno mi servisse, ma non ne sento la necessità. In rete si possono trovare ricette di tutti i tipi. - amenti di Castagno - Occorre ricordare che hanno diverse proprietà medicinali. Basta pensare al salice che contiene salicina e pochi amenti possono raggiungere il potere medicinale di una aspirina, e non è possibile in maniera casalinga misurare la quantità di principio attivo. Qui in valle era usato il decotto di amenti secchi e foglie di castagno per curare bronchiti e influenze con febbre alta, tosse e dolori vari. Anche quelli di nocciolo sono usati per lo stesso scopo, consigliati dalla Antica Farmacia Sant'Anna di Genova >>> cliccando si legge la ricetta. Inoltre per la l'ovvia massiccia presenza di polline, sono tra i responsabili delle maggiori allergie, quindi attenzione agli usi ... - amenti di Pioppo tremulo - Conosciamo tutti la leggenda dei "gattini" di salice, la gatta disperata perché avevano gettato i suoi piccoli nel fiume così regalò la morbidezza delle sue zampine al salice pietoso che si chinò a salvarli... qualche ramo non poteva mancare in casa nei vasi di fiori secchi, quando le stanze si adornavano di cose semplici e naturali ed era tutta una corsa a cercare di raccoglierli prima che si aprissero ... ma non s’adira il giovinetto alloro, il leccio, il pioppo tremulo ed il lento salice: a prova corrono con loro; cantano al vento. G.Pascoli - Pino in fiore - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- NOCI, MANDORLE E NOCCIOLE
– Oh fra Galdino! – dissero le due donne. – Il Signore sia con voi, – disse il frate. – Vengo alla cerca delle noci. – Va' a prender le noci per i padri, – disse Agnese. Promessi Sposi Tra le raccolte di inizio autunno possibili nella mia campagna qui attorno, rivestivano un ruolo importante le noci e le nocciole, le mandorle no, l'unico mandorlo del paese riusciva a fiorire ma non ad arrivare a frutto. In riviera invece conosco qualche mandorlo che produce frutti, anche se non si può certamente dire che la Liguria è famosa per le sue mandorle, di queste ho il piacevole ricordo della Puglia e della Sicilia. Le noci, velocemente raccolte dopo una delle prime tempeste autunnali che con il vento le faceva cadere, rappresentavano per i contadini uno dei raccolti più vantaggiosi in termini di guadagno. Tanto che, per quanto mi riguarda, mi è stato insegnato a non raccogliere mai le noci di altri, proprio per questo motivo, così come andare di corsa a raccogliere le mie dopo una notte di pioggia e vento perché era facilissimo che me le rubassero. Noci raccolte così, dopo la prima notte di pioggia e vento di fine estate, non sono ancora completamente secche, il gheriglio è ancora tenero e bianchissimo, vanno lasciate al sole ad asciugare e la sera ritirate e messe accanto al fuoco. Per tanto povero che fosse un contadino poteva almeno contare sulla parca cena di "pane e noci" definito a seconda del contesto "pane e noci mangiar da sposi, noci e pane mangiare da cane" in quanto avere almeno pane e noci era già una fortuna ma essere costretti a mangiare sempre e solo quello sinonimo di povertà. La noce ha proprietà importanti per l'organismo, per esempio la quantità di omega3, la vitamina E, minerali vari, e quindi è buona norma mangiarne due o tre ogni mattina, senza esagerare per l'alto contenuto calorico. L'importanza di avere qualche noce è ricordata anche nei Promessi Sposi, con la questua di Fra Galdino. Per la teoria delle "segnature" cioè quella dottrina che afferma la somiglianza fra pianta e parte del corpo da curare, la noce da sempre interpreta perfettamente il cervello e studi recenti confermerebbero la sua importanza nella salute cardiovascolare e cognitiva e addirittura una correlazione fra mangiare noce e cura della depressione femminile. L'albero stesso, il Noce, Juglans regia , è albero magico, da sempre associato alle streghe per i sabba che si diceva si tenessero appunto sotto gli alberi di noce. Così come era associata all'albero una malefica influenza se messo vicino ad una stalla o se ci si fermava a dormire sotto perché pare che sia lì che dorme il diavolo. In realtà le sue radici secernono una sostanza, la juglandina, tossica per le altre piante così da non poterci coltivare nulla sotto. Ricchissimo quindi di proprietà anche l'olio di noce, per uso alimentare e cosmetico, difficile da trovare se non in piccole realtà artigianali, mercati bio e simili, sempre cercando non solo un prodotto nazionale ma ottenuto con noci italiane. Nella cucina usate per torte dolci e piatti salati, pane alle noci, per accompagnare un piatto di formaggi, ma in Liguria la fa da padrona la Salsa di Noci (qui>>) usata per condire i Pansoti (qui>>). Conosciutissimo il Nocino da fare per San Giovanni, ricetta qui >>> Di recente ho scoperto l'uso antico di una tisana fatta con le foglie di noce, il te che non avevano una volta e usato per digerire e ricostituente, con una certa cautela perché potrebbe non essere tollerato. Foglie, mallo e radici fanno parte delle piante tintorie con una gamma di colori che va dal giallo al verde e al nero a secondo della parte usata e della modalità usata per tingere. L'infuso denso di mallo di e foglie di noce tritato è da sempre usato per nascondere i primi capelli grigi su una capigliatura scura. Il legno di noce è pregiato per la falegnameria, specie quello nazionale, avere un mobile di noce una volta era da gran signori, oggi al più si può trovare qualcosa con il Noce americano o Noce nero, Juglans nigra. Le noci di quest' ultimo, pur essendo commestibili, risultano quasi impossibili da mangiare per via della durezza del guscio, la piccola dimensione del gheriglio e il sapore sgradevole, forniscono un olio usato per la fabbricazione di vernici e saponi. Si trova ormai facilmente anche in Italia, usato per lo più per alberare parchi e strade. Si distingue sia dalle foglie che dalla drupa e anche dalla corteccia. Ho capito che al mondo non sarei potuto andare d’accordo con tutti, la volta che ho incontrato delle persone a cui non piaceva la Nutella. AlbertHofman72 Il nocciolo, un altro albero una volta importante per l'economia dei territori di collina. Nella mia zona erano famose le nocciole della vicina Val Fontanabuona che coprivano gli impervi saliscendi delle colline della valle, una agricoltura fatta di tanta fatica tutta a mano e abbandonata mano a mano che le campagne si spopolavano. Oggi si sta tentando un recupero, soprattutto della sapienza nel saper coltivare ogni varietà nel posto che più le è consone per la crescita, saperi antichi tramandati oralmente che rischiano di scomparire. Per fortuna la creazione del marchio Nocciole Misto Chiavari, nel quale molto ha creduto l'Azienda Parodi Nutra di Campomorone, permette la produzione di un mercato di nicchia di prodotti legati al territorio, crema spalmabile, olio di nocciole e altro, ma attenzione, li troverete solo quando c'è una produzione di nocciole. L'albero a fine inverno si ricopre di lunghe code dorate, i fiori maschili, mentre quelli femminili sono piccoli e rossi. Ricco di proprietà insospettabili. Le foglie raccolte a fine estate, corteccia di rami giovani e fiori sono essiccati per essere usati in decotto per uso interno, per la loro azione vasocostrittrice, sempre con le dovute precauzioni, ma anche per uso esterno come cataplasma per cicatrizzare, sfiammare ulcere e piaghe. Il nocciolo, Corylus avellana, considerato pure questo considerato albero magico, di nocciolo tante bacchette magiche e quelle del rabdomante, ricordo un prozio che cercava l'acqua in un terreno, con un ramo biforcuto di nocciolo tenuto con le due mani, il palmo rivolto in alto, avanzando con l'estremità sollevata, nella speranza che questo cominciasse a fremere e a spostarsi verso il basso sentendo l'acqua, fra le risate di noi bambini, miscredenti che stavamo a guardarlo di nascosto, convinti come eravamo che fosse solo un gioco, altro che Harry Potter adesso, io le ho le magie le ho vissute dal vero. I semi, le nocciole, varietà infinite, che si differenziano nella forma, le più conosciute qui quelle del Basso Piemonte come la Tonda gentile piemontese. La migliore per me una varietà che il bisnonno di casa riuscì portare da non si sa dove una pianta che ancora fruttifica dopo più