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  • IL MANDARINO CINESE o KUMQUAT

    Questo post è stato sollecitato dalle immagini della marmellata di Kumquat che ho fatto qualche giorno fa e quindi dedicato all'amica Silvia che me li ha regalati e a suo fratello Renato che li ha raccolti 😊 In verità avevo voglia di raccontare a qualcuno quello che, appassionata di Walt Disney, avevo scoperto in tempi non sospetti, quando la mia pianta di Citrus japonica, faceva bella mostra di sé, nel salone della casa di città (ebbene sì, ho avuto un travagliato trascorso cittadino anche io) come pianta d'appartamento. Ebbene, ricordate Eta Beta? Eega Beeva (alias Pittisborum Psercy Pystachi Pseter Psersimmon Plummer-Push) l'alieno che veniva dal futuro e parlava anteponendo la P a quasi ogni parola? La sua alimentazione, in Italia era a base di naftalina, ma in realtà successe, che al tempo della sua uscita, i fumetti fossero ancora in bianco a nero e i traduttori italiani non conoscendo le palline bianche che venivano disegnate decisero di identificarle in naftalina, ma in realtà erano Kumquat in salamoia, usati nella cucina degli States, allora frutto completamente sconosciuto in Europa ... Certo che poi originario della Cina, Kumquat è la pronuncia dei caratteri cantonesi 金橘, sia stato chiamato Citrus japonica ... meglio quindi mandarino cinese ... Come tutti gli agrumi è ricco di oli essenziali e proprietà che però, come altri agrumi possono interferire con alcuni farmaci. Ecco... ora immagino che dovrò comunque scrivere la ricetta della mia marmellata che è davvero buona. Non è che come frutto abbiano poi tutta questa polpa e quello che li rende particolari è il gusto della buccia, quindi la prima operazione da fare è quella di lavarli, lasciandoli a bagno magari un'oretta, senza bucarli, giusto per idratarli un po'. successivamente tagliati a metà come si vede in foto, è facile togliere i voluminosi semi In una pentola con il fondo spesso, a fuoco basso, con qualche cucchiaio d'acqua se serve e il coperchio per far sì che ammorbidiscano. A questo punto io uso l'estrattore. Con l'estrattore da una parte esce una polpa densa e dall'altra le bucce macinate, però dato che la buccia è aromatica e secondo me piacevole, la rimetto nella polpa e aggiungo 800gr. di zucchero a chilo. Chi non ce l'ha può usare il frullatore a immersione, il risultato è più o meno lo stesso. A fuoco fino a che non solidifica nel piattino, come al solito. Come al solito poco, a secondo della quantità, ormai non cuocio più nessuna marmellata più di mezz'ora quaranta minuti per i motivi sotto Attenzione a non superare la temperatura e il tempo di cottura perché lo zucchero non prenda il caramello, il che, come in tutte le marmellate, inficerebbe colore, gusto e il profumo del prodotto finito. Visto che altrove viene usato in salamoia mi viene in mente che probabilmente sarà buono anche con piatti salati, non mi resta che augurarmi che la Silvia venga presto a trovarmi così da fare qualche prova 😂 Dimenticavo... non ho buttato i semini... ma li ho interrati in un vaso... non si sa mai Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • GLI OCCHIETTI DELLA MADONNA

    Avviso: Post ad alto tasso di romanticismo. Per parlare di un fiorellino molto comune, ma a mio vedere di una infinita bellezza nella sua semplicità. Per parlare di una ragazza selvaggia, che con i suoi vent'anni, andava incontro alla sua vita da sposa con delle idee ben ferme in testa, assolutamente non condivise in famiglia. Rifiutati giardinieri e fioristi, addobbai da sola il mio l'altare con il Biancospino (qui>>>), ma il bello fu la mattina delle nozze, la casa piena di gente, mia madre disperata che vagava raccogliendo fiori qui e là, cercando di confezionarmi qualcosa che assomigliasse ad un bouquet da sposa, del quale secondo lei mi ero completamente dimenticata. Ma era maggio e avevo da giorni adocchiato un cespuglietto, là proprio dietro la stalla, che stava per aprirsi e già con l'abito da sposa indossato, ho sceso di corsa la scala e torcendo con la mano il ciuffo di fiorellini azzurri, che erano giusto sbocciati per me quella mattina, li ho infilati in un velo di tulle, un po' di nastrino e di corsa in chiesa, perché una sposa qualcosa di blu deve averlo. I fiori erano piccoli e leggeri steli di Veronica Chamaedrys. Fra i primi fiori in primavera, tra l'erba verde ormai cresciuta, spunta questa varietà di Veronica, per il suo delicato colore chiamata Occhi o Occhietti della Madonna. Passeggiava Maria con il suo figlioletto Gesù nei campi fioriti di primavera, a un tratto il bimbo ebbe sete ma non c'era nessuna fontana nei dintorni. Dentro una bianca e delicata corolla, una goccia di rugiada, brillando alla luce del sole, attirò lo sguardo della Madonna, bastò la goccia a placare la sete del bimbo e l'azzurro degli occhi della Madre Santa rimase per sempre nei petali dell'umile fiorellino. Il nome Veronica è in origine Bernice, dal latino "portare alla vittoria" diventato Berenice, per poi essere trasformato in Veronica, a significare vera icona, nella tradizione cristiana, la donna che asciugando il volto di Gesù ne vide rimasta impressa l'immagine su di un panno di lino e per questo tale genere di piantine è sempre fiorito durante la Settimana Santa. Nella foto sotto un'altra Veronica con la quale facilmente confusa, la Veronica persica Veronica Persica - foto di Actaplantarum Un'altra Veronica, la Veronica officinalis, con fiori che variano dal bianco al rosa, dal lilla all'azzurro, ebbe un grande successo in anni passati, chiamata Tè svizzero, per l'abitudine di usarla in tisana, le erano riconosciute grandi proprietà, sia per le affezioni respiratorie che per l'effetto che ha sull'intestino. Nonostante siano entrambe commestibili non ne ho mai fatto uso in cucina. Spesso la Veronica è confusa con il Nontiscordardime, il  Myosotis alpestris, o con l'Edera terrestre, la Glechoma hederacea. Immagini tratte da -Questi nostri Fiori- ed. Capitol Oltre alle evidenti differenze botaniche, i petali degli Occhietti della Madonna, più delicati, cadono quasi immediatamente dopo la raccolta, e comunque scoloriscono, se fatto un mazzetto si cerca di conservarli a bagno. Tornando alle mie nozze, quel giorno non caddero i petali, il mazzolino durò tutto il giorno, fino a che, come da tradizione lo passai ad un'amica. Qual'è il tuo fiore preferito? Qualsiasi fiore, a turno, quando si trova nella stagione giusta -Vita Sackville West - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • FIOR DI MIMOSA

    Ogni anno, mentre scopro che Febbraio È sensitivo e, per pudore, torbido, Con minuto fiorire, gialla irrompe La mimosa. G. Ungaretti Inutile aspettare marzo per parlare di mimosa. Lo strano inverno tiepido di quest'anno l'ha fatta fiorire in riviera già da15 giorni, se non più, appena passato Natale già sembrava primavera con tutto quel giallo profumato ovunque. Perché scriverne in un blog di erbe commestibili? perché la mimosa lo è, come già ho ricordato qui >>> Fior d'acacia, glicine e maggiociondolo molto più della Robinia chiamata a sproposito acacia, ma chissà perché l'ho sempre vista usare molto meno in cucina. Una confusione fra le due piante, anzi tre: l'Acacia quella a fiori bianchi a grappolo, che non è un'acacia ma una Robinia e la Mimosa gialla che non è una Mimosa ma un'Acacia e la vera mimosa sarebbe quella a fiori tipo piumino rosa, l'Albizia. Perché Mimosa sarebbe solo un genere botanico di piante con la caratteristica di contrarre le foglie se toccate. In casa abbiamo sempre chiamato la mimosa comune gialla Gaggìa e ho poi scoperto che questa è un'altra ancora, l’Acacia farnesiana, con fiori gialli più grandi e profumo simile più intenso, così tanto per complicare ancora di più, anche se mia madre, venendo di moda il rametto di mimosa per la festa della donna, si ostinava a dire "non è la vera gaggìa", ma sono dovuti passare anni di letture prima che capissi. In comune hanno la famiglia botanica delle Fabaceae, e ce ne sarebbero altre ... Già m’accoglieva, in quelle ore bruciate sotto ombrello di trine, una mimosa, che fiorì la mia casa ai dì d’estate, coi suoi pennacchi di color di rosa ... Le mie piante - G.Pascoli Fatta un minimo di chiarezza, si fa per dire, parliamo dell'uso in cucina. Importante: è commestibile solo il fiore, le foglie meglio di no. non usare nelle pietanze fiori di fioristi imbevuti di sostanze chimiche per mantenere il fiore, concimi ecc. non usare fiori raccolti ai bordi delle strade trafficate Esistono diversi piatti con il termine mimosa nel nome, la più famosa la Torta Mimosa, un pan di Spagna sbriciolato per avere l'effetto fiori, o l'Insalata Mimosa a base di patate, pesce e tuorlo d'uovo sbriciolato, forse in origine preparati proprio con i fiori della Mimosa e poi abbandonati per poter preparare questi piatti tutto l'anno. A parte le onnipresenti frittelle, possono essere usati per decorare, accompagnare asparagi o verdure ripassati in padella, insaporire un burro per condire dei tagliolini sfiziosi, aggiunti all'ultimo ad un risotto al parmigiano, o usati con tutta la fantasia che si vuole, tenendo presente che a tutti può non essere gradito il gusto dolce, che ricorda un po' la camomilla, il retrogusto leggermente amaro e il profumo molto aromatico che trasmette al piatto. È necessario usare fiori freschissimi e accertarsi delle eventuali allergie dei commensali, io per esempio non posso usarli, se non per piccole decorazioni. Il profumo cambia con il passare dei giorni e ancora più intenso è quella della suddetta Gaggìa se si pensa che in Sicilia venivano usati mazzi di questo fiore per confondere i sensi delle ragazze per far all'amore, gli Arabi preferivano stordirle con il gelsomino. La storia della mimosa scelta per la festa della donna l'otto marzo ha origini più semplici e innocue. Teresa Mattei insieme a Rita Montagnana e Teresa Noce, decisero per questo fiore perché pareva un fiore povero, presente ovunque, facilmente e gratuitamente recuperabile nelle campagne, ma la storia della festa della Donna già l'ho raccontata qui>>>Donna Tra le proprietà insospettabili della mimosa ci sono quelle degli oli essenziali ricavati dai fiori, specie dell'Acacia farnesiana e usati in profumeria, oleoliti anche fatti anche in casa con fiori e corteccia che hanno qualità elasticizzanti per le pelli mature. Basta mettere un pugno di fiori in un barattolo coperti di olio, meglio di mandorla o di jojoba o di sesamo, e lasciare coperto da una garza, per una ventina di giorni massimo un mese, meglio riposta al buio sopra una mensola in alto dove arriva il calore di un termosifone, per esempio. Quest'anno ho deciso di fare un oleolito misto di fiori di calicanto e di mimosa per poi confezionarmi una crema da notte. Il metodo più semplice per farsi una crema è descritto qui >>>Calendula Fiorrancio Non uso conservanti di nessun genere, perché ne faccio poca e vado da un fiore all'altro cambiando a secondo quello che mi offre la stagione, finita mimosa e calicanto ci sarà il lillà. Molte proprietà sono nella corteccia usata da tempi antichi ma non ho esperienze personali in merito da raccontare. Ho letto di utilizzi per la pelle, per cicatrizzare le ferite e altro, ma preferisco il consiglio di un esperto erborista, anche perché si è visto c'è acacia e acacia. Ricca di tannini è usata anche per colorare stoffe. E infine nominata nella Bibbia in vari passaggi, quando nell'Esodo per la costruzione dell'Arca dell'Alleanza dove erano custodite le Tavole della Legge si nomina l'acacia, si intende proprio quello di una varietà di mimosa. 1 Bezaleel fece l'arca di legno di acacia: aveva due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza, un cubito e mezzo di altezza. 2 La rivestì d'oro puro, dentro e fuori. Le fece intorno un bordo d'oro. 3 Fuse per essa quattro anelli d'oro e li fissò ai suoi quattro piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull'altro. 4 Fece stanghe di legno di acacia e le rivestì d'oro. Dal libro dell'Esodo 37, 1-5 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • STECCHI FRITTI MODERNI

