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- RISOTTO alla ROSA e ORTICA
Ricetta di stagione, piacevole alla vista e al gusto. Connubio perfetto di tre elementi, facile e veloce, con un' unica attenzione a non prevaricare il sapore della rosa con altri. Metto scalogno (meno determinante della cipolla) in una pentola con i petali di due belle Rose da Sciroppo (qui>>>) e tre o quattro punte di Ortica (qui>>>) grossolanamente tagliate. Si possono usare anche altre rose e comunque non esagerare nella quantità perché potrebbero dare un gusto amaro, soprattutto se non si toglie la punta bianca dei petali. aggiungo e faccio tostare due pugni di riso Venere, ma va bene anche un Carnaroli o un riso Selvatico Integrale. Non è necessario sfumare con il vino, ma nel caso pochissimo e possibilmente Prosecco. Porto a cottura con brodo assolutamente vegetale leggero (il mio qui>>>) Verso la fine della cottura, assaggiando, aggiusto di sale e se voglio aggiungo ancora qualche petalo profumato. Manteco con poco burro e se è il caso finisco con poco parmigiano fresco. Ricetta sfiziosa per due, per una cena estiva davanti a un buon Prosecco fresco, le rose parlano sempre d'amore... l'ortica, cotta, non punge più 😊... Questa piccola rosa nessuno la conosce. Potrebbe essere una pellegrina se non l’avessi tolta ai suoi sentieri e serbata per te. Solo un’ape a cercarla partirà, soltanto una farfalla, di lontano affrettatasi per giacere sul suo seno – solo un uccello se ne stupirà – solo una brezza esalerà un sospiro – Oh rosellina – quanto è facile per le creature come te morire! (Emily Dickinson) Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> Tutti gli usi alimurgici o farmaceutici indicati sono a mero scopo informativo, frutto di esperienza personale, declino ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.
- PANISSA DI CECI
Post veloce e semplice prima che venga caldo e che per tradizione la farina di ceci non si mangi più, o almeno così era una volta. Un tempo con l'estate si sospendeva la cottura di farinata o altro con la farina di ceci, non so perché, non so se era perché senza i moderni metodi di conservazione la farina andava da male con il troppo caldo o per quale altro motivo. Fermo restando che la farina di ceci fa un gran bene, oltre essere adatta per chi soffre di celiachia, è indicata anche per i diabetici perché ha un basso indice glicemico e pure nella ipercolesterolemia, è ricca di vitamine e sali minerali, magnesio, calcio, potassio e fosforo e già ne avevo parlato nel caso della Farfrittata (qui>>>) Così oggi ho fatto la Panissa, un piatto ligure buono freddo, semplice da fare. Il procedimento è simile a quello della polenta. Metto sul fuoco un litro di acqua nella mia pentola speciale a vapore che vi avevo fatto vedere qui>>>, così che non dovrò girare con il mestolo per tutto il tempo di cottura, aggiungo il sale. Quando sta per iniziare il bollore tolgo dal fuoco e verso a pioggia 250 gr. di farina di ceci. L'unico inghippo è che tende a fare davvero tanti grumi, bisogna fare un poco di attenzione. Quando l'ho mescolata per bene con la frusta, rimetto sul fuoco, faccio alzare il bollore, chiudo con il coperchio e a fiamma bassa lascio cuocere per un'oretta senza più guardarla. Senza la pentola a vapore si dovrà girarla come per la polenta. Trascorsa circa un'ora la verso in un tegame basso. unto per bene e la livello meglio che posso. Appena intiepidita la taglio a quadretti se voglio mangiarla condita con cipolla e pepe o a fettine se la voglio friggere in abbondante olio caldo In tutte e due i modi è una sostanziosa pietanza dal gusto buonissimo, ottima anche per aperitivi, buffet ecc. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti. Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> Tutti gli usi alimurgici o farmaceutici indicati sono a mero scopo informativo, frutto di esperienza personale, declino ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.
- SALVIA AMICA SACRA
-Perché mai muore l'uomo cui la Salvia nasce nell'orto?- Non c'è molto altro da dire su una pianta che ha nel suo nome tutto: Salvia, da salva... non sono dati a caso i nomi, spesso la cultura semplice ha attribuito alle piante i nomi a secondo degli usi: Malva, mal-va, il male se ne va, (qui>>) Lavanda, da lavare, (>>qui) usata per lavare il corpo, per disinfettare, ecc. Anche per lei, come per altre, dimenticate le proprietà terapeutiche, l'uso relegato ad aromatica in cucina, forse per salvare gli involtini? O perché talmente tante le sue doti che finiva per essere messa dappertutto, in tutti i modi, degenerando in leggende fantasiose come quella che fra le sue foglie si nascondo i rospi rendendola velenosa, o che un rametto in una bottiglietta sotterrato nel letame della stalla produceva uno strano animale, anche esso dai poteri magici? O che addirittura facesse risuscitare i morti... Gli antichi Romani facevano una cerimonia particolare nel momento della raccolta, alla quale solo pochi eletti erano predisposti, dopo aver indossato uno specifico abbigliamento, tenuto solo per quell'occasione. Plinio la chiama erba magica, e per le sue proprietà dissecanti consiglia di coltivarla intorno alle paludi. - Salvia salvatrix naturae conciliatrix - Negli anni la scienza ha confermato le qualità conosciute da tempi remotissimi come quelle antinfiammatorie specie del cavo orale, per gengiviti, afte, tagli in bocca in generale, quelle digestive e prova ne è che si usa in cucina con le carni per favorirne la digestione insieme all'alloro, le balsamiche ed espettoranti in caso di tosse e raffreddore, nella glicemia, soprattutto nel ristabilire gli equilibri nell'organismo. Ma la più grande peculiarità riconosciutale è nella cura delle malattie femminili, specie la Salvia sclarea, tanto da essere chiamata Matrisalvia. In un erbario stampato a Verona si legge di come in Egitto, sterminata la popolazione da una epidemia di peste, alle donne sopravvissute fosse dato da bere succo o acqua di salvia al fine di concepire più facilmente. Così come veniva usata per le sindromi mestruali dolorose e per le vampate in menopausa. A questo proposito Trotula Di Ruggiero, (XI sec.), alla quale viene attribuito il primo manuale medico che generò la nascita dell'ostetricia e della ginecologia, in quasi tutte i suoi ricettari nomina la Salvia per curare i disturbi femminili. E Cleopatra usava il potere della Salvia per conquistare gli uomini ... È utile anche nella depressione e in genere per stimolare e riequilibrare tutto l'organismo, ma, confermate scientificamente le proprietà, cosa abbiamo dimenticato allora? L'uso quotidiano, il quando, quanto e come. Non siamo più capaci di assumerla in maniera casalinga. Il suo potere è talmente forte che non è il caso di mettersi a bere tisana di salvia a caso o ad usare il suo olio essenziale, che può provocare persino attacchi epilettici, senza il consiglio di un esperto erborista. Si possono comunque fare degli sciacqui con il decotto, in caso di bocca