di 60 anni, grossa, rotonda, buona che ho sempre pensato forse essere la Tonda gentile ma non ho conferme, nella foto sopra. La Nocciola al pari della noce ha proprietà insospettabili. La nocciola, impossibile descrivere in poche righe tutti i suoi usi in cucina, dalla conosciutissima crema spalmabile inventata da Pietro Ferrero, solo per sopperire alla carenza di cacao, divenuto troppo caro a causa delle restrizioni dovute alla guerra, sostituì parte di questo con le nocciole e la mise in commercio con il nome di Supercrema, cambiato nel 1963 in Nutella da nut, nocciola e pensata così per un mercato internazionale. Anche con le nocciole dolci di ogni tipo, salse, ottima la Salsa di nocciole (qui >>>) per condire una pasta fresca. Se raccolte in campagna è possibile tostarle qualche minuto in forno a 200° per togliere meglio la pellicina. Personalmente ho imparato qui a tostarle anche con il guscio, perché magari raccolte nelle prime giornate umide di autunno, nella stufa a legna ad un calore che non superi i 100°-150° controllando dopo un quarto d'ora che non brucino aprendone qualcuna e provando se viene via la pellicina. Un suggerimento nella raccolta: mi capita di vedere cestini di nocciole raccolte con la così detta "veste", le brattee che le ricoprono. Ebbene i frutti che conservano queste brattee alla caduta, dentro sono vuoti, è meglio raccogliere quelle che a maturazione avvenuta se ne liberano facilmente rimanendo belle pulite. Siamo stati tutti tentati di fare la crema di nocciole in casa. Esistono decine di ricette. Per mia scelta, quando la faccio, raramente, (appartengo alla minoranza umana alla quale non piace, mai comperato un barattolo in vita mia) proprio per farmela piacere metto solo cioccolato fondente, zucchero semolato e burro. A questo punto non la faccio perché altrimenti la mangio tutta subito. Una ricetta possibile è 80 gr di nocciole tostate 100 gr di zucchero 100 gr di cioccolato fondente 100 ml di latte 60 di olio di riso Nocciole e zucchero nel mixer fino a polverizzare finemente, poi con l'olio, il cioccolato spezzettato e il latte sul fuoco fare una crema alla quale aggiungere la polvere di nocciole e zucchero. Cuocere a fuoco dolce o a bagno maria per 5 o 6 minuti rimestando. In un vasetto chiuso in frigo si conserva per almeno un mese, si fa per dire ... È possibile sostituire l'olio di riso con burro o altro olio di semi, non mettere il latte e il burro e aumentare la quantità di olio, lo zucchero bianco con zucchero di canna, il cioccolato fondente con il cioccolato al latte e poco cacao. Variare la quantità di nocciole in favore di più cioccolato, dipende da cosa si vuole più sentire. Certamente il risultato, pur se buono non avrà il gusto della crema originale che contiene olio di palma che è inodore, insapore, incolore. Il dolore è come una mandorla amara, che si getta sul ciglio della strada. Ripassando dieci anni dopo per quella stessa strada, vi troverete un mandorlo in fiore. cit.dal web Sulle mandorle personalmente non ho esperienze dirette di raccolta o coltivazione, anche se in casa non mancano mai, è una mia abitudine sgranocchiarne non più di tre o quattro la mattina per "tirarmi su", una pratica che ho scoperto poi essere caldamente raccomandata per le importanti proprietà che condivide con noci e nocciole, antiossidanti e minerali. Pare aiutino anche il controllo del colesterolo. L'importante è come sempre non esagerare, essendo alto il contenuto calorico. L'albero, Prunus dulcis, bellissimo in fiore, il primo a fiorire, centinaia di novelle, leggende che lo riguardano, una sagra per festeggiarlo ad Agrigento ai primi di marzo. La Sicilia terra di mandorle, famose quelle di Avola, come quelle di Puglia e proprio in Puglia ho imparato a mangiarle fresche, sbucciate, a bagno nell'acqua ghiacciata, come te le servono in spiaggia come snack al posto del cocco insieme alla Pampanella (qui>>>) e di conseguenza acquistarle dal fruttivendolo verdi da sgusciare. Anche per questo frutto impossibile riassumere le ricette dove usarle tra quelle dolci e quelle salate, la farina di mandorla va in una infinità di dolci, le mandorle in quelle salate, in molti pesti, salse fredde, sgranocchiate salate all'aperitivo e pralinate per dolce. Tra i vari pesti, e mandorle salate vi trascrivo invece la ricetta delle mandorle pralinate, delizioso comfort food, oltre che buone utili anche per un'idea regalo a Natale, facili e veloci. 100 gr. di mandorle con la pellicina 100gr. di zucchero semolato bianco 40gr. di acqua A piacere, per variare si può aggiungere un cucchiaino di cannella o di cacao. Mettere lo zucchero e l'acqua sul fuoco, aggiungete le mandorle e a fuoco moderato, sorvegliando la cottura e rimescolando, al bollore mescolare spesso fino a che l' acqua asciugherà e lo zucchero tornato solido si sarà attaccato alle mandorle. Togliere immediatamente e mettere raffreddare su un foglio di carta forno staccandole bene. Se il pentolino è antiaderente è meglio, a fine cottura tendono ad attaccare. Ci vuole molto di più comunque a descrivere tutta l'operazione che a farle, e il consiglio spassionato è di non farle perché una tira l'altra, quelle alla cannella poi ... E chi non conosce l'Olio di Mandorle e il suo uso cosmetico? emolliente, nutriente, elasticizzante. Aggiungo solo un chiarimento sull'uso delle mandorle amare, al quale avevo accennato in un altro post. Il mandorlo selvatico nasce amaro, pare sia stato "addomesticato" ancora prima della scoperta dell'innesto, non si sa nemmeno esattamente come. Non è solo una questione di gusto, l'amaro è dato dalla presenza dell' amigdalina, contenuta in tutti i semi delle Rosacee, che si trasforma in acido cianidrico (praticamente cianuro) e la mandorla è quella che ne contiene di più. Si distinguono dalle dolci per la forma leggermente più piatta e più piccola. Nelle mandorle dolce la presenza è praticamente nulla. Le mandorle amare sono usate nella fabbricazione degli amaretti, nella proporzione giusta per non recare danni, invece purtroppo vendute liberamente su internet senza controllo su somministrazione o quantità per un supposto beneficio nel curare il cancro, cosa che non sta a me dire se vera o falsa, magari fosse vera. Vero è che gli antichi solevano masticare qualche semino di mela ogni tanto perché si diceva " fa bene", ma un conto è un piccolo semino di mela, che contiene ugualmente amigdalina, un conto è la mandorla amara dove ho letto che sembra bastino meno di 10 semi per un avvelenamento mortale in un bambino e 50 per un adulto. Per fortuna il gusto fortemente amaro quasi sempre impedisce di mangiarne così tante. Le nonne, la mia in particolare, insegnavano, per la ricetta degli amaretti, di conservare il seme che si trova dentro al nocciolo dell'albicocca. Questa mandorla viene comunemente chiamata "armellina" e dato il contenuto di amigdalina pure in questa, nonna raccomandava di non superare comunque le tre- quattro nella dose per fare gli amaretti. Così pure quando faccio lo sciroppo di amarena schiaccio tre o quattro noccioli dentro, ma nella quantità di litri e litri di sciroppo. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- PASSEGGIANDO RICONOSCENDO ERBANDO 2023