    Pasqua è anche Fritto Misto, un po’ come tutte le grandi feste in Liguria, ma a casa mia immancabile in questi giorni. Il Fritto Misto alla Genovese è buono, ricco e vario. C'è da precisare per i "foresti" che è un fritto di terra, verdure di stagione e carne. Le verdure, più facilmente in pastella, (quella dei Frisceau (qui>>>), possono essere fiori di zucchina, fette di melanzana, anelli di cipolla, spicchi di carciofi, cavolfiore, funghi e immancabile la Scorzonera(qui>>>) La carne è vitella, maiale o per tradizione coniglio in fettine piccole, impannate in farina,uovo e pane grattugiato. Il Fritto Genovese è arricchito di lattedolce e latte brusco. Il lattedolce è una specie di crema pasticciera densa, a volte fatta con un po' di semolino. Il lattebrusco è una besciamella, sempre densa, aromatizzata con cipolla e prezzemolo. Entrambe vengono stese a fine cottura in un vassoio per l'altezza di due cm e una volta raffreddate tagliate a rombi o a quadri e impannate. Poi ci sono le Nêgie e gli Stecchi. Tutte le informazioni e le altre ricette qui>>>Fritto Misto alla Genovese Le Nêgie sono le ostie, ostie grandi, di farina e acqua, dove avvolgere un morbido ripieno di animelle, cervella, formaggio e verdura a formare un pacchettino goloso . Gli Stecchi sono ancora pezzetti di cervella, animella, fegato o carne tenera infilate su stecchi di bambù e avvolti nelle ostie e poi impannati. Le varianti degli Stecchi sono infinite, qualche volta, dopo aver infilato gli stecchi venivano avvolti in ripieni e anche in una crema pasticciera molto soda prima di avvolgerli nell'ostia. Va da sé che è un piatto ricco, elaborato che ha una preparazione lunga. Per esperienza, se davvero voglio servirlo completo, mano a mano preparo e congelo, anche perché ne posso fare una grande quantità e friggere poi quello che mi serve. È una di quelle pietanze che trovarsela pronta in caso di ospiti improvvisi, riscuote sempre un notevole successo. - Tra il gatto e la frittura metti una serratura - Per questa Pasqua ho preparato solo gli Stecchi di casa mia e le cotolettine di coniglio. Scelte di gusto personale, di alleggerire se possibile il piatto, portarono mia madre a eliminare alcuni ingredienti classici come cervello e animelle e a infilzare sugli stecchi cose più semplici. E quindi ora mi bastano qualche pezzetto di prosciutto cotto, qualcheduno di formaggio tenero, tipo formaggetta, asiago o simili, e pochi di carne tenera di vitella o maiale per avere un risultato ghiotto. Taglio a quadratini più o meno di un cm. il prosciutto cotto, il formaggio e la carne. Passo la carne in padella con un pezzetto di burro e una foglia di alloro. Ora non mi rimane che infilzare in successione su ogni stecco un pezzetto di prosciutto cotto, uno di formaggio, la carne, un’altro di formaggio e per ultimo di prosciutto... e mi assale la nostalgia di quando in casa nonne, mamme sorelle, zie, si faceva questo lavoro tutte insieme in una specie di catena di montaggio... chi metteva il prosciutto... chi il formaggio ... chi la carne... Terminati tutti gli stecchi preparo un piatto piano con poco latte. Velocemente, senza lasciarla imbibire troppo, passo un‘ostia, una Nêgia, nel latte. su di essa poso lo stecchino e sempre velocemente, tenendolo con una mano, avvolgo chiudendo bene le estremità . Proseguo fino ad esaurimento, posandoli su una picagétta (strofinaccio da cucina), su un'altra superficie l'ostia bagnata si attaccherebbe. Se dovesse, per qualche motivo, formarsi un buchino, basta ripararlo con un pezzetto d’ostia bagnato. Lo stecchino deve essere ben chiuso per impedire al formaggio di uscire sciogliendosi in cottura. Preparo farina, uova, pane grattugiato. passo ogni stecchino prima nella farina poi nell'uovo e infine nel pane, sempre posandoli su di uno strofinaccio pulito. Così pronti si possono conservare da un giorno all'altro in frigo, e come dicevo, metterli in freezer per averli pronti da friggere all'occorrenza senza scongelare. Friggere in olio profondo, e mi raccomando, ricordatevi di scegliere gli stecchini di bambù della lunghezza giusta per la padella!😂😂😂... Preparatene tanti... anni '70 mia mamma ed io a fare stecchi AGGIORNAMENTO: Gazzetta Ufficiale n.60 del 12/03/19 GLI STECCHI aggiunti nell’Elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali Regione Liguria n.205 qui>>> Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> Tutti gli usi alimurgici o farmaceutici indicati sono a mero scopo informativo, frutto di esperienza personale, declino ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.