dolorante per afte e simili, o mal di gola, metterne una foglia nella tisana di Alloro (>>>qui) per digerire, ma quello più comune, che ricordo mi facevano fare fin da piccola, è sfregare i denti con una foglia fresca di Salvia per mantenerli bianchi e lucidi. Provare per credere. E così proprio per non lasciare senza nemmeno una ricetta ve ne passo una provata, per un dentifricio casalingo: un cucchiaio di bicarbonato di sodio tre cucchiai di argilla bianca, (niente cucchiai di metallo ma solo legno o plastica) o anche verde ventilata. salvia secca olio di cocco Occorre sminuzzare finemente in un mortaio (non di legno) la salvia per averne tre cucchiai di polvere finissima, si può aggiungere anche della menta per rendere il sapore più gradevole. Mescolare bene il bicarbonato e l'argilla e la polvere di erbe. Si può usare anche così, ma si possono sciogliere uno o due cucchiai di olio di cocco e aggiungere le polveri mescolate. L'olio di cocco è importantissimo per l'igiene orale, aiuta a sbiancare i denti, è utile nell'alitosi, anche se tende a solidificare, si ottiene un composto più pratico che le polveri. In ultimo, se le si hanno a disposizione, aggiungere poche gocce di olio essenziale di Rosmarino (>>>qui) o di Tea Tree. Sono odori, colori e sapori non immediatamente compatibili con quelli ai quali siamo abituati. Va da sé che più fine sarà la salvia meglio sarà, il colore non sarà bianco e lo spazzolino va sciacquato bene, ma garantisco che poche cose lasciano una bocca così pulita a lungo. Per il riconoscimento della pianta credo non ci siano difficoltà per via dell'odore penetrante, che ricorda forse un po' l'incenso. Le sue foglie la deputarono a curatrice della bocca, proprio per la forma e la loro particolare rugosità che ricorda la lingua. Il colore assunto a ufficialità con il nome verde salvia. Un arbusto, la Officinalis, che si ricopre di lunghi tralci di fiorellini lilla, tra il bianco e il rosa chiaro nella varietà Sclarea, ma in realtà ne esistono di tantissimi colori. Nei giardini di una volta (il mio) si coltiva la Salvia officinalis, per curare i disturbi femminili si diceva meglio la Salvia sclarea, ancora oggi usata anche per profumare il moscato, nei prati si trova la Salvia pratensis dall'odore e foglie diverse, nei giardini quelle ornamentali. Basti sapere che in giro per il mondo ci sono forse più di 900 varietà di salvia, ma che noi in Italia abbiamo una realtà che si chiama le Essenze di Lea (qui>>>) dove coltivano e vendono, quasi esclusivamente Salvia fino ad averne 400 tipi diversi. Li ho conosciuti personalmente alla bella manifestazione che è "Frutti antichi" al Castello di Paderna (PC) (qui>>>) qualche anno fa e trasudano passione per questa pianta. Appartengo alla categoria che adora la Salvia fritta anche solo per accompagnare un aperitivo. Niente di più facile, meglio la varietà con le foglie grandi, più sottili e con l'aroma meno intenso, tipo quella nella foto che ho trovato nell'orto di un amico... !!!!! Si prepara la solita pastella per fritti (>>>qui) si immergono velocemente le foglie e si buttano pochi secondi nell'olio bollente. Poi ci sarebbero i Saltimbocca alla Romana... ma questa è un'altra storia.... “Chi vuol vivere per sempre deve mangiare salvia a maggio” Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- MI È FIORITA L'INSALATA!
Preferirei piuttosto avere rose sul mio tavolo che diamanti attorno al collo. (Emma Goldman) La voglia di Primavera mi assale, e comincio mettendola nel piatto... La moda dei fiori eduli sta spopolando in questi ultimi anni, ma in verità si sono sempre usati quando bastava scendere nel campo, non concimato chimicamente, e raccoglierli. Più difficile in città, dai vasi di fiori sul terrazzo, comperati al garden e colmi di schifezze. Ora però, si trovano corolle confezionati fresche al supermercato, e diverse aziende anche italiane si sono attrezzate per la produzione, di fiori coltivati appositamente per l'uso. Intanto c'è da dire che qualche fiore lo si mangia senza ricordarsene... i fiori di zucca e zucchina, ma anche il carciofo è un fiore e cavolfiori e broccoli o cime di rapa e pure lo Zafferano è un fiore. E in casa mia non c'è stato davvero bisogno di aspettare la moda per trovarsi nel piatto un risotto primavera con zafferano e piselli guarnito di viole e primule. O di condire l'insalata con boccioli di tarassaco, margheritine, trovare nelle frittelle fiori di borragine e petali di rosa e finire con le violette candite col caffè. Superfluo dire che i fiori usati devono essere raccolti in posti puliti, non trattati, le piante comperate nei vivai, se pure poi portate a casa, hanno una quantità di integratori che durano mesi, quindi o si parte dal seme e dalla terra, o si raccoglie nei prati in aperta campagna lontano da strade e altri agenti inquinanti. Se non per fare sciroppi di Rose, Viole, Sambuco, Tarassaco dei quali ho già avuto modo di parlare, non sono solita cuocere i fiori, preferisco usarli per insaporire e come decorazione . Raccolti poco prima di usarli, non sono di facile conservazione, tendono ad appassire in fretta, si può provare in una carta inumidita qualche ora in frigo. La prima, ogni anno è l'insalata di Tarassaco, le foglie tenere, con i boccioli appena spuntati che tagliati fini riempiono il piatto di pagliuzze dorate, con qualche viola, poche margheritine, primule, calendula, e più avanti nasturzi. Alcune di queste, la Calendula e il Nasturzio hanno un sapore e un odore deciso che può non piacere. Più avanti l'insalata di tarassaco sarà ingentilita con petali di rosa tagliati fine per accompagnare una frittatina alle erbe aromatiche Adesso è il momento delle violette che davvero stanno bene ovunque, insieme alle primule sono la decorazione perfetta di un risotto da servire a Pasqua. In una base di cipolla tritata, faccio insaporire degli asparagi di campo, o dei pisellini, aggiungo il riso, il brodo e lo zafferano e finisco la cottura. I fiori decorano il piatto pronto all'ultimo minuto e si mangiano. La quantità è a piacere e gusto personale, così come il riso può essere anche misto ai cereali. I fiori prima di essere usati andrebbero lavati velocemente in acqua fredda e tamponati leggermente con carta da cucina. Raccolti possibilmente la mattina e guardati accuratamente uno ad uno. Ugualmente nella classica pastella per frittelle si possono mettere fiori di boraggine, non spesso e solo qualcuno per via di certe qualità della boraggine, ma una volta all'anno si può fare. Anche i petali di rosa, di glicine e di acacia vanno bene in frittella, ricordarsi però di togliere i peduncoli e tutte le parti verdi dell'acacia e del glicine che non sono poi così commestibili come tanti credono. Ho già scritto della pastella che faccio da anni qui>>, ma ripeto velocemente gli ingredienti: farina autolievitante, acqua frizzante, bianco d'uovo montato, a occhio come diceva mia nonna: - A éuggio se fa sôlo i frisceu - - Aglio roseo, selvatico - Tutti fiori di Allium, aglio