Eccoci! Ci siamo! Il tanto atteso programma degli eventi di Erbando della primavera 2023. Ho tergiversato fino ad ora perché è tutto in divenire e queste sono solo le prime date certe, ce ne saranno sicuramente altre, ma intanto... SABATO 4 MARZO ERBANDO AL FIUME Nelle storiche location che per prime hanno ospitato gli incontri di Erbando si ripete anche quest'anno la passeggiata di riconoscimento erbe del Prebuggiun nei terreni messi a disposizione dei B&B Fiume e B&B Tre Ponti. Un pomeriggio dedicato a tutto quello che si incontra, in primis, le erbe del Prebuggiun. Ognuno dei partecipanti potrà a piacere annotare quello che vuole, (nome caratteristiche ecc. di ogni erba) su un taccuino consegnato a inizio evento, ed una fogliolina raccolta che costituirà poi un piccolo erbario da portarsi a casa. Taccuino e penna (forniti da noi) e passeggiata con un contributo di 15 euro a persona all'Associazione. Al termine chi vuole potrà avere i manuali dell'Associazione con il contributo di 1 euro cadauno. I posti disponibili per questo evento sono solo 15, per questo motivo all'atto della prenotazione sarà fornito il codice IBAN dell'Associazione per un versamento anticipato di 10 euro della quota Prenotarsi al 348 693 0662 Per problemi di linea (siamo tra i monti) è preferibile chiamare tramite wsapp . In caso di maltempo l'evento sarà rimandato. 12 MARZO DOMENICA SELVATICA E RIPIENA A BARGONE Dopo il successo dell'anno scorso torna la Domenica Selvatica all'Hostaria Tranquillo a Bargone Al mattino nei campi, nei pressi del ristorante, una breve passeggiata per il riconoscimento delle erbe classiche del Prebuggiun con Lella Canepa. A ogni partecipante sarà dato un taccuino per formare un erbario personale da portare a casa con le proprie annotazioni o in alternativa i sette manuali cartacei. Alle 12,30 -13 Pranzo al Tranquillo con menù a base di erbe a km0 A grande richiesta, dopo aver assaggiato i pansoti di Monica, al pomeriggio, per chi vuole rimanere, un corso amatoriale introduttivo sulle paste ripiene, in particolare i pansoti. Sarà mostrato come pulire, cuocere le erbe, preparare un ripieno e come lavorare la pasta fino al prodotto finito in maniera casalinga così come facevano le nostre nonne. Ogni partecipante proverà a impastare e preparare una piccola quantità di pansoti . È possibile partecipare all'intera giornata o alla mattina con pranzo o al pomeriggio con pranzo Passeggiata del mattino più pranzo: € 35 Pranzo più corso del pomeriggio: €35 Passeggiata + pranzo + corso, l'intera giornata: € 60 Menù Antipasto Baciocca della Val di Vara Torta di erbe Pansoti fatti a mano con prebuggiun e ricotta conditi con burro e salvia Arrosto ripieno alle erbe con insalatina fiorita e patate al forno Tiramisù al profumo di limone Prenotarsi al 3421601908 DOMENICA 19 MARZO PROBABILE EVENTO IN LUNIGIANA ANCORA DA DEFINIRE DOMENICA 26 MARZO SIAM FRITTI!! MA ALLA GENOVESE Una domenica senza erbe ma per soddisfare la richiesta di chi non ha potuto imparare dalla nonna o dalla mamma a preparare il fritto alla genovese nelle ostie. A pranzo un menù a tutto fritto per introdurre l'argomento, al pomeriggio si passa all'azione e si preparano stecchi e crocchini nell'ostia sotto la scrupolosa guida di Lella, Monica e Alice. I partecipanti impareranno a comporre stecchi e crocchini avvolti nella sottilissima ostia classica del fritto della Liguria, la giusta impanatura di carne e verdura, la composizione del lattedolce fritto e del lattebrusco, fino a comporre una porzione da portare poi a casa. Menù ore 13 Gnocchi fritti Frittole di erbette Panissa fritta Polenta fritta con salse Fritto misto Frittelle di mele Costo degustazione più corso con Lella e Monica: € 60 Prenotarsi al 3421601908 DOMENICA 2 APRILE RISVEGLIO NATURALE A VALLETTI Appuntamento annuale imperdibile a Valletti all'Agriturismo Il Risveglio Naturale per il riconoscimento delle erbe selvatiche Al mattino durante la passeggiata nei campi intorno sarà possibile riconoscere le erbe trovate sul percorso e costruire un erbario da portarsi a casa Al ritorno a pranzo menù selvatico Al pomeriggio la chiacchierata proseguirà per consentire di perfezionare l'erbario e per i consigli sulla pulitura e i vari usi delle erbe. Pranzo: Aperitivo e antipasto a tema erbette Tortelli di Prebbugiun Arrosto Profumato alle erbe di Liguria con insalata selvatica Dolce È possibile arrivare al sabato e pernottare in Agriturismo. La giornata intera di domenica, riconoscimento erbe pranzo in Agriturismo 40€ a testa. Posti limitati Informazioni al Tel. : 01871854393 Cell.: 3493386861 Mob. : 392219596 SETTIMANA DAL 2 ALL'8 DI APRILE DEDICATA ALLA COMPOSIZIONE DEI TRADIZIONALI PALMIERI , ANCORA DA DEFINIRE NEI PARTICOLARI CHI VOLESSE IMPARARE A FARLI CHIAMI IL 3486930662 SABATO 22 APRILE A CASA DI ERBANDO Non può mancare l'annuale appuntamento a Casa di Erbando. Una passeggiata con Lella Canepa di riconoscimento erbe e fiori selvatici a 800 mt.s.l.m. diversi da quelle che si ritrovano in riviera e quando a questa altezza ci sono ancora. La composizione di un erbario da portarsi a casa con le nozioni acquisite durante il cammino e un campionario di foglie raccolte Taccuino e penna per l'erbario (forniti da noi) e passeggiata con un contributo di 15 euro a persona all'Associazione. Al termine chi vuole potrà avere i manuali dell'Associazione con il contributo di 1 euro cadauno. È necessario prenotarsi, meglio via wsapp, al 3486930662 All'atto della prenotazione sarà fornito l'Iban dell'Associazione dove versare un anticipo di 10 euro a conferma della prenotazione stessa Queste le prima date, ci saranno altre date e luoghi, ancora da definire nei particolari, l'evento primaverile alla Cascina Il Cucco fra il 25 aprile e il primo maggio, un evento dedicato ai fiori e alla composizione di sciroppi, oleoliti, o quant'altro, probabilmente a fine maggio, la tradizionale partecipazione a Chiavari in Fiore, le BancaLelle a Rapallo, restate connessi! Ricordo che gli eventi pubblici sono sempre postati sul mio profilo fb, sulla pagina dell'Associazione, su Instagram e sul blog con un ragionevole anticipo. Purtroppo non tutti riescono a prenotare o essere presenti quando decido io il giorno o il posto, quindi è possibile organizzare un evento dove si vuole DISPONGO DI UN CERTO NUMERO DI DATE INFRASETTIMANALI PER EVENTI PRIVATI PER GRUPPI DI ALMENO 10 PERSONE È NECESSARIO : UN TERRENO MESSO A DISPOSIZIONE DAL PROPRIETARIO UN POMERIGGIO O UNA MATTINATA circa DUE ORE, DUE ORE E MEZZA, massimo TRE UN MINIMO DI DIECI PERSONE DURANTE L'INCONTRO NON SI RACCOGLIE MA SI RICONOSCE A ogni partecipante verrà dato un taccuino dove fare le proprie annotazioni e compilare un erbario personale da portarsi a casa con le erbe che si incontrano o in alternativa i sette manuali cartacei È richiesto un contributo minimo a persona di 15 euro all'Associazione Erbando Trovate dieci amici o amiche e sarò felice di essere dei vostri e passare qualche ora insieme nella natura a parlare di erbe selvatiche commestibili. Mi potete contattare solo via Wsapp al 3486930662 per accordarci Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- STRUDEL DI FARINA DI CASTAGNE DI ROSSANINA (QUASI)
Questa ricetta un po' rubata, mi dà l'occasione di parlare di ROSSANINA DEL SANTO >>> la maga del "senza" senza glutine, senza nichel, senza uova, senza lattosio, ma non senza gusto. Appassionata di cibo inventa ricette su ricette buone e belle per far sorridere la tavola degli allergici, celiaci e intolleranti. Generosamente, pur essendo il suo lavoro, spesso le mette a disposizione gratis, sui vari canali social Fb, Instagram, You tube. Cuoca sopraffina, è referente per il mondo dei celiaci, fa corsi anche on line su panificazione e altro sempre "senza". Se non la conoscete e foste in un impasse per questioni di intolleranze e allergie correte a leggere, in fondo al post i link ai suoi profili. Basta un'occhiata ai suoi piatti per capire che sono soprattutto "senza" tristezza. Per quanto mi riguarda, pur non dovendo al momento fare attenzione a questo e a quello, il suo entusiasmo è talmente contagiante che non posso fare a meno di seguirla. Qualche giorno fa ha postato questo strudel di farina di castagne pensato per l'allergia al nichel, talmente intrigante che ho deciso di provare. Non ho seguito alla lettera la ricetta, anche io sono molto freeform, soprattutto perché non ne avevo bisogno e quindi ho fatto alcune modifiche, senza molta attenzione alle intolleranze, di cui spero non se ne avrà a male. Le differenze sono minime, ho usato il latte normale, non ho messo i 2 gr. di xantano (non ce l'avevo) che penso servano a tenere insieme meglio il composto e usato anche due pere invece che solo mele. Ho lasciato le stesse farine, mi piaceva molto l'idea della farina di riso quindi: 80 gr. di farina di castagne 50 gr. di farina di riso 50 gr. di fecola poi un uovo 50 gr. circa di latte (anche un po' meno) (anche senza lattosio) 30 gr. di zucchero per il ripieno: 2 mele renette 2 pere poco zucchero finissimo di canna un etto di burro (se si vuole senza lattosio) Ho impastato insieme le farine e lo zucchero con l'uovo, aggiungendo il latte poco alla volta fino ad ottenere un impasto morbido, con attenzione e poi lasciato riposare almeno mezz'ora. Ho tagliato a piccoli pezzi le