  • ASPARAGI E NON ASPARAGI

    - Asparagi, funghi e granchi, spendi molto e poco mangi - Non potevo rimandare oltre, così oggi son partita e ho fatto le mie ricerche per trovare qualcosa da fotografare. Perché c'è asparago e asparago, quelli che lo sono davvero e quelli che si spacciano per asparagi con la compiacenza di coloro che continuano a chiamarli così e raccolgono qualsiasi cosa assomigli. In questo caso, oltre ad essere una questione di appetibilità, (l'asparago"sa" di asparago) c'è anche qualche rischio a sbagliare. Fra tutti quello di prendere qualcosa di tossico, o mediamente tossico sempre con la scusa di "sempre raccolti sempre mangiati" e solo perché con la bollitura molto si perde nell'acqua. Mi è capitato qualche volta di leggere "faccio bollire tre volte" ... e poi? davvero siamo ancora ai punti di dover raccogliere qualsiasi cosa, che potrebbe anche dar fastidio al nostro organismo, attuare una lunga procedura per mitigare l'amaro, la tossicità? Un altro rischio è quello di incorrere in qualche multa, visto che alcune varietà sono protette e anche qui sento ripetere " ce ne sono tanti, li raccolgo solo nel mio bosco, l'abbiamo sempre presi". Le leggi riguardano solo i germogli di alcune piante, e sono a carattere regionale, nel senso che in una località si possono raccogliere poche piante, in un altro nemmeno una. In nessuna regione mi risulta si possano fare i mazzi di centinaia di pezzi che vedo purtroppo fotografati e sbandierati sui social, spesso nei gruppi di erbe, anche perché è proibita la vendita dei così detti "prodotti secondari del bosco", salvo regolare autorizzazione e non so proprio cosa se ne possa fare di tanti. Di seguito alcune foto e brevi descrizioni di quello che so per capire le differenze fra uno e l'altro. Asparago Asparagus acutifolius L. Il vero unico asparago, più comune l'Asparagus acutifolius, pianta spinosa che cresce nella macchia mediterranea fino a 800-900mt, qui da me per esempio non riesco a farlo resistere all'inverno, quando ero ragazza ne erano presenti due piante in tutto il paese tenute in un giardino e i rami venivano usati come verde da addobbare la chiesa. Un giorno mia madre passando mi disse: - Guarda gli asparagi - fu uno di quei momenti che mi riuscì difficile crederle, ma in effetti dalla base uscivano dei piccoli turioni molto somiglianti agli asparagi che si comperano, solo più sottili. Chi ha la mia età ricorda come una volta i mazzi dei fioristi erano abbelliti da rami di asparago, una varietà coltivata apposta, meno pungente, che probabilmente non dava asparagi commestibili e chiamata comunemente asparagina. La pianta dell'Asparago selvatico è una piccola pianta perenne, quasi un'erba, alta non più di mezzo metro, composta di steli legnosi fin dalla base e rami spinosi, che spuntano dal terreno e si coprono di piccolissimi fiori verdi che si trasformano poi in bacche con i semi dentro. In primavera nelle vicinanze di una pianta spuntano dal terreno i nuovi germogli che sono appunto gli asparagi da raccogliere. Nello specifico il nome "asparagus" deriva probabilmente dal greco e significa germoglio. Ci sono due scuole di pensiero per la raccolta: chi pensa che vadano tagliati, chi crede che vadano estratti con forza fino al bianco per favorire l'uscita subito di altri germogli nuovi. Come di tutte le piante anche di questa esistono diverse varietà. Per me il modo più buono di gustarli selvatici o comperati è quello di bollirli appena appena e poi accompagnarli ad un uovo cotto alla perfezione dove il tuorlo rimane quasi crudo, anche se non disdegno un buon risotto, o condire la pasta. Da ricordare che i Romani usavano cuocere pochissimo gli asparagi tanto che l'Imperatore Augusto era uso dire, per indicare quanto fosse importante che un'azione fosse rapida e immediata: - "in meno tempo di quanto ne impieghiamo a cuocere gli asparagi” . Infatti utilissima è la pentola lunga con il cestello che permette la cottura delle punte a vapore, mentre il gambo più duro rimane a bollire a bagno. Gli asparagi sono ricchi di proprietà diuretiche, lassative e depurative e di sali minerali che ne sconsigliano l'uso a chi ha problemi alla vescica, prostatite o calcoli e insufficienza renale. Pungitopo Ruscus aculeatus L. Spesso vicino, nello stesso terreno dell'asparago, il Ruscus aculeatus, il Pungitopo del quale avevo già parlato qui>>> , i germogli ricercatissimi ma più amari dell'Asparago. La raccolta è regolamentata su tutto il territorio nazionale, nel caso della Liguria è assolutamente proibita Legge regionale 30 gennaio 1984 tabella b . Molto diverso dal vero asparago, lo si trova perché di solito è proprio sotto la pianta di pungitopo germogli di pungitopo Bruscandoli Humulus lupulus L. Più tardi rispetto agli altri due, crescono i germogli di Luppolo, che spesso si trovano sulle rive dei torrenti, nei luoghi umidi e anche di questo ho parlato diffusamente qui>>> Commestibile, ricercatissimo e più comune, mi risulta protetto solo in Friuli Venezia Giulia. Per l'identificazione ci aiuta la pianta che è un rampicante, con foglie assolutamente diverse dagli altri due, ma sopratutto il fusto coperto di piccolissime spine che lo fanno immediatamente riconoscere anche al tatto. Amarognolo, usato per frittate e risotti. germogli di luppolo Tamaro Dioscorea communis (L.) Caddick & Wilkin Questo, comunemente chiamato Tamaro, è ancora raccolto nonostante sia stata accertata la sua tossicità, sull'onda del "sempre mangiato", perché confuso con il luppolo, perché creduto un asparago per la sua somiglianza, e anche perché maggiore tossicità risiede nella radice e nelle bacche. Il fatto che il germoglio ne contenga meno e che la bollitura la elimini in parte non mi spinge a cercarlo ed a usarlo visto che poi del gusto dell'asparago a mio vedere non ha nulla. Anche qui per il riconoscimento ci aiutano le foglie, a cuore appuntito, il portamento della pianta rampicante, il fusto completamente glabro che lo fa distinguere dal Luppolo. Nella foto sotto germogli molto sottili, forse perché di piante femmina, di solito vengono cercati quelli di piante maschio più grossi, si vedono bene le foglie a punta. Se confusione è possibile più con la Salsapariglia, Smilax aspera, altra pianta dalle bacche tossiche, ma officinale, con foglie simili piene di spine tanto da meritarsi il nome volgare di stracciabraghe, e anche di questa si usa mangiare i teneri germogli, io no. germogli di tamaro pianta di tamaro Ghiserna, liassa, ecc. Clematis vitalba L. Ultima e sempre molto ricercata la Vitalba, talmente comune ormai da aver colonizzato tutti i nostri boschi soffocando qualsiasi cosa. Ho già espresso il mio disappunto per questa pianta qui>>> e a fatica comprendo chi cerca i giovani tralci ricordando gli anziani che la ricercavano. Ora non è più questione di non trovarla e proprio perché così facile si rischia di mangiarne in eccesso, dimenticando che una volta non era possibile, i contadini non la lasciavano davvero crescere. Il rischio è di nuovo di ingerire una quantità importante di componenti tossici e soprattutto di sottoporre il nostro fegato, che non è certamente quello dei nostri nonni, ad un ulteriore accumulo di queste sostanze. Ricordo che è una ranuncolacea e come tale tossica anche per contatto, addirittura mentre si pelano i rami per intrecciarli, si può finire per avere un attacco di tosse. Senza contare che fra le diverse varietà di Vitalba, per esempio fra Clematis vitalba e Clematis flammula la tossicità è diversa. In quest'ultima è importante anche il contenuto di una canfora oltre a quello di anemonina che provoca revulsione. Non così facili da distinguere. Si dimentica che anche se pur la mangiavano, e perché non avevano altro a fine inverno, troncavano solo la punta terminale, dopo pochi centimetri la tossicità aumenta ... e comunque era molto più rara di adesso. Davvero difficile confonderla con un asparago, ma anche con i germogli di luppolo, sempre per via delle foglie completamente diverse e del tralcio completamente liscio senza le spine. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • AGGIONAMENTO PASSEGGIATE ERBANDO 2024

