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  • MAIAL TONNÈ

    il mio Maial Tonnè Avrei voluto dare il titolo classico di Vitello Tonnato, ma già sentivo gridare: Eresia! Eresia! quando poi leggendo si sarebbe scoperto che da anni uso la carne di maiale per farlo. Se tutti quelli che, compreso i ristoratori, ammettessero di usare frequentemente il ben più economico maiale, forse si sentirebbe più spesso pronunciare Maial Tonnè... Inutile dire che in casa, specie in estate, era tutto magatello bollito e salsa maionese con capperi e tonno, perché così era di moda in quegli anni, ma poi in seguito a ricerche scoprimmo che non era proprio così. Le origini del vitel tonnè pare siano assolutamente piemontesi, dove si dice in giro che: la carne non è bollita non ci va la maionese una volta nemmeno il tonno, solo capperi e acciughe Ho letto qui e là che si confuse tonnè con tannè o parola simile, che significherebbe "conciato, condito" aggiungendo il tonno sott'olio per un' errata interpretazione. Di fatto l'Artusi, senza tante elucubriazioni o francesismi, pubblica il suo Vitello tonnato, facendo bollire la carne e aggiungendo una salsa di capperi, tonno e limone. La maionese non c'è nemmeno qui. - L'Arte di Mangiar Bene - Pellegrino Artusi - 1891 In Piemonte, alla maniera antica si usa invece mettere in forno il pezzo di carne con carote sedano cipolla e aglio e cuocerlo, poi si concia una salsa con un uovo sodo, tonno, capperi, acciughe, frullate assieme e così ho fatto io con il mio pezzo di maiale. Ho legato e strofinato nel sale fino con erbe tritate, timo, rosmarino, alloro, poco pepe, la carne. Ho arrostito in padella ben calda qualche minuto senza olio, girando per sigillare bene i succhi all'interno Ho aggiunto poi le verdure tagliate a julienne e un cucchiaio di olio e ho fatto rosolare, salato e poi sfumato con una goccia di vino bianco e sorpresa!... con la complicità di un'amica, che me l'ha fatta provare, ho messo tutto nella friggitrice ad aria a 200° per 30 minuti con la funzione che spruzza un po' d'acqua durante la cottura. Altrimenti stesso trattamento e poi tutto in forno, con attenzione a bagnarlo ogni tanto con un po' di brodo. C'è chi a cuocere in forno ci mette addirittura anche il tonno. È venuto perfetto, e devo dire che lo sbattimento è stato inferiore che se avessi acceso il forno con questo caldo, soprattutto per un pezzo di carne così piccola. Ho tolto le verdure, le ho messe nel frullatore con due uova sode piccole, una bella manciata di capperi, una confezione di tonno sott'olio, due acciughe dissalate e qualche goccia di limone e ho frullato fino ad avere una salsa gustosa da poter distribuire sulle fette di carne, obbligatoriamente tagliate con l'affettatrice. Non c'è dubbio che il sapore è diverso da quello che si è abituati a mangiare coperto di maionese, a me piace più così, più gustoso, più leggero. I gusti negli anni dovrebbero essere cambiati, dovremmo aver imparato a mangiare diversamente, con più consapevolezza, più che una fettina di carne sottile come un foglio di carta, soffocata in un'economica quantità di maionese che ha visto passare un filetto di tonno e qualche cappero. Che sia così la vera ricetta o che sia quella bollita, questo a me è sembrato un veloce e più gustoso compromesso, l'importante poi come sempre che ognuno faccia a piacer suo. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • C'ERA UNA VOLTA... ♥️

    il B&b C'era una volta di Sara Diana La gente si aggrappa all'abitudine, come ad uno scoglio, quando invece dovrebbe staccarsi e tuffarsi in mare. E vivere. Charles Bukowski C'era una volta e per fortuna c'è ancora... Non potevo dopo la bella esperienza in questo B&b non scrivere di Sara e di come la Val d'Aveto mi ha accolta e come è diventato un altro luogo del cuore. Qualche mese fa Sara mi ha contattato per capire cosa dalle sue parti, siamo quasi a 1000mt, si poteva raccogliere e usare delle erbe del Prebuggiun >>> o comunque di selvatico commestibile. Non conoscevo Sara e non sapevo niente di lei e di cosa avremmo potuto fare assieme, ci siamo sentite e mi ha raccontato un po' della sua storia; un passato recente da infermiera, la passione per la natura e per le montagne della Val d'Aveto che frequenta fin da bambina, il sogno di aprire un b&b che parli delle cose di una volta. Avrei potuto dirle no, nella tradizione avetana non c'è proprio il prebuggiun, o meglio c'è come in tutte le tradizioni contadine di usare quel che si trova, ma certamente non tutte le erbe della riviera, quelle classiche, che presento solitamente io. Invece, per la serie se vuoi cose mai avute devi fare cose mai fatte, decido di scoprire cosa si può fare in questa valle a pochi km dalla mia, proprio perché vicina, dici sempre ci vado domani e passano 50 anni senza metterci piedi se non di passaggio. La val d'Aveto si snoda lungo il torrente Aveto che va a sfociare nel Trebbia in provincia di Piacenza, è quindi a cavallo fra Liguria ed Emilia ed è la montagna della riviera Ligure con i suoi M.Bue, M.Penna, M. Maggiorasca le vette più alte dell'Appennino ligure, il posto dove a volte si può sciare a un'ora dal mare. Una valle a vocazione turistica da sempre, come potrebbe essere diversamente con quei panorami e le molte possibilità che offre di passeggiate fra foreste demaniali, rocce e laghi di origine glaciale ed è a pochi km da casa mia, tanto che la gita sul M.Penna è una delle classiche che si fanno da queste parti. Gli abitanti si sono da sempre dedicati anche alla produzione di carne e formaggi di mucche della razza cabannina, la famosa mucca "che parla genovese", razza rustica, animale con caratteristiche di agilità e frugalità adatte al territorio, che ha resistito all'estinzione per la testardaggine di pochi allevatori che non hanno ceduto ai richiami di razze più produttive. prato di Tarassaco Ci siamo intese subito con Sara, come poteva essere diversamente con una persona così attiva e ricca di idee? In poche ore, scoperto insieme che se di erbe si parlava certamente dal tarassaco si cominciava, visti i prati gialli che mi hanno accolto, mi porta a conoscere a pochi km più in basso, Manuela Casaleggi di qui>>> Terra di Casaleggi Prodotteria dove i prodotti di mucca cabannina sono esaltati dalla lavorazione delle sapienti mani di questi giovani che partendo dal proprio allevamento te li portano poi nel piatto direttamente lì in macelleria. Salumi e una tartare che non ce n'è, e poiché, se non si fa rete fra giovani del territorio non c'è storia, Manuela ci offre anche i formaggi della valle, una zola di capra dell'azienda Sutta ae Rocche , più a valle, due giovani che hanno una sessantina più o meno di capre che vivono felici "sulle rocche" appunto e la prescinsoua di Raffaella Alborghetti dell' az. agricola Mooretti di Rezzoaglio , che con le sue 25 mucche fa la più buona che abbia mai assaggiato A me quella