selvatico e non, cipolla,erba cipollina sono commestibili e anche bellissimi e durano a lungo, hanno sapore delicato e sono molto decorativi. Una pasta inventata lì per lì e che ha riscosso molto successo: fusilli con zucca a dadini spadellata in olio con fiori di timo e -aglio cirroso, selvatico- di erba cipollina, lasciati in padella giusto il tempo di cuocere la pasta. E allora ho capito che basta inventare con quello che si ha a disposizione al momento anche per una merenda di primavera, una fetta di pane ai cereali, formaggio spalmabile mescolato a poco timo tritato, una fettina di pomodoro e una di mozzarella e poi violette, primule, margheritine, petali di garofano, senza dimenticare i fiori di rosmarino... Altri post dove si parla di fiori: Acqua di San Giovanni qui>>> Le violette tu le mangi? qui>>> M'ama non m'ama la pratolina ci ama qui>>> Rosa di nome e di fatto qui>>> Sambuco qui>> Risotto alla rosa e ortica qui>>> Tarassaco qui>>> Calendula Fiorrancio qui>>> Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- IL ROSMARINO PRINCIPE DEGLI AROMI
E sempre verde il rosmarino olezza... "Il Rosmarino deve guardare il mare per profumare meglio" Diceva mia nonna mettendo e togliendo il suo vaso di Rosmarino dal davanzale verso il mare, perché il vento non glielo facesse cadere. Ed è l'ultima cosa che abbiamo fatto, l'ultimo pomeriggio che abbiamo passato assieme...- Mettimi dentro il Rosmarino, che c'è vento - La notte se l'è portata via in silenzio. Il suo Rosmarino no, sono passati trentatré anni ed è ancora lì nel mio giardino, spelacchiato, il tronco grosso come il braccio di un uomo, e guarda il mare. E pare sia così, dal significato del suo nome Ros - rugiada e Marino - del mare, pare proprio che questa pianta riesca a raccogliere i vapori salini del mare che intensificano il suo particolare profumo. Delle sue proprietà staremmo a parlarne per giorni se avessimo voglia, basti sapere che insieme alla Salvia è l'unica erba che ha meritato un libro tutto suo nella biblioteca di mia madre. Purtroppo però le sue doti le abbiamo, chissà perché, dimenticate, salvo quelle che servono a insaporire patate e carne. Per me invece resta inconcepibile non averne una pianta, spesso accanto alla porta di ingresso, come si usava una volta, pianta magica che allontana il male, perché si possa avere sottomano, fresco, sempre. A dir del rosmarino le virtù ci vorrebbe una vita e anche di più. Di recente alcune sue doti sono state non solo rivalutate, ma comprovate scientificamente e la più importante, udite udite, è l'effetto a livello cerebrale sulla memoria. Per il resto risulta essere antiossidante, antibatterico, astringente, antisettico, tonico, digestivo, analgesico per dolori reumatici, mal di testa e mal di denti, energizzante, persino nei confronti dei follicoli piliferi dei capelli, favorendone la ricrescita e rallentandone la caduta, e poi afrodisiaco... Per questo non potrò dire tutto, ma se vi capita voi un po' di Rosmarino mettetecelo, ovunque. Dato che mi piace mescolare verità e leggenda racconto di come, a proposito di capelli, si costruissero pettini di legno di Rosmarino per scongiurare la calvizie, ma certamente la più interessante è quella che riguarda l'Acqua della regina Isabella d'Ungheria, moglie di tal Carlo I, che non sono riuscita a collocare temporalmente. Certo invece il ritrovamento di un documento dove la stessa regina scrive la ricetta di tale Acqua miracolosa, donatale da un eremita quando lei a causa di gotta e altre infermità all'età di 72 anni non camminava più. Usando detto rimedio per un anno non solo tornò a camminare, ma usandola anche per il viso ridiventò talmente bella che il re di Polonia la chiese in moglie. Ora che sono invecchiata, single, piena di acciacchi e possiedo finalmente un alambicco non mi resta che provare, adesso che il Rosmarino comincia a fiorire. Leggenda o verità da allora l'Acqua d'Ungheria è stata sempre usata passando da panacea per tutti i mali a semplice tonico per il viso. Se per caso voleste provare a farla vi passo qui la ricetta originale, presa dal famoso libro: Restò quantunque famosa questa acqua, tanto poi da interessare alchimisti e farmacisti dell'epoca che iniziarono ad aggiungere e levare erbe e alcol e olii, e a fabbricare anche creme. Anche Luigi XIV guarì miracolosamente da una reumatismo ad una spalla e ad un braccio grazie a quest'acqua e si dice che pure Napoleone usasse un'acqua di colonia di Rosmarino che considerava un eccellente stimolante della concentrazione mentale. Oggi spesso per questi scopo viene usato l'olio essenziale, con il controllo di un esperto proprio per le sue proprietà. Un'altra ricetta che vede il Rosmarino protagonista è l'Aceto dei quattro ladri, rimedio anche questo rimasto nella leggenda e che a seconda del periodo e del posto dove viene usato cambia ingredienti. La prima volta che se ne sente parlare è intorno al 1630 a Tolosa dove la peste fece 50000 vittime e dove nei registri della città compaiono i quattro ladri che presi a rubare nelle case degli appestati gli fu promessa, non mantenuta, la grazia, dietro la ricetta del miracoloso rimedio. Una formula diversa da quella di Tolosa si trova nel museo di Marsiglia ma in entrambe gode un buon posto il Rosmarino. Inizialmente si trattava di piante lasciate macerare nell'aceto per dieci giorni, poi si arrivò all'uso di oli essenziali sciolti in alcol e in acido acetico. Ne riporto una formula casalinga di tradizione contadina, facile da fare, ma con le erbe della ricetta originale: E se non serve per allontanare i germi chissà che non sia buono in insalata ... un po' come quello che faccio a Natale (DI SALI PROFUMATI E ACETI AROMATIZZATI >>>qui) Un mazzetto di aghi gettato in acqua bollente e messo in un catino, con un asciugamano sopra la testa, per un "fumento", i suffumigi di una volta, in caso di raffreddore. Una, due gocce di olio essenziale sullo spazzolino da denti o una tisana agli aghi di rosmarino da usare tiepida come collutorio per l'igiene orale. Insieme all'Ortica (>>qui) per rinforzare i capelli. Un rametto a bollire insieme a qualche chiodo di garofano per deodorare casa. Un rametto o gli aghi mescolati a sale grosso nell'acqua del bagno, ma non prima di dormire per l'effetto stimolante. Tristo quel male che il rosmarino non sana. Come con tutti i fiori è possibile fare anche un'ottima gelatina che oltre a rinfrancar lo spirito, come dice tal Donzelli nel suo Teatro farmaceutico, "conforta il cerebro humido, giova al cuore e corrobora le membra nervose". Come la faccio è al solito modo: passando le mele nell'estrattore, unendo al peso della passata di mele circa 400 gr di zucchero ogni mezzo chilo di passata, messa al fuoco ad addensare e solo verso la fine aggiungo una bella manciata di fiori di Rosmarino pulitissimi, guardati uno ad uno ma non lavati. Faccio cuocere pochissimo i fiori perdano il meno possibile colore e fragranza. È ottima con i formaggi. Per gli altri usi culinari di questa pianta, sempre