    PASSEGGIATE DI RICONOSCIMENTO ERBE SPONTANEE DI PRIMAVERA Post di Aggiornamento sugli eventi in programma. Ricordo che: gli eventi pubblici sono sempre postati sul mio profilo fb, sulla pagina dell'Associazione e sul blog con un ragionevole anticipo, visto le condizioni del tempo che determinano la presenza o meno di erbe e non permettono di decidere mesi prima. Purtroppo non tutti riescono a prenotare o essere presenti quando decido io il giorno o il posto, quindi: DISPONGO DI UN CERTO NUMERO DI DATE INFRASETTIMANALI PER EVENTI PRIVATI PER GRUPPI DI ALMENO 10 PERSONE È NECESSARIO : UN TERRENO MESSO A DISPOSIZIONE DAL PROPRIETARIO UN POMERIGGIO O UNA MATTINATA circa DUE ORE, DUE ORE E MEZZA, massimo TRE UN MINIMO DI DIECI PERSONE DURANTE L'INCONTRO NON SI RACCOGLIE MA SI RICONOSCE A ogni partecipante verrà dato un taccuino dove fare le proprie annotazioni e compilare un erbario personale da portarsi a casa con le erbe che si incontrano o in alternativa i sette manuali cartacei È richiesto un contributo minimo a persona di 15 euro all'Associazione Erbando Trovate dieci amici o amiche e sarò felice di essere dei vostri e passare qualche ora insieme nella natura a parlare di erbe selvatiche commestibili. È possibile anche un incontro personalizzato anche con meno persone, con un contributo da concordare Mi potete contattare solo via Wsapp al 3486930662 per accordarci ERBANDO A BARGONE SABATO 9 MARZO Un altro appuntamento d'obbligo all'Hostaria Tranquillo a Bargone, quest'anno sarà il sabato ad essere selvatico. Al mattino, ore 10, nei pressi del ristorante, una breve passeggiata per il riconoscimento delle erbe classiche del Prebuggiun con Lella Canepa. A ogni partecipante sarà dato un taccuino per formare un erbario personale da portare a casa con le proprie annotazioni o in alternativa i sette manuali cartacei. Alle 12,30 -13 Pranzo al Tranquillo con menù a base di erbe a km0 A grande richiesta, dopo aver assaggiato i pansoti di Monica, al pomeriggio, per chi vuole rimanere, un corso amatoriale introduttivo sulle paste ripiene, in particolare i pansoti. Sarà mostrato come pulire, cuocere le erbe, preparare un ripieno e come lavorare la pasta fino al prodotto finito in maniera casalinga così come facevano le nostre nonne. Ogni partecipante proverà a impastare e preparare una piccola quantità di pansoti da portare a casa. È possibile partecipare all'intera giornata o alla mattina con pranzo o al pomeriggio con pranzo Inizio ore 10 Passeggiata del mattino più pranzo: € 35 Pranzo più corso del pomeriggio: €35 Passeggiata + pranzo + corso, l'intera giornata: € 60 Menù: Baciocca della Val di Vara Torta di erbe Pansoti fatti a mano con prebuggiun e ricotta conditi con burro e salvia Punta di petto al forno con insalata fiorita e patate al forno Crostata Prenotarsi al 3421601908 All'atto della prenotazione sarà fornito l'Iban dell'Associazione per un versamento anticipato di 10 euro sulla quota a conferma della partecipazione. CHI VA AL MULINO... TROVA ERBANDO 16 MARZO Via Isolato 14, Travo, Carro Sabato 16 Marzo dalle ore 15 nella magica cornice del Mulino del Travo un’esperienza unica. L’antico Mulino, datato 1690, nei pressi del torrente Travo, sotto l'abitato di Carro, è stato scrupolosamente restaurato da Silvia e Maurizio e riportato a funzionare ad acqua così come una volta. Sarà l’occasione per una passeggiata nei dintorni, con Lella Canepa per riconoscere le erbe presenti del territorio, con particolare attenzione a quelle commestibili specie del Prebuggiun. Ogni partecipante potrà comporre un erbario da portarsi a casa, con il taccuino fornito dall’Associazione. Al ritorno una degustazione dei prodotti dell’ Azienda Agricola Silvia Bonfiglio a base di miele, marmellate, castagnaccio, tutti prodotti locali, darà l’opportunità di visitare e vedere in funzione il mulino ascoltandone la storia. L'evento è aperto a un massimo di 15 persone, prenotarsi in tempo al 348 693 0662 solo wsapp o chiamare al 347 310 8995 Contributo Passeggiata riconoscimento erbe + visita e degustazione 25€ Alla prenotazione sarà fornito l'Iban per un anticipo a conferma della prenotazione In caso di maltempo l'evento sarà rinviato altre informazioni su https://www.mulinodeltravo.it/ https://www.lellacanepa.com/.../succede-nei-sepponi-di-carro INTRECCIAMO LE PALME INSIEME DOMENICA 17 MARZO Risveglio Naturale - Valletti - Varese Ligure Una Pasqua davvero bassa quest'anno, così ci ritroviamo a parlare di palme intrecciate già a metà marzo. Per chi volesse intrecciare insieme a noi per conservare una tradizione esclusivamente ligure e di pochi paesi del sud, domenica 17 febbraio ci ritroviamo all'Agriturismo Il Risveglio Naturale. Faremo palme classiche, crocette, fiocchi e anche qualcosa di più. Impasteremo anche dei piccoli canestrelli che era uso una volta portare a benedire con la palma L'evento è ancora da definire nei particolari perché le palme arrivano fresche solo nei giorni precedenti. Ci ritroveremo per il pranzo e intrecceremo al pomeriggio Per informazioni al Tel. : 01871854393 Cell.: 3493386861 Mob. : 392219596 NON SOLO CIBO: PROPRIETÀ E BENEFICI DELLE ERBE DEL PREBUGGIUN SABATO 6 APRILE Risveglio Naturale - Valletti - Varese Ligure Una giornata intera dedicata alle erbe commestibili Alla mattina passeggiata di riconoscimento nei dintorni dell'Agriturismo con Lella Canepa, con la possibilità di comporre un erbario con il taccuino fornito dall'Associazione e tutte le informazioni su come si puliscono e cuociono e gli usi in cucina. Alle 13 Pranzo a base di erbe Aperitivo e antipasto a tema erbette Pansoti con insalata selvatica Arrosto profumato alle erbe di Liguria Panna cotta alle rose Dopo pranzo incontro con Marco Fossati, erborista, che illustrerà le proprietà e i benefici di ogni erba del Prebuggiun, perché è importante mangiarlo e altri usi di questi erbe. Un piccolo laboratorio su come comporre una tisana per portare a casa un ricordo della giornata. Contributo richiesto compreso di passeggiata pranzo e pomeriggio con l'erborista €60 È possibile pernottare in Agriturismo Informazioni al: Tel. 0187 185 4393 Cell. 3493386861 Mob.392 219 5962 ERBANDO IN VAL FONTANABUONA DOMENICA 14 APRILE San Marco d'Urri Nei ricchi e puliti prati sotto l'uliveto a San Marco d'Urri, nell'azienda agricola I Liberti Della Terra una bellissima passeggiata alla ricerca delle erbe migliori per il prebbugiun. Pamela particolarmente attenta a fornire ai suoi clienti ortaggi freschi e prelibati della sua azienda, da qualche anno ha approfondito le sue conoscenze sulle erbe commestibili per salvaguardare la biodiversità dei suoi campi. Inizio ore 15, a ognuno dei partecipanti sarà consegnato un taccuino dove potrà a piacere annotare quello che vuole, (nome caratteristiche ecc. di ogni erba) insieme ad una fogliolina raccolta che costituirà poi un piccolo erbario da portarsi a casa. Saranno presenti altre aziende del territorio che a fine passeggiata offriranno un assaggio dei loro prodotti. È richiesto un contributo di 20 euro a persona Prenotarsi al Pamela 379 149 9356 ERBANDO AL TOCETO DOMENICA 21 APRILE 2024 Non può mancare l'annuale appuntamento qui in Alta Val di Vara Quest'anno saremo ospitati nel Toceto da Ca'du Pinzer Una passeggiata nel pomeriggio, inizio ore 15, con Lella Canepa, nei dintorni per il riconoscimento di erbe e fiori selvatici a 700 mt.s.l.m. diversi da quelle che si ritrovano in riviera e quando a questa altezza ci sono ancora. La composizione di un erbario da portarsi a casa con le nozioni acquisite durante il cammino e un campionario di foglie raccolte Taccuino e penna per l'erbario (forniti da noi) e passeggiata con un contributo di 15 euro a persona all'Associazione. Al termine chi vuole potrà avere i manuali dell'Associazione con il contributo di 1 euro cadauno. È necessario prenotarsi, via wsapp, al 3486930662 All'atto della prenotazione sarà fornito l'Iban dell'Associazione dove versare un anticipo di 10 euro a conferma della prenotazione stessa. È FIORITO IL CUCCO DOMENICA 5 MAGGIO Cascina il Cucco - Casaleggio Boiro - Al EVENTO TUTTO DEDICATO ALLA TRASFORMAZIONE DI ERBE E FIORI Giornata interamente dedicata alle erbe, fiori e foglie di maggio. Alla mattina dalle ore 10, una passeggiata per riconoscere e raccogliere erbe commestibili, fiori e foglie eduli presenti nel territorio intorno alla Cascina A pranzo un buffet di piatti e bevande con prodotti della Small Farm e delle aziende agricole dei dintorni. Dopo una dimostrazione sulla trasformazione di quanto raccolto petali di rose, fiori di sambuco, foglie di piantaggine e altro, in modo semplice, alla maniera delle nostre nonne. Consigli di base su come seccare opportunamente le erbe e fiori, e la differenza in pratica fra tisana, decotto, infuso. Sarà mostrato come procedere per produrre uno sciroppo di fiori o di foglie, come conservare al meglio tutto. Ogni partecipante realizzerà un oleolito con l’erba che preferisce, comporrà un mazzolino da profumare o fumigare e tornerà a casa con un piccolo raccolto da trasformare in sciroppo o seccare per tisana, un vasetto con un oleolito da completare, un mazzolino da fumigare, le dispense cartacee. È indispensabile un abbigliamento adatto, pantaloni lunghi e scarpe idonee e un piccolo cestino per la raccolta. Passeggiata + pranzo + esperienza al pomeriggio €45 a persona Per informazioni e l'indispensabile prenotazione telefonare al 327 854 8388 e non finisce qui... Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • PASSEGGIATE DI ERBANDO 2024