tradizionale non piace molto... ma questa... una bontà e anche altri formaggi più o meno stagionati con il gusto di una volta davvero. In pochi minuti assaggiate tutte queste delizie servite con un pesto di aglio orsino... Aglio orsino? quello che non sono mai riuscita a trovare dalle mie parti? e in due minuti mi trovo in un prato circondata come da tempo speravo di trovarmi Tornate a casa decidiamo che chi di tarassaco ferisce di tarassaco perisce... e facciamo insalata di tarassaco, capperi di tarassaco, miele finto di tarassaco, bevanda ai fiori di tarassaco e chi ne ha... Inutile rimarcare che il B&b resta una location perfetta per i miei eventi e se non si potrà trovare proprio tutte le erbe del prebuggiun c'è molto ma molto altro da parlare e da vedere e da scoprire cosa farne assieme. Intanto facciamo una torta di bietole cruda che nemmeno il tempo di cuocerle abbiamo trovato... e con grande soddisfazione degli ospiti di quel fine settimana che riprovano a farla e contenti di esserci riusciti. le torte di verdura fatte dai partecipanti all'esperienza presso il b&b Non finisce qui, dovevo andare via, quando mi viene in mente di contattare Mattia Pecis, executive chef di Cracco Portofino, perché davvero non potevo lasciare solo per me tutto questo e perché da tempo lui voleva portare i suoi ragazzi a conoscere e raccogliere l'aglio orsino e i boccioli di tarassaco e dove se non qui? Mattia si approccia al suo lavoro sempre con la conoscenza pratica e fare uno stage da lui significa anche toccare con mano come e dove si fa. La mia vacanza si prolunga con la giornata trascorsa con loro e a me fanno davvero bene queste immersioni così ricche di esperienze e di gioventù intorno. Ritornerò più spesso in valle, un po' come quando attraversi la strada per andare a bere il caffè dalla vicina, perché di idee Sara e io ne abbiamo a bizzeffe e chi ci ferma... e nel frattempo ho trovato altre erbe che cercavo e per natura propria vivono bene solo qui. In progetto qualcosa con l'aglio orsino, un incontro per riconoscerlo sicuramente, e chissà poi... cosa ci verrà in mente a due come noi, con tutto quello che c'è da fare e da vedere in Val d'Aveto. Qualche foto del b&b le colazioni al B&b con i prodotti della valle, oltre a quelli descritti sopra c'è da sbizzarrirsi fra le varie aziende produttrici di formaggi, miele e altro. La stessa Sara ha le api e produce un miele proprio. Per prenotare da Sara: B&B C'ERA UNA VOLTA VILLAGGIO AL PINO SANTO STEFANO D'AVETO SARA 348 618 9707 Qui sotto alcune immagini dei dintorni, ma sono talmente tante che non riesco davvero a metterle tutte Il Castello Malasapina-Fieschi nel centro di Santo Stefano d'Aveto Gli impianti fino a Prato della Cipolla mt.1600 - fino al Monte Bue 1780 Vicinissime al B&B le Sequoie di Allegrezze inserite negli alberi monumentali d'Italia, un'emozione vederle e abbracciarle: La foresta demaniale del Monte Penna e le escursioni su tutti i monti attorno, chi non è andato almeno una volta alla Madonnina? foto di A.Andreatta - cima del Monte Penna, 1735mt. - Madonna di San Marco protettrice delle Valli Taro e Ceno - statua in bronzo di 8 quintali - https://www.esvaso.it/1306/la-madonna-sul-penna-una-bella-storia/ foto di A.Andreatta - foresta del Monte Penna - la pietra Borghese, ai margini di Pratomollo, affioramento di peridotiti lherzolitiche, fortemente magnetica I laghi da quelli artificiali della diga di Giacopiane a quelli glaciali lago delle Lame, lago degli Abeti ecc. foto di A.Andreatta - lago di Giacopiane foto di A.Andreatta - lago delle Asperelle foto di A.Andreatta - Lago delle Lame per un refrigerio estivo sulle sponde dell'Aveto più in basso, prima di entrare in Val d'Aveto, l'Abbazia di Borzone, VIIsec. https://www.cittametropolitana.genova.it/sites/default/files/newscomunicazione/Borzone-1.jpg nei pressi dell'Abbazia il misterioso volto megalitico -foto di Davide Papalini - Opera propria, CC BY-SA 3.0, Si travalica attraverso il passo del Tomarlo, strada ambita dai centauri, per arrivare in meno di un'ora a Bedonia, Compiano e Borgotaro, ecc. , foto di Antonio Andreatta L'Aveto si getta nel Trebbia e seguendone il percorso si arriva alla Val Trebbia verso l'interessante borgo di Bobbio, con il suo ponte gobbo detto del diavolo Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • LE AMARENE, LO SCIROPPO, LE AMARENE SCIROPPATE E LA CONFETTURA

    Già in un altro post ho scritto degli sciroppi >>>DI SCIROPPI E ZUCCHERI... ma lo sciroppo di amarena merita un post a parte. Qui, nel mio solito paesino, gli alberi di amarene erano una volta di contorno ai campi coltivati, insieme a quelli di prugne. Se i primi fornivano gli aciduli frutti per fare lo sciroppo con il quale ci si dissetava in estate, le prugne confortavano in inverno con un distillato casalingo la " grappa de brigne ", una specie di Slivovitz dell'Appennino. Con l'abbandono dei terreni, le piante invecchiate sono quasi tutte ammalate, soffocate da vitalba e quasi irraggiungibili. Non fruttificano nemmeno più tutti gli anni, solo di tanto in tanto accendono il panorama di rosso fuoco quando ci si avventura per una passeggiata nei sentieri fra i campi e i boschi. Amarene a Valletti Non sono in grado di risalire alla varietà esatta perché si perde nella notte dei tempi chi le può aver messe per primo, di anno in anno poi nascendo naturalmente ai piedi della pianta madre, anche da noccioli caduti, e venivano sistemate e curate. Frutto antico già usato dai romani, pare sia stato Lucullo a portarle a Roma dopo la vittoria su Mitridate. Ghiaccio e neve venivano imballati con paglia e lana e portati in città dai monti, su carri con precedenza assoluta, e con neve, ghiaccio, amarene e miele si facevano deliziosi sorbetti e granite, appannaggio dei soli ricchi che potevano permettersi una tale goduria, una pre-coppa all'amarena insomma. Il nome scientifico è Prunus cerasus, amarene, visciole, marasche sono varietà che vanno dal colore da rosso a quasi nero e dal sapore da acidulo a quasi dolce o addirittura amaro. Questi nostri alberi dovrebbero essere proprio varietà amareno, almeno dalle informazioni che ho raccolto, ma non ho confronti da poter fare. È un albero molto rustico, sopporta gelate e siccità, non molto alto, con rami lungi e flessibili, facilmente raggiungibile da raccogliere e per quello era messo vicino ai poggi per poter raccogliere da sotto e da sopra solitamente senza ausili di scale. Il legno è più pregiato di quello di ciliegio. Il frutto, in queste, una drupa di colore rosso chiaro, quasi trasparente, molto acidula, ricca di liquido all'interno. Sarebbe stato l'anno di produzione abbondante, l'ultima volta fu nel 2015, quindi bisognava farne provvista. Purtroppo il tempo infausto ha contribuito a farle marcire prima di farle maturare, ce ne sono talmente tante che ho cercato di raccogliere e fare una scelta fra le migliori. Qui mi