mele e le pere mescolate con un cucchiaio di zucchero e metà del burro sciolto. Ho steso su carta forno infarinata con la farina di riso, con delicatezza e ho messo i pezzetti di mela e pera, ancora una spruzzata di zucchero, pinoli e qualche briciola di buccia di mandarini e arance bio che secco e macino io. Avvolto con l'aiuto della carta, la pasta è molto fragile, ho spennellato di burro fuso e cosparso di zucchero finissimo di canna. Cotto nel forno a 180° per una mezz'ora, aprendo ogni tanto e spennellando col rimanente burro fuso. Tagliato e servito con panna montata. Come si vede nella foto, cotto nella stufa a legna, è bastata un legna in più e la fiammata lo ha colorato troppo qui e là, ma questo non ha influito su chi lo ha gustato. Nella fretta di assaggiare ho dimenticato una foto dello strudel intero prima e dopo averlo infornato e adesso... non c'è già più 😂😜😂 La prossima volta lo farò solo di pere. Grazie Rossanina dell'idea. Fb : Rossanina Maga Merletta https://www.facebook.com/search/top/?q=Rossannina%20maga%20merletta Instagram: Rossanina free form https://www.instagram.com/rossaninamagamerletta_freefrom/ Sito: Rossanina free form https://www.rossaninafreefrom.it/?fbclid=IwAR2kVQoK26QXcHHe8OTG73A7rmuNC4TipOgCB4BFvAJBuEdzkCAA8rsvQxY You tube: RossaninaMagaMerletta https://www.youtube.com/@rossaninamagamerlettafreef5837 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- LA FUMARIA
Perché ora, a gennaio, un post su quest'erba? Perché il tempo davvero matto nel quale viviamo mi ha permesso nei giorni scorsi, prima della nevicata, di trovare una pianta di Fumaria capreolata incredibilmente sviluppata e fiorita come mai potrei dire avevo visto qui. Mentre più in basso è pianta davvero infestante, insieme alla varietà officinalis, quella con i fiori rosa rossi, a questa altezza è un po' più difficile trovarla. Trovarla, poi, rigogliosa e completamente fiorita a metà gennaio, questo non me lo aspettavo. Fiorita completamente, in una giornata di sole invernale talmente forte che non sono riuscita a fotografare meglio di così. L'ho notata perché si faceva ben vedere attorcigliata ai rami spogli di una vitalba, che a sua volta aveva preso possesso della vecchia recinzione. Questa proprietà le viene curiosamente dalle foglioline che sono in grado di avvolgersi come viticci per salire e diventare quasi un rampicante. I fiori invece dovrebbero esserci da giugno, senz'altro sono anche questi il risultato dell'eccezionale primavera tardiva venuta al posto dell'autunno. Osservando le foglie, specie di questa varietà, si può vedere una vaga somiglianza con il Papavero qui>>> o la Celidonia qui>>> e infatti appartiene alla stessa famiglia, le Papaveraceae, sono cugine in pratica. I fiori invece non assomigliano per niente a nessuna delle due, piccoli, lunghi, riuniti a grappolo con la cima più scura. Così come queste altre contiene un alcaloide che ne fa un'erba potenzialmente tossica, sconsigliata per il consumo alimentare. Le sue proprietà sono prettamente medicinali, quando anche nella farmacopea contadina si sapeva come usarla. Proprietà antinfiammatorie, toniche e spasmolitiche per il fegato e le vie biliari, lassative e diuretiche, vermifughe. L'uso esterno contro dermatiti, congiuntiviti, eczemi. Una volta, quando era banale saperlo, veniva considerata l'erba che portava ai cento anni, in grado di curare anche le malattie inventate degli ipocondriaci. Adesso a fare da soli riusciremmo solo ad intossicarci, anche se non è tra le piante più tossiche. L'uso è quindi riservato solo agli erboristi esperti, o a chi, fortunato, ne ha memoria. Talmente importante come pianta curativa che ho letto come i Francesi le dedicassero un giorno dell'anno, il 3 di marzo. Perché invece in quasi tutti i paesi del mondo il suo nome fa riferimento al fumo non l'ho capito bene. Ho letto che sarebbe per il colore grigio (???) delle foglie, che da lontano assomiglia a una nuvola di fumo...o perché bruciando fa un fumo irritante, o solo estirpandola pare produca un odore acre simile al fumo, o anche perché il gusto è amaro sgradevole come il fumo. Pare abbia delle proprietà tintorie, probabilmente sul giallo. Proverò. Fumaria officinalis foto di Actaplantarum Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- A BAGNOMARIA... 🤔 ma che Maria era a bagno?
Ma ci sarà pur stata una Maria che stava a bagno, mi son chiesta per tanti anni ... fino a che non l'ho saputo. Sì, c'è stata, anche se in parte la sua figura è avvolta dalla leggenda. Molti sostengono si trattasse di Miriam, sorella di Mosè, quella che lo mise nella cesta sul Nilo e di lei parla la Bibbia, chiamandola profetessa e dandole importanza pari a quella dei due fratelli Mosè e Aronne. La sua figura si confonde con quella di una certa Maria la Giudea, considerata la prima donna alchimista della storia ma non ci è dato sapere se era la stessa. Di certo si sa che una Maria di cui si parla in un testo del IV sec. d.C., esistette davvero, scrisse molti libri di alchimia, di cui non rimane traccia originale, ma che sono citati da vari autori dopo di lei. E che fece molte scoperte, procedimenti chimici usati tuttora. E uno di questi, guarda un po'! ... è proprio il Bagnomaria, usato in chimica , in distilleria, che si è portato dietro il nome della sua scopritrice, a bagno come fa Maria, e solo in tempi più recenti usato come metodo di cottura in cucina e specie in pasticceria. Per quello che hanno insegnato a me, il vero Bagnomaria, è quello che si usa, per esempio, per far sciogliere il cioccolato. Servono una pentola e una ciotola. La pentola messa sul fuoco con un po' di acqua, la ciotola deve aderire perfettamente ai bordi, per fare uscire meno vapore possibile e non deve toccare l'acqua sotto. Nella ciotola viene messo il cioccolato, sommariamente tritato, e inserito nella pentola dove è messa dell'acqua, la quale scaldandosi non deve mai toccare il fondo del contenitore con il cioccolato e in pochi minuti questi si scioglierà. Provare per credere. Se il recipiente del cioccolato è a contatto con l'acqua calda si scioglie con più difficoltà, e formando dei grumi. Questo è il vero Bagnomaria ed è questa la sua caratteristica, la cottura più dolce, a temperatura costante, indiretta, che avviene tramite il vapore, senza che l'acqua, che quasi non dovrebbe mai bollire, entri in contatto con il recipiente dove è contenuto l'alimento. Con questo sistema difficilmente impazziranno le creme o le salse, ed è non solo utile , ma indispensabile se volete sciogliere della cera (pericolosissimo farlo direttamente sul fuoco) o del sapone. Un altro modo chiamato da tutti Bagnomaria è quello che si usa in forno come per il cream caramel, o gli sformati. I contenitori sono messi in una teglia direttamente con acqua che arriva a due terzi e si posta la teglia in forno. E anche quando si vuol raffreddare rapidamente una pietanza e si mette il contenitore con la pietanza in un altro con acqua fredda o ghiaccio si dice comunemente a Bagnomaria. Ormai più di quarantacinque anni fa, mia mamma, in uno dei suoi più felici acquisti, comperò una pentola a vapore che funziona più o meno come un Bagnomaria. Utilissima, è dotata di doppia parete che crea un' intercapedine dove viene inserita l'acqua che scaldandosi non viene mai a contatto con la vivanda da cuocere. Questo permette, a fiamma bassissima, di mantenere una temperatura costante dove il cibo non brucerà e non attaccherà mai. Quindi polenta, marmellate, risotti si possono portare a cottura senza mai mescolare. In questo tipo di pentole, per altri tipi di cotture, tipo verdure, non è necessario usare troppo condimento, che peraltro non raggiungendo la temperatura alta, non riuscirebbero a friggere. Così le verdure o la carne avranno bisogno di pochissima acqua. Ha una valvola, da dove svitandola viene inserita l'acqua, che permette la fuoriuscita del vapore quando questa bolle. Non è una pentola a pressione. Ripeto, utilissima. "A bellessa a nö fa boggî a pûgnatta" La bellezza non fa bollir la pentola. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> Tutti gli usi alimurgici o farmaceutici indicati sono a mero scopo informativo, frutto di esperienza personale, declino ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.