    PASSEGGIATE DI RICONOSCIMENTO ERBE SPONTANEE DI PRIMAVERA Grazie alle vostre segnalazioni ho scoperto che il post con gli appuntamenti pubblici di Erbando non si apre, non si trova, boh! segreti della tecnologia. Eccolo di nuovo, sperando che questa volta arrivi. Ricordo che: gli eventi pubblici sono sempre postati sul mio profilo fb, sulla pagina dell'Associazione e sul blog con un ragionevole anticipo, visto le condizioni del tempo che determinano la presenza o meno di erbe e non permettono di decidere mesi prima. Purtroppo non tutti riescono a prenotare o essere presenti quando decido io il giorno o il posto, quindi: DISPONGO DI UN CERTO NUMERO DI DATE INFRASETTIMANALI PER EVENTI PRIVATI PER GRUPPI DI ALMENO 10 PERSONE È NECESSARIO : UN TERRENO MESSO A DISPOSIZIONE DAL PROPRIETARIO UN POMERIGGIO O UNA MATTINATA circa DUE ORE, DUE ORE E MEZZA, massimo TRE UN MINIMO DI DIECI PERSONE DURANTE L'INCONTRO NON SI RACCOGLIE MA SI RICONOSCE A ogni partecipante verrà dato un taccuino dove fare le proprie annotazioni e compilare un erbario personale da portarsi a casa con le erbe che si incontrano o in alternativa i sette manuali cartacei È richiesto un contributo minimo a persona di 15 euro all'Associazione Erbando Trovate dieci amici o amiche e sarò felice di essere dei vostri e passare qualche ora insieme nella natura a parlare di erbe selvatiche commestibili. È possibile anche un incontro personalizzato anche con meno persone, con un contributo da concordare Mi potete contattare solo via Wsapp al 3486930662 per accordarci ERBANDO AL FIUME SABATO 24 FEBBRAIO 2024 Anche quest'anno l'abituale passeggiata di riconoscimento erbe a Castiglione Chiavarese, in località Fiume, nei terreni messi a disposizione dalle amiche dei B&B Fiume e Tre Ponti. Un pomeriggio, dalle ore 15, dedicato a tutto quello che si incontra, in primis, le erbe del Prebuggiun. A ognuno dei partecipanti sarà consegnato un taccuino dove potrà a piacere annotare quello che vuole, (nome caratteristiche ecc. di ogni erba) insieme ad una fogliolina raccolta che costituirà poi un piccolo erbario da portarsi a casa. Taccuino e penna (forniti da noi) e passeggiata, con un contributo di 15 euro a persona all'Associazione. Al termine chi vuole potrà avere i manuali dell'Associazione con il contributo di 1 euro cadauno. I posti disponibili per questo evento sono solo 15, per questo motivo all'atto della prenotazione sarà fornito il codice IBAN dell'Associazione per un versamento anticipato di 10 euro della quota Prenotarsi al 348 693 0662 SOLO CON CHIAMATE O MESSAGGIO VIA WSAPP Come tutti gli anni è possibile pernottare nei due B&B prenotando in tempo. B&b FIUME 0185 408000 B&B TRE PONTI 338 992 9095 ERBANDO A BARGONE SABATO 9 MARZO 2024 Un altro appuntamento d'obbligo all'Hostaria Tranquillo a Bargone, quest'anno sarà il sabato ad essere selvatico. Al mattino, ore 10, nei pressi del ristorante, una breve passeggiata per il riconoscimento delle erbe classiche del Prebuggiun con Lella Canepa. A ogni partecipante sarà dato un taccuino per formare un erbario personale da portare a casa con le proprie annotazioni o in alternativa i sette manuali cartacei. Alle 12,30 -13 Pranzo al Tranquillo con menù a base di erbe a km0 A grande richiesta, dopo aver assaggiato i pansoti di Monica, al pomeriggio, per chi vuole rimanere, un corso amatoriale introduttivo sulle paste ripiene, in particolare i pansoti. Sarà mostrato come pulire, cuocere le erbe, preparare un ripieno e come lavorare la pasta fino al prodotto finito in maniera casalinga così come facevano le nostre nonne. Ogni partecipante proverà a impastare e preparare una piccola quantità di pansoti da portare a casa. È possibile partecipare all'intera giornata o alla mattina con pranzo o al pomeriggio con pranzo Inizio ore 10 Passeggiata del mattino più pranzo: € 35 Pranzo più corso del pomeriggio: €35 Passeggiata + pranzo + corso, l'intera giornata: € 60 Menù: Baciocca della Val di Vara Torta di erbe Pansoti fatti a mano con prebuggiun e ricotta conditi con burro e salvia Punta di petto al forno con insalata fiorita e patate al forno Crostata Prenotarsi al 3421601908 All'atto della prenotazione sarà fornito l'Iban dell'Associazione per un versamento anticipato di 10 euro sulla quota a conferma della partecipazione. ERBANDO IN VAL FONTANABUONA DOMENICA 14 APRILE AGGIORNAMENTO DATA Nei ricchi e puliti prati sotto l'uliveto a San Marco d'Urri, nell'azienda agricola I Liberti Della Terra una bellissima passeggiata alla ricerca delle erbe migliori per il prebbugiun. Pamela particolarmente attenta a fornire ai suoi clienti ortaggi freschi e prelibati della sua azienda, da qualche anno ha approfondito le sue conoscenze sulle erbe commestibili per salvaguardare la biodiversità dei suoi campi. Inizio ore 15, a ognuno dei partecipanti sarà consegnato un taccuino dove potrà a piacere annotare quello che vuole, (nome caratteristiche ecc. di ogni erba) insieme ad una fogliolina raccolta che costituirà poi un piccolo erbario da portarsi a casa. Saranno presenti altre aziende del territorio che a fine passeggiata offriranno un assaggio dei loro prodotti. È richiesto un contributo di 20 euro a persona Prenotarsi al Pamela 379 149 9356 INTRECCIAMO LE PALME INSIEME DOMENICA 17 MARZO Una Pasqua davvero bassa quest'anno, così ci ritroviamo a parlare di palme intrecciate già a metà marzo. Per chi volesse intrecciare insieme a noi per conservare una tradizione esclusivamente ligure e di pochi paesi del sud, domenica 17 febbraio ci ritroviamo all'Agriturismo Il Risveglio Naturale. Faremo palme classiche, crocette, fiocchi e anche qualcosa di più. Impasteremo anche dei piccoli canestrelli che era uso una volta portare a benedire con la palma L'evento è ancora da definire nei particolari perché le palme arrivano fresche solo nei giorni precedenti. Ci ritroveremo per il pranzo e intrecceremo al pomeriggio Per informazioni al Tel. : 01871854393 Cell.: 3493386861 Mob. : 392219596 Ancora da definire la data di Aprile, probabilmente sabato 6 o domenica 7, che ci vedrà con la Passeggiata di Erbando sempre al Risveglio Naturale. ERBANDO AL TOCETO DOMENICA 21 APRILE 2024 Non può mancare l'annuale appuntamento qui in Alta Val di Vara Quest'anno saremo ospitati nel Toceto da Ca'du Pinzer Una passeggiata nel pomeriggio, inizio ore 15, con Lella Canepa, nei dintorni per il riconoscimento di erbe e fiori selvatici a 700 mt.s.l.m. diversi da quelle che si ritrovano in riviera e quando a questa altezza ci sono ancora. La composizione di un erbario da portarsi a casa con le nozioni acquisite durante il cammino e un campionario di foglie raccolte Taccuino e penna per l'erbario (forniti da noi) e passeggiata con un contributo di 15 euro a persona all'Associazione. Al termine chi vuole potrà avere i manuali dell'Associazione con il contributo di 1 euro cadauno. È necessario prenotarsi, via wsapp, al 3486930662 All'atto della prenotazione sarà fornito l'Iban dell'Associazione dove versare un anticipo di 10 euro a conferma della prenotazione stessa. Altri eventi saranno pubblicati più avanti, il ritorno a Cascina il Cucco in Piemonte, Chiavari in Fiore, l'evento dedicato ai fiori e alla trasformazione in sciroppi, e altre novità Stay tuned! Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • POLPETTONE DI PATATE E... 🍲

    Tempo di scampagnate e di merende sull'erba. Insieme a Torta di riso (qui>>>) e Pasqualine, (qui>>>), Torte di Verdura (qui>>>) nel cesto dei picnic di questi giorni, non può mancare il polpettone ligure di patate. In realtà una ricetta simile è preparata anche in altre parti. A Napoli con l'aggiunta di mozzarella, prosciutto cotto e salame è conosciuto come gateau o più popolarmente gattò e questo ne denuncia l'origine francese, portato pare alla fine del settecento, dai cuochi d'Oltralpe della regina Maria Carolina d'Asburgo. Tradizionalmente in Liguria le patate sono mescolate ai primi teneri fagiolini facendone così una pietanza prettamente estiva, adatta a buffet, antipasti, pranzi veloci, cene fra amici. La quantità di fagiolini è a piacere, a dir la verità spesso la quantità supera quella delle patate che servono solo per tenere insieme i fagiolini bolliti e tritati o passati nel passaverdure insieme alle patate. Ma fino a che non ho ancora fagiolini nell'orto, uso farlo di sole patate ed è buonissimo anche così. Metto a bollire in acqua fredda un chilo, chilo e mezzo circa di patate morbide con la buccia insieme a una cipolla, aggiungo il sale Passata una mezz'ora, provo la cottura e le passo una ad una nello schiacciapatate In alternativa il passaverdura o se ne preparo grandi quantità nel tritacarne elettrico con il disco con i buchi grossi. L'importante è non usare un robot che rende l'impasto colloso. Se è stagione a questo punto aggiungo i fagiolini bolliti e passati, meglio in proporzione uguale alle patate. Alle patate schiacciate, con o senza fagiolini, unisco buon olio ligure, parmigiano a piacere (almeno un etto su un chilo di patate), aglio, uova (dalle 4 alle 6) e maggiorana, ma di solito per cambiare preferisco usare l'origano o il timo. Mescolato bene il tutto, regolo di sale preparo una teglia bassa di alluminio oliata e cosparsa di pane grattugiato sistemo l'impasto e lo livello con una forchetta disegno righe incrociate sulla superficie e buco qua e là Così pronto da infornare, sono solita, quando ho tanti fagiolini nell'orto, prepararne una certa quantità e sistemarla nel congelatore pronta da cuocere. In quel caso metto sotto la carta forno così da poterlo togliere e sistemare in un sacchetto o contenitore quando raffreddato. E' una manna trovarselo nell'inverno solo da infornare, quando la verdura fresca è un ricordo lontano una dose generosa di olio, cospargo di pane grattugiato inforno a 180° per 40 minuti, fino a che non forma una crosticina che prende un bel colore Lascio intiepidire prima di tagliare a fette quadrate. È buono tiepido, ma è buono anche freddo il giorno dopo. Non è pietanza che acquista mettendola in frigo, ma se si è obbligati ... Questo è quello solo di patate, tagliato, pronto da mettere nel contenitore e nel cestino. Dimenticavo, è buono così senza soffritti, senza passare le verdure eventualmente aggiunte, basta a profumarlo la cipolla messa a bollire con le patate che volendo può essere aggiunta al passato di patate. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> Tutti gli usi alimurgici o farmaceutici indicati sono a mero scopo informativo, frutto di esperienza personale, declino ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.

