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- DEL BURRO FIORITO ... E DEI BISCOTTINI PETALOSI
Mi chiedi perché compro riso e fiori? Compro il riso per vivere e i fiori per avere una ragione per cui vivere. Confucio Da qualche parte, nell'anno del non so quando, nella località di non so dove, mi arrivò all'orecchio la parola "burro fiorito" probabilmente legato nel discorso alla parola "malga"... Da qualche tempo mi girava e rigirava in testa e una rapida ricerca su internet non ha dato nessun esito o non ho saputo cercare, quindi era necessario provare a fare quello che vedevo già fatto nella mia mente... Di come si fa il burro ho parlato nel primo post che ha inaugurato questo blog (qui>>> Burro?grazie me lo faccio) ma è talmente semplice che non fatico a riscrivere. Per farlo fiorito però è necessario avere qualche corolla di fiori selvatici appena raccolti. È buona cosa rimanere su fiori semplici e conosciuti sicuramente edibili e mescolati di vari colori, quindi calendula, trifoglio rosso, tarassaco, malva, qualche tralcio di finocchio, uno dei pochi casi dove metto uno o due fiori di borragine per via del blu intenso che non guasta, qualche fiore di ortica morta, il lamium, lillà, geranio molle selvatico e erba roberta, ma anche viole, viole del pensiero, roselline. Tutto assolutamente bio e appena raccolto. Per fare il burro serve la panna liquida fresca. Quella che al negozio sta nel frigorifero del latte, con la scadenza breve, non quella a lunga conservazione da cucina tanto per capire. Il procedimento è uguale a come si fa la panna montata, al di là del metodo campagnolo del fiasco, oggi basta un qualunque frullino, robot, frullatore, quel che si voglia. In tempo che definire cinque minuti è tanto, frullando dalla panna liquida, si raggiunge lo stato di panna montata. Continuando il colore da bianco diventa giallino, si ottiene la separazione del grasso dal liquido, il burro è fatto. Va messo in un colino a maglie strette e sotto l'acqua fredda corrente, senza paura, sciacquato per bene lavorandolo con una spatola per eliminare il liquido che ne comprometterebbe la durata oltre che il gusto. A questo punto su una carta forno ho sparso i petali a caso e sistemato il burro appena fatto sopra, aiutandomi con la carta, l'ho "impastato" con i fiori, rotolandolo poi su altri petali perché aderissero bene anche all'esterno. Ho formato il mio panetto e Il risultato è delizioso, da verificare la durata del colore dei fiori, e da tenere conto che comunque i fiori rilasciano un poco di sapore, ma servire questo burro a un tè o ad una prima colazione, è quel momento di coccola che non può che fare bene. Avendo ancora due fiori ho deciso di proseguire a fare biscotti fioriti. Questi invece mi erano passati davanti mesi fa, sfogliando internet, vai a ritrovare ora come e perché, ma provare si può sempre provare. La pasta ho deciso per la sucrē di Evelindecora (qui>>>) che se non avete visto i suoi biscotti decorati correte subito, una frolla ricca, in pratica per farla serve: 100 gr. di burro morbido 100 gr. di zucchero fine (non a velo) 2 tuorli di uovo a temperatura ambiente 200 gr. farina 00 scorza di limone, vaniglia Mescolato burro e zucchero con una spatola, aggiungo i tuorli, gli aromi e la farina finendo di formare una palla a mano. È possibile anche stenderla subito, io ho lasciato riposare un'oretta in frigo. Per facilitare l'operazione si può stendere tra due fogli di carta forno, lasciandola relativamente più spessa dei biscotti finiti. Sistemo a piacere, con un po di fantasia i fiori, tenendo presente la misura del tagliapasta rotondo che userò per tagliarli, copro con la carta forno e premo leggermente con il matterello. Taglio semplicemente rotondi e inforno a 180° forno anche ventilato, controllando attentamente. Non devono colorire, bastano 10 minuti. Quando li tolgo dal forno sono ancora morbidi da non toccare fino a che non sono freddi. A prova finita sono soddisfatta del risultato, certamente i colori forti rimangono di più e questo sarà tenuto presente la prossima volta, ma la mia mente vola e già immagino i soliti biscotti salati di pasta sablé che faccio per gli aperitivi, decorati con fiori di rosmarino, finocchio (che rende benissimo) fiori di origano, di timo serpillo e altro.... Un'altra delle cose che ho preparato giorni fa per questa estate sono i cubetti del giaccio fioriti.... credo non servano ricette per farli ma sono di grande effetto. Ripeto SOLO FIORI EDULI, fate una veloce ricerca se avete dei dubbi, impossibile ricordarli tutti qui, oltre a calendula, trifogli, tarassaco, malva, finocchio, lamium, lillà, primule, geranio molle selvatico e erba roberta, viole, viole del pensiero, roselline, meglio rimanere sul semplice. Per sambuco e acacia solo i petali perché le parti verdi sono tossiche anche se la quantità è davvero minima ed è per questo che qui uso i pochi fiori di borragine che mangio durante l'anno. Sul glicine sorvolo, ma io non lo mangio. ❌Sicuramente NO fiori di ranuncolo, vitalba, celidonia, aquilegia, clematidi, ortensie, falso gelsomino, azalee e rododendri, narcisi e tulipani, digitale, lantana, mughetto, pervinche, calle, erica, ginestra, oleandro e altri ancora più pericolosi di questi come lo stramonio e l'aconito. Tutti tossici se non anche velenosi, ma chissà quanti ne dimentico. Quindi attenzione. Attenzione anche a dove si raccoglie, se sono fiori del giardino, che non provengano da un garden pompati con concimi chimici non adatti all'alimentazione. Ancora una piccola stupidaggine, io vivo in campagna, circondata da migliaia se non milioni di fiori, nonostante questo non raccolgo inutilmente ciò che realmente non mi serve e solo il minimo indispensabile. Non sono la padrona della natura e sono quella a cui i fiori sono meno necessari, quando raccolgo lo faccio consapevolmente e quando, per esempio, prima dello sfalcio, dopo poche ore sarebbero tagliati comunque. Così, per rispetto verso di loro ma soprattutto verso di me. Altre idee con i fiori sono in questo post : Mi è fiorita l'insalata (qui>>>) e in giro per il blog. Spero un giorno di incontrare Dio, perché voglio ringraziarlo per i fiori. Robert Brault Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- DEL FUMIGARE E DEI MAZZETTI ODOROSI