hanno insegnato a raccogliere le amarene in maniera differente dalle ciliegie, ci si munisce di un secchio e non di cestino, e si toglie direttamente il frutto con le mani senza il peduncolo. Arrivati a casa un po' di lavoro sarà già fatto. Il tutto va fatto molto velocemente e io le lavo, qualcuno pensa che non si dovrebbe, provare per credere, il raccolto è tutta una cosa appiccicosa dove cadono, ragni, pezzi di foglia, e altro, inoltre con le piogge di sabbia dei giorni passati, sinceramente... Quindi occorre calcolare di raccogliere e avere il tempo di trasformarle subito. Passate velocemente poche per volta, in acqua corrente, le sistemo in pentole di acciaio inox, non di alluminio e preferisco non di plastica, le schiaccio sommariamente con le mani e aggiungo un po' di zucchero, non importa quanto, un mezzo chilo a pentola, così per avviare la fermentazione e copro con il coperchio. Ora bisogna aspettare circa 36 ore, dipende dal caldo che fa, mescolando ogni tanto, iniziano a fare un po' di schiuma in superficie e saranno pronte per essere pressate dentro ad un sacchetto di tela pulito. Io uso le vecchie federe bianche di lino e cotone che lavo a mano con sapone di Marsiglia e tengo per questo uso. È utile per spremerle un torchietto casalingo. Si spreme il più possibile, si pesa il liquido ottenuto, si aggiungono 800gr di zucchero a chilo, e si mette sul fuoco. Controllare con attenzione fino a che non giunge a bollore. In questa fase occorre schiumare bene in superficie per avere uno sciroppo limpido, privo di impurità, tenendo la schiumarola in superficie. Una volta si metteva a bollire anche qualche nocciolo schiacciato, poi bisogna ricordarsi di togliere i pezzetti Dal momento che bolle, schiumato per bene, si fa bollire a fuoco moderato, senza coperchio, per una ventina di minuti. Si imbottiglia in bottiglie perfettamente pulite e asciutte, sempre passate per 15 minuti nel forno a 110°per una quasi sterilizzazione. Non dimenticare di pulire benissimo i tappi e sterilizzare anche quelli se sono di metallo. I contadini usavano portare bottiglie di acqua con due dita di sciroppo per dissetarsi durante la fienagione, ma in verità la bottiglia di amarena era sempre presente sulle tavole anche durante pranzo e cena. Se la mia infanzia è stata tutta di finta acqua di Vichy fatta con le bustine di Idrolitina, quella dei miei figli è stata tutta colorata dall'amarena, ne hanno bevuto ettolitri. Ora mi sembra impossibile con le due mie pentole a fermentare, ma ogni anno facevo circa 30 litri di sciroppo. Perché si deve aspettare quelle ore ? È la differenza fra fare una marmellata e uno sciroppo. La frutta fresca contiene pectina, che è quella che favorisce il rassodamento della marmellata, la fermentazione contribuisce a farle perdere forza. Se con parte del raccolto si vuole fare una confettura di amarena basta snocciolarle subito appena raccolte una a una con uno snocciolatore o con la macchinetta a mano, utile, io l'ho comperata. Poi si mettono in una pentola sempre con 800gr. di zucchero a chilo e si fanno cuocere fino alla classica prova del piattino. Se invece si voglio fare le amarene sciroppate da mettere sul gelato o sui dolci, si snocciolano le più belle e si procede come lo sciroppo, si tengono a fermentare per 36 ore e poi si aggiunge lo zucchero, sempre 800gr. a chilo, e si mette al fuoco semplicemente senza spremere e si lascia cuocere sempre una ventina di minuti. Invasare ancora calde in vasetti pulitissimi, asciutti e passati sempre prima vuoti in forno a 110° per una pseudo sterilizzazione. Pronte per le zeppole di San Giuseppe dell'anno prossimo o per il gelato di questa estate -amarene sciroppate- Se poi, raccogliere, snocciolare, schiacciare ecc. diventa gravoso o non si ha il tempo, c'è sempre il CENTO FOGLIE DI AMARENE>>> molto più veloce, facile e nessuno si accorgerà che non ci sono le amarene e che diventa un buonissimo liquore con l'aggiunta di un po' d'alcool. Se con le foglie si può fare liquore e sciroppo, con i noccioli si può fare ugualmente un liquore simile allo cherry. Il procedimento è simile a quello con le foglie, ma lasciando macerare i noccioli e qualche foglia in alcool 30-40 giorni prima di aggiungere vino rosso e zucchero. Le dosi potrebbero essere 350gr. di noccioli in mezzo litro di alcool per 40 giorni. Sciogliere mezzo chilo di zucchero in una bottiglia di vino rosso e aggiungere poi l'alcool dove sono stati fatti macerare i noccioli. Lasciar riposare almeno due settimane prima di assaggiare. I noccioli servono anche per riempire dei cuscini da scaldare in microonde utili per alleviare dolori vari o anche solo per scaldare mani e piedi. Vanno lavati a lungo, fregandoli fra le mani, sciacquati più volte e fatti asciugare bene Anche il peduncolo delle amarene non si butta, come quello delle ciliegie serve per tisane utili per le vie urinarie, cistiti, calcoli, e ritenzione idrica e pare si offenda se lo si chiama picciolo, esso è il peduncolo, il picciolo è quello delle foglie. Se poi cercando le amarene ci si dovesse trovare davanti a un ciliegio selvatico di quelli che fanno quelle ciliegie piccole ricordarsi di fare man bassa anche di corteccia perché ha incredibili proprietà sedative, espettoranti, per le vie respiratorie, è in quasi tutta la composizione degli sciroppi per la tosse. È anche un blando sedativo aiuta con l'ipertensione e alcune forme di insonnia. Come per tutte le essenze più legnose non basta l'infusione, occorre il decotto e quindi far sobbollire la corteccia in acqua per diversi minuti sempre con il coperchio. Ma sto divagando vado di ciliegia in ciliegia... si sa una tira l'altra... mi farò un bel bicchiere di amarena Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • IL PREZZEMOLO

    Mescola per benino aglio , salvia, e pepe fino, prezzemolo , e buon vino. Se il miscuglio non si falsa, forman sempre buona salsa Scuola Medica Salernitana Dappertutto come il prezzemolo... Qui, sul mio blog non ne avevo ancora sentito la necessità. In queste feste appena trascorse ne ho usato talmente tanto per fare tutti i Cappon Magro che ho pensato valesse la pena parlarne o meglio scriverne. Se c'è un'erba davvero conosciuta e usata in tutto il mondo questa è il prezzemolo, tanto che non è nemmeno certo da dove provenga, probabilmente dalle aree mediterranee dove è conosciuto e usato dall'antichità. particolare del gambo del prezzemolo Botanicamente della famiglia delle Apiacee, la stessa della Cicuta e tante altre con qualche tossicità, molto somiglianti fra loro, per questo se ne sconsiglia la raccolta nei prati, essendo fra l'altro non così facile trovarlo spontaneo selvatico, al massimo il seme dall'orto si sposta e va a nascere vicino. Per riconoscerlo, nella mia maniera empirica, dovrebbe essere sufficiente l'odore e lo stelo che non è rotondo perfetto ma con una insenatura, mentre in altre è liscio. Occorre