  • FIOR DI PRATO... FIOR DI FIENO ... ultima parte

    e n'avais pas quinze ans que les monts et le bois, et les eaux me plaisaient plus que le cour de rois Rostand - primi anni 70 - io, di ritorno alle 10 di sera dopo aver raccolto e portato nella stalla le mucche - 𝓃ℴ𝓃 𝒶𝓋ℯ𝓋ℴ 𝒶𝓃𝒸ℴ𝓇𝒶 𝓆𝓊𝒾𝓃𝒹𝒾𝒸𝒾 𝒶𝓃𝓃𝒾 ℯ 𝑔𝒾𝒶 𝒾 𝓂ℴ𝓃𝓉𝒾 ℯ 𝓁ℯ 𝒻ℴ𝓇ℯ𝓈𝓉ℯ ℯ 𝓁ℯ 𝒶𝒸𝓆𝓊ℯ 𝓂𝒾 𝓅𝒾𝒶𝒸ℯ𝓋𝒶𝓃ℴ 𝓅𝒾𝓊 𝒹ℯ𝓁𝓁𝒶 𝒸ℴ𝓇𝓉ℯ 𝒹ℯ𝓁 𝓇ℯ Concludo con questo post gli articoli dedicati al fieno dei miei prati, quello che qui si è coltivato per anni per tagliare e conservare per l'inverno come cibo per mucche, cavalli, asini, ecc. Quello che un tempo era davvero ricchezza e chi più ne aveva, più animali poteva tenere, vista l'ingente quantità di fieno che mangia in un giorno una mucca, considerata l'animale più necessario, insieme al maiale, alla vita contadina di questa parte dell'Appennino, soprattutto in Liguria, dove gli appezzamenti di terreno seminativo sono davvero pochi, e la divisione delle proprietà infinita. Gli animali venivano tenuti al pascolo il più a lungo possibile fino all'arrivo della neve, perché si nutrissero di erba fresca e avessero bisogno di meno fieno possibile. In queste zone non c'era una vera transumanza, le mucche venivano portate al pascolo ogni mattina, una volta quasi sempre dai bambini che vivevano le loro giornate liberi sui monti, territori che brucati da ovini, caprini e bovini erano pulitissimi, con sentieri perfettamente tracciati. Intorno agli anni '70 gli ultimi contadini rimasti, accompagnavano le mucche al pascolo ogni mattina e le andavano a riprendere la sera, io stessa passavo le mie estati così e conoscevo ogni anfratto dei miei monti. Ho imparato qui ad andare a cavallo, a pelo, sulla cavalla del vicino, ho imparato, annusando l'aria, quando sta per arrivare un temporale, ho imparato a riconoscere le impronte degli scarponi di chi era partito prima di me per funghi, ho imparato a stare attenta alle vipere nelle giornate di "sciumbrio". Monti che ora non riconosco più, coperti come sono dalla vegetazione non più tenuta sotto controllo. Quelle rare volte che mi faccio portare sono sommersa oltre che dai rovi e dalla rosa canina, le "razze", dalle felci, una pianta che prima quasi non esisteva, 50 anni fa le andavamo a vedere su in alto dove le mucche non arrivavano. Un termine, fra i tanti, che non ho più sentito da anni, è "dare la mucca in sciù-vernu", cioè chi aveva più mucche ma non abbastanza fieno consegnava in custodia, una specie di adozione temporanea, una mucca al vicino che aveva il fieno ma non poteva permettersi la mucca o per qualche motivo gli era morta. Questo la allevava amorevolmente per tutto l'inverno curandola come sua, prendendo il latte, che gli procurava poi anche il formaggio, per riconsegnarla al legittimo proprietario in primavera quando questa avrebbe partorito il vitello. Una sorta di collaborazione, sconosciuta ai giorni nostri, che permetteva di non sprecare risorse e a qualcuno di sopravvivere meglio, senza il minimo scambio di denaro. Come ho già scritto nei due post precedenti FIOR DI PRATO>> e FIOR DI FIENO>> l'abbandono di questi territori e i cambiamenti del clima hanno fatto sì che inselvatichissero, facendo nascere in mezzo alle erbe pregiate per l'alimentazione animale altre erbe più resistenti che vengono comunque tagliate ancora dai pochi allevatori rimasti e da chi, come mio figlio tenta di tenere puliti i terreni, senza quindi tenere conto se questa o quell'erba sia più o meno utile. Di questo mi sono resa conto in questi ultimi anni interessandomi non solo delle erbe commestibili e notando sempre meno prati fioriti e con fiori che conoscevo bene rispetto ad altri che non avevo mai visto. Una delle piante ormai infestanti ovunque e del quale spesso non se ne conosce la tossicità sono i comuni Ranuncoli gialli di campo. Il nome viene da rana in quanto spesso si trovano in luoghi umidi, la famiglia è quella delle Ranunculaceae, la stessa della VItalba, del Favagello, del terribile Aconito, dell'Aquilegia, dell'Elleboro, e altre e non ne conosco personalmente una che non sia pericolosa. Con tossicità diverse, sempre se ingerite, spesso anche solo per contatto, dal semplice mazzolino di Ranuncoli gialli che può far venire un eritema, all'Aconito dove si registrano casi di morte solo per averlo toccato. Gli animali evitano i Ranuncoli per poi rassegnarsi a cibarsene nel fieno, quando essiccati perdono un poco la tossicità, le api, se non costrette, non li bottinano. Se si osserva attentamente un recinto di asini o cavalli si nota la terra battuta e ogni erba brucata, salvo spuntare qui e là ciuffi gialli di ranuncoli che evitano accuratamente. - Cresta di gallo - Una delle piante diffuse, non più estirpate dai contadini, facili da incontrare nei prati, sono le Creste di Gallo, genere Rhinanthus, come sempre ce ne sono infinite varietà, famiglia delle Orobanchaceae, e quindi, oltre ad essere moderatamente velenosa (gli animali la evitano) è emiparassita, ostacola la crescita alle piante vicine. - Mercorella o Erba Mercuriale - Un'altra pianta davvero tossica che sta invadendo le campagne e presto sarà anche qui è l'Erba Mercuriale. Tossica per l'uomo, può provocare avvelenamenti nel bestiame al pascolo. Come tante altre con l'essiccazione perde una parte di componenti tossici, ma non è sicuramente un buon foraggio. Si raccontava addirittura che la presenza di Mercorella nei filari di viti facesse poi andare a male il vino. - Senecio comune - - Senecione di San Giacomo o di Giacobbe - Fra le erbe infestanti anche degli orti, ci sono quelle appartenenti al genere Senecio, pianta comunissima che attacca il fegato, gli animali evitano le piante di Senecio nel pascolare, ma se sono nel fieno in quantità rilevante possono provocare danni anche letali soprattutto in animali molto giovani. Un'altra pianta davvero pericolosa è quella conosciuta come Senecione di San Giacomo, ma appartenente a un altro genere, le Jacobaeae. - fusto di cicuta - Sorrido sempre agli incontri quando parlando di Cicuta mi sento dire - Ma come, c'è la cicuta qui da noi?- C'è più cicuta oramai che carota selvatica e insieme convivono spesso vicine, ed è per questo che sconsiglio vivamente ai neofiti di raccogliere erbe che assomiglino al prezzemolo (prima regola che insegnano i vecchi raccoglitori) o alla carota, perché il rischio di confonderle c'è davvero. Specie in primavera con le piante giovani, fra le varie cicuta, il Conium maculatum, è più riconoscibile per il gambo appunto "maculato" di rosso, e anche per il cattivo odore che emana e se per caso posata sulla lingua l'immediato senso di bruciore che si prova. Per tutti gli animali al pascolo è fortemente pericolosa, 500gr. possono essere letali per un cavallo... Anche questa sempre più spesso la si può ritrovare nel fieno ormai non controllato, dove perde tossicità, ma ... - carota selvatica e cicuta che convivono nel prato vicino a casa - - Felce aquilina - La stessa felce di cui parlavo prima, ora tappezza tutti i boschi e i prati, è ricca di sostanze tossiche che provocano malattie diverse secondo l'animale che lo ingerisce, nei bovini per esempio provoca cistiti e tumore della vescica (IL RUOLO DELLA FELCE...>>>). La Coronilla, pur essendo una pianta con importanti tossicità, ha un contenuto simile alla digitale, viene inconsapevolmente qualche volta coltivata come foraggio, e anche come decorativa. Qui la trovo sempre più spesso a sostituire trifogli e sulla e se pure forse ne serve una grande quantità per provocare problemi nel bestiame non è sicuramente una delle piante più consigliate. Noi siamo quelli dell'Italia periferica, Quelli che cento anni fa sono rimasti a vivere in campagna, Quelli che cercano di strappare all'oblio Almeno alcune tra le mille magie dell'antico vivere contadino. Noi siamo quelli che resistono a tutto, da millenni, Al silenzio, all'abbandono, al freddo, alla ciclica povertà, Al silenzio, ai soprusi, alle cittadine leggi dei padroni, Al silenzio, al terribile, dolce, interminabile susseguirsi delle stagioni. Al silenzio. Un giorno avrete bisogno davvero di noi. Verrete a chiederci come si fa a vivere così. E non lo farete per curiosità, ma perché non avrete altra scelta. E noi vi mostreremo terre incolte, con la nostra solita, unica faccia. Noi siamo quelli dell'Italia periferica. Vi aspettiamo qua. Paolo Papalini Questo è un elenco limitato, soprattutto alle erbe che ho intorno in questa zona. Inoltre piante che sono velenose per un animale non lo sono per un altro, così come erbe buonissime infestate da funghi possono diventare tossiche o come la Galega, coltivata per anni per la sua attività stimolatrice della secrezione lattea, tanto da essere data anche alle puerpere, si è poi scoperto come durante la fioritura diventasse tossica fino a provocare la morte di alcuni animali. Altre erbe o arbusti ormai infestanti e con tossicità, di cui ho già parlato come EDERA, PERVINCA,EBBIO, SAMBUCO, VITALBA, ecc. La CELIDONIA della famiglia delle Papaveracee è tossica per uomini e animali che la scartano trovandola. L' IPERICO, diventa tossico se mangiato in quantità da bovini cavalli e ovini. Nei prati sono presenti anche specie non tossiche ma a volte di scarsa appetibilità come per esempio le grandi margherite bianche, commestibili anche per l'uomo, ma amare e non gradite, e in misura minore erbe e fiori conosciuti di cui ho già scritto, di scarso valore foraggiero che non fanno propriamente parte delle erbe da fienagione. LINO, POLIGALA, ACHILLEA , SALVIA, TARASSACO, GALIUM, PIANTAGGINE ecc. ecc. e altri che si trovano nella categoria FIOR DI... cliccando si accede all'articolo dedicato. - Natural History Museum, Vienna, Falce neolitica - Bene lo sapevano i vecchi contadini e soprattutto le contadine quando tutti i giorni armati di "mesoîa" , la falce messoria, attrezzo rimasto quasi immutato dal neolitico, prima in selce poi in bronzo e infine in ferro, tagliavano l'erba per gli animali da cortile galline, conigli. Un lavoro fatto a mano, spesso nei poggi dove era possibile controllare ed estirpare quelle considerate malerbe. Gli uomini invece provvedevano con la falce fienaia, la gruiàtta, a tagliare il fieno nei campi, lavoro che durava per tutta l'estate, e alla raccolta partecipavano tutti grandi e piccoli, donne e bambini. Il fieno tagliato veniva prima più volte rigirato perché seccasse bene, poi rastrellato e legato nelle "reie" reti di corda a maglie larghe, che sulle spalle venivano portate nelle "cabanne", dove sciolto, era conservato all'asciutto. Una rete poteva pesare anche più di un quintale. A destra due "reie" pronte per essere messe sulle spalle, nella foto non si vede ma sono sull'orlo del poggio per essere agevolmente caricate dalla strada. - anni '70 - fra le ultime "cabbanne" con il tetto di paglia, costruzioni classiche della Val di Vara, (pare provengano dai Celti) vicine alla stalla per riporre fieno e foglie Come ultime considerazioni mie non rimpiango certo la vita improponibile di fatiche disumane che era la fienagione un tempo. Mio figlio, che non riuscirebbe a tagliare a mano un prato e non porterebbe una reie per pochi metri, taglia e imballa da solo con i macchinari qualche tonnellata di fieno. Vorrei solo un poco di attenzione in più per il territorio, unire l'esperienza di un tempo con le conoscenze attuali per avere un ambiente vivibile per tutti, uomini e animali, natura e scienza in quell'equilibrio che adesso è assolutamente perso. Le erbe potenzialmente tossiche che ho descritto hanno sicuramente il loro posto nell'imperscrutabile disegno della natura, proprio quella natura che ci ricorda tutti i giorni che non ha bisogno dell'uomo. L'equilibrio lo dobbiamo trovare noi per sopravvivere. L'erba ha poco da fare. Sfera d'umile verde. Per allevare farfalle E trastullare api. MuoversI tutto il giorno A melodie di brezza Tenere in grembo il sole Ed inchinarsi a tutto. Infilare rugiada La notte come perle. E farsi cosi bella Da offuscare duchesse. Quando muore, svanire Come dormienti spezie E amuleti di pino. Ed abitando nei granai sovrani I suoi giorni trascorrere nel sogno L'erba ha poco da fare Ed io vorrei esser fieno! Emily Dickinson alcune foto sono tratte dal sito Actaplantarum>>> Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • ABETE O NON ABETE? L'ALBERO DI NATALE