meglio fresco, non mi dilungo a dire che va ovunque vogliate metterlo, ma è molto carino usare i rametti, tolte le foglioline lasciando solo il ciuffo, come spiedino, per dei sfiziosi aperitivi. Nella foto sotto uno spiedino con ovetto di quaglia, pomodorino confit, quadretto di formaggio a scelta, tarallo per chiudere. A fianco se interessa piadina con farina d'ortica con salume a scelta, tris di ripieni liguri, pane e humus di ceci decorato con fiore di aglio selvatico Così come il rametto serve per ungere la carne del barbecue. Per il resto gli aghi di questa pianta, si usa metterli sulla Focaccia di pane, ma anche sul Castagnaccio, così come sulle patate arrosto o dentro la pancia di un pollo arrosto con un po' di lardo tritato, o nel pesce, o nella pasta e fagioli o nella zuppa di ceci o altre zuppe. E in ultimo decorazioni di Rosmarino, tralci per decorare la tavola, anelli come portatovaglioli, corone profumate, sui piatti, nei piatti, come segnaposto... Ecco del rosmarino; è per memoria. Non ti scordare, amore; e qui le viole, per i tuoi pensieri. William Shakespeare, Amleto, 1602 Condivi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- LE MIE ERBETTE SOSPETTE, del perché non raccolgo alcune piante e come non confonderle
Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non fit Tutto è veleno, e nulla esiste senza veleno. Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto Paracelso Spesso durante gli incontri dell' Associazione (qui>>>) mi viene chiesto della possibilità di confondere le piante commestibili con con piante pericolose per una eventuale tossicità e così questo post è dedicato, come sempre, agli insegnamenti che mi sono stati tramandati. Desidero anticipare che in casa c'è sempre stata una particolare attenzione nell'evitare qualunque cosa potesse anche minimamente nuocere, non siamo mai state persone portate al rischio, almeno per quello che riguarda l'alimentazione. Così parlerò di piante comunemente raccolte e usate da molte persone e del mio personale pensiero al proposito e di come, con qualche informazione, ho capito da cosa derivava la diffidenza nel raccoglierle in famiglia. La mia opinione in proposito è che una volta, e io ho l'età per ricordarmelo, le campagne erano pulitissime, tutto era tagliato e qualunque filo d'erba veniva usato per l'alimentazione umana e animale. Le infestanti erano mantenute, manualmente, sotto controllo dai contadini, specie in una regione come la mia, la Liguria, dove ogni granello di terra era utile. Va da sé che in condizioni particolari, di povertà, di carestia, di tempi di guerra, di difficoltà di reperimento del cibo, tutto veniva raccolto. Una condizione che fortunatamente non è più presente oggi e che ci permette di scegliere con più attenzione cosa raccogliere e cosa no. È anche il caso di ricordare che con la cottura, parte delle sostanze che potrebbero essere dannose, finiscono nell'acqua ed è da qui che trae il nome di Prebuggiun (qui>>>) il nostro misto ligure, da pre - bogîo, cioè prima bollito, proprio perché se qualche erba veniva confusa e raccolta, nell'acqua andava persa molta della pericolosità. Così come non siamo più noi come i nostri progenitori, che se non sopravvivevano a malattie che oggi vengono debellate con facilità, non avevano però gli organi sovraffaticati dalla digestione di medicinali da noi assunti quasi quotidianamente, sconosciuti fino al secolo scorso. E mi fa piacere qui ricordare che le erbe commestibili se pur selvatiche, godono della coltivazioni del terreno e che proprio l'abbandono delle campagne ne sta favorendo la scomparsa, lasciando campo a specie più robuste e che sopravvivono in condizioni di siccità o gelo o con una rapida propagazione che soffoca i terreni. Inizio dalla più comune, innocua e banale, la Hyoseris radiata: È questa un'erba molto comune, almeno nel territorio che frequento in Liguria, e da molti usata perché commestibilissima. Ora commestibile però non vuole dire anche appetibile, cioè con un gusto gradevole, il suo nome deriva dal greco e significa "cicoria da porci" per l'odore e il gusto e di fatto è un'erba foraggera, quindi non ho altro da dire se non che non mi piace e che negli anni le anziane raccoglitrici che ho frequentato, la prima cosa che mi dicevano, come test, per vedere se me ne intendevo: - Into prebuggiun Tagianette ninte, però!- In un buon "Prebuggiun"(qui>>>) Tagiainette niente. Tagiainette è il nome con il quale è conosciuta quest'erba nella mia zona, forse perché riconoscibile dalla foglia stretta molto incisa, di un bel verde brillante, chiamata anche Denti de conìggio, Trinette o Lucertolina. Facilmente confusa con il Tarassaco (qui>>), il fiore giallo simile, ma non uguale, non succede niente se sbagliando se ne aggiunge al misto, se poi il gusto piace ognuno è libero di mescolare come crede. Come si nota benissimo la differenza fra Hyoseris e Tarassaco è ben visibile, la foglia sotto di Tarassaco ha i caratteristici denti di leone che ne danno il nome volgare. Un'altra erba molto usata è il Favagello, Ranunculus ficaria ora Ficaria verna. Il nome scientifico usato fino a poco tempo fa ne denunciava l'evidente somiglianza e appartenenza alla famiglia dei Ranuncoli, tutti tossici, a volte anche per contatto. I nostri vecchi sapevano che la pianta diventava più tossica con la presenza del fiore e quindi veniva raccolta prima della fioritura. Ce lo ricordiamo ancora oggi? Non so... ad ogni modo in casa mia non si è mai usata, ne prima ne dopo, e la sua tossicità è confermata scientificamente. L'unica pianta con la quale potrebbe essere confuso è la viola mammola per una certa somiglianza nella forma della foglia, che ne differisce però per colore, consistenza e sopratutto per un sottile segno scuro che la attraversa. Nella foto qui sotto si vedono le prime tre foglie di Favagello, l'ultima a destra è di Viola Le piante del genere Rumex. Sono presenti e usate diverse varietà di Romice, una, la più facile la Rumex acetosa, chiamata Pane e Vino per il sapore acidulo delle foglie, veniva masticata cruda dai ragazzi, a pastore con pecore e mucche, quasi per gioco, quando i divertimenti erano davvero da inventare. Quando la piantina è giovane è facilmente confusa con l'Aspraggine (qui>>>) ma i tratti inconfondibili di quest'ultima (peli e pustoline che le Rumex non hanno) non lasciano dubbi, o con una possibile bietola selvatica, basta assaggiarne un pochino per accorgersi della differenza, la bietola è dolce quanto è agra l'altra. pianta di Bietola e di Romice a confronto Sono tante le piante del genere Rumex, molto comuni, usatissime dai tempi antichi, romani, greci, egiziani, le mangiavano comunemente e non è il caso di illustrarle tutte qui, con un po' di pratica si riconoscono, spesso hanno foglie lanceolate, crespe, e i lunghi steli florali senza foglie che non sembrano fiori. Il problema qual'è? Almeno per me L'alta presenza di ossalati possono causare problemi a stomaco e reni, e in dose eccessiva è pericolosa anche