Tanto difficile scrivere questo post che non trovavo nemmeno il titolo giusto. Quello di cui vorrei parlare, come già l'anno scorso, sono dei mazzolini di erbe profumate, semplicemente così... l'uso che poi ognuno vorrà farne sarà a discrezione personale, se tenerlo come profumatore, antitarme, o bruciare per accoglierne i fumi purificatori. Che il personalissimo senso dell'olfatto sia sensibile più a questo o quell'altro odore è conosciuto, il neonato nei primissimi giorni di vita ha solo quello per orientarsi, che arrivando al cervello provochi questa piuttosto che un'altra reazione pure, anche se nascosto bene e abbastanza sopito, abbiamo ancora un "naso sessuale" capace di riconoscere i ferormoni e la reazione implica le relazioni sociali di un individuo. Quindi un'erba che emana particolare profumo con particolare proprietà sono convinta abbia sull'organismo un qualche effetto, se accesa e lasciata bruciare lentamente ancora di più. Questa pratica è conosciuta e professata da sempre e chiamata fumigazione o smudging. Da tempo immemorabile in Oriente si usava bruciare incensi e "ascoltarne" il profumo, in Giappone 1200 anni prima di Cristo con la cerimonia del Koh-do, nei rituali religiosi poi, Induismo, Buddhismo, anche se inizialmente usato come repellente per gli insetti. Nell'Islam, la Moschea deve essere sempre profumata e il Profeta sosteneva che guariva le sette malattie. Nelle culture indigene dei Nativi Americani era in uso la fumigazione con particolari incensi e erbe, la Salvia apiana o Salvia Bianca in primis, per provocare negli sciamani una sorta di trance, per purificare gli ambienti e favorire guarigioni. In Occidente arriva tardi e tutti ma proprio tutti conosciamo la più famosa delle fumigazioni: quella nelle chiese con l'incenso, che non solo favorisce un'atmosfera favorevole alla preghiera, ma disinfettava l'ambiente e i pellegrini che spesso arrivavano non proprio puliti e in splendida forma. Il più conosciuto incensiere è il Botafumeiro di Santiago di Compostela, che ho avuto il piacere di vedere in azione, il cui scopo era proprio quello di far calare sull'enorme massa di pellegrini una nube di fumo di incenso per disinfettare e togliere il maleodore che gli stessi emanavano. Il più famoso ma non il più grande, il più grande è in Italia, a Cava de' Tirreni, 1,60 m di altezza per 70kg. caricato con 13 kg. fra incenso e carbone. Per fare un esempio, come incenso oggi, fra gli altri, viene spesso considerata la Boswellia sacra, pianta dalla quale viene estratta una resina che essiccata è uno degli incensi più conosciuti, attualmente io di un'altro tipo di Boswellia sto assumendo il principio attivo in capsule per lenire dei dolori articolari, quindi non mi riesce difficile immaginare come anche i fumi possano provocare uno stato di benessere, chissà ... Diventato proprietà esclusiva della chiesa, e il sapere di erbe sapere di streghe, il fumigare non è stato mai troppo accolto nelle case, se non con la sua riscoperta in correnti tipo New age e simili, quando si è diffuso un poco di più l'uso di purificare ambienti e persone (l'aura) con fumo di erbe e incensi. Chi aveva la fortuna di viaggiare queste cose invece le conosceva bene. Di fatto ci si è limitati a inventare profumatori, candele profumate, diffusori di oli essenziali e simili con la scusa di "profumare" l'ambiente. E da qui il mio entrare con passo felpato nell'argomento, io che quando mia madre parlava di aura ridevo e la prendevo in giro, che quando tornava dalle lezioni di yoga e parlo dei primi anni '70, accendeva stick solo se mio padre non era nei dintorni... Ed è per questo che, ora, ho imparato a rispettare le opinioni di tutti, se volete fare i mazzolini, se volete affidare un intento mentre li fate, se volete bruciarli, se volete fumigare casa o semplicemente tenerli così, sono tutte cose vostre. Mazzolini di erbe ne ho fatto tanti da sempre, da mettere nei cassetti, negli armadi, e anche da accendere poi, solo tardi ho scoperto che vengono chiamati smudge e che esisteva tutta una pratica ben precisa dietro il semplice accendere anche solo qualche foglia di alloro, come ho sempre fatto con estrema leggerezza. A grandi linee uso le erbe che ho sottomano, non posso avere la Salvia bianca o il Palo santo a meno che non li ordino su internet o li compero in erboristeria, preferisco usare quello che ho, l'intento ce lo metto tutto. Raccogliere personalmente le erbe fa già parte del rituale e ricordarsi di raccogliere solo ciò che serve, non di più. Posso fare mazzolini con una sola erba, appunto Alloro preziosa erba protettiva che veniva appesa nelle camere dei malati e un ramo in cucina seda i litigi in famiglia, la Salvia ha il nome con sé, non serve dire altro salva e dona energia, stessa cosa la Lavanda, lava via, che disinfetta e rilassa è noto, il Rosmarino, già lo bruciavano i Romani nei templi, incredibili e riconosciute proprietà antibatteriche, Timo pure, Artemisia una delle erbe più potenti bruciata nei rituali, rinforza la psiche e cancella le negatività, l'Achillea presente da sempre in tutte le parti del mondo, Melissa per dare gioia e Elicriso e Verbasco per respirare meglio, Ginepro se riesco a trovarlo e via così. Preferisco unire più di un'erba, mettere qualche fiore per ingentilire il tutto, ma sempre Rosmarino Alloro Salvia e Achillea ora anche Artemisia. Se proprio voglio unire un tocco esotico, aggiungo un pezzo di cannella, conosciuta come un potente afrodisiaco, il cui profumo bruciando pare crei armonia. I rametti scelti, mi piace in numero dispari, li accorcio tutti alla stessa misura tra i 10 e i 20 cm, li faccio parzialmente essiccare, perché poi legati stretti essiccano più faticosamente, ma si possono unire anche freschi. Compongo, lasciando quasi sempre per ultime le foglie di Salvia più morbide per fasciare il tutto e con un filo naturale, io uso quello di ortica, ma va bene anche canapa, lungo circa quatto volte la lunghezza dei tralci, piegato a metà intreccio e lego in maniera stretta. Oppure lego più volte o con un filo vado avanti e indietro. Messo ad essiccare all'ombra lo uso poi come preferisco, nei cassetti, nell'armadio... Se voglio bruciarlo per sprigionare tutte le energie che possiede, una volta rassettata casa, cambiato aria agli ambienti, ne accendo uno, lascio che inizi la combustione, soffio per spegnere la fiamma e posato in un contenitore adatto, tradizionalmente una conchiglia, ma va bene anche un qualcosa che non bruci, lascio che consumi senza fiamma. A volte è necessario ripetere l'accensione. I veri rituali di fumigazione vanno ben oltre queste miei semplici gesti e informazioni, ma lascio a discrezione personale l'approfondimento verso chi ne sa senz'altro più di me. A me basta così. Non ho voglia di scrivere versi: Dunque accendo un incensiere, Vi lascio ardere mirra, gelsomino e incenso E i versi sbocciano nel mio cuore Come fiori in un giardino Allievo di Hafiz - XV secolo Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- LA MELISSA