    O Tannenbaum Dein Kleid will mich was lehren: Die Hoffnung und Beständigkeit Gibt Mut und Kraft zu jeder Zeit! O Tannenbaum... da fine 1700 è una delle più antiche canzoni di Natale e parla di abeti illuminati Finite le feste si ripongono gli addobbi, ornamenti e decorazioni ben riposti in scatole, prendono la via della soffitta o della cantina. Per il presepe è tradizione aspettare un po' di più, in casa si arrivava al 2 febbraio, il giorno della Purificazione della Beata Vergine Maria, passati i 40 giorni dal parto, e Presentazione di Gesù al Tempio. Quest'anno la sindrome influenzale mi ha impedito di addobbare alcunché, ma tosse e sintomi li ho alleviati con lo sciroppo di gemme d'abete fatto questa estate e così ho pensato di scrivere qualcosa sugli Alberi di Natale. L'usanza di decorare un albero nel periodo del solstizio d'inverno è antichissima, nel Nord Europa come i Romani, legata alla speranza di veder tornare la primavera e la luce (non ne erano così certi una volta) ed era normale scegliere per quello scopo una pianta che avesse ancora le foglie verdi. L'uso pubblico di un abete decorato sembra risalire al Natale del 1411 nella piazza di Tallin, anche la città di Riga se ne appropria la paternità, ma non esistono documenti. Sembra invece certo che all'epoca di Martin Lutero in tutte le case si addobbasse un abete con candele vere, e che già venissero commercializzati alberi a quello scopo, fino ad arrivare al XIX secolo quando principesse e principi di origine germaniche lo introdussero nelle loro residenze e divenne normale anche nel resto d'Europa. Per quanto riguarda la Liguria, fino alla seconda guerra mondiale era un ramo d'alloro l'albero di Natale e sulle montagne dell'entroterra assolutamente un ginepro. Le decorazioni nelle case erano per lo più fatte di carta, frutta secca, qualche dolcetto e mandarini. Immancabili le luci, che con l'avvento della luce elettrica resero tutto meno pericoloso delle candele vere. Ma quelli che comperiamo oggi sono abeti? Abies è un genere botanico che comprende numerose specie di alberi, Conifere, della famiglia delle Pinaceae. Per dirla semplice Conifere (o Pinophyta) perché i semi sono contenuti in coni legnosi, Pinaceae perché le foglie sono aghiformi. Pini, Cedri e Larici appartengono alla stessa famiglia e gli Abies si distinguono per avere gli aghi inseriti singolarmente nel ramo mentre gli altri li hanno riuniti in gruppi. Ma quello che portiamo a casa per decorare è un vero abete? cioè un Abies? Quasi sempre no, a meno che non si chieda esplicitamente. Solitamente è un Picea abies o Peccio, detto anche Abete rosso, non del genere Abies, ma Picea. La differenza? gli Abies hanno le pigne mature erette, i Picea le pigne mature pendule. Le foglie trasformate in aghi per offrire meno superficie alla neve e raccogliere meno peso, sono piatti negli negli Abeti e spesso disposti a pettine, nei Pecci sono di forma rombo-quadrangolare e tutto intorno al ramo. Abies alba Picea abies foto di Monaco Nature encyclopedia Si preferiscono i Pecci per il portamento più regolare, la crescita abbastanza veloce, le radici che si estendono orizzontalmente e quindi più facile alla sopravvivenza anche in vaso, per qualche anno. A scopo ornamentale è sicuramente la specie più coltivata in tutta Europa, usata anche come rimboschimento. Occorre tener presente che la selvicoltura, specie di Picea abies, occupa migliaia di ettari solo in Europa, anche se noi quando entriamo in un bosco pensiamo sempre che sia la "natura" e che l'oculato taglio di alcuni esemplari non è solo a scopo commerciale, ma rientra in un progetto ampio di tutela delle piante e del bosco tutto, anche quando si tratta di alberi molto grandi. La Selvicoltura moderna prevede il bosco disetaneo, cioè con piante di diversa età, che vengono prelevate con oculatezza, per permettere la crescita delle piantine giovani. Se qualcuno pensa che la Selvicoltura sia una pratica moderna esclusivamente commerciale è bene ricordare che arriva dalla preistoria, e che diversi secoli fa il legno era molto più usato di adesso per la costruzione di tutto, navi, case, scaldarsi. Basti pensare a Venezia costruita su pali di pino, quercia, larice, tutti provenienti dalle foreste del Friuli trasportati sull'acqua dei fiumi Adige, Brenta e Piave e non è che a quei tempi fossero così tonti da non capire che se tagliavano e non ripiantavano presto sarebbe finito il legname a disposizione. Semmai è recente, intorno al 1800, la regolamentazione della selvicoltura con regole ben precise che tengano conto delle esigenze commerciali ma anche del bosco e delle piante. Tutte le piante che si possono trovare sul monte Biscia venendo dalla riviera in questa vallata sono state piantumate una cinquantina di anni fa e una decina le ho piantate io. Gli abeti del Biscia visti dalla cima del Monte Porcile Quindi vorrei spezzare una lancia per gli alberi di Natale veri, così contestati tutti gli anni. Non è possibile andare a tagliare l'albero nel bosco, tutte le piante immesse regolarmente in vendita nei garden sono con certificato e provengono da vivai autorizzati, così come qualsiasi altra pianta che si acquista. Per coltivare questi abeti vengono utilizzati terreni, spesso abbandonati, poveri, marginali di collina e bassa montagna e contribuiscono a prevenire il dissesto idrogeologico. Vengono regolarmente sostituiti all'espianto con piante giovani. Un albero comperato con il pane di terra ha sempre una possibilità, anche se inizialmente si tiene in vaso. Nel caso sopravvivesse alle temperature interne, per cortesia è da evitate di trapiantarlo a caso nella prima campagna, o peggio nel giardino, a meno che non si abbia a disposizione una villa con parco. In Italia non esistono i terreni di nessuno, o sono proprietà privata o sono demaniali e un abete messo in un posto sbagliato può fare più danno che guadagno. Molte altre varietà di Pecci e di Abeti sono coltivati per l'utilizzo come Alberi di Natale. Pianta di Picea abies acquistata come albero di Natale una ventina di anni fa e trapiantata nel giardino pensando non resistesse, è cresciuto tantissimo, e dovrà essere tagliato purtroppo. Sotto un'altro abete di Natale, trapiantato proprio qui nel giardinetto in mezzo alle case. Dopo diversi anni, meno di quanti si possa pensare, è stato necessario tagliarlo perché cresciuto oltre i tetti, nella foto non si vedono più i rami bassi, già tagliati, che lambivano i muri e lasciavano le finestre in un'ombra perenne e impedivano la ristrutturazione degli edifici. Non è stato semplice nemmeno abbatterlo perché lo spazio dove farlo cadere era pochissimo e ci sono volute persone veramente esperte e l'operazione non è costata pochissimo. Se l'abete sopravvive, messo nel posto giusto, a primavera potrà regalare le nuove gemme che possono essere utilizzate in tanti modi. Ne ho già scritto qui Di Sciroppi e zuccheri con fiori gemme foglie e...>>> dove racconto dello sciroppo cotto, ma da qualche anno invece mi limito a fare quello al sole, che quest'anno mi è stato utilissimo per la tosse di questa brutta influenza. Basta fregare tra le mani qualche ago per accorgersi dal profumo delle proprietà balsamiche di questi alberi, che vengono trasferite dal sole nello zucchero, sciolto dallo stesso sole diventa sciroppo. A primavera, appena sui rami appaiono le geme verde tenero si raccolgono, nella quantità necessaria e soprattutto senza raccogliere a cottimo tutte quelle che si vedono, ma lasciandone anche all'albero, si mettono in un vaso coperte di zucchero (non ho quantità vado ad occhio) e si lasciano al sole chiuse per il tempo, almeno 40 giorni. Lo zucchero sciogliendosi al sole assorbirà profumi e proprietà delle gemme diventando uno sciroppo balsamico con il quale dolcificare latte e tisane nel periodo invernale, o preso anche così, un cucchiaino al mattino. Il migliore è quello ottenuto con il Pino mugo, dal quale deriva il famoso mugòlio e sicuramente ci sono differenze anche fra gemme di abete, gemme di pino o di peccio, ma non le conosco in maniera approfondita, so che in ogni caso fanno bene, sempre nella giusta misura. L'uso alimentare non si limita allo sciroppo, gli aghi profumati possono essere aggiunti alle insalate, agli impasti, seccati con altre erbe per farne tisane, regaleranno un gusto inaspettato. I germogli sono più teneri e dolci e profumatissimi. Nella seconda foto ho aggiunto qualche fiore di sambuco e petali di rosa, così come faccio per le tisane Per quanto riguarda il riconoscimento fra albero e albero, molto ci sarebbe da dire ancora oltre le nozioni elementari scritte sopra, l'unica attenzione può essere nel non confondere abete con tasso, albero molto pericoloso, sicuramente uno dei pochi vegetali che contengono una sostanza velenosa mortale. Non è così facile imbattersi in un albero di Taxus baccata selvatico, in quanto la pianta non forma boschi, si mescola a faggi e aceri. È molto usata per siepi e nei parchi, perché adatta all'arte topiaria, e non mi capaciterò mai del perché visto la sua pericolosità. Come tutti i vegetali molto tossici si è rivelato prezioso in medicina, la tassina, il potente alcaloide mortale contenuto nelle foglie e nella corteccia e nei semi, è usato in via sperimentale nella chemioterapia per alcuni tumori della mammella e dell'ovaio. L'albero è meno imponente dell'Abete, di crescita più lenta, con chioma meno regolare. Gli aghi, molto somiglianti all'abete, sono più erbacei, pure il ramo è verde e non marrone come nell'abete, e finiscono a punta, non rotondeggianti come l'abete, anche se non pungono in quanto morbidi. Sui rami potrebbero essere presenti i fiori maschili o gli arilli rossi che proteggono il seme, che sarebbero anche l'unica parte non velenosa della pianta, solo l'arillo rosso, il seme dentro è pericolosissimo, che lo distinguono dall'abete con certezza. La corteccia è di colore rossastro e tende a staccarsi. Taxus baccata - foto prese dal sito Actaplantarum Quest’anno mi voglio fare un albero di Natale di tipo speciale, ma bello veramente. Non lo farò in tinello, lo farò nella mente, con centomila rami, e un miliardo di lampadine e tutti i doni che non stanno nelle vetrine. Un raggio di sole per un passero che trema, un ciuffo di viole per il prato gelato, un aumento di pensione per il vecchio pensionato. E poi giochi, giocattoli, balocchi quanti ne puoi contare a spalancare gli occhi: un milione, cento milioni di bellissimi doni per quei bambini che non ebbero mai un regalo di Natale, e per loro un giorno all’altro è uguale, e non è mai festa. Perché se un bimbo resta senza niente, anche un solo, piccolo, che piangere non si sente Natale è tutto sbagliato. G.Rodari Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • SANCRÂO, I FINTI CRAUTI