per gli animali che la brucano. Inoltre non è compatibile con alcuni tipi di metalli e va cotta solo in recipienti di acciaio inossidabile o vetro ed ha problemi anche con la bollitura in certe acque minerali ... Un'anziana signora in Val d'Aosta mi raccomandò di farla bollire tre volte buttando via l'acqua prima di mangiarla. Sono informazioni utili nel caso dovessi trovarmi in un periodo di carestia tale da costringermi a farne uso... Di molte erbe comuni abbiamo imparato a gestire l'eventuale tossicità per il particolare gusto e aroma insostituibile. Infatti se non mangeremmo un'insalata di solo prezzemolo o non ci prepariamo un tè di prezzemolo un motivo ci sarà. Il prezzemolo è sicuramente pericoloso in grandi quantità, è della stessa famiglia della Cicuta, e di altre ugualmente tossiche. Resta ferrea la regola di non raccogliere nulla, ma proprio nulla che assomigli al prezzemolo nelle nostre escursioni nei prati, perché anche se dovessimo imbatterci in piantine di cerfoglio dei prati o anche di carota selvatica meglio non rischiare. Conium maculatum Questa foto l'ho scattata in Francia in un giardino erbario, a luglio, e per questo motivo il colore è giallino ma è evidente la somiglianza con il prezzemolo. Se anche è vero che il gambo della Cicuta è macchiato e la puzza terribile, ricordo che cerchiamo le piante in primavera quando spuntano e che non esiste un solo tipo di Cicuta. Non si deve nemmeno cadere nell'errore di credere che non sia così comune come invece è in tutta Italia fino a 1400mt Al sopraggiungere della primavera alcune persone vanno in caccia di punte di Vitalba per fare frittate e altro. È la Clematis vitalba una vera e propria liana, infestante, responsabile del progressivo soffocamento dei nostri boschi e prati, dove l'abbandono dell'uomo è più evidente -Vit come rampicante e -Alba come il bianco dei suoi fiori e sono proprio i suoi fiori, che osservati attentamente ne denunciano l'appartenenza alla famiglia delle Ranuncolacee e quindi la conseguente tossicità. Basterebbe ricordare che era chiamata l'erba dei pezzenti, dai mendicanti usata per provocare ulcere sulla pelle allo scopo di impietosire. Pare che i germogli primaverili fino ad una misura di pochi centimetri abbiano poca tossicità e che sia opportuno comunque far bollire prima di passare ad un eventuale altra preparazione. Ecco, appena mi verrà voglia di andar per erbe con il metro, sarò pronta a raccogliere le cime di Vitalba... In ogni caso difficile da confondere con un' erba da Prebuggiun. Con la Lattuga velenosa, la Lactuca virosa invece ci si può confondere. A primavera le rosette basali appena nate, potrebbero essere scambiate addirittura per le preziose Talegue (qui>>>), la Reichardia picroides, è successo per un attimo anche a me. Un po' per il colore chiaro sul verde salvia, un po' per il terreno dove cresce, per fortuna basta un attimo per ravvedersi. La foglia più sottile e somigliante ad un'insalata e soprattutto l'odore che è veramente sgradevole, il lattice che fuoriesce, sono i principali deterrenti a raccoglierla. Il sapore resta disgustoso. Quando le foglie crescono spesso presentano macchie scure inconfondibili. Un'altra evidente differenza con altre piante è la serie di piccoli aculei lungo la costa centrale nel retro della foglia. Un'altra lattuga selvatica, la Lactuca serriola è ritenuta commestibile da alcuni. Per quanto mi riguarda non mi lancio in riconoscimenti azzardati visto la somiglianza fra le due. Virosa, comunque sta per velenosa e per dire, di entrambe era noto il nome di oppio dei poveri, in quanto il lattice amaro veniva usato come analgesico e anestetico. Le stesse sostanze, ma in concentrazioni minori, sono presenti nella lattuga coltivata che mangiamo come insalata, e i nostri vecchi sapevano come una bella insalata di lattuga alla sera rilassa e favorisce il sonno, salvo per chi ha difficoltà a digerirla, ed essendo ricca di cellulosa ad alcune persone provoca gonfiore. Termino il post con il giochino dell'anno, il cartellone che porto sempre in giro, quando mi accingo a parlare di piante sospette, per dimostrare come: da una fotografia non è possibile l'identificazione dalla fotografia di una parte sola della pianta è impossibile l'identificazione come sbaglia il 90% delle persone che ci prova come è meglio non raccogliere niente che assomigli al prezzemolo come servono tutti i sensi per imparare a riconoscere una pianta: vista, tatto odorato, gusto, e l'udito per ascoltare chi ve le spiega Le piante sono state raccolte da me nello stesso momento e in un prato di pochi metri quadrati c'erano tutte. È solo un gioco, ma nella foto il prezzemolo è solo uno, non importa sapere cosa sono le altre, non sono prezzemolo e questo è quanto serve, ma per sapere qual'è il prezzemolo dovete scrivermi e ve lo dico...😇😂 QUAL' È IL PREZZEMOLO? Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- GIOVEDÌ GNOCCHI
Giovedì gnocchi, Venerdì pesce, Sabato trippa... Perché mai si dirà così... ehh... ehh... c'è sempre una spiegazione a tutto. . Una volta giovedì gnocchi perché venerdì digiuno, e quindi per affrontare una intera giornata di fatica con poco cibo, era necessario premunirsi con qualcosa di calorico e di riempiente. Venerdì magari pesce, ma a volte nelle case dei contadini voleva dire solo un'arringa affumicata e sabato trippa per rifarsi. Proverbi e piatti di estrazione povera, perché in casa di chi poteva il digiuno aveva altre ricette... Infatti gli Gnocchi, qualsivoglia siano fatti, sono economici, qualche patata, un po' di farina, come sempre il valore lo dà il lavoro manuale. La questione patate per gnocchi. È vero ci sono patate più adatte di altre per confezionare degli gnocchi belli e che reggano la cottura ma di tante varietà provate una cosa ho imparato a mie spese tanti anni fa: mai farli con le patate novelle e mai in una giornata uggiosa. Per il resto cottura ad acqua fredda, come già lo dissi: << sotto terra acqua fredda sopra terra acqua calda>>, regola antica, con la buccia, coperte di acqua fredda leggermente salata, possibilmente uno strato solo, sobbollire fino a cottura. Sbucciare e passare fino a che sono calde, importantissimo. Non sbuccio io, perché uso lo schiacciapatate, che ha la sua funzione proprio nel lasciare la buccia, anche se so che tanti non lo usano così, come spesso vedo usare lo spremi aglio che nasce proprio per schiacciare ogni singolo spicchio senza sbucciarlo. L'importante è mettere una patata alla volta, nel disco che pressa resterà attaccata la buccia. Allargate perché raffreddino, l'ideale è il piano di marmo o al massimo di acciaio che raffreddi velocemente le patate, a patate intiepidite, unire senza impastare troppo la farina bianca. La proporzione consigliata è 1 kg. d patate 300gr. di farina e qui è quando vi dico che io non metto l'uovo, perché se le patate sono abbastanza ricche di amido non serve, ma un uovo si può mettere, meglio solo il tuorlo. Comunque meno farina possibile per non alterare il