La melissa fa il cuor contento e accresce lo spirito vitale, essa manda via i cattivi pensieri e riequilibra gli eccessi di bile Avicenna (980- 1037) L'erba della felicità, molto prima di sapere il nome Melissa, così l'ho conosciuta. Il problema era trovarla nei prati, qui non sembrava facile. Poi forse complice qualcuno che ne ha portato fin qui una piantina, un giorno, quasi incredula, l'ho finalmente vista su un poggio. Trapiantato a casa uno stelo con le radici, si è facilmente diffusa tanto da diventare quasi invasiva. L'ho ritrovata ancora nei pressi di un rustico abbandonato e così via, ora qui e là si trova. Pianta mellifera per eccellenza, Melissa da miele, anzi proprio dal greco antico produttrice di miele, Melissa la ninfa che Zeus trasformò in ape, da quel giorno animale sacro, perché fece perdere la testa ad Apollo e curò con il miele la capra Amaltea quando si ruppe incidentalmente un corno, dando così origine alla cornucopia... Melissa che insegnò agli uomini, che fino ad allora si cibavano solo carne, a mangiare i frutti della natura e in particolare il miele... ma questa è un'altra storia... Erba della felicità per le sue proprietà rilassanti, per sedare l'ansia e tirare su l'umore. Proprietà da non sottovalutare, ho assistito personalmente ad un'amica finita in pronto soccorso con un leggero collasso per aver bevuto litri e litri di tisana assunta senza controllo e soprattutto senza che nessuno gliela avesse prescritta in quella quantità. I principi attivi di questa pianta, non ancora ben conosciuti, agirebbero quindi sul sistema nervoso, sulla memoria, sulla frequenza cardiaca, sullo stomaco, ma anche sulla tiroide ed è per quello che insisto sempre su un uso assennato di tutte le erbe senza insistere a voler trovare rimedi casalinghi per curarsi senza avere conoscenze esperte erboristiche. Anche perché noi non sappiamo mai con precisione quanto principio attivo abbia una pianta raccolta qui e una raccolta là, al pomeriggio, al mattino, alla sera .. Compito dell'erborista è quello di analizzare la pianta per poterla somministrare nella giusta dose. Quindi sì a qualche foglia nella tisana del pomeriggio o della sera, per guarnire gelati e macedonie, insaporire un'insalata, aggiunta alle Acque profumate (qui>>>)da bere in estate, mettere qui e là ovunque si desideri il suo delicato profumo, in certe cucine anche con la carne, specie di agnello. Ed è proprio il suo delicato profumo di limone-cedro che la fa riconoscere, se a prima vista si può pensare ad una menta o a una bella ortica. Le foglie leggere, di un verde brillante intenso, appena dentate che appunto somigliano all'ortica, i fiori bianchi a volte leggermente rosati, simili a quelli della Menta, della Nepetella(qui>>>), e altre della stessa famiglia. Per seccarla, appena prima che fiorisca, dopo diventa brutta, raccolta con gli steli, un mazzo appeso in luogo ventilato fresco, coperto da una carta, come per l'Ortica(qui>>>). Si possono seccare e usare anche solo le sommità fiorite. Una volta secca rimuovo gli steli e sminuzzo con le mani, per praticità, le foglie secche, senza passarle in nessun marchingegno elettrico. Conservo tutte le erbe in sacchetti di carta opaca, o in contenitori di metallo, non in vasi di vetro, dove la luce le altererebbe più velocemente. Tutte le erbe conservate così durano benissimo un anno. foto dal web Conosciuta e coltivata da più di 2000 anni, Plinio consigliava di strofinare gli alveari con la Melissa in modo che le api non sciamassero. Carlo Magno la inserì nell'elenco delle erbe che obbligatoriamente dovevano essere coltivate nell'orto dei semplici, fino a quando poi le suore Carmelitane inventarono l'Acqua di Melissa, ancora oggi prodotta in Veneto dallo stesso ordine dei Padri Carmelitani Scalzi da più di trecento anni. La Melissa entra nella composizione di molti liquori d'erbe tra i quali Chartreuse e Bénédictine. Da qualcuno chiamata limoncella, citronella, limoncina non va confusa con la Lippia Citriodora, l'arbusto dall'intenso profumo di limone conosciuto da molti come Erba Luigia. Lippia Citriodora - Erba Luigia Citronella, è il nome volgare usato anche per un'altra pianta ancora, il Lemongrass, il Cymbopogon citratus sempre dal forte profumo di limone. Tre piante completamente diverse, di provenienza diversa, portamento diverso che per via dell'odore di limone e i nomi comuni vengono spesso confuse. Cymbopogon citratus Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. 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- CRÊPES TROMBETTE, TALEGGIO E ZUCCA
Noi siamo i funghi viviamo in montagna, per chi ci trova è una vera cuccagna, se tu mangiarci vorrai coglierci dovrai... Ho già fatto un post sulle Crespelle in generale, qui>>>, uno dei cibi che con poco, veramente poca spesa e poca fatica dà un risultato elegante, che si può preparare in anticipo e mettere in forno all'ultimo momento. Oggi, dopo tanto grigio e pioggia, sono andata nel mio bosco, in quella che ormai chiamo la "collina delle trombette" sicura di trovarle e infatti erano lì apposta ad aspettare e così è nata l'idea delle crêpes. La Trombetta dei morti, Craterellus cornucopioides, è uno dei funghi più facilmente riconoscibile, di colore tra il grigio e il nero, sempre più scuri all'interno, a volte con sfumature bluastre, marroni. Parenti di Galletti o Finferli, possono essere confusi solo con il Gallinaccio nero, il Cantharellus Cinereus, commestibile anche questo, ma con le lamelle e soprattutto senza il gambo cavo come le trombette. Crescono in gruppi numerosi. Il nome si evince con il periodo di uscita di questo fungo, intorno alla ricorrenza dei morti, dopo le piogge autunnali e il colore nero sembra decisamente appropriato. Ritenuto un ottimo commestibile non è gradito a tutti per il suo intenso profumo che gli ha meritato il nomignolo di Tartufo dei poveri e per somiglianza una volta secco viene polverizzato sul cibo. Può essere usato anche nel risotto, sott'olio in un misto, semplicemente spadellato per condire della pasta. Una volta, ultimi funghi raccolti nelle brume autunnali, senza molto sole per farli seccare, era uso infilarli in uno spago da cucina a mo' di collana e appesi sopra la stufa. Per le crêpes la ricetta è la mia solita, con poche uova ma di riuscita assicurata. In questo caso metà della farina è di grano saraceno quindi: 125 gr. di farina bianca 00 o integrale 125 gr. di farina di grano saraceno un pizzico di sale 1/2 litro di latte e acqua mescolati nella proporzione che volete 1/4 di latte e 1/4 di acqua per esempio 2 uova un cucchiaio di burro fuso il procedimento è sempre qui>>> Con questa ricetta ne vengono una ventina sottili, quindi regolarsi di conseguenza. Per farcirle ho pensato alle trombette semplicemente spadellate in olio e aglio vestito. Nella stessa padella, tolti i funghi, ho passato in olio dei piccolissimi quadretti di zucca, sfumati con pochissimo vino bianco, fino a che non sono teneri. A parte ho preparato una crema di formaggio facendo sciogliere del taleggio morbido in qualche cucchiaio di latte, volendo si può aggiungere un poco di panna liquida. Non ho dosi precise per queste cose che invento sul momento, l'ispirazione da quello che ho in casa. Non serve molto per non alterare il delicato gusto dei funghi, se il taleggio non piace si può sostituire con qualcosa d'altro forse mascarpone, ma sinceramente non so se il risultato è lo stesso. Su ogni crespella, questa volta non molto grandi, un cucchiaio di funghi, un poco di crema, e qualche quadretto di zucca. Chiuse ho ingentilito con una foglia di porro appena sbollentata. Un fiocchetto di burro, un pezzetto di formaggio sopra ad ognuna e un poco di crema, pochi minuti in forno a scaldare a 180°. Devo dire che il risultato è stato più che soddisfacente, anzi godurioso e per me quasi a costo zero, giusto l'avanzo di taleggio che avevo in frigo... il resto ci ha pensato la natura. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- GNOCCHI ALLA ROMANA