ricordare che un riconoscimento di questo tipo non è sufficiente, deve essere l'insieme di più fattori a garantirne con certezza l'identificazione. L'insenatura presente nello stelo del prezzemolo per esempio tende a sparire se il gambo è grande, anche se con un minimo di sensibilità si riconosce negli altri più piccoli, così come la cicuta in certe parti può trarre in inganno, sempre se non si ha un minimo di esperienza e sensibilità. Proprio per la facile confusione spesso veniva coltivato in vaso, perché più controllabile la possibilità di mescolarsi nel terreno aperto a altre piante, il vaso tenuto vicino a casa per l'uso frequente che se ne fa. Della cicuta sono velenosissimi i frutti immaturi, ma anche una modica quantità di foglie può essere mortale, specie se mangiata cruda o in infuso. Purtroppo la tossicità resiste e l'intossicazione può avvenire anche se ci si ciba della carne di un animale che ne ha mangiato. I sintomi di un eventuale avvelenamento si manifestano dopo pochi minuti, meno di mezz'ora, con manifestazioni evidenti, gastrointestinali, tachicardia, tremito, bocca secca. Gli animali non la mangiano normalmente, la riconoscono e la ignorano, gli unici a esserne immuni sono gli uccelli. C'è chi pensa sia raro trovare la cicuta nei nostri prati invece è un'erba comunissima, anche per l'abbandono dei contadini che contribuivano a tenerla a bada e ci sono più varietà tutte velenose. Ma anche il prezzemolo non è completamente innocuo. prezzemolo riccio Prezzemolo ne esistono come sempre, diverse varietà. Interessante quello riccio per le decorazioni dei piatti. A me piace quello che si è sempre seminato qui in campagna con le foglie più piccole e più aromatico, mentre quello che si trova in vendita spesso è quello con le foglie grandi che sa di poco. Di solito il secondo anno va in semenza, e così è possibile riconoscere il fiore, simile alle altre Ombrellifere e raccogliere il seme per una nuova semina. Fiore di prezzemolo - foto di Actaplantarum Ricco di proprietà medicinali, per il tratto urinario, digestivo, interessante per il contenuto importante di vitamine A e C, molto più di frutti come arance e albicocche, usarlo come medicinale casalingo diventa pericoloso per il contenuto di apiolo, sostanza presente specie nell'olio essenziale, ma anche in una tisana. L'apiolo influenza le contrazioni della parete uterina, stimolando le mestruazioni, gli usi infatti, nella medicina popolare, erano indirizzati a provocare l'aborto, facendosi un tè di prezzemolo ma questo metteva a serio rischio anche la vita della donna che provava. Questa non è una mera credenza popolare è un'informazione con basi scientifiche. Personalmente mi fu sconsigliato l'uso del prezzemolo in gravidanza, dal mio ginecologo, dato delle piccole contrazioni che avevo già di mio. Sì usavano anche i cataplasmi di prezzemolo per la mastite del seno e per far andare via il latte. Si dice che la dose tossica mortale per l'uomo sia di 200gr. che è una quantità enorme, in quanto il prezzemolo è leggerissimo, mentre ridotto in decotto è più facile usarne tanto senza accorgersene. Ed è questo che mi chiedono spesso quando parlo di erbe, ma allora quando si mangia tanta salsa verde? È davvero difficile arrivare a mangiare due etti di prezzemolo mangiando salsa verde... magari si mangiano due etti di salsa verde ma non è l'unico ingrediente. Non è poi cosi piacevole da mangiare una simile quantità, chi mai si è fatto un'insalata di prezzemolo? Non credo che nemmeno una tisana di prezzemolo sia la cosa più buona da assaggiare e qui ci potrebbe salvare l'istinto (finché ce lo avremo) e le nostre papille gustative deputate a riconoscere i vari tipi di amaro, raggiunta una soglia ci dovrebbe disgustare. e quindi non così facile berlo. Un altro uso tradizionale al limite della farmacopea casalinga, era quello di provocare l'evacuazione dei neonati con problemi di stipsi, sollecitando con uno stelo di prezzemolo appena unto d'olio la cavità anale, e anche questo l'ho visto fare personalmente. Adesso si sconsiglia un uso simile, perché è innanzitutto antigienico, e una stimolazione manuale potrebbe dare una "cattiva abitudine" all'intestino del lattante. Dell'uso del prezzemolo in cucina non mi perdo a dire, va bene con tutto, pesce, carne, verdura, sughi, ecc. Si usano prevalentemente le foglioline, o almeno così mi è stato insegnato, ora invece si tende a servirsi anche dei gambi, non so, ma non ci sono abituata, così come uso poco le foglie del sedano. Nella mia cucina il trionfo del prezzemolo è la salsa verde. Quella per il Cappon magro o il mio magrissimo è a questo link >>> . Leggermente diversa potrebbe essere quella che accompagna un bollito, il classico bagnet verd, lasciato un poco più grossolano e con meno ingredienti. La base vuole prezzemolo, aglio, acciughe, mollica bagnata nell'aceto, olio di oliva, da quando fu descritta da un cuoco di corte Savoia a metà dell'800. Le aggiunte successive, tuorlo d'uovo sodo, capperi, olive e in Liguria pinoli, sono a piacere, ognuno ha la salsa verde sua. Se un volta si usava la mezzaluna è anche questa una salsa che ancora prima era fatta al mortaio, oggi quella per il cappon magro mi piace fine e la faccio con il mixer e non mi si è mai scurita nemmeno dopo una settimana in frigorifero. Per la conservazione, anche qui con un minimo di attenzione si può tenere la pianta tutto l'inverno, in frigorifero fasciato nella pellicola dura un bel po', se invece mi capita di averne tanto lo congelo, ma non è che mi soddisfa molto e ancora meno secco o sott'olio. Lo uso se ce l'ho fresco. Come tutte le piante con proprietà il prezzemolo entra nel mondo mitologico e della magia. Gli antichi Greci e Romani si facevano corone di prezzemolo convinti che mettesse in relazione i vivi con il mondo dei morti. Fin dal 1500, se non prima, Prezzemolina è la protagonista di molte fiabe, riproposte anche con altri nomi e da molti autori famosi. La storia è sempre più o meno la stessa, una madre golosa di questa pianta deve cedere la neonata a streghe che non potendo godere della vita si appropriano della sua, ma Prezzemolina vincerà e tornerà dal regno dei morti. Le attinenze con Raperonzolo e Cenerentola sono fin troppo evidenti. Così come, la pianta, una volta nata, tagliata anche più volte, rivegeta velocemente, come se davvero "tornasse". Nel quotidiano dei contadini il prezzemolo non va mai trapiantato, sarebbe di grave malaugurio. Va seminato, possibilmente nel giorno del Venerdì Santo, in maniera leggera, non interrato, semplicemente mescolato a sabbia, perché deve sentire il suono delle campane e sta molto tempo a nascere, anche 40 giorni, perché, si dice, deve tornare dal diavolo almeno tre volte. Queste credenze dovrebbero dare l'idea della considerazione che avevano del prezzemolo una volta. Imparare ad usarlo ma non ad abusarne e per questo non c'era niente