- DEL RUMFÒ, RONFÒ, RUMFORD
"Preparare la pentola prima di appiccar il fuoco alle legna; quando la pentola bolle è follia volerne crescere il bollore, appena levata la pentola dal fuoco, si tolgono le legna e si spengono i tizzi che sopravanzano per servirsene in parte un'altra volta." - Scuole femminili di campagna - 1879 - Nella mia prima esperienza letteraria "Donne da Ieri a Oggi", che seguiva le varie mostre sull'argomento, affrontavo il tema delle cucine di una volta. La prima più rustica, ancora esisteva negli anni 70 del secolo scorso sull'Appennino e altrove, legata al procedimento di essiccazione di castagne e granturco, della quale ho già parlato in Pane Profumo di Pane (qui>>>) . Il fuoco in terra al centro della stanza, sopra a mattoni refrattari, una catena appesa al soffitto di liste di castagno, dove appendere il paiolo o la campana. Modello di fuoco semplice, aperto, che si ripeteva anche nelle cucine più antiche, direttamente sotto un grande camino, a volte a livello più alto per cucinare più agevolmente, ma sempre con l'inconveniente di riempire spesso i locali di fumo e con un'alta dispersione del calore. - Cameriera che travasa la zuppa dal paiolo - seconda metà del XVIII secolo -olio su tela - Poi, nella seconda metà del 1700, fece la sua comparsa Benjamin Thompson, conte di Rumford, eclettico personaggio con le sue avveniristiche idee sulla termodinamica e con i suoi esperimenti sulla natura del calore e tanto altro. Potete trovare facilmente notizie in rete sulla sua figura di ingegnere, fisico, spia, inventore, che non si fermò agli studi sui camini e alla cottura dei cibi, visto che in un certo senso è anche l'inventore della tanto strombazzata oggi cottura “Low and Slow, ma fu ministro in Germania, commerciante in America, membro della Royal Society a Londra, avventuriero per il mondo, sposato con la vedova di Lavoisier a Parigi, dove è sepolto. A questo link un articolo su di lui http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/12/21/il-conte-rumford-e-la-cottura-a-basse-temperature/ Insomma qui lo cito per il focolare da lui inventato detto "caminetto di Rumford". Come dai suoi studi si sia poi arrivati alla costruzione in tutte le case di una cucina in muratura, chiamata, guarda caso qui in Liguria, rumfò o ronfò, con un fuoco chiuso, dove una pentola bolle con pochi legnetti, mi è sconosciuto e mi manca il passaggio, ma si intuisce che il suono onomatopeico di "ronfò" riporta alla mente una storpiatura del nome Rumford. Di fatto questo nuovo modello di cucina trattava di una costruzione in muratura con sul piano piastrellato una o più postazioni di fuoco, ottenute inglobando nella costruzione grossi contenitori rotondi di ghisa come braciere, con griglia, dove da uno sportello veniva infilata la legna e sopra messa la pentola, infilata a metà direttamente nel fuoco. Un altro sportello sotto permetteva la pulitura dalla cenere. Sul piano anche bocche quadrate sempre con griglia e sportello sotto, dove veniva posata la brace calda e con questa fatto scaldare un piccolo pentolino, una caffettiera. Il fumo usciva da un'apertura sul retro del braciere e veniva convogliato in un tubo nascosto nel muro che portava al camino sul tetto. Chi ha la mia età ricorda di aver visto adoperarlo. Mia nonna nella casa in via Entella a Chiavari lo aveva in cucina e lo usava soprattutto per fare il minestrone, che per lei era inconcepibile cucinato sul gas. Più la famiglia era ricca e più c'erano fuochi e spesso anche uno o più forni. Il corredo di questa cucina comprendeva le vecchie pentole in rame o più facilmente alluminio, svasate con il cerchio, o comunque con una parte adatta a essere infilate nel focolare a diretto contatto con il fuoco, che per me restano insostituibili per certe cose. Per quanto riguarda queste campagne solo i più abbienti lo avevano davvero, in quanto il runfò poco scalda l'ambiente e non serve che per cucinare. Ricordo un anziano che ripeteva "I mettu u fêugo in te in bancâ, cacciu via da legna e i nu se scadu" Mettono il fuoco in una cassapanca, sciupano legna e non si scaldano" contrari come erano allo spreco di legna solo per far da mangiare, rispetto al fuoco vivo aperto nel mezzo della stanza che scaldava, e seccava le castagne, oltre a far bollire il paiolo. Perché di questo post? perché forse, finalmente dopo una vita passata a desiderarlo, dopo aver gelosamente conservato i pezzi del vecchio runfò di questa casa, forse e dico per il momento solo forse, riuscirò ad avere anche io una piccola postazione di cucina in muratura tipo runfò. Per questo ho colto l'occasione per parlarne e per avere l'occasione unica di fotografare i pezzi che servono per costruirlo, visto che da una veloce ricerca in rete non ho trovato quasi niente e penso che a qualcuno farà piacere sapere come erano fatti. Se con mio figlio riusciremo, seguiranno foto della lavorazione e del pezzo finito, ma ora avevo premura di parlarne E qui un pensiero per mio figlio che un giorno fa l'idraulico, un giorno il boscaiolo e l'agricoltore, un giorno l'operaio, un giorno il muratore, un giorno il cuoco. Nella foto sopra alcuni pezzi del braciere che vanno inseriti nella muratura e del pezzo dove va la legna e sotto la cenere, mancano i cerchi, un altro pezzo rotondo con la griglia, gli sportelli, che sono ancora in fase di restauro. Posterò le foto appena possibile, così come quelle del lavoro finito. Per il momento metto la foto di quello bellissimo dell'amica Franca del B&BFiume (qui>>>), ricostruito fedelmente all'esterno, e a disposizione dei suoi fortunati clienti. Se invece volete vederne uno originale in zona c'è quello di Palazzo Rocca a Chiavari, quando sarà possibile di nuovo visitarlo. O quello bellissimo in una casa di Valletti e infine come si trovano ancora pochissimi esemplari nei ruderi di case abbandonate L'equipaggiamento completo comprendeva oltre a ganci, molle e paletta per cenere e braci, questo curioso aggeggio, chiamato "u diâo", il diavolo, il quale serviva affinché nel momento che venivano tolti cerchi o pentola, non uscisse il fumo. Questo tipo di cucina fu in uso fino al dopoguerra quando venne poi sostituita nelle campagne con la stufa economica smaltata a legna, sempre più spesso e velocemente ovunque con il fornello a gas, che veniva però acceso solo per fare il caffè quando arrivavano ospiti o la camomilla se qualcuno stava male. Mia madre, giovane sposa nel 1950, fu tra le prime nella sua campagna ad avere il fornello a gas di bombola, per via di mio padre che allora di mestiere vendeva bombole di ossigeno e acetilene ai fabbri saldatori. L'uso quotidiano che mio padre imponeva a mia madre fu oggetto di diverse discussioni in casa. Mia madre restia ad usarlo per far bollire una pentola, ne vedeva solo lo spreco di energia costosa, e dovette anche vincere la paura di saltare per aria, di dimenticarselo aperto e morire, quando era così facile con due sticchi raccolti nel bosco e il ventaglio di piume di gallina fare fuoco nel runfò! "Quando la scienza del cucinare sarà ben compresa e sarà acquisita una intima conoscenza della precisa natura dei cambiamenti chimici e meccanici prodotti dai vari processi culinari, potremo allora, e non prima di allora, migliorare con sicurezza l’arte della preparazione del cibo. L’esperienza, non assistita dalla scienza, può condurre, e lo fa frequentemente, a utili miglioramenti; ma il progresso di tali miglioramenti è non solo lento ma vacillante, incerto e molto insoddisfacente." - Sulla costruzione del focolare da cucina e degli utensili da cucina, insieme con commenti e osservazioni riguardanti vari processi di cucina e proposte per migliorare quella utile arte - Benjamin Thompson, conte di Rumford - Boston Ed. 1874 - Cliccando a questo link si accede al testo in inglese >>> https://archive.org/details/completeworksco00sciegoog/page/n188/mode/2up?view=theater Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- DELLA CAPONATINA ... e DELLA PASTA 'NCASCIATA