Ti prende una voglia all'improvviso e se è di Gnocchi alla Romana bastano pochi minuti per fartela passare, e oggi è andata proprio così. Che sono alla romana è proprio tanto tempo se qualcosa di simile è descritta in De coquinaria, l'opera sull'arte culinaria della Roma del I secolo, ma la ricetta è stata affrontata da diversi esperti come l'Artusi e Ada Boni che la ritiene una ricetta tradizionale da salvare, una volta riservata alle cene di festa e specialmente nel periodo di carnevale. Ah ecco perché mi è presa la voglia proprio oggi, è o non è Carnevale? Detto fatto, ho preso 1/2 litro di latte e l'ho messo sul fuoco con un pizzico di sale, una grattatina di noce moscata e circa 30- 40 gr. di burro. Quando raggiunge il bollore butto 125 gr. di semolino e giro con una frusta. In pochi minuti il composto rassoda, quando si comincia ad attaccare al fondo e alle pareti e tolgo dal fuoco e aggiungo un tuorlo d'uovo e 50 gr. di Parmigiano. Con qualche mescolata, una volta assorbiti questi ingredienti, è pronto. Per anni ho steso questo semolino e poi tagliato i dischetti con un tagliapasta rotondo con i conseguenti avanzi, ho poi scoperto, e non so più chi devo ringraziare per questo, che mettendo l'impasto su carta forno e arrotolando stretto a caramella, una volta freddato posso tagliare i dischetti senza scarto e molto più velocemente. Metto i dischetti appena sovrapposti in una teglia imburrata e sopra un poco di burro fuso e formaggio. Metto in forno a fuoco medio il tempo di dorare sopra . Così pronti da infornare si conservano, coperti in frigorifero anche 48 ore, o si possono fare piccole monoporzioni e congelarle per averle pronte solo da gratinare al bisogno. Per concludere, aggiungo solo che il "semolino" con il quale si fanno questi gnocchi e anche alcune creme e minestre, è un prodotto ottenuto dal grano duro, la differenza fra questo, la semola rimacinata e la farina di grano duro, è solo nel grado di macinazione, dove a granulometria diversa corrisponde uso diverso. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- TORTA DI MELE SEMPLICE SEMPLICE
Anche oggi una giornata uggiosa con un tempo urfido e come si può tirar su il morale? Ma con una torta semplice semplice di mele, da mangiare a merenda! Una ricetta vista mille volte, una specie di "sette vasetti" che qui diventano sei. L'unica cosa è che mia mamma la conosceva dagli anni '50, quando i vasetti di yogurt erano pressoché sconosciuti. L'aveva imparata qui in campagna, quando veniva per funghi, dalla signora che la ospitava e che a quei tempi non aveva ancora l'acqua in casa, la luce elettrica e l'unica bilancia era il "cantà", la grossa stadera senza piatto per pesare cose di grandi dimensioni. La Serafina, così si chiamava, usava un bicchiere, tipo da osteria, e io a posteriori ho pensato fosse semplicemente il metodo usato da sempre per dosare i dolci come fanno ancora oggi in America, cioè con "a cup", la tazza. Evidentemente gli immigrati Italiani hanno importato il metodo con loro e così è rimasto. Tornando alla ricetta io sono rimasta al bicchiere, e ho modernizzato con lo yogurt e l'olio (ma consiglio di leggere fino in fondo...) - 2 scarsi di zucchero - 2 di farina autolievitante - - uno scarso di olio di arachidi - uno di yogurt magro Metto due uova con lo zucchero nel robot con la frusta faccio girare fino a che l'uovo non è bello spumoso e gonfio, quindi aggiungo lo yogurt, l'olio e per ultimo la farina autolievitante, oppure farina e mezza bustina di lievito per dolci e mescolo amalgamando il tutto Nel frattempo ho sbucciato quattro, cinque mele a fettine e le ho messe con mezzo limone spremuto e un poco di zucchero. Fatto l'impasto lo metto nella teglia.....🤔a proposito il trucchetto della carta forno bagnata sotto al rubinetto e strizzata per farle prendere meglio la forma della tortiera lo si sa? Nella mia teglia sottile antica di alluminio che cuoce perfettamente non serve, basta ungere e infarinare sopra sistemo le mele a fette, qualche pinolo, che potrebbero essere noci o mandorle spezzettate, spolverizzo di zucchero, se piace cannella e inforno per circa 35 minuti in forno a 180° Ai tempi della Serafina al posto del il bicchiere di yogurt e di olio ne usava due di panna scremata dal latte, la mattina dopo la mungitura, e garantisco che se si prova a sostituirlo anche oggi il gusto cambia. Magari noi pensavamo erroneamente che la torta della Serafina fosse più calorica... Ho controllato le calorie e mentre l'olio ne ha 900 ogni 100 gr., la panna ne ha 336, il burro 750 , il latte 61 e lo yogurt magro 36. La differenza sta nel tipo di grassi, ma non certamente nelle calorie. Non aggiungo altro... sostituire un bicchiere di panna con uno di olio (è circa un etto) forse non è così importante... e io vi ho mentito spudoratamente perché non esito a farmela con un bicchiere di panna liquida fresca e uno di latte. Se sono in giornata particolarmente dietetica uno di yogurt e uno di latte, allora sì che cambia la faccenda. 😜 😂 😃 😍 🙃 🤗 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> Tutti gli usi alimurgici o farmaceutici indicati sono a mero scopo informativo, frutto di esperienza personale, declino ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.
- Il KAKI, la MELA d'ORIENTE
月つき夜よに米こめの飯めし tsuki-yo ni kome no meshi Un piatto di riso sotto la luna di sera Come non parlare del Kaki, un altro dei frutti che l'autunno ci regala con il suo colore acceso. Ho fatto caso come l'arancione, che si ritiene un colore caldo, nell'immaginario umano legato all'estate, al sole, un periodo dove i colori ci sono tutti, è invece l'ultimo colore, quello che la natura ci regala in autunno per poter sopravvivere al buio dell'inverno. Tutto intorno è arancio, le foglie, le zucche, le ultime carote dell'orto, le più grosse, le prime arance, i primi mandarini, e appunto il Kaki. Il colore arancione denuncia la presenza nei vegetali del carotene, precursore della vitamina A, che curiosamente protegge dalle infezioni polmonari, stimolando la difesa immunitaria, la struttura ossa ed è importantissima per la vista. Eh sì, la natura ci pensa a cosa serve. E la parola "arancione" non è esistita prima della comparsa delle arance, portate forse dal Portogallo circa 1000 anni fa, il colore considerato e identificato prima come una sfumatura del colore rosso tanto che è rimasto nel linguaggio popolare dire i capelli rossi, i gatti rossi, e così via anche se sono visibilmente arancioni. Tornando al frutto del Kaki, cosa potrei dire che non sia già stato ampiamente detto? Frutto dolcissimo se lasciato maturare bene, ricco di potassio, proprietà se non proprio lassative, certamente un rimedio contro la stitichezza, mentre acerbo è astringente e allappante, mangiato così con il cucchiaino o messo nello yogurt al mattino come colazione rigenerante, trasformato in cottura perde tutti i nutrienti e non vale la pena fare una marmellata, almeno io la penso così. È possibile congelare la polpa per usarla poi per dolci e mousse ma anche questa soluzione non mi attira. Un minimo di attenzione per chi soffre di diabete per la presenza importante di zuccheri, mia nonna diceva che mangiare un kaki era come mangiare un uovo, forse confondendo fegato con pancreas, e