    Oggi mi sono fatta un piattino di Sancrâo, una delle pietanze preferite di mio padre. D'altronde era nato in Piemonte e per le solite contaminazioni fra vicini non saprei dire se il piatto da lì è arrivato o lì è andato. Per tanto tempo da bambina ho creduto fossero i crauti, per una sorta di saccenteria che non voleva il dialetto, traducendo il termine tedesco sauerkraut che indica sì i crauti ma quelli ottenuti attraverso la fermentazione del cavolo, non certo con la ricetta di questi preparati qui. I Sancrau o Sancrou di uso ligure e piemontese sono in pratica cavolo stufato lentamente, possibilmente sulla stufa a legna nella pentola di terra. Per quanto mi riguarda preferisco prepararlo con il cavolo cappuccio, cioè quello più chiaro e lisco, pronto già a mezza estate, che non deve aspettare il gelo come gli altri, quello buonissimo tagliato fine fine crudo in insalata, ma in mancanza si può pensare di usare la verza. Il risultato non sarà lo stesso. Si taglia a listerelle non troppo fini, non finissimo come si taglia per mangiarlo crudo (in quel caso io lo taglio con l'affettatrice). Si lava velocemente. In una casseruola di terra si mette olio buono, qualche filetto di acciuga sotto sale pulito e dissalato, uno spicchio d'aglio o più se piace, qualche pinolo, ma se non ci sono i pinoli pazienza. Si lascia scaldare l'olio e sciogliere l'acciuga senza far soffriggere nulla, a fuoco dolcissimo, e a quel punto si mette il cavolo lavato ma non strizzato. Si alza la fiamma quel tanto per permettere al cavolo di assorbire, mescolando, il condimento, si rimette sul fuoco basso e con il coperchio si lasciare stufare dolcemente anche per 40 minuti, un'ora. Si assaggia a metà cottura per regolare di sale, ricordando che l'acciuga era salata, e si aggiunge un mezzo bichiere di aceto e si finisce di cuocere. Qualcuno mette un cucchiaio di zucchero, qualcuno mette i capperi. I capperi io a volte sì, lo zucchero mai. Ê cotto quando l'acqua di vegetazione e quella sgrondante dal lavaggio si sono consumate e anche, a me piace così, appena appena colorito, come una rosolatura all'ultimo, alzando appena la fiamma, con attenzione, perché non bruci. Se è un giorno che prevale la mia parte piemontese, con le alici e l'aglio dell'inizio aggiungo qualche pezzo di luganega o qualche pezzo di salsiccia, perché la morte sua è comunque servito con qualcosa di maiale. Siano essi wurstel, salsiccia, costine al forno, cotechino, uno stufato. C'è chi lo fa anche con il cavolo rosso o viola, non ho ancora provato. Questa è la versione di insalata di cavolo cappuccio crudo, mescolato a radicchio a palla, dei radicchi ne parlo qui>>>Volevo vivere in un mondo di radicchi, condito con acciughe e capperi e olio buono. Sulle proprietà del cavolo sono talmente tante che c'è poco da aggiungere, certamente crudo è uno dei più importanti apportatori di vitamina C che si hanno a disposizione con la stagione fredda. Per le acciughe, nonostante i consigli che dispenso in questo post >>>Acciughe sotto sale, quest'anno non sono riuscita a farle, uso quelle dell'amico Michele di L'Anciua qui>>> che prepara anche delle bellissime confezioni regalo di tutti i suoi prodotti PRENOTAZIONI :MAIL A lanciua@libero.it o Solo messaggio WhatsApp al 348 003 9598 . Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • LA PERDUTA 🌿 😃

    Come dimenticare quel giorno dal bezagnìn con mia madre, quando una "forèsta" nel tentativo di tradurre e parlare italiano chiese: - Ce l'ha un po' di perduta?- Noi, a bocca aperta, e il fruttivendolo, in risposta, con cocina pesantemente genovese: -Scignôa, sciâ vuéiva in po' de pèrsa?-, -Signora, voleva un po' di Maggiorana?- Eh sì, perché la "Pèrsa" è chiamata così in Liguria, e in dialetto ligure persa significa perduta, mentre nel caso dell'erba si dice Pèrsa da Persia, o della Persia, luogo da dove si pensa arrivi questa profumata erba aromatica, regina assoluta della cucina ligure. Qui la Pèrsa non la perdiamo per niente, non c'è ripieno che non la contenga, insieme al basilico è il profumo inconfondibile della Liguria, siamo oudù de mà, misciòu de pèrsa lègia (odore di mare mescolato a maggiorana leggera), Fabrizio De Andrè docet. Ai foresti, quelli di fuori, sembra uguale sia per il portamento che per l'odore all'origano. Forse sono quelle cose che si imparano da bambini, non so, ma per me è impossibile confonderla, anche se somigliante. In realtà appartengono tutte e due allo stesso genere Origanum vulgare L. uno, e Origanum majorana L. l'altra. Difficile trovare qui la Maggiorana spontanea selvatica, da sempre è coltivata su ogni terrazzo, in ogni giardino o orto, mentre facilissimo imbattersi in estate in profumati cespugli di origano nei prati. Per quanto riguarda l'aspetto, molto simile, potrei dire che la Maggiorana è una pianta più leggera e morbida mentre l'origano più alto e slanciato quasi a cespuglio eretto. Le foglie, forse più piccole e pelosette quelle della Maggiorana e di colore quasi di un verde cenere. Il profumo più intenso e aggressivo quello dell'origano, un'aroma più delicato e rotondo quello della Maggiorana. Quello che le differenzia maggiormente è il fiore, molto diverso da quello dell'origano: Questo si intensifica con l'essiccazione, che si ottiene appena spuntano i fiori, tagliati i rami e sistemati appesi dentro a un sacchetto di carta all'ombra. Quando secchi si eliminano i rametti e si conservano le foglioline in un contenitore. Usata per confezionare sacchetti per profumare la biancheria, in tisana con il miele preserva la voce, ma blocca pure le fermentazioni e il meteorismo intestinale e placa le eventuali contrazioni dolorose, e anche il mal di testa. E' usata perfino nell'industria cosmetica. Nella cucina ligure è presente ovunque, sbriciolata in qualunque ripieno, della cima, dei pansoti, delle torte di verdura, di carciofi (qui>>>) nelle frittate, nella minestra di reginette (un tipo di pasta) e uova, nel pesce.... Si usa più spesso secca ma in estate io la preferisco fresca, insomma si mette dappertutto, impossibile perderla... Non tutte hanno lo stesso profumo, penso dipenda dalla qualità o anche dalla terra dove si coltiva. Personalmente ne ho sempre due piante, una con un aroma meno intenso, una varietà antica locale, di quelle che ti passi il rametto (talea) tra vicine di casa, ma che non muore mai, sparisce in inverno, per ributtare in primavera. Un altro tipo la compero sui mercati o nei garden annusando vaso per vaso finché non trovo quella che mi piace di più. Questa ultima difficilmente riesco a tenerla fino alla primavera dopo o al massimo per due stagioni. Sempre da pettegolezzi tra comari ho scoperto che per averla rigogliosa bisogna usare terra acida, tipo quella specifica per le azalee. "... àia de lùn-a vègia de ciaèu de nègia ch'ou cègu ou pèrde ‘a tèsta l'àse ou sentè oudù de mà misciòu de pèrsa lègia cos'àtru fa cos'àtru dàghe a ou cè..." "...aria di luna vecchia di chiarore di nebbia che il chierico perde la testa e l'asino il sentiero odore di mare mescolato a maggiorana leggera cos'altro fare cos'altro dare al cielo..." ’A Cimma Fabrizio De Andrè Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> Tutti gli usi alimurgici o farmaceutici indicati sono a mero scopo informativo, frutto di esperienza personale, declino ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.

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