Assittato supra la verandina, in compagnia di tanticchia di malinconia, tentò di consolarsi con un piatto, enormi, di caponatina. "La danza del gabbiano", A.Camilleri 2009 Sono arrivata tardi a innamorarmi del sud, solo alla fine degli anni '90 ho messo piede in Sicilia la prima volta, nonostante lo desiderassi da tanto, e in tutto quello che c'è di meraviglioso in questa terra non si può lasciare da parte quanto si mangia bene lì. Poi d'improvviso mio figlio va a lavorare due anni tra Palermo e Catania, e mi telefona per descrivermi la granita con la panna, le stigghiole .... Fortuna vuole che sulla mia strada compaiano Caterina e Roberto di Milano, lei di origini messinesi, che proprio in quegli anni ristrutturino la loro casa a Gesso e vuoi non andare a vedere? e così torno ad assaggiare delizie siciliane. E come lo sapeva bene Camilleri, che di piatti siciliani ha adornato i suoi romanzi... Così questo è il mio modo di salutarlo, dopo che ho imparato ad amare la Sicilia, dove l'antico popolo dei Liguri arrivò prima di tanti altri, (il re ligure Siculo diede il nome all'isola prima chiamata Trynakria) e tracce di similitudine restano fra i dialetti liguri e siciliani e forse per quello mi ci sono sempre trovata bene. Come per il resto dell'Italia anche qui le ricette cambiano di casa in casa, mi perdoneranno quelli che non le fanno così, e soprattutto mi perdoni Adelina ... Per la Caponatina Taglio a tocchetti una bella melanzana, una volta si lasciavano un po' in acqua e sale, al giorno d'oggi le varietà sono state addolcite e non ce n'è più bisogno. In realtà questo procedimento non serve solo per togliere l'amaro ma anche per "asciugare" la polpa della melanzana in modo che assorba meno olio in frittura, quindi se è il caso si può sempre fare. Se si fa ricordarsi di sciacquare e asciugare per bene. Così come un tempo la buccia era particolarmente dura e spesso andavano pelate. Friggo i tocchetti in olio di oliva (meglio) o di arachide senza infarinare. Preparo una salsa con pomodori datterini e cipolla e un ciuffo di basilico Nella padella faccio cuocere in un po' d'acqua il sedano a tocchetti qualche minuto per ammorbidirlo, consumata l'acqua, unisco un poco d'olio evo, abbondanti olive verdi snocciolate a filetti, capperi. Rosolato il tutto per qualche minuto, aggiungo la salsa di pomodoro, faccio insaporire l'insieme, a fuoco lento e metto a piacere zucchero e aceto, nelle dosi che più mi aggradano. In ultimo incorporo le melanzane fritte e lascio cuocere ancora un po' sempre a fuoco bassissimo, con attenzione perché non attacchino e si amalgami il sapore degli ingredienti. A fine cottura una spolverata di mandorle a filettini o tritate. Va servita rigorosamente fredda, anche il giorno dopo, guarnita con qualche ciuffo di basilico, perfetta per un antipasto o un aperitivo di quelli di moda oggi dove mangi per bere e bevi perché hai mangiato. Questa è la Caponatina, nella versione semplice, la Caponata è più ricca in verdure, in pinoli e uvetta, almeno io la so così. Non ho osato rifare per il post la Pasta 'ncasciata a' missinisi, la difficoltà di reperire gli ingredienti giusti, fosse la pasta particolare o la tuma classica, l'avrebbe trasformata in una pasta al forno con melanzane e questo non aveva senso. Lascio la ricetta così come me l'hanno trasmessa direttamente da Messina, con qualche curiosità. Piatto povero, ma unico e completo, veniva fatto per il mezzo agosto, il ferragosto, con un ragù che comprendeva allora frattaglie di pollo, salame, uova sode e la tuma, questo particolare formaggio fresco, una cagliata senza sale, che viene abbondantemente usato per questa ricetta. Per la cronaca tuma, è esattamente lo stesso vocabolo che usiamo in Val di Vara per definire la cagliata... Per farla, necessarissima la teglia rettangolare che compare nella fiction, 'a cascia, che vorrebbe riprodurre il tegame di terracotta di una volta, cotto un tempo coperto di braci, da dove potrebbe derivare il termine 'ncasciata, anche se molti danno per traduzione "nel cacio" vista l'alta presenza di formaggio. Ecco la mia ricetta: la pasta: spaccatelle, una pasta secca caratteristica, in mancanza maccheroni rigati. melanzane tagliate a fette lasciate in sale e fritte un sugo di carne trita fatto con carne rosolata nell'olio di frittura delle melanzane, sfumata di vino e con aggiunta di passata di pomodoro uova sode a fettine salame o mortadella a fettine tuma a fettine formaggio grattugiato (pecorino meglio) Cotta al dente la pasta, si condisce con il sugo Si formano poi strati nella teglia di pasta, salame, uova, melanzane, tuma Si finisce con uno strato di pasta, sugo e abbondante formaggio In forno il tempo di sciogliere i formaggi e formare la crosticina La giostra degli scambi, 2018 Rai Non fate come me, non aspettate così tanto per andare in Sicilia e grazie a Camilleri che l'ha fatta conoscere anche nelle piccole cose di tutti i giorni, a tutto il mondo. Andò a casa, si mise il costume da bagno, fece una nuotata lunghissima, rientrò, s'asciugò, non si rivestì, nel frigorifero non c'era niente, nel forno troneggiava una teglia con quattro enormi porzioni di pasta 'ncasciata, piatto degno dell'Olimpo, se ne mangiò due porzioni, rimise la teglia nel forno, puntò la sveglia, dormì piombigno per un'ora, si alzò, fece la doccia, si rivestì coi jeans e la camicia già allordati, arrivò in ufficio. Andrea Camilleri, "Il cane di terracotta" 1996 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. 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- CICERI E TRIA
nu ssapire tenìre ttre ccìceri a mmucca ... Ogni tanto mi piace fare un'incursione fra i piatti che mi sono piaciuti di più in giro per l'Italia, soprattutto in questo periodo di reclusione forzata per tutti, perché non viaggiare con la cucina? Un giorno in Piemonte, un giorno in Lazio, un giorno in Puglia come oggi e ancor meglio nel Salento con Ciceri e Tria, Cìciari tthria. La cucina è cultura, è storia, è geografia, è arte, il cibo è il mezzo più semplice per avvicinare i popoli, perché mangiare mangiamo tutti. Ho assaggiato Ciceri e Tria la prima volta da Le Zie a Lecce, locale caratteristico di cucina tradizionale che sembra fermo nel tempo. La sensazione è quella di entrare in una casa privata, a casa di zia appunto, per il pranzo domenicale di una volta. Ciceri sta per ceci e Tria sta per pasta, una sorta di tagliatelle di semola larghe circa due cm. e lunghe 10-12, piatto in uso nel giorno di San Giuseppe. La particolarità sta nel fatto che questo piatto, una sorta di zuppa pochissimo brodosa, oltre alla pasta fatta bollire, ne contempla una parte fritta nell'olio ed entrambe aggiunte ai ceci. Occorre mettere in ammollo i ceci almeno 12 ore prima, poi farli a cuocere coperti di acqua fredda con cipolla, aglio, sedano, carota, una foglia di alloro fino a che non sono teneri. Nel caso si può ovviare alla lunga cottura con la pentola a pressione. Nel mentre si impasta della farina di semola rimacinata e un pizzico di sale , con tanta acqua tiepida quanto basta per avere un impasto morbido da poter tirare a sfoglia e ritagliare in tagliatelle larghe e corte Si può considerare 50gr di farina e 50gr di ceci secchi a testa per una porzione abbondante da piatto unico. Cotti i ceci, consumata quasi tutta l'acqua, una parte di questi va passata con le verdure e rimessa nella pentola aggiustando di sale. Nel contempo in un pentolino piccolo e alto, così che rimanga ben profondo, in olio evo di oliva, si scalda uno spicchio d'aglio per insaporire e poi si toglie prima che bruci, si frigge, poco per volta, un terzo della pasta fino a che non diventa color nocciola. Si fa bollire in acqua il resto della tria, si scola al dente e si unisce ai ceci, insieme a qualche cucchiaio dell'olio di frittura, si mescola, si ritira dal fuoco, si uniscono le tagliatelle fritte e una spolverata di pepe e si serve. La ricetta originale vorrebbe che si unisse tutto l'olio usato per la frittura, ma sinceramente a me sembra un po' troppo ... Merita due parole la storia del nome: Ciceri si comprende dal latino, significa ceci, Tria invece è un etimo derivante probabilmente dall'arabo "ittriyya", antico tanto da essere nominato in Liber De Coquina, il più vecchio libro di ricette dell'occidente, scritto intorno alla fine del 1200 presso la Corte di Napoli, dove viene nominata, udite udite la Tria Januensis, e cioè un piatto genovese ... chissà se erano "Trenette"? ... e devo dire che almeno in questa zona, che parla un ligure arcaico, non il vero genovese, triaa inteso come verbo, ha ancora il significato di tagliare in un particolare modo come quello usato per tagliare la pasta... eh lo dico sempre, che il mondo è piccolo... Per chi volesse il Liber suddetto è scaricabile in Pdf dal web, tradotto. Non facile da leggere, ma ci si può provare, soprattutto le ricette che ovviamente non comprendono tantissimi degli ingredienti conosciuti da noi ora... come pomodori, patate, zucche e zucchini, fagioli, ecc. arrivati in Europa 200 anni dopo. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- FAVE E CICORIA