che era meglio non mangiarne più di uno o due al giorno, tempi che di pancreas e diabete poco si sapeva, probabilmente si moriva e basta. In realtà è utile sia a fegato e pancreas ma come diceva nonna con la giusta parsimonia. Raccolti acerbi, è un frutto climaterico, continua a maturare dopo averlo raccolto, messi in una cassetta se vicino alle mele meglio, il rilascio di etilene delle mele contribuisce a farli maturare prima. Un sistema per farlo maturare velocemente è quello di massaggiarlo con un po' di grappa, provare per credere. Il modo migliore di mangiarlo resta con il cucchiaino, controllando la consistenza più del colore, appena è morbido al tatto. Oppure la polpa mescolata ad yogurt, al mattino appunto, per il contenuto in potassio e il potere energizzante. Così visto che non mi va di cuocere i Kaki, a proposito non esiste il caco, plurale e singolare è sempre Kaki, ho scartabellato libri e web per trovare qualcos'altro. A volte tutto parte da una parola letta magari in un racconto e il grande strumento che è internet ti permette di sapere subito cosa significa, e così quest'anno si va di Hoshigaki e forse pure di Kakishibu. Che si fanno i Kaki secchi già lo sapevo, non troppo maturi tagliati a fette, nell' essiccatore e diventano uno piacevole snack. In Giappone, davvero la terra dei Kaki, come tutto l'Oriente, dal quale arrivò in Europa, invece usano un sistema tanto simpatico che in queste giornate uggiose ho deciso di provare, l' Hoshigaki. Consiste nel pelare i kaki che hanno cambiato colore, ma ancora duri, legarli a due a due con un nastro e appenderli fuori al sole o dietro una finestra sempre all'aria e al sole, o in una soffitta luminosa arieggiata e calda. Dopo qualche giorno vanno massaggiati per muovere le sostanze zuccherine e nel giro di un mese dovrebbero essere al punto giusto per aprirli e assaggiare la delicata crema dolce che si è formata all'interno. Avendo l'accortezza di raccoglierli con un pezzetto di ramo si potrà intorno legare un Kaki al nastro o corda, uno per capo. Fatto questo basta appenderli, dopo una settimana cominciare a massaggiare, in tre quattro settimane saranno Hoshigaki. Per essere più esaustiva posto il link del video più completo che ho trovato su you tube: https://www.youtube.com/watch?v=Fn6ZG8nOIJ4&ab_channel=marronrecipe Non avendo un tempo asciutto ho pensato di metterli semplicemente sopra la stufa dove sicuramente gira aria calda, poi se dovesse smettere questa umidità li metterò al sole e all'aria aperta. Tra un mese saprò. Non è pensabile che avrei gettato via le bucce, pensavo al tannino che contengono e quindi usarle per tingere e mi frullava in testa qualcosa altro che avevo letto: Kakishibu Questa affascinante antica tecnica, sempre giapponese, consiste nel far macerare o meglio fermentare i kaki per estrarne un succo uso a tingere le stoffa, la carta, il legno ecc. Il colore deriva dal tannino contenuto nel kaki acerbo, la sostanza allapante, ma non serve solo per tingere, ma anche per le proprietà antibatteriche, antimuffa, impermeabilizzanti e rinforzanti. Per il terribile odore e per il basso costo veniva utilizzato per i vestiti da lavoro del popolo, per le reti da pesca, per fare gli ombrelli e per i sacchi usati nella fermentazione del riso e per tingere washi, la carta Giapponese. L'uso è andato scemando con l'industrializzazione e adesso i pezzi di stoffa, anche dei sacchi di riso antichi tinti con il Kakishibu sono pregiati e oggetto di collezione. Solo di recente la tecnica è stata riscoperta e non più per un uso popolare. Il colore è mutevole anche con il passare del tempo, si intensifica o si rischiara a secondo dell'esposizione. Ho messo le bucce in un recipiente di vetro con un tappo che faccia passare l'aria con due o tre cucchiai di zucchero, ma di fermentazione so davvero poco e non so se avrò la costanza di tenere a fermentare sei mesi le bucce dei miei Kaki, visto che poi va fatto invecchiare due anni e così sempre sfrugugliando su internet ho scoperto che si può avere direttamente dal Giappone già pronto ... e volete che non me lo sia ordinato? Come mai avrei potuto fare ormai senza? Il tempo perché arrivi e questo post sarà aggiornato appena avrò da sciorinare tessuti e lane tinte con il Kakishibu. Per l'ennesima volta mi trovo costretta a riflettere sul nostro mondo industrializzato dove tutto sembra più facile. Accanto alla meravigliosa possibilità di avere a casa mia in poco tempo un prodotto straordinario, una volta avrei dovuto aspettare che tornasse Marco Polo, abbiamo abbandonato tecniche meno facili per abbracciare un mondo fatto di prodotti di sintesi, più veloce ad avere il risultato, dove restano però residui pericolosi, addirittura anche per la pelle, di inquinamenti vari, fra il produrli e poi il tingere. Abbiamo preteso un colore certo, con tanto di numero Pantone XXX al posto di avere un abito che cambia il colore nel tempo, con il sole o con la pioggia, con il caldo o con il freddo, unico, personalissimo ... forse non siamo tanto progrediti, volevo dire furbi, come ci sembra di essere. A questo link qualche informazione in più: https://loopoftheloom.com/kakishibu Un metodo più veloce è quello di usare i kaki ancora completamente verdi, frullati, immerso quello che si vuole tingere ma solo con l'esposizione alla luce del sole e il passare dei giorni, il colore si trasforma in un marrone dorato. Parlando di tinture e colori sottolineo che il così detto color Kaki nulla a che vedere con il kaki frutto. Usato per le divise estive di molte forze armate, gli inglesi i primi in India, che colorarono le divise bianche con foglie di tè, ha funzioni mimetiche, dal vocabolo persiano khak che significa terra. Ancora due parole sull'albero di Kaki. Conosciuto come l'albero delle sette virtù, la bontà del legno (é della famiglia dell'ebano) con il quale si fabbricavano le mazze da golf, il nutrimento dei suoi frutti (il nome scientifico Diospyros significa cibo di Dio), la grande ombra, non viene attaccato da parassiti, il concime che danno le foglie, i suoi rami ottimo rifugio per gli uccelli, lunga vita. È stato individuato come l'albero della pace. Durante il bombardamento atomico di Nagasaki, il 9 aprile 1945, solo un fragile albero si salvò, era un albero di kaki, fu amorosamente curato da Masayuki Ebinuma, un arboricoltore che riuscì da questo a produrre delle piantine di seconda generazione che ora a richiesta vengono inviate in tutto il mondo con il progetto "Kaki Tree Project – La rinascita del tempo" dedicato ai bambini di tutte le scuole che allevino questi alberi e sorveglino sul significato della parola "pace". Tutte le informazioni a questo link: https://kakitreeproject.com/italiano/?page_id=5399 l'albero nel 1945 l'albero nel 1996 La leggenda Chi non sa che il tempo del prossimo inverno veniva predetto con la lettura dei semi di Kaki? Un gioco divertente senza nessun fondamento scientifico ma provare non costa niente Le posate che si trovano danno il responso: se si trova il coltello sarà un inverno di freddo pungente se la forchetta si avrà un inverno mite, il cucchiaio tanta neve da spalare.