gusto. Impastato che ho, senza rimaneggiare troppo, da un pezzo di pasta, tiro col metodo della coda di topo, da una pallina comincio con una mano a formare il cilindro che poi finisco con due mani, infarinate mi raccomando. Il sistema di formare, con una mano, quella che si può definire una "coda di topo" da un mucchietto, aiuta a definire un cilindro di forma più regolare. Nella foto, si vede la differenza: Dal cilindro regolare, taglio dei tocchetti che possono essere passati: su di una forchetta sul dietro di una grattugia sull'apposito riga gnocchi questo processo è indispensabile per creare negli gnocchi la cavità atta a raccogliere il condimento. È possibile unire all' impasto spezie, pepe, erbe per aromatizzarli, ma i classici sono di sole patate Sollevati con l'aiuto di un tarocco da cucina (una volta con una cartolina), gettati in acqua bollente abbondante salata, quel tanto che tornano a galla e tolti con l'aiuto della schiumarola, in pentola leggera, su fuoco che riporti l'acqua a bollore velocemente, piuttosto cotti pochi alla volta che una grande quantità tutta insieme. Potrebbe succedervi come successe tanti tanti anni fa a me, che calcolando male tempo di lavorazione e tempi di cottura mi ritrovai a servire una indefinibile massa granulosa che rimase immemore ai numerosi invitati di quella umida e calda sera di fine d'agosto. Nonostante questo siamo ancora amici. Fu l'occasione per imparare tutto in una volta le regole auree: mai patate novelle mai in una giornata uggiosa mai tanti tutti assieme mai su di un fuoco e in una pentola inadeguati.... Conditi con quello che si vuole, inutile dire, per noi in Liguria la morte sua è il pesto (qui>>>), ma anche con una buona salsa di pomodoro o perché no ragù. Andrebbero fatti e cotti, massimo una due ore dopo averli fatti. Se proprio non è possibile, conviene gettarli in acqua bollente un attimo, tirarli su immediatamente, raffreddarli allargati su di una teglia, conditi con poco olio evo e al momento di mangiarli, gettati in acqua bollente. Così sbianchiti e freddati possono essere congelati, o conservati nel frigo chiusi in un contenitore fino al giorno dopo. La successiva cottura deve essere particolarmente sorvegliata. Domani è San Valentino e se volete fare un must del momento cercate le patate viola, sono decorative, danno i gnocchi di un bel viola delicato, buoni anche con olio o burro e formaggio, ma senza particolari gusti se non di patate Non ditelo a nessuno ma si possono fare anche con solo zucca e farina, ma non posso raccontare tutto oggi...😂😂😂 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- DI STRUTTO E DI CICCIOLI
Come più volte ho ribadito, questo mio blog si occupa principalmente di usi e costumi della vita di campagna di una volta, che per fortuna a me è concesso continuare a praticare, finché ce la farò... cerco inoltre di dimostrare come sia possibile alcune cose continuare a farle, anche se non si abita più in campagna, solo per il gusto di farsele. Chi segue sa che gran parte della mia dieta è vegetariana, ho fatto un' Associazione Culturale sulle erbe che mangio (>>>qui), ma non demonizzo e rinnego cose che faccio e che ho visto fare per anni. E in questo periodo di giorni freddi e nebbiosi, di preparazione alle feste, se non questo, si faceva in ogni casa contadina che si rispetti? Parlo ovviamente dell'uccisione del maiale, e di quello che ne consegue. Ora come ora con il mio tipo di vita e la famiglia ridotta a pochissimi elementi (io e la gatta ) non saprei davvero cosa farne di tutto quello che si ricava da un maiale intero, e soprattutto non sopporterei più di conoscere personalmente un maiale, farci amicizia e poi.... ma faccio quelle due o tre cose che uso ogni tanto. Intorno a quella che era una vera festa con la partecipazione di amici e vicini ci sono una miriade di ricette, oggi mi limiterò a parlare dello Strutto e dei Ciccioli o Grascelli come li chiamiamo qui. Si possono fare tranquillamente in casa senza tanto dispendio di energie e costo. Serve il grasso di maiale che è possibile reperire presso un buon macellaio, ne basta anche un chilo o due per provare. Una volta era riservato a questo scopo il grasso meno pregiato, quello che non si poteva trasformare in lardo, più facilmente prelevato nella schiena dell'animale, ancora meno pregiato è quello surrenale il cui nome è sugna, che veniva tenuto così dai contadini per usi meno alimentari tipo ingrassare gli scarponi o gli ingranaggi del trattore o ungere una scottatura o addirittura i piedi, fasciati poi nella lana di pecora non lavata, in caso di costipazioni per far sciogliere il catarro. Non inorridite, si faceva quel che si poteva con quel che si aveva... d'altronde gli antibiotici son solo poco più di 50 anni che li abbiamo tutti a disposizione... Dunque, ottenuto il grasso, fresco, meglio con qualche striscia di carne per avere più ciccioli, non resta che tagliarlo a strisce e macinarlo con un comune tritacarne. Se non si possiede un tritacarne, il grasso va tagliato a cubetti, più piccolo è prima si scioglie. Messo in una pentola, quelle belle di adesso con il fondo pesante, si mette su un fuoco dolce e, se è tritato, in pochi minuti si scioglie, se è a pezzi ci vorrà un po' di più. L'unica accortezza è quella di non farlo friggere, cuocere troppo violentemente, ma solo sciogliere dolcemente, senza coperchio per non formare acqua inutilmente. Si vedranno quasi immediatamente affiorare i pezzettini di carne rimasti tra il grasso che formeranno i ciccioli, dopo un ragionevole lasso di tempo, che varia dalla quantità di grasso iniziale, ma mettete in conto almeno due ore, il grasso sciolto sarà chiarissimo e limpido e i grascelli andati a fondo diventati di un colore dorato. Lo strutto è pronto. Non resta che sistemarlo caldo, filtrandolo con un colino fine, in arbanelle di vetro pulitissime, chiuse come fosse marmellata e messe a testa in giù. Si risolidifica raffreddando, forma una crema morbida e bianca che sarà facile usare nelle ricette che lo prevedono, sia salati che dolci, e che durerà ben conservato anche più di due anni, salvo quando se ne apre un barattolo, a quel punto è meglio tenerlo in frigo. Anche i ciccioli ottenuti vanno spremuti (è sufficiente uno schiacciapatate) per recuperare strutto e per renderli croccanti, si sistemano in un vassoio di cartone si salano leggermente e si conservano così nel loro stesso grasso, ma in frigorifero o meglio porzionati nel freezer. Superfluo ripetere che è un grasso, ma è anche poco utile demonizzarlo, non ha ne più ne meno proprietà ed effetti di qualsiasi altro grasso animale, tipo il burro, con il quale si gioca pochissime calorie di differenza perché nel burro c'è sempre una certa quantità di acqua, anzi lo strutto è uno dei grassi che ha un punto di fumo più alto e quindi più salutare per le fritture... e le fritture nello strutto sono indimenticabili per gusto... Se l'uso dello strutto ormai è limitato anche in casa mia, trovo necessari e indispensabili i grascelli