fav’ e fogghie Tra le pulizie di primavera di questi giorni c'è stato anche il riordino del cassetto dei legumi secchi che è l'ora di consumare e anche per decidere quale seminare, tanto sono sempre i miei, sia quelli per la semina che quelli che mangio. Ho ritrovato un pugno di fave secche pugliesi, giusto quelle per farmi un po' di Fave e Cicoria come ho imparato laggiù, in Puglia. Trovo difficilmente qui le fave decorticate necessarie e soprattutto quasi impossibile da trovare italiane. Non facile nemmeno laggiù ormai e non certo nella grande distribuzione, solo localmente in piccoli mercati, spesso che arrivano da Marocco, Tunisia, ecc. Intanto la varietà di fave: chiara, seccata fresca giovane. Poi decorticate da secche, oggi con la macchina decorticatrice elettrica, una volta a mano con un particolare mazzotto di legno su di un attrezzo artigianale presente in tutte le case pugliesi. La fava privata del nasello o dell'occhio, ilo in termine botanico, seccata al sole, veniva poi una ad una appoggiata in verticale e con un colpo secco divisa in due e privata della buccia. Ho ritrovato queste foto sul web per far capire tutto il lavoro manuale che c'era dietro a un piatto pur così semplice. foto da amici dell'orto Questo lavoro, così almeno mi è stato spiegato laggiù, serviva per avere le fave pronte senza bisogno di ammollo, che venivano messe nella pignatta di terra con acqua e lasciate a cuocere per ore e ore nel camino fino a che morbide con qualche colpo di cucchiarella di legno diventavano puré. Avendo la possibilità di cuocerle sulla stufa a legna e quindi di lasciarle a cuocere anche tutto il giorno faccio ancora così, non sono ancora riuscita a portarmi a casa la pignatta di terra adatta ma ci spero. In realtà i pareri sono discordanti c'è chi dice di lasciare in ammollo le fave tutta la notte, comunque in un modo o all'altro le fave vanno messe a freddo coperte d'acqua e fatte sobbollire a lungo. È opportuna l'aggiunta di una patata a fette, di una foglia d'alloro, metto anche una cipolla a volte, c'è chi mette anche una costa di sedano. Per la dose difficile da dire, va secondo la fame, ma potrebbero essere 80gr. di fave secche a testa. È meglio schiumare ogni tanto e alla fine quando le fave si presentano disfatte, oggi come oggi un colpo di frullatore ad immersione e il purè è fatto. Il giusto accompagnamento sono le Cicorielle ... ma saranno davvero cicoria? Ho scoperto vivendo laggiù, che in realtà sono diverse erbe di campo esattamente come il nostro Prebuggiun (qui>>>). Certo la percentuale di Cicoria(qui>>>) è alta ma con l'aggiunta di zangùne che sarebbe la nostra sciscerbua (qui>>>), sprùsceni o aspraggine (qui>>>), paparina il papavero (qui>>>), e altre, meglio se prevalgono le amare per contrastare il dolce delle fave, insomma le erbe commestibili selvatiche che conosciamo benissimo anche qui e che è uno dei motivi che mi hanno fatto amare tanto la Puglia. Le erbe bollite, vanno messe nel piatto vicino al purè e conditi entrambi con profumato e gustoso olio pugliese e andrebbe mangiato il tutto senza mescolare, raccolto un po' uno un po' l'altre con una fetta spessa di buon pane di semola al posto del cucchiaio. Piatto antico, citato da Aristofane, fav’ e fogghie, proveniente dalle prime polente di grano pestato, certamente ritenuto povero, in realtà faceva parte della dieta di Federico II, gran gourmet e gourmand, colui che ispirò, se non chissà, scritto, il più antico libro di cucina occidentale Liber de Coquina, raffinato intenditore di cibi e spezie arabe, amava mescolare le cucine di vari paesi stupendo i suoi ospiti con una tavola opulenta. D'altra parte era pur chiamato "Stupor mundi" e poche figure storiche mi affascinano quanto lui, dalla sua nascita che ho già raccontato nella mia pagina delle donne a tutto quello che ha fatto e costruito, non c'è posto nel sud Italia dove non si respiri la sua presenza. Parlava sei lingue: latino, siciliano, tedesco, francese, greco e arabo, nipote del Barbarossa, si interessò di ogni forma d'arte e di scienza. Non sono una storica e tantomeno un blog di cucina è il posto più giusto per parlarne ma da donna lasciatemi riportare almeno l'affascinante storia della sua nascita, ma soprattutto di sua madre Costanza d'Altavilla, sposata anziana, per quell'epoca, al figlio di Federico Barbarossa Enrico VI di Svevia, quando lei avrebbe voluto invece farsi monaca. Proprio per l'età, 40 anni superati e per il lungo periodo passato in convento, cercarono di screditare la sua gravidanza, insinuando non fosse vera e bisbigliando che il nascituro, futuro inviso pretendente di troni, potesse essere in realtà avuto, chissà, facendo partorire una monaca. Per fugare ogni dubbio di pettegolezzo medioevale Costanza, accusando nei pressi di Jesi le doglie, mentre era in viaggio per raggiungere il marito, fece installare nella piazza una grande tenda dove pubblicamente fu possibile assistere al parto. Era il 26 dicembre 1194, nevicava. “..se il Signore avesse conosciuto questa piana di Puglia, luce dei miei occhi, si sarebbe fermato a vivere qui…” (Federico II, puer Apuliae Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- LA PANZANELLA DELLA LELLA
Chi vuol trapassar sopra le stelle en’tinga il pane e mangi a tirapelle un’insalata di cipolla trita colla porcellanetta e citriuoli vince ogni altro piacer di questa vita considerate un po’ s’aggiungessi bassilico e ruchetta oh per averne Non è contratto che non si facessi” Il Bronzino, pittore del '500 Ma veramente con questo caldo si ha voglia di cucinare? o si ha fame di cose calde? No, perché si può anche fare come gli antichi: in estate fra le mille ricette di pan bagnat, cundigiun, panzanelle, frise e friselle si può scegliere. Oggi è il giorno della Panzanella Gli ingredienti semplici poveri freschi: pomodori, cipolla, una pagnotta di pane, possibilmente raffermo, aceto, acqua. E poi quello che si vuole, cetrioli quasi sempre, olive, capperi, sedano, acciughe sotto sale, radicchio tagliato fine. Nella citazione del pittore di inizio post del '500 si ritrova la portulaca, la rucola, e il basilico e non ci sono i pomodori, perché ancora abbastanza sconosciuti in quanto arrivati da poco dalle Americhe Amici e parenti toscani mi confermano paese che vai panzanella che fai. Nella sua semplicità ci sono però regole precise. Non tentare di farla senza un buon pane toscano sciapo, la mollica di un qualche, magari buonissimo, altro pane italiano, bagnato tende a diventare più una pappetta mentre quello toscano rimane più sbriciolato. Il pane va assolutamente di almeno due giorni, perché si imbibisca nel modo giusto di acqua, e non va ammollato troppo, spruzzato di aceto e sbriciolato con le mani. Se non piace l'aceto non si fa la Panzanella. La cipolla, affettata sottile, si può lasciarla in acqua e aceto perché non tutte sono dolci uguali e non tutti gradiscono un gusto troppo acre. I pomodori meglio non così sottili, il cetriolo come si vuole, e poi tutto mescolato con il pane ammollato e strizzato e spezzettato a mano, condito con buon olio, pizzico di sale e personalmente gradisco l'origano, ma spesso viene usato il basilico. Il composto così condito è meglio se riposa in frigorifero una mezz'ora, in realtà anche di più, perché gli ingredienti si insaporiscano fra loro, poi a me piace metterlo, poco prima di servirlo, dentro una pagnotta svuotata, tagliata la calotta, e se sono in vena, dentro ad una rosetta di pane per ognuno dei commensali. Ovviamente l'involucro esterno può non essere di pane toscano, ma sempre un pane molto alveolato con una bella crosta. Mangiata va mangiata come un'insalata, anche così nel piatto, il resto è decorazione, anche se il pane esterno si insaporisce e non è niente male. Nella foto degli ingredienti si vede uno spicchio di aglio. La panzanella non lo prevede, ma a me piace strofinare lo spicchio di aglio all'interno della pagnotta dove metterò la panzanella, per darle appena appena un profumo in più. Per oggi mi sono dovuta arrangiare con quello che avevo, ma sabato arriva una nipote dalla Toscana e con lei il pane sciocco autentico e allora vai di Panzanelle Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- L'ERBA LISCA