- SUCCEDE... nei SEPPONI di CARRO
Succede che tu nasca a Milano, e che tu cresca con tutte le opportunità che una grande città così ti offre. Succede che poi un giorno una tua compagna di scuola ti inviti a passare le vacanze estive nel tranquillo paesino sull'Appenino Ligure, alle spalle delle Cinque Terre. Succede che lì in un attimo tutto si compia, che proprio lì, incontri chi accompagnerà i tuoi giorni futuri, chi cambierà la tua breve vacanza di giovane donna in una scelta di vita. Eh sì, proprio lei Silvia Bonfiglio, a Carro, incontra Maurizio, si innamora, lo sposa per non andarsene più. Carro è un grazioso paese adagiato su una collina dell'Appennino ligure, nell'Alta Val di Vara, con sullo sfondo le Alpi Apuane, una di quelle felici posizioni liguri che permettono alla mattina di fare un giro per funghi e alla sera un bagno nel più bel mare azzurro della Riviera di Levante, veramente una manciata di chilometri da Moneglia, Deiva Marina, Bonassola, Levanto. Un piccolo comune dove non manca nulla, famoso al mondo per gli antenati di Nicolò Paganini che lui veniva a trovare al paese, e che viene ricordato ogni estate con il Festival Paganiniano (qui>>>), una serie di concerti di musicisti famosi. Ha pure il Santuario, la Cerreta, edificato presso la casa che diede i natali al Santo Antonio Maria Gianelli (qui>>>), fondatore delle Figlie di Maria Santissima dell'Orto, le Giannelline di Chiavari, ma non c'è dubbio che qualche differenza con Milano ce l'ha. Silvia e Maurizio, da giovani sposi vivono a Genova, lui ha una ditta di elettrotecnica, agli inizi degli anni '90, Maurizio eredita l'antico castagneto del nonno, ormai abbandonato e rinselvatichito, impraticabile, frequentato solo da cinghiali e inizia a pulirlo, sistemarlo, recintarlo, tutto nei fine settimana, quando tornano al paese. Il bosco, denominato località Sepponi, probabilmente proprio dai ceppi, i seppi in dialetto, i grossi castagni che c'erano, era una volta famoso anche per gli ottimi funghi porcini che crescevano in simbiosi con gli alberi. Maurizio cerca di informarsi sulle varietà di castagne della valle, della storia del castagno così importante per la sopravvivenza della gente di quella vallata, impara a innestare i giovani polloni nati a caso dalle vecchie piante ormai tagliate. Recupera le marze di varietà che nessuno conosce più, e tutto questo ascoltando gli anziani, una cosa qui, una cosa chiesta là, una cosa capita, una intuita. foto da ETNOBOTANICA IN VAL DI VARA UN MARRONE DEI SEPPONI La passione fa fare grandi cose e e succede che dopo qualche anno Silvia e Maurizio scelgono la loro terra, le loro castagne, si trasferiscono definitivamente, creano l'Azienda Agricola Silvia Bonfiglio con il proposito di produrre inizialmente marroni, poi arriveranno le castagne per la farina, le api per l'impollinazione e il miele, i funghi secchi, e piano piano una produzione di confetture con frutta biologica del posto. Importante il recupero del vecchio seccatoio, fabbricato nel 1821, situato direttamente nel bosco, che una volta seccava quintali e quintali di castagne di tutto il paese, e intorno al vecchio casone gli eventi organizzati tutti gli anni, l'accensione del fuoco alla fine della raccolta, che brucerà per più di un mese costantemente, la festa del castagnaccio quando finalmente è pronta la farina, dopo che le castagne secche, private della buccia, sono state selezionate a mano UNA AD UNA per aver un prodotto di buonissima qualità, escursioni notturne alla luna piena e incontri con bambini. Qualche anno fa la loro farina ha vinto il Primo Premio Nazionale come migliore Farina di Castagne. A questo proposito vorrei ricordare qui, a tutti coloro che a settembre cominciano a fare castagnaccio convinti di comperare farina nuova, che la cosa non è possibile, stando che la raccolta avviene più tardi, dura per tutto il tempo che le castagne cadono e si cominciano a seccare a fine ottobre, per avere il prodotto finito non prima di dicembre. Quindi l'illusione di avere farina dell'anno subito appena si vedono cadere le prime castagne, è appunto un'illusione. Quella che si compera a settembre, ottobre, è farina dell'anno precedente, non per questo deve essere per forza cattiva, ma non è certamente fresca. Ogni anno in questi giorni ai Sepponi si ripete l'antica cerimonia dell'accensione del fuoco nel seccatoio, con una piccola festa tra i presenti che quest'anno, per le ovvie ragioni legate al Covid, si è svolta per forza in formato ridotto. É possibile seguire un filmato di qualche anno fa qui>>> https://www.youtube.com/watch?v=Ob-nADMebGU&ab_channel=TeleLiguriaSud Per chi non avesse nozione di cosa sia un essiccatoio per le castagne, comune una volta su tutto l'Appennino, si tratta di una costruzione in muratura, di forma quadrata, che presenta un piano terra dove viene acceso a pavimento un fuoco di grossi pezzi di legna che brucerà lentamente per più di un mese, sopra un soppalco, oggi di rete metallica, dove da una finestra a sotto tetto vengono messe le castagne in modo che secchino con il calore che sale attraverso. La costruzione è dotata di piccole aperture in alto che la fanno funzionare come un grande camino. Silvia e Maurizio continuano la loro opera di recupero e innesto di castagneti, di recente stanno cercando di restaurare anche il vecchio mulino del paese, hanno lottato e lottano contro il cinipide, contro il mal dell'inchiostro, cercando di invogliare i giovani al recupero dei boschi abbandonati della zona, organizzando ogni sorta di eventi direttamente nel bosco come anche corsi di innesto. Il loro lavoro è stato riconosciuto e il castagneto visitato dagli studiosi del settore. Nonostante l'immenso lavoro fisico che c'è dietro al lavoro delle castagne, oltre la cura del castagneto, confrontato tutta la filiera con l'esiguo guadagno che resta, Silvia e neppure Maurizio, rimpiangono la città e meno che meno ora, quando la loro scelta di vita ha ancora di più un senso, quando la libertà e la possibilità di lavorare all'aperto permette di lasciarsi alle spalle le problematiche quotidiane di questo periodo. È possibile trovare Silvia nei mercati e fiere della zona, dedicati alle produzione agricole di nicchia, con le sue marmellate, i funghi secchi, la farina e tutto quello che riesce a produrre in azienda e quest'anno le principali manifestazioni non si sono potute fare rendendo tutto ancora più difficile. Così, a crederci, succede che a volte i sogni si avverano ... Proprio per loro mi sembra adatta la favola del Fungo e la Castagna, che avevo scritto anni fa e con tutto il cuore a loro la dedico: FUNGO E CASTAGNA Quando Castagna, da bambina, provò ad infilare le sue tenere radici nell’ubertosa terra del sottobosco, lassù sulle pendici del verde Appennino Ligure, incontrò uno strano filamento bianco profumato. Ne restò inebriata e lui da lei avvinto. Decisero di proseguire insieme per la strada della vita. Castagna crebbe albero frondoso, indaffaratissimo a far foglie, fiori e frutti, era molto richiesta. Le sue foglie usate perfino come tortiera, il tronco come legno da costruzione e da ardere, e soprattutto lei, chiusa nel suo riccio spinoso aspettava di diventar farina, tanto attesa al finir dell’estate a servir da pane e companatico per il lungo inverno in arrivo. In tutto questo daffare non è che Castagna riuscisse a vedersi molto con l’amato nonostante egli fosse saldamente attaccato alle sue radici e la loro vita insieme mooolto felice. Si doveva risolver la questione e la soluzione si trovò, come sempre nelle coppie che funzionano, a mezza strada. Castagna si decise a cadere a terra ed egli a far capolino fuori, improvvisamente, quando meno lei se lo aspettava, per abbracciarla ancora con il suo profumo, nascosti fra le foglie gialle e rosse nel respiro umido dell’autunno AZIENDA AGRICOLA SILVIA BONFIGLIO Via Alfonso Garibotti, 7, 19012 Carro SP laboratorio e vendita, si prega telefonare per appuntamento o visita al castagneto 347 310 899 SITO : http://www.boscosepponi.bio/index.html FB : https://www.facebook.com/CastagnetodeiSepponi/?ref=page_internal Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- ZUPPA DI CIPOLLE
Sette beni fa la zuppa: toglie la fame e la sete, riempie la pancia, pulisce i denti, fa dormire bene, fa andar di corpo e colora le guance Della famosissima compagnia della Lesina, XVI secolo Francesco Maria Vialardi Tutto nasce dal particolare momento attuale di panico da contagio, per arrivare a parlare della famosa cipolla tagliata che pare servì a preservare alcune famiglie di contadini dall'epidemia di influenza Spagnola nel 1919. La notizia gira, in molti la conoscono, si dice che assorba i germi nell'ambiente e che non vada poi mangiata se lasciata aperta tagliata in giro, anche in frigo. Vero è, assodato in laboratorio, che alcuni batteri siano infastiditi agli effluvi della cipolla, la quale contiene alliina liasi, un enzima che si combina con altri elementi trasformandosi in acido solforico, ma da soli questi batteri non vanno sulla cipolla, quindi, di mio, penso che l'odore ricordasse in qualche modo un disinfettante e che questo tranquillizzasse chi la teneva addirittura sul comodino. C'è da tenere presente che nelle tombe antiche sono stati ritrovati bulbi di cipolla in quanto si credeva che potesse ridare "il respiro ai morti". Le proprietà antimicrobiche e antibatteriche la cipolla al suo interno ce l'ha davvero però e se mangiata ce le regala, e se qualcuno vuole tenere mezza cipolla aperta in casa in questo periodo di terrore, chi sono io per impedirlo, consiglio di non affidarsi solo a quello e non dimenticare di mangiarne, quello sì fa sicuramente bene. „Quando sono raffreddato so cosa mi occorre: una cipolla al forno da mangiare prima di andare a letto.“ George Washington Quindi stasera la mia zuppa di cipolle, anzi quella che ho imparato da Monsieur Mességué padre, mio primo guru della vita in campagna tanti tanti anni fa. Due belle cipolle, io preferisco le bionde, più saporite, ma stasera ho trovato solo le bianche, tagliate fini, uno spicchio di aglio intero, un pizzico di sale e messe a stufare lentamente, non rosolare, nella pentola di terra con poco burro e olio, fino a che non sono tenere tenere. Nel mentre metto a scaldare circa un quarto di latte con qualche ramoscello di Timo (anti-tutto anche questo, leggi qui>>) e aggiungo alle cipolle stufate con un cucchiaio del mio Dado vegetale (qui>>>). Questa dose va bene per me che non mangio altro o per due persone come primo o che mangiano meno di me Cuocio a fuoco bassissimo per un'altra ventina di minuti, sorvegliando che non trabocchi all'inizio mentre preparo i crostini di pane, i miei soliti crostini, quelli che di solito ho già pronti e che forse ho già descritto. Semplicemente pane anche raffermo, tagliato a quadretti, spruzzato di olio evo, sale e un pizzico di pepe e messo a tostare in forno pochi minuti. Una volta fatti possono essere conservati in un sacchetto di carta pronti alla bisogna. Sempre che non li bruciate come succede all'80% per me e non ve li mangiate tutti subito. Poco prima di portare in tavola divido la zuppa in una o più cocotte a seconda della quantità, su un fondo di crostini, una grattugiata di formaggio sopra meglio Gruyere, ma anche Asiago o Emmental e Parmigiano, come più piace, e metto a gratinare pochi minuti in forno. La zuppa ottenuta, nonostante la presenza del latte, è di una leggerezza e dolcezza incredibile, che anche i più ostici nei confronti delle cipolle apprezzeranno. Si può usare anche metà latte e metà acqua, ma perde in sapore. Si può usare brodo vegetale o brodo di carne ma allora è un'altra zuppa. Se invece si vuole fare una cosa molto particolare, per una serata direi "country chic", sempre che piaccia, si può usare latte di capra, finendo la zuppa con un formaggio di capra a pasta molle o trovandolo, un buon stracchino di capra. Volete darle un po' di colore e potenziare l'azione antinfiammatoria della cipolla? Basta aggiungere un cucchiaio di curcuma prima di informare! Se la zuppa è ben fatta la cipolla si sfalderà completamente, ma nel caso si può sempre passare al frullatore ad immersione e farne una crema. Non finiscono qui le proprietà della cipolla e sarà il caso di parlarne ancora, e se volete potete provare anche il Polàstro alle cipolle (qui>>>) o le mie Cipolle facili (qui>>>) La cipolla è un'altra cosa. Interiora non ne ha. Completamente cipolla fino alla cipollità. Cipolluta di fuori, cipollosa fino al cuore, potrebbe guardarsi dentro senza provare timore. Wisława Szymborska Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- ACETO DEI QUATTRO LADRONI
Nulla è più contagioso che parlare di malattie. G. Uhlenbruck Post semiserio, semi storico, semi ironico. Post se si ha voglia di far qualcosa per prenderla mezzo sul ridere, ma di fatto una realtà tra leggenda e storia, quando in altri tempi imperversavano contagiose epidemie, quando non si aveva altro, quando si faceva come si poteva. Scritto sull'onda degli ultimissimi avvenimenti, anche se in un altro post ne avevo già parlato ( Il Rosmarino principe degli aromi qui>>>), ora è forse il caso di fare un ripasso accelerato sull'Aceto dei Quattro Ladri o a volte dei Sette ladri. In una delle tante pestilenza che intorno al 1600 imperversarono per l'Europa, quattro o sette, a secondo della leggenda, uomini entravano indisturbati a rubare nelle case dei morti appestati, dove nessuno osava per timore del contagio, rimanendo immuni al morbo. Catturati, ebbero salva la vita in cambio della ricetta del rimedio usato. C'è chi narra che girassero con una pezzuola imbevuta davanti alla bocca, chi immergessero le mani, chi si bagnassero tempie e polsi con una mistura di aceto e erbe. Senza andare molto lontano si può capire come già il solo lavarsi offrisse qualche garanzia, una pratica non molto usata in tempi, quando ancora non si era scoperto quanta parte avesse l'igiene e la disinfezione nella trasmissione dei microbi. Scoperta che avverrà solo alla fine del 1800, quando con il semplice lavaggio delle mani da parte dei medici, che andavano dall'autopsie, senza nessuna precauzione, alle pazienti vive, ci si accorse che nelle partorienti spariva quasi del tutto la cosiddetta febbre puerperale. Tornando all'aceto la sua funzione chissà se fu quella di preservare almeno un poco il contagio, tramite l'aceto e le innegabili proprietà che le erbe messe a macerare dentro, rilasciavano in esso. La formula, facile, modificata, ampliata e cambiata di nome più volte nei corsi dei secoli rimane essenzialmente la stessa, un buon aceto, che di per sé ha blande proprietà disinfettanti nei confronti di alcuni microbatteri, con l'arricchimento di erbe varie messe a macerare dentro. Erbe e spezie conosciute anche esse dall'antichità per doti antibatteriche. Quindi: Mettere in un vaso almeno: un cucchiaio di foglie di salvia triturate un cucchiaio di foglie di rosmarino triturate un cucchiaio di foglie di timo o serpillo triturate; un cucchiaio di foglie di alloro triturate un cucchiaio di foglie di fiori di lavanda triturati uno spicchio d'aglio schiacciato. Questa una delle ricette con le erbe usate già nel medioevo. Inoltre si possono aggiungere: un cucchiaio di foglie di noce triturate un cucchiaio di chiodi di garofano schiacciati una stecca di cannella schiacciata un cucchiaio di lichene islandico triturato un cucchiaio di ginepro (ramoscelli e bacche) triturato. Si ricopre il tutto con 1 litro di buon aceto bianco o rosso, si macera per sette giorni e infine si filtra. Una formula di questa preparazione con l'aggiunta di ruta, assenzio e canfora ebbe un riconoscimento ufficiale nel 1758 ed era conservata nel Museo della Vecchia Marsiglia, visto il successo che tale preparazione ebbe. Il suo momento di gloria sparì dal Codice ufficiale medico francese solo alla fine del 1884 con la scoperta della moderna farmacopea Preparato a freddo può essere conservato a lungo. Si può bere diluito in acqua. D'altronde l'aceto nelle case dei contadini ha sempre rappresentato un valido aiuto, Ippocrate lo usava come disinfettante, rende lucidi i capelli (chi fra quelle della mia età non se li è sciacquati almeno una volta con l'aceto?) ha un'azione dimagrante (un cucchiaio nell'acqua bevuta durante i pasti, la principessa Sissi inventava continuamente bevande e impacchi a base di aceto per mantenere sottile la vita), cura il mal di testa (ricordate la carta matta imbevuta d'aceto sulla fronte e le tempie delle nostre nonne?) conserva gli alimenti, impedisce la formazione di muffe, schiarisce le macchie della pelle, toglie il senso di nausea (libri e film del passato pieni di bottigliette di aceto aromatizzato fatto annusare alle donne svenevoli costrette nei stretti busti di un tempo), e in mille lavori casalinghi: con sale e bicarbonato per disgorgare il lavandino, sgrassatore per vetri e superfici, anticalcare, ammorbidente, e brillantante in lavatrice e lavastoviglie e mille altri usi. Già fare questa mistura dalle pretese doti sarà divertente, portarlo di regalo agli amici in occasione di una cena per provare a sdrammatizzare, e nel caso niente impedisce di condirci un'insalata o una carne. Difficile possa nuocere, assunto a piccole dosi o per un uso esterno. Per quanto mi riguarda, non so a chi o a cosa devo questo, ma sono almeno otto anni che non prendo una qualunque forma di raffreddore o influenza, ho altre mille cose ma questa no. Tutto sommato, aceto a parte, respiro gran parte dell'anno un'aria sicuramente più pulita, e vivo certamente in un posto che non si può dire affollato. Tutto fa. Se dipendesse da me renderei contagiosa la salute invece che la malattia. R. Ingersoll Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- SETTEMBRE, ANDIAMO....
Per gli amanti delle erbe, Settembre non è un mese di grande raccolta. Le erbe commestibili ormai hanno finito il loro ciclo vitale, le aromatiche e le altre a seccare per l'inverno, si aspettano le piogge d'autunno mentre ci si diverte con marmellate e conserve dei frutti estivi. Per Erbando questo settembre invece è denso di eventi. Appena passata la felice esperienza di EXPO-FONTANABUONA con tanti amici e tante nuove conoscenze https://www.ilsecoloxix.it/eventi/2019/09/02/news/seimila-visitatori-in-quattro-giorni-ad-expo-fontanabuona-1.37407249 ci aspetta domenica 8 a San Salvatore di Cogorno la centenaria Fiera del Perdoni e dei Perdonetti in onore della Santa Croce. Papa Innocenzo IV, al secolo Sinibaldo Fieschi, nel 1252, con Bolla di Fondazione, donava alla Basilica dei Fieschi in San Salvatore, la preziosa reliquia della S.S.Croce, conservata nel suo pettorale, donata a Roma da S.Elena Imperatrice, madre di Costantino. Per la ricorrenza vennero accordati tre giorni di Gran Giubileo, di speciale Indulgenza e per festeggiare una fiera detta dei Perdoni e Perdonetti che senza interruzione si tenne fino agli anni trenta. Negli ultimi quindici anni si è ripristinata l'usanza nella seconda domenica di settembre e anche in questa occasione saremo presenti con tutti i manuali di riconoscimento delle erbe. Neanche il tempo di mettere via e si parte per Erbacce e Dintorni, a Cerveteri, l'annuale importantissima festa delle Erbe, dalla felice idea di Roberta Rossini e co. , che fondando un gruppo su Fb si sono poi trovate a gestire circa 60.000 persone appassionati di erbe, molte delle quali partecipano all'evento, ormai tradizionale, dove si trovano laboratori, workshop, conferenze, mercatini, scambi di semi e tutto quello che può interessare. Trovate al link qui tutto ciò che riguarda i due giorni della manifestazione: https://www.facebook.com/events/2486556461365070/ Noi non mancheremo e domenica 15 saremo ci è offerta l'occasione di parlare di Liguria Selvatica. Di ritorno, di corsa ci aspettano domenica 22 a Genova alle Serre di San Nicola. L'evento, due giorni sabato 21 e domenica 22 settembre, affronta tematiche come riciclo, sostenibilità, economia circolare, energie rinnovabili e cambiamento climatico e noi siamo invitati domenica 22 alle ore 18 a parlare come sempre di Prebuggiun, e visto il titolo del Festival, specialmente di Ortica. A questo link le informazioni https://www.produzionidalbasso.com/project/alle-ortiche-festival-ambiente-e-cultura-alle-serre-di-san-nicola/?fbclid=IwAR3rW3iFcX5e7vl1y2yuRh0J_ICMOqGH5f-g9MOsfv4HL4Xzzaw77nRw-ZQ Per finire domenica 29 settembre saluteremo gli eventi estivi con la tradizionale Fiera di San Michele a Casarza Ligure. Appunto per me, un Settembre ricco di va e vieni, la gatta che non sa più dove abita, il blog che aspetta articoli, valigie fatte e disfatte, il caldo che non ci abbandona, speriamo reggano la voce e i piedi, Settembre, andiamo ... ... Che la smettiamo di girare il mondo a parlar di erbe, che voglio tornare a casa? Pumi, la gatta di Erbando Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- APRILE VIENE ERBANDO
Appuntamento sabato pomeriggio 6 Aprile al Bistrot di Basko a San Salvatore di Cogorno. Erbando sarà presente con il Prebuggiun. Potrete vedere dal vero e toccare con mano le erbe spontanee selvatiche commestibili che lo compongono. Lella Canepa sarà a vostra disposizione per illustrarle una ad una, fornirvi informazioni sui tempi e modi di raccolta. Nel corso del pomeriggio sarà anche dimostrato un metodo casalingo per la fabbricazione della Prescinseua. L'evento è aperto al pubblico. Il 12 Aprile Erbando è a Eataly a Genova dalle 18,30 alle 21,30 sempre con le erbe del Prebbugiun e in collaborazione con il Pastificio Dasso per la preparazione dei Pansoti, meraviglioso scrigno di pasta che con la compagnia della ricotta trasforma le erbe selvatiche in un delizioso piatto. Tutte le informazioni per partecipare a questo link: https://www.eataly.net/it_it/il-mio-prebuggiun-2019-04-12-6109 Erbando cerca location, che possono essere agriturismi, B&B, pro loco o altro nella zona di La Spezia, per le numerose richieste di persone che vorrebbero partecipare agli incontri. Potete contattare l'Associazione al 3486930662 per proporre una sede opportuna Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>