di meglio che raccontare affascinanti storie perché rimanessero nell'immaginario popolare e si trasferissero nella vita quotidiana. Se qualcuno spesso sorride quando racconto queste cose, occorre ricordare che era il mezzo più semplice per insegnare la pericolosità di certi usi e consumi, quando anche la scienza non era così conosciuta e forse nemmeno ancora nemmeno scientificamente si sapeva il perché o il percome. Non si usa più raccontare certe cose, io però incontro sempre più spesso persone che non riconoscono il prezzemolo dal sedano, dalla cicuta, dalla carota e nozioni scientifiche non ne hanno lo stesso. Oggi che abbiamo il sapere a portata di mano non ci interessa saperlo e non ci interessano nemmeno le favole. "Il prezzemolo non serve riconoscerlo, va bene quello surgelato", e questa non è battuta mia, ma di una ragazza che così mi rispose tempo fa ad un incontro, non posso nemmeno sperare che lo riconosca perché le cresce dentro le orecchie, come si diceva una volta ai bambini perché si ricordassero di lavarle per bene, oggi ci laviamo tutti, forse anche troppo. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • DEL NOCINO e di San Giovanni

    “Unguento unguento, mandame alla noce di Benvento supra acqua et supra vento et supre ad omne maltempo…” Mi si chiede del Nocino e già mi sembrava di averne scritto... La patria del Nocino è il modenese, ma non ditelo al Sud, vi diranno che è il loro. D'altronde le streghe che ballavano sotto il Noce erano a Benevento , diventate streghe con il cristianesimo ma prima sacerdotesse di altre religioni. Ma perché poi proprio sotto al Noce ? Da tempo sacro il Noce ha sempre avuto valenze magiche, albero dedicato a Giove, alla base di riti che possono anche ritorcersi contro, si raccomandava di non dormirci sotto e di non metterlo vicino alle stalle, pare addirittura scacciato dal Paradiso... forse per le sue radici potenti che per farsi largo secernono una sostanza che non permette la crescita di altri alberi vicini. Un noce in una vigna, è assai per guastare tutto. La pretesa di attribuire ai suoi frutti poteri segreti di risvegliare istinti sessuali da tempo sopiti per la loro somiglianza con una parte maschile, e la forma interna così simile al cervello umano da consigliarne l'uso per quella parte del corpo. Per i contadini un albero di Noce voleva dire un bel guadagno, e avere le noci in casa una fortuna, se altro non c'era, diventava la cena invernale, parca ma nutriente " Pane e noci… un mangiare da sposi ” , e se si poteva un bicchiere di vino rosso. E le noci venivano a cercare i frati per la questua ... Sic mihi Nox, Nux fuit ante diem Così per me ci fu, prima del giorno, la Notte e la Noce Così, visto che di pianta magica si tratta, nel bene e nel male, quale può essere se non la notte di San Giovanni, tra il 23 e il 24 giugno, la notte magica per eccellenza, quella giusta per raccogliere le Noci per il Nocino ? La raccolta a piedi scalzi, con un bastone di legno, o meglio con le nude mani per non rovinare i prezioso mallo, in numero dispari, ovviamente da una donna. Compito suo, mentre la preziosa rugiada della notte stregata la avvolge, raccogliere mentre è lì, anche le erbe per l' Acqua di San Giovanni ( qui>>>) e tutte quelle che ci sono in questo periodo per fare tisane, oleoliti ecc. ecc. Iperico , l'erba di San Giovanni per eccellenza( qui>>> ) Lavanda ( qui>>> ) Malva ( qui >>> ) Rosmarino ( qui>>> ) Salvia ( qui>>> ) Sedum , l'erba della Madonna ( qui>>> ) e tutte le altre... Per la ricetta mi affido a quella originale dell' Ordine del Nocino Modenese (qui>>>>) , che poi senza saperlo è quella che si è sempre fatta in casa mia. Non siamo grandi bevitori e la dose per mezzo litro di alcool è più che sufficiente. 17 noci medie o di più se piccole, controllare con un ago che non abbiano fatto già il legno all'interno, più o meno dovrebbero essere 500-600grammi di noci. uguale peso di zucchero semolato bianco mezzo litro di alcool buongusto da liquore chiodi di garofano e cannella , ma come dice il disciplinare, poco è già tanto. Procedere tagliando le noci in quattro, senza pestarle, e con lo zucchero porle al sole per due giorni in un contenitore di vetro possibilmente senza guarnizione di gomma. Trascorso due giorni aggiungere l'alcool e i chiodi di garofano e la cannella, qualcuno mette la buccia di limone,(no) qualcuno l'alloro (no,dai), la noce moscata (ma per piacere) addirittura esistono misteriose bustine in vendita di pseudo e misconosciuti "Aromi da Nocino" . Una volta ho sgarrato e ho messo un anice stellato e devo dire mi era piaciuto molto. Ricordare che qualunque cosa coprirà l'aroma della noce, la ricetta originale comprende un chiodo di garofano per due litri di alcool e una sfoglia piccola di cannella, per capirci ... Rimettere il contenitore per 60 giorni in zona dove il sole non sia presente per tutta la giornata, ogni tanto scuotere, passato il tempo filtrare e imbottigliare in bottiglie scure con tappo sicuro che non faccia evaporare l'alcool. Un altro accorgimento, non bevetelo prima di Natale, invecchiato 12 mesi è meglio. Una volta ho messo metà dose di zucchero al sole e l'altra l'ho aggiunta al momento dell'imbottigliamento facendo uno sciroppo con uguale quantità di acqua, oltre all'alcool, era buono, e si beveva bene, ma non adatto per chi ama un liquore forte e amaro come è il Vero Nocino . Quest'anno qui niente noci, troppo importante il raccolto dell'anno scorso, non ce ne sono. Un ultima cosa, qualunque siano, positive o meno, le credenze intorno all' albero del Noce , quando due anni fa ho trovato, in una zona abbandonata dell'orto, protetto da un rudere di capanna, una pianta di noce nata spontaneamente, sono stata talmente felice, che non importa se sarà selvatico o se chissà vedrò mai le sue noci maturare... -Il Signore sia con voi, - disse il frate,- Vengo alla cerca delle noci. -Và a prender le noci per i padri, - disse Agnese. Lucia s' alzò, e s'avviò all'altra stanza ... Promessi Sposi cap.III Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • ACQUA di S.GIOVANNI