Latito dal blog da un po' di tempo, ma a parte impegni vari, è difficile parlare di erbe abitando in campagna nell'estate più calda e siccitosa che io ricordi, anche se mi capita di trovare sui social inviti a gite di riconoscimento o di raccolta e mi chiedo come sia possibile. Gli articoli di questo blog nascono dalle mie passeggiate cercando e riconoscendo un'erba, ricordando letture e parole sentite a proposito di questa, esperimenti fatti da sola o con amiche o tradizioni di famiglia di una vita, difficile trarre ispirazione dai prati secchi di questo periodo. Da tempo però volevo parlare di un'erba che sapevo esistere ma non riuscivo a trovare, un'erba con una storia per me fantastica, il cui utilizzo finirà per essere dimenticato e speravo, per scrivere il post, di riuscire a fare un'intervista con chi ancora poteva ancora raccontare, o chi poteva mostrarmi un manufatto ottenuto da questa pianta. Ad oggi non l'ho trovato, spero che proprio questo articolo mi porti magari a conoscere qualcuno che la ricorda e che l'ha usata. Tutto quello che scriverò sarà quindi riportato da articoli letti qui e là. Ma l'erba sì, quella l'ho trovata! Nei miei ormai frequenti viaggi dalla Val di Vara a Portofino, sulla strada costiera, nelle pareti scoscese, tra la macchia mediterranea così diversa dalla natura che mi circonda qui, ho finalmente riconosciuto i lunghi ciuffi di "erba lisca". Ampelodesmos mauritanicus è il nome botanico di questa pianta, che cresce in abbondanza sul monte di Portofino, anche se è frequente in tutte le zone in riva al mare fino all' Africa. I ciuffi alti fino a due metri, con foglie strette e lunghe anche un metro, taglienti sul margine (altrove è conosciuta come Tagliamani) le spighe ancor più alte, non possono essere confuse con qualcos'altro. - foto di Actaplantarum - https://www.actaplantarum.org/galleria_flora/galleria1.php?view=1&id=737 Sembra impossibile ma attorno a quest'erba fino a pochi decenni fa, fioriva un'intensa attività lavorativa nella baia di San Fruttuoso. Molti, anche da fuori, venivano a raccogliere quest'erba per conto dei cordai, coloro che, fatta seccare, battuta e filata, la usavano per produrre corde e reti per una particolare pesca a strascico. Reti che leggere e morbide che resistevano al sale e all'acqua di mare e venivano issate a bordo con più facilità e venivano richieste da tutti i pescatori del Levante Ligure. Anche i cavi per la Tonnarella di Camogli erano fatti con questa pianta. Per qualche motivo che mi è sconosciuto, visto che comunque non è un'erba così difficile a crescere e a propagarsi, basterebbe un'oculata conservazione e raccolta, è adesso tutelata e le poche corde ancora prodotte a San Fruttuoso sono fatte con fibra di cocco che arriva da lontano, di solito dall'India. Il resto è tutto nylon, dimenticando come una fibra naturale sia completamente biodegradabile. Con la sospensione della raccolta è scomparsa completamente l'attività dei cordai, una volta fiorente in Liguria in tutti i paesi costieri, che usando anche altre fibre vegetali come canapa, lino ecc. provvedevano per la richiesta di tutti i tipi di cavi, anche grossi, per navi di una certa importanza. Nel video sotto viene raccontata un po' la storia di questi personaggi, mostrato come si fanno le corde, anche se mi piacerebbe riuscire a conoscere qualche pescatore o poter fotografare se ancor esiste, una rete fatta con la lisca. In questi anni non sono riuscita a trovare nemmeno nessuno che ricordasse la pianta, così le notizie scritte sopra sono prese da questo articolo: https://www.portofinoamp.it/attivita-tradizioni/i-cordai La strada stretta e l'impossibilità a fermarmi mi ha impedito di fare fotografie dettagliate, ma dovrò fare una passeggiata nel Parco di Portofino o sopra Sestri Levante dove so essere presente, per documentarmi e osservarla meglio. Continuando a leggere qui e là ho scoperto che la pianta era anche usata per costruire il fondo dei setacci per la semola e gli steli delle sue spighe per fare le "busiate" un tipo di pasta fresca in uso fra Sicilia e Calabria simile ai fusilli fatti con il ferretto. Busiate da Buso, cioè lo stelo della Disa, nome dato all' erba lisca in quelle zone. Le Busiate sono ottime con il Pesto alla Trapanese, che la storia suggerisce essere una derivazione di quello portato in Sicilia dai Genovesi, quando al ritorno dai viaggi in Estremo Oriente, attraccavano al porto di Trapani e si mettevano a fare il loro pesto di basilico e aglio. I siciliani poi trasformarono “l’agghia pistata” vista fare, aggiungendo mandorle e pomodorini, con un'interazione fra culture e sapori che mi fa sempre sorridere quando sento inneggiare al "solo noi, solo qui, solo così". Un valore così grande come la capacità tutta italiana di cambiare gusto e pietanza di casa in casa con spesso gli stessi tre ingredienti, invece di essere portata in palmo di mano, viene invece sovente demonizzata. Basta uscire dai propri ristretti confini, a volte solo mentali, per poter gustare piatti incredibili che magari sono frutto semplicemente di un incontro con un nostro lontano parente, che è passato un giorno, tanto tempo fa, di lì. Mi scuso per la divagazione e provo a fare le busiate e mi perdoneranno siciliani e calabresi se sono venute come sono venute. Avrei fatto meglio a imparare quando, durante il mio soggiorno in Puglia voleva insegnarmele la vicina che aveva imparato dalla suocera messinese! Dunque servono Acqua tiepida e farina, io preferisco sempre farina di semola o se non si trova semola rimacinata, ma va bene anche 00 Un impasto non troppo morbido, lasciato riposare un pochino, meglio coperto in frigorifero. Da piccole porzioni di impasto lavorate a cilindri di circa 4 mm.di spessore, taglio dei pezzi di 6-7 cm. Con uno stecchino di bambù, perché non sono riuscita a raccogliere una spiga di lisca, mettendolo ad angolo cerco di avvolgere la pasta creando una spirale. Ruotando con due mani il bastoncino sulla spianatoia la pasta si allargherà permettendo di staccarla. Non è stato facilissimo all'inizio e le mie busiate sono suscettibili di miglioramento, ho seguito un tutorial su you tube e mi sento di consigliare a chi volesse provare: Serve la spianatoia di legno, altrimenti non scivola la pasta Bisogna indovinare la misura giusta di lunghezza e dimensione della pasta e la consistenza dell'impasto, troppo morbido si attacca al bastoncino. Per qualche motivo che mi è rimasto sconosciuto la pasta all'inizio mi rimaneva ammucchiata, facendole sembrava mi venissero sempre meglio, certo serve ancora tanto esercizio. Ho seguito questo tutorial: https://www.youtube.com/watch?v=7HEDEbQs-jM&ab_channel=Annamariatrafornoefornelli Lasciate asciugare le ho cotte e condite con il pesto trapanese. Anche per questo ho sbagliato qualcosa, poco basilico ed è venuto un po' troppo rosso con il pomodoro che spiccava come gusto. Per farlo ho usato: un mazzetto di basilico ma ne servivano decisamente due 250gr. di pomodori di Pachino 50gr. di mandorle pelate uno spicchio di aglio 50gr. di pecorino sale e olio quanto basta Andrebbe pestato al mortaio ma con un giro di frullatore si fa sicuramente prima. Le abbiamo comunque gustate e sono pronta per correggere gli errori la prossima volta, in attesa, chissà, di poterle assaggiare in bel viaggio al sud che oramai sogno anche di notte. - Quannu a pasta è ‘nta pignata, ci voli ‘a tavula cunzata - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>