per fare alcune bontà con la farina di mais tipo le chizzoe o fugassin de mega, che vi racconto un'altra volta perché ora è tardi. Nella preparazione dello strutto e dei grascelli non si adoperano contenitori in plastica, impossibile togliere l'unto, mentre per pentole in acciaio e altro, un bel bagno in acqua caldissima dopo funziona bene. Dimenticavo... anche le mani... togliere un così ottimo elemento sgrassandosi con un detersivo che deriva dal petrolio, per poi darsi una crema per le mani che deriva dal petrolio, lo trovo di una scempiaggine infinita, non mettere i guanti mentre si fa la preparazione dello strutto non può che portare benefici alle vostre mani, alla fine un bel risciacquo con acqua calda e succo di limone e le mani saranno morbidissime... non a caso alla base di molte preparazioni galeniche e a tutte quelle casalinghe di pomate c'era e c'è lo strutto...ma dato che non vi ci vedo a spalmarvi i capelli di grasso sciolto per rinforzarli e farli venire lucidi, come facevano le donne che ho conosciuto io un tempo, inutile vi dia la ricetta.... Ah ... presto farò anche il ghee, o burro chiarificato, che ora va così di moda, ma che qui si è sempre fatto quando si aveva un super produzione di latte e nessun frigo o congelatore... buona serata. “Signora Fripp non sapevo che aveste un maiale così bello. Per Natale avrete del lardo squisito!”. “Dio non voglia! (…) Mi fa compagnia. Non potrei separarmi da lui, neppure se non dovessi mai più assaggiare il grasso del bacon”. «Accidenti, si mangerà tutto, anche i vostri risparmi. Come fate a mantenere un maiale, senza ricavarne nulla?”. “Oh, si trova da solo delle radici, e non mi importa rinunciare a qualcosa per darla a lui. Un po’ di compagnia vale bene del cibo e da bere; mi segue e grugnisce quando gli parlo, proprio come un cristiano”. (George Eliot) Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. 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- PAN MARTIN
Pan di legno e vin di nugoli ... e chi vuol mugolar mugoli! Periodo intenso in campagna questo, fra le altre cose, arrivano le farine nuove: grano, granoturco e castagne, ma una volta quella di grano veniva più volentieri venduta perché più pregiata e al contadino rimanevano le altre da mescolare con un poco di farina di grano integrale. Opportunamente mischiate grano e castagne danno il Pan Martin, il quale da pane povero che era, è diventato oggi una prelibata leccornia da servire con gli antipasti, o almeno così lo uso io. Vi presto la mia ricetta veloce, essendo questo pane presente in tutti i paesi degli Appennini, saranno almeno mille i modi di prepararlo, e anche i nomi con i quali viene chiamato. In questo caso è chiamato Pan Martin per il periodo, importante nel mondo agricolo di una volta, che gira intorno alla festività di San Martino dove appunto arrivavano le prime castagne secche al mulino, si spillava il vino nuovo e i contratti tra proprietari, mezzadri e affittuari se non venivano rinnovati proprio in questi giorni, costringevano questi ultimi ad approfittare dell'estate di San Martino per traslocare e cercare un altro posto dove vivere... ma torniamo al pane Tre farine, di grano integrale, di castagne e manitoba in proporzioni uguali. Si può ovviamente cambiare la proporzione della farina di castagne a secondo di quanto lo si vuole gustoso e si può mettere solo farina bianca, ma a me piace il gusto che da l'integrale, la manitoba la metto sperando che aiuti a lievitare. A 200 gr. di farina integrale, 200gr di farina di castagne e 200gr. di farina manitoba mescolate in una ciotola, aggiungo una bustina di lievito secco e due cucchiaini di zucchero. Uso il lievito secco perché è più pratico e sempre pronto, in questo periodo non riesco a mantenermi il lievito madre, ma in commercio esiste in tutti i supermercati un lievito secco con l'aggiunta di lievito madre, dipende da quanto tempo ho, ma si può usare mezzo cubetto di lievito di birra. Impasto a mano o con la planetaria con mezzo bicchiere di acqua tiepida o fino ad ottenere un impasto morbido. Verso la fine aggiungo una manciata di noci grossolanamente tritate, due cucchiai di olio evo e un bel cucchiaino di sale. Si possono omettere le noci, e si può sostituire l'olio con il burro. In alcuni luoghi aggiungono un dieci per cento di patate bollite e schiacciate. Formo una palla direttamente sulla placca e metto a lievitare nel forno spento con la luce accesa. Occorre avere pazienza, non parte subito e comunque non è un pane che verrà mai molto alveolato o molto alto. Passate all'incirca due ore, se ho usato un comune lievito secco o il lievito di birra fresco, più o meno sarà così, pratico un taglio a croce e inforno a 200° per 40 minuti circa fino che non avrà un bel colore bruno. Ve lo dico: crea dipendenza e la morte sua è con una fettina di lardo e una goccia di miele, o in generale con tutti i salumi, ma anche con ricotta e formaggi o ancora se voglio stupire con la Mia Prescinsêua(qui>>>) fatta al momento sotto gli occhi degli ospiti e ovviamente un bicchiere di vino novello. È diventato per me irrinunciabile negli incontri con gli amici, nei buffet degli antipasti delle cene nelle prossime feste, pratico perché si può preparare anche qualche giorno prima e tostare all'ultimo minuto... provare per credere! Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- ERBA DELLA MADONNA
Quasi a richiesta, mi ritrovo a parlare di questa erba che ancora qualcuno conosce. Ne avevo già fatto cenno in Fiori antichi dei miei giardini spariti (qui>>>) dove nostalgicamente parlavo dei giardini di una volta dove anche i fiori avevano una ragione di essere e un uso non solo decorativo. Mi sono ritrovata a parlarne con una coetanea dei miei figli, che chiedendomene il nome e se la conoscevo, mi ha raccontato come fosse preziosa e intoccabile nel giardino dei suoi genitori e avrebbe voluto sapere se era vero tutto quello che le era stato tramandato, compreso il rispetto nel conservarla accuratamente. In queste zone, ora spariti gli anziani, dimenticate le proprietà, i giardini diventati parcheggi di cemento, resiste vicino ai rustici abbandonati o di chi la conserva gelosamente. Sto parlando del Sedum Telephium, aggiornato scientificamente con il nome completo di Hylotelephium telephium (L.) Holub. Qui, alta Val di Vara, Liguria, semplicemente come Erba da Calli o anche Erba della Madonna, da alcuni Erba di San Giovanni, creando pericolose confusioni con l'Iperico (qui>>>) . Come Erba da Calli l'ho conosciuta io e le sue foglie grasse, opportunamente spellate, moderatamente pestate, vengono messe sui calli per favorirne la rimozione. So pure di qualcuno che faceva cuocere dette foglie in burro o olio per fare una specie di crema. Tutto il mio sapere si sarebbe fermato a questo uso o al massimo a quello di favorire, sempre mettendone una foglia spellata sopra, la fuoriuscita di una spina, o di una scheggia, far maturare un foruncolo o a quello di guarire un giradito, se non mi fossi imbattuta tempo fa in un articolo che parlava dell'esperienza di Sergio Balatri come medico di guardia all'Ospedale di San Giovanni di Dio. Potrei raccontarvela io, ma chi meglio di lui e con le parole sue? e voi, forse, rimarrete senza parole ... Qui troverete, gratis, il pdf con il suo racconto e non mi sento di aggiungere altro http://www.societabotanicaitaliana.it/uploaded/1794.pdf Nel mio giardino c'è, resistente ai geli, svanisce nell'inverno, per rispuntare con le sue rosette di foglie grasse e i suoi fiori rosa abbelliscono l'aiuola quando in piena estate gli altri fiori per il caldo vanno diminuendo. Sparisce con il freddo intenso ma ritorna con la primavera, facilissima da coltivare, in America o giardinieri la chiamano Stonecrop, perché solo le pietre hanno bisogno di meno cure, e ancora più facile da propagare, un po' come tutte le piante grasse, basta un rametto regalato e messo nella terra. Non è raro incontrarla nei sentieri e nei poggi, sfuggita ai giardini, almeno da queste parti, anche se alcuni volumi non la danno presente, posso garantire che c'è. Ne esiste anche una varietà a fiori bianchi, che però io non ho mai visto. Ho letto da qualche parte che è possibile conservare le foglie spellate in congelatore, un po' come si fa con l'Aloe, alla quale tutto sommato un po' la somiglio per l'uso, come se la Natura, a noi che abitiamo dove l'Aloe non cresce, avesse voluto dare qualcosa ugualmente. Buona Pasqua. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- ERBANDO, LUOGO DELL'ANIMA
"Il sogno è l'infinita ombra del vero" - Alexandros, G.Pascoli - NON PER TUTTI, ASTENERSI REALISTI DISINCANTATI Erbando è un luogo immaginario, quello dove vorresti abitare, vivere vagando per prati fioriti a raccogliere erbe e essenze, con sottofondo di cinguettii di uccelli e svolazzar di farfalle ... Un cane e un gatto per compagnia, un cielo sereno e un tepore primaverile, erbe da seccare, tanta marmellata e sciroppo da fare, amici che ti vengono a trovare, una tisana calda da sorseggiare. Se chiudi gli occhi lo vedi, senti il profumo di erbe e fiori ... La porta non c'è, può entrare chiunque e chiunque può venire a raccogliere con me, possiamo insieme chiacchierare di come si fa questo sciroppo o questa marmellata, ma anche di come si seccano per bene le erbe. A Erbando vige la serenità per decreto e non potrebbe essere altrimenti visto dove si trova, nel mondo dei sogni, in via della letizia. Ma "Se puoi sognarlo puoi farlo" così Erbando nelle giornate di Venerdì 7 giugno, Sabato 8 domenica 9 Lunedì 10 Martedì 11 Mercoledì 12 e poi Martedì 18, Mercoledì 19 Giovedì 20 è contento di accompagnarvi nel suo sogno. Chi ha voglia di una passeggiata tra i campi e i fiori, chi vuole fare un'oculata raccolta di quello che serve, chi vuole riconoscere un'erba può raggiungermi e insieme entreremo nella pace e nella serenità della valle. A breve apriranno le corolle achillea, iperico, elicriso, è il momento del biancospino, c'è ancora tanto sambuco, rose, poligala e poi si vedrà cosa c'è, anche le piante del prebuggiun da riconoscere fiorite. È necessario solo un abbigliamento e scarpe adatte, un cestino, la consapevolezza di entrare con discrezione in un sogno, e un pomeriggio libero. Contattami su wsapp al 3486930662 se vuoi sognare con me. Accetterò solo un piccolo contributo per l'Associazione. VENERDÌ 14, SABATO 15, DOMENICA 16 ERBANDO sarà al CARDINI CRITICAL WINE Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- DEL TIMO E DEL SERPILLO
Una pianta dove trovare cibo, per le api, è il timo. (Aristotele) Esistono diverse varietà di Timo, dal fiore bianco a rosa, tutte riconoscibili per il profumo che si differenzia da Origano (qui>>>), Maggiorana (qui>>>) anche se simili. Qui a 800mt, non cresce il Timo, quello che si vede normalmente sulle coste mediterranee, dalle foglie più strette, il colore chiaro, che forma cuscini robusti e profumatissimi in piccole praterie color rosa vicino al mare, o sui pendii aridi della macchia mediterranea, quello mi riservo di raccoglierlo quando scendo al mare. Qui da me cresce il Serpillo, così chiamato per l'aspetto strisciante, le foglie più arrotondate, più scure, ma ugualmente profumatissimo, anzi con odori diversi secondo la zona dove nasce. Cresce a piccoli cespugli semi nascosto nei poggi, fra l'erba, lo si nota più facilmente quando è fiorito, in quanto gli steli si alzano di venti - trenta di cm dalla parte strisciante, per fiorire. In realtà dal punto di vista botanico pare che il vero Thymus serpyllum L. in Italia non ci sia, se non forse in Sicilia, che il nostro sia Thymus pulegioides L., comunemente chiamato Serpillo, ma come al solito io non entro nelle complicate diatribe scientifiche. Andandone in cerca, conviene annusarlo prima, per scegliere quello che piace di più, più somiglia al classico Timo e meglio è, ma potrà avere sentore di origano fino ad arrivare all'odore di limone, tanto come se ne potrà trovare profumato pochissimo. Entrambi sono fra le erbe aromatiche più usate in cucina, spesso con le carni, ma anche con il pesce. Il suo uso non si limita a arrosti, stufati, o ad aromatizzare burri, formaggi e salse varie, le sue proprietà antisettiche e antibatteriche, comprovate oggi scientificamente, ne facevano un prezioso alleato quando non esistevano frigoriferi e di queste proprietà sembra sia più ricco proprio il Serpillo e se bruciato i suoi fumi disinfettano l'ambiente. Per le stesse virtù è utile un rametto nella tisana per i malanni di stagione, un tempo l'infuso di Serpillo era chiamato il Tè della pastora, pare serva anche per risolvere un'ubriacatura oltre a favorire la digestione, ma anche per fare i gargarismi per un mal di gola, prezioso nei suffumigi insieme a Elicriso (qui>>>) o al Rosmarino (qui>>>) o anche da solo. Era ingrediente obbligatorio del famoso Aceto dei quattro ladri (qui>>>) insieme a Salvia (qui>>>) e Rosmarino, trovate la ricetta qui>>> Ma il suo nome deriva dal greco, e significherebbe forza, coraggio, tanto che i soldati lo odoravano e si ungevano con l'olio essenziale prima di andare in battaglia perché infondesse loro l'audacia per il combattimento. Così un mazzetto oltre a disinfettare l'acqua del bagno o quella del pediluvio rinvigorisce e toglie stanchezza. Un tempo intrecciare una coroncina di Timo e metterla in testa serviva ad alleviare il mal di capo. - la mia riserva di Timo in Puglia - (Thymus capitatus -Thymbra capitata) Discorso diverso, come per tante erbe, l'uso dell'olio essenziale talmente ricco di qualità, da non poter essere assunto con leggerezza. In Gran Bretagna è considerato l'erba delle fate e ne è consigliato l'uso nei giardini, nei sentieri essendo un erba calpestabile. Un sentiero di Timo Serpillo o Timo Volgare sarà apprezzatissimo dalle api, la pianta è fra le mellifere per eccellenza. ... le molte ghirlande di viole e rose che a me vicina, sul grembo intrecciasti col timo ... - Saffo, VII- VI secolo a.C. - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>