    “ La guazza di San Giovanni guarisce tutti i malanni ” Post nostalgico di tradizioni antiche, di cose viste fare, di gesti che piace ripetere. A chi di solito mi chiede: - Ma non crederai mica a queste cose?- rispondo sempre che non è questione di credere o non credere, visto che quello in cui credo o meno è una questione personalissima, ma semplicemente di ritrovare dentro quei gesti le persone con le quali li ho condivisi. Mi piacciono le tradizioni, le usanze, non solo le mie ma anche quelle di altri popoli e paesi e spesso ritrovo in posti sconosciuti quelle di casa mia. Pensare che un gesto è fatto da anni e anni, che sempre, almeno nel mio caso, è fatto per portare bene, gioia, salute, me lo fa compiere senza poi domandarmi se ha funzionato o meno. Sto già bene nel farlo. Non ha molta importanza che sia legato alla religione, spesso la religione si è appropriata di riti già in uso prima, di frequente legati al volgere delle stagioni, ai ritmi di sole e luna e così via. In questo caso la festa di San Giovanni Battista, l'unico santo del quale si festeggia la data della nascita e oltre a quella della morte (sei mesi prima di Gesù con il quale sembra essere cugino) per tradizione più o meno coincidente con il solstizio d'estate, sostituiva quelle del Dio Giano, il dio degli inizi, bifronte, custode di ogni cambiamento, di ogni entrata e uscita, anche guardia delle “porte solstiziali”. La similitudine tra Janus e Joannes è fin troppo facile da notare, e anche per il solstizio d'inverno si è usato un San Giovanni, in questo caso l'Evangelista. “Quando la lavanda sente arrivare San Giovanni vuole fiorire”, Tornando all'Acqua di San Giovanni, per chi non la conoscesse, è semplicemente un'acqua dove la sera del 23 Giugno vengono poste corolle di fiori e erbe. Lasciata tutta la notte all'aperto, godrà dei benefici della rugiada di questa notte magica e il mattino dopo sarà pronta per essere usata per lavarsi viso, occhi e corpo avendo acquisito anch'essa poteri straordinari proteggerà dalle malattie, dalle disgrazie, dall'invidia. La ricetta è quanto meno semplicissima, un bacile, acqua, erbe e fiori. Per tradizione le erbe e i fiori dovrebbero essere raccolti da mani di donna, meglio a digiuno, al tramonto del 23, in numero dispari. L'acqua meglio di fonte, il bacile non di plastica, una ciotola trasparente va benissimo. Spesso uso il rame, ha il potere di ampliare le energie . Quali erbe, quali fiori? Il più possibile, tutte quelle dalle comprovate proprietà particolari di guarigione o ritenute magiche. Non possono mancare, cliccando sul nome si apre la pagina dedicata a quell'erba: IPERICO scacciadiavoli ACHILLEA per preservare dalle ferite ASSENZIO SELVATICO pianta legata a Diana, protettrice della buona salute delle donne FINOCCHIO per per proteggere dagli inganni, TIGLIO VALERIANA MALVA e SAMBUCO per calmare, per lenire, per dormire FELCE che solo in questa notte fiorisce e fortunato chi riesce a vedere il suo fiore ALLORO e NOCE che diano forza MELISSA l'erba dell'allegria ELICRISO e VINCA per trovare l'amore LAVANDA per lavare via TIMO erba potente ROSMARINO per la salute del cervello ROSA per profumare CALENDULA per fiorire tutto l'anno CELIDONIA per proteggere la vista SALVIA per salvarsi LUNARIA tante lunarie per tante monete FRASSINO l'albero della manna! RUTA per sedare le angosce e la paura ERBA DELLA MADONNA e pure Tanaceto, Avena, ecc. ecc., tutte quelle che vengono in mente, con riconosciute proprietà terapeutiche e magiche. Se non si trovano tutte, in alcune zone di Italia si arriva ad usare 100 erbe, basterà comunque una rosa, un rametto di rosmarino, uno di salvia, insomma è una magia di una notte particolare, un rito ... È opportuno non mettere nell'acqua erbe tossiche di nessuna o scarse proprietà che potrebbero dare fastidio anche solo con l' abluzione, tipo vitalba, mordigallina, erigeron, cicuta, senecio, datura stramonio, e altre Preparato il tutto e coperto d'acqua si porta fuori e si lascia tutta la notte esposto alla speciale rugiada. L'indomani mattina, 24 giugno, al risveglio, l'acqua sarà usata per lavarsi viso, occhi e corpo, godendone i benefici. È pur sempre, rugiada a parte, un macerato a freddo dove erbe e fiori rilasciano le essenze. Quest'acqua è un rito di buon auspicio e come tale va preso, un guizzo di speranza in questo mondo alla deriva, dove nel caso andasse tutto male lo stesso basterà credere che poteva anche essere peggio. Non si conserva, va regalata agli amici se avanza. Una interpretazione possibile è quella che essendo la figura di San Giovanni legata al Battesimo e necessariamente all'acqua, se ne rinnovano le promesse con questo rito. Il 24 giugno è più o meno legato anche al solstizio d'estate, notte nella quale le streghe danzano, e vanno raccolte le Erbe per essere essiccate e usate per tisane o oleoliti, grazie alla particolare rugiada che cade in questa notte rafforzano le loro proprietà. ​ - E domani è Santo Giovanni, fratel caro: è San Giovanni Su la Plaia me ne vo’ gire per vedere il capo mozzo dentro il Sole all’apparire, per vedere nel piatto d’oro tutto il sangue ribollire - La figlia di Iorio - G. D'Annunzio L' Acqua di San Giovann i e pure le Erbe raccolte in questa notte sono solo uno dei tanti riti propiziatori da compiere in questa notte magica. Anche la raccolta delle noci, quelle immature per fare il NOCINO ( qui>>> ) sempre in numero dispari, di solito 33 per litro di alcol, avviene per tradizione la notte tra il 23 e il 24 ... « Sic mihi Nox, Nux Fuit ante diem » così per me ci fu, prima del giorno, la Notte e la Noce... Molti rituali sono legati alla possibilità di trovare marito, o di sapere chi sarà o come sarà ricco o povero... Come narra D'Annunzio, riportando un'antica tradizione delle fanciulle abruzzesi, Ornella andrà all'alba di San Giovanni a cercare di scorgere nel sole nascente il profilo della testa mozzata e nel contorno infuocato il sangue del santo e questo sarà segno che si sposerà entro l'anno. O l'usanza delle tre fave, che incartate e poste sotto il cuscino daranno il mattino dopo la misura di quanto sarà ricco il marito... Così come si accendono grandi falò, perché le lingue delle fiamme vadano a dare rinforzo al sole che accorciandosi le giornate inizia a perdere energia. E poi saltarne le ceneri, buttarsene un po' tra i capelli per preservarsi da tutti i mali... Insomma, prepariamoci che c'è da fare ... Aggiornamento 2022 Tutti gli anni mi arrivano decine di foto delle vostre acque e vi ringrazio, quelle sotto sono solo alcune di qualche anno fa, impossibile metterle tutte. Ringrazio chi con semplicità e animo sereno si approccia a questo rito antico, perché so che lo fa con sincerità. La condivisione ne fa un bene prezioso, il sentirsi parte di una comunità che stanotte ha fatto qualcosa per tutti è un risultato già ottenuto, ognuno di noi ha chiesto per l'altro, per tutti. Chi si trincera dietro la sterile richiesta di bene e fortuna solo per se stessi che implica il male per altri, non vince e rimane solo ad affrontare quel che ne consegue. La forza è l'essere insieme, il risultato è nella serenità del mattino dopo, la felicità è la condivisione, il pensiero comune, ed è questo che qualsiasi rito cattolico, o pagano implicano. La mattina del 24 giugno 2020, per le note ragioni legate alla pandemia, ero sola fisicamente a fare la mia abluzione, ma in realtà avevo voi tutti vicini. Grazie. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti . Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> Tutti gli usi alimurgici o farmaceutici indicati sono a mero scopo informativo, frutto di esperienza personale, declino ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.

  • MUSCOLI A ZIMINO

    Rientro dai tre giorni di Mytiliade a Lerici, la manifestazione tutta dedicata a muscoli e ostriche coltivate proprio nel tratto di mare qui davanti, quel tratto di mare nel Golfo della Spezia, compreso tra il parco delle Cinque Terre e il parco del Magra, nel bellissimo mare di Lerici, nel mare di Portovenere nella baia della splendida Isola Palmaria. Proprio per questo evento Vittorio Castellani mi ha chiesto se era possibile combinare "le nostre cozze" con le erbe del Prebuggiun. Istintivamente ho pensato ad uno zimino. Della cottura A Zimino ho già parlato a lungo qui>>> In breve si tratta di una zuppa povera a base di bietole e ceci o seppie o meno frequentemente totani. Probabilmente se nessuno e questo non lo so, ci ha mai pensato credo sia perché il dolciastro delle bietole non si sposa perfettamente con il sapore dei muscoli. È bastato sostituire le bietole con le erbe del Prebuggiun, anche se non tutte, qualche foglia di ortica, qualcuna di borragine, qualche cicoria o tarassaco, una piantaggine e sì pure una bietolina, perché l'amarognolo delle erbette si sposi benissimo con la sapidità delicata dei muscoli. Per primo ho fatto aprire i muscoli in una padella. Semplicemente con il coperchio, bastano due minuti. Metto da parte l'acqua che producono dopo averla filtrata. In un fondo appassito di carota sedano cipolla aglio in olio evo, metto a stufare le erbe tagliate a striscioline. Nel frattempo avevo messo bagno in acqua tiepida, qualche foglia di fungo porcino secco, una volta ammollati li aggiungo alle erbe con una manciata di pinoli. Aggiunti i funghi tritati grossolanamente, appena insaporito il tutto, metto l'acqua dei muscoli e tenendo il fuoco basso, se serve anche un poco quella dei funghi, sempre filtrata. Lascio cuocere con l'attenzione che non asciughi troppo, fino a cottura delle erbe. Qualche minuto prima metto i muscoli sgusciati e qualcuno con mezzo guscio. Aspetto che si amalgami il tutto e servo con una galletta di quelle nostre, da marinaio. La ricetta per farsele qui>>> Mi è piaciuto tantissimo e invito a provare A Lerici ho finalmente assaggiato le ostriche di qui, devo dire le migliori mai mangiate. È stato come morsicare il mare. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • DI SCIROPPI E ZUCCHERI CON FIORI, FRUTTA, FOGLIE E GEMME

    Via via che scrivo di un'erba e dei suoi usi ho spesso riportato come con questa si possa ottenere uno sciroppo, un modo delle genti contadine di una volta, di conservare qualcosa della bella stagione, per godere nei duri inverni delle proprietà rimaste imprigionate dallo zucchero. Da momento che non tutti possono leggere tutto e che il blog comincia ad avere un numero consistente di articoli che non tutti riescono a ritrovare, ho deciso di ripetere condensate tutte qui alcune regole del metodo elementare, da me usato da sempre, per trasformare con successo qualsiasi fiore od erba in sciroppo. Prima di tutto mi preme ricordare che qualsiasi sciroppo degno di questo nome contiene una quantità di zucchero importante e qualsivoglia sia il suo uso occorre tenerne conto, inutile provare a fare sciroppi con metà zucchero o simili. Lo zucchero o eventualmente il miele è importante per la conservazione, non è possibile scendere sotto la proporzione di 650 gr. di zucchero a chilo. Inoltre la cottura tende a far perdere alcune proprietà termolabili dell'erba o del fiore. Nonostante ciò, alcuni sciroppi restano di conforto alle prime avvisaglie di tosse e raffreddore o come nel caso dello sciroppo di rose, per rinfrescare l'intestino o altri estremamente dissetanti aggiunti all'acqua d'estate. Servono poche cose: erba o petali di fiori, acqua, zucchero. Regole ferree due: che la pianta sia edibile, non velenosa, foglie o petali sani e puliti, e che la cottura sia per il tempo giusto, in modo da non arrivare a un caramello che non avrebbe più niente della pianta usata né profumo né proprietà. Un altro processo necessario la macerazione e nel caso della frutta la fermentazione. Se lo sciroppo è di foglie, normalmente più consistenti di un petalo di fiore, è opportuno fare un decotto con le foglie, fatto bollire per 10 minuti, un quarto d'ora, da lasciar riposare per 24 ore. Successivamente si spreme per bene l'erba o i petali e si aggiungono minimo 800 grammi di zucchero a chilo di liquido ottenuto. Si mette sul fuoco e si fa addensare, sorvegliando perché tende a traboccare, anzi direi che nel momento che si alza per uscire dalla pentola è pronto. Il tutto non deve durare che dai venti ai 40 minuti a meno che non si abbiano decine di litri da portare a bollore. Un passaggio importante è quello di togliere con un mestolo forato la schiuma che si forma all'inizio, perché porta in superficie eventuali imperfezioni rimaste che tolte lasceranno lo sciroppo limpidissimo. La proporzione di foglie/acqua per fare il decotto è difficile da calcolare, tutto sta nell'erba usata, normalmente si coprono di acqua, altrimenti vale più o meno 100gr. per un litro, ma non è una regola rigida, non si fanno molti danni se se ne mettono più o meno, lo sciroppo di piantaggine per esempio a volte, lo faccio anche con solo 50gr. di foglie per litro di acqua. Con il tempo ognuno trova la formula che più gli viene bene. Si scopre presto che foglie e petali sono leggerissimi e che farne un etto ne servono davvero molti. Per lo sciroppo di petali di fiore, siano essi di rosa, di acacia e di sambuco (di queste ultime due, acacia e sambuco, vanno tolte con attenzione tutte le parti verdi perché tossiche) di viole, di tiglio, di gelsomino, di lillà, di fiori di rosmarino, e udite udite bouganvillea, insomma un fiore che abbia un aroma o proprietà, si fa bollire l'acqua e si versa intiepidita sui petali e poi si lascia lo stesso a macerare per 24 - 36 ore. Si preme, si pesa e si procede come sopra. Anche qui la proporzione fra petali e acqua va da 100 a 300gr. per litro di acqua. In entrambi i casi è utile unire ai petali del limone a fette, con la buccia. Per lo sciroppo di gemme, l'ultimo che ho fatto in questi giorni, ho usato le gemme di abete rosso, Picea abies , quello normalmente venduto come albero di natale, ho seguito lo stesso metodo come con le foglie. Ho raccolto le gemme tenere, di un verde brillante, ormai si possono trovare solo intorno ai 1000 metri, le ho sciacquate, coperte d'acqua, fatte bollire per 15 minuti e lasciate in infusione per poco più di 24 ore. Dopo di che ho spremuto bene le gemme, che nella cottura hanno perso il colore brillante, pesato il liquido, avevo 1200 gr., ho aggiunto 1 kg. di zucchero, rimesso sul fuoco e fatto bollire una mezz'oretta fino ad avere la consistenza sciropposa e un bel colore ambrato. Per quanto riguarda la frutta il discorso è leggermente diverso, ma non tantissimo. Quello che differenzia la confettura o la gelatina dallo sciroppo è il contenuto di pectina. La pectina è una fibra solubile che riscaldata a contatto con gli zuccheri si trasforma in gel e crea l'addensamento di marmellate e simili. La pectina è presente nella frutta, più è acerba più ce n'è. Il contenuto in pectina varia a seconda del tipo di frutta, mele, prugne, agrumi e uva i più ricchi e la confettura cambia consistenza a seconda della quantità di pectina presente data sia dal tipo di frutta sia se la frutta è più o meno matura. Lo zucchero fa da conservante, agisce poco sulla densità della marmellata. Quindi se si vuole una buona marmellata, o anche se dal succo di una frutta qualsiasi si vuole ottenere una gelatina, occorre mettere sul fuoco subito il succo appena spremuto con lo zucchero, sempre in proporzione di 800 gr. di zucchero a chilo di succo e in venti minuti di cottura si ottiene la gelatina voluta. Per ottenere la gelatina con cose tipo bacche varie occorre aggiungere, oltre all'acqua, qualche fetta di mela verde abbastanza acerba. Così come in anni di produzione eccessiva di mele, specie quelle selvatiche, è possibile farsi in casa una buona pectina da aggiungere per addensare quello che si vuole. Basta far cuocere in poca acqua mele a pezzi NON sbucciate e senza togliere il torsolo, con un po di succo di limone, dopo 40 minuti a fuoco basso, si prende e si filtra attraverso un telo, si rimette sul fuoco e si fa restringere ancora per una ventina di minuti. Si conserva in congelatore o in barattoli nel frigorifero. - amarene sciroppate - Se invece si vuole uno sciroppo, che sia di amarene, ciliegie, fragole, lamponi, ribes, è necessaria la fermentazione dove la pectina perde forza. La frutta raccolta matura viene spremuta un po' con le mani, tanto da romperla appena, in un contenitore di acciaio o ceramica, non plastica o alluminio, spolverizzata sommariamente di zucchero in superficie, coperta e lasciata a fermentare per qualche giorno. Il tempo di fermentazione dipende da quanta pectina ha la frutta e dalla temperatura del periodo e dalla quantità. Se si fa uno sciroppo di amarene a luglio farà più caldo e basterà qualche giorno, che uno fatto a maggio o settembre. In questo tempo formerà una schiuma in superficie, si "alzerà", si dice, fermentando.... Quando smette di bollire è pronto per essere messo in un telo, e premuto per ottenere il massimo liquido. Per questa operazione ho comperato per pochi euro un torchietto in acciaio. Non uso il torchietto o comunque sto attenta a non rompere e schiacciare troppo, nel caso per esempio di sambuco o altre piante che nel seme hanno sostanze tossiche. Se non si possiede un torchietto si usa un sacchetto di tela bianca, ottime le federe di cotone o lino dei corredi di una volta tenuti allo scopo, e si preme forte con le mani appendendolo per facilitare l'operazione. Si pesa il liquido ottenuto, si mette sul fuoco, si aggiunge lo zucchero sempre in proporzione di 800gr per chilo di liquido e si fa bollire sempre per venti minuti mezz'ora. Qualunque sia lo sciroppo ottenuto va conservato adeguatamente. Mentre lo sciroppo cuoce, si provvede a sterilizzare nel forno a 110°, per un quarto d'ora le bottiglie, vuote, preferibilmente scure, perfettamente pulite. La temperatura dello sciroppo deve essere simile a quello delle bottiglie, cioè meglio evitare di versare sciroppo caldo in bottiglie fredde e viceversa. Nessuna preoccupazione se a caldo lo sciroppo potrà sembrare troppo liquido, vale sempre la regola della goccia sul piattino lasciato raffreddare per verificarne la consistenza. Tappato immediatamente non avrà bisogno di altra pastorizzazione o almeno io non l'ho mai fatto, lo sciroppo ricuocerebbe alterandone sapore e aroma. Una bella etichetta e via in dispensa al buio, i miei sciroppi hanno sempre durato anni, anche se abitualmente non uso conserve che abbiano più di due anni. Un altro metodo per estrarre uno sciroppo è quello del sole. Basta mettere quello che si vuole, come nel caso delle gemme di abete, soprattutto trovandole le pigne di Pino mugo, ma anche con i petali di rosa, con una generosa dose di zucchero esponendo al sole per una ventina di giorni o fino a quando lo zucchero non si scioglie estraendo le proprietà. Una volta si faceva con le ciliegie amarene, che il sole aiutava a diventare leggermente alcoliche. Una cosa completamente diversa è lo zucchero fiorito, come il sale fiorito del quale avevo già parlato ( qui>>> Di sali profumati e aceti aromatizzati). Basta raccogliere corolle di fiori, calendula, lavanda, viole, rose, rosmarino, salvia, ecc. ecc. seccarli e sbriciolarli a piacere in zucchero o sale a secondo degli usi. Ultimamente frullo i petali con una quantità di zucchero e poi faccio seccare, Un profumato zucchero alla violetta, alla lavanda o alla rosa per addolcire la tisana, un sale ai fiori di rosmarino o di salvia per la carne alla brace. zucchero alla rosa e zucchero alla violetta per addolcire tisane e decorare dolci sale fiorito Rammento, con largo anticipo, che tutte queste cose, sciroppi, marmellate, zuccheri e sali fioriti, costituiscono un delizioso regalo di Natale, o anche un presente se si va ad una cena, quando finalmente si potrà tornare ad allegre cene fra amici, specialmente in questo tribolato anno dove tanti non hanno potuto trascorrere vacanze in campagna e farsi la provvista di cose buone e dolci ... Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • LA CELIDONIA

    Questa co' la celidonia 'lumina i sua ciechi nati Leonardo Proprio vicinissima a casa, attaccata alle pietre del rustico, cresce felice ogni anno la mia riserva di Celidonia. È nel suo, visto quanto le piace il pietrame, e io godo a ritrovarla ogni anno al suo posto, anche se non l'ho mai usata. Sì, perché fra le erbe è una delle più pericolose o come diceva Maurice Mességué tra le più crudeli, ma lui ne sapeva fare buon uso ed era una delle sue preferite. La sua tossicità è da imputare ad alcuni alcaloidi simili a quelli dell'oppio, presenti in tutta la pianta, specie nelle radici, e infatti appartiene alle Papaveraceae. Usata in diversi medicinali è tra le erbe da non provare a sperimentare in maniera casalinga se non se ne ha una comprovata esperienza. In alcuni paesi ci sono limitazioni legali al suo uso. Oltre alle proprietà antidolorifiche, antispasmodiche, le sono riconosciute proprietà nella cura della vista, cataratta e altro, ma anche esternamente per contusioni e slogature, per il mal di denti, peccato che poi i denti cariati sembra cadano con l'uso di questa erba Messeguè aveva la sua ricetta per pediluvi e bagni alle mani, considerati portentosi per riattivare la circolazione e sollevare da dolori vari, ma nel contempo un semplice pediluvio potrebbe influenzare il flusso mestruale, tanto per rimarcare la potenza di questa comunissima erba. Nel ricordo di molti è rimasto spesso solo quello di curare verruche, porri, duroni e calli, con poche gocce del lattice arancione che esce spezzando il gambo, pratica pericolosa anche questa, se non eseguita con attenzione, vista la causticità del liquido. Liquido che la leggenda narra come venga usato dalle rondini per dare la vista acuta ai piccoli nel nido quando è l'ora di volare via e dal termine greco che significa appunto rondine, sembra prenda il nome. Questa caratteristica ne permette il riconoscimento immediato, se quello con i fiori o le foglie non basta, basta spezzare lo stelo e immediatamente si vedrà fuoriuscire il liquido di un giallo carico, quasi arancio. A prima vista può essere scambiata per un qualche tipo di ranuncolo ma all'attenta osservazione si notano le differenze. Come tutte le erbe potenti, quando la scienza non sapeva ancora spiegare in merito a cosa riuscisse ad avere effetti sull'uomo, era considerata magica, talmente magica che si credeva entrasse nella composizione della pietra filosofale. È certamente fra quelle da raccogliere e inserire, nell' Acqua di San Giovanni qui>> , con parsimonia, visto che pochi ssime gocce in un decotto bastano ad alleviare un infiammazione degli occhi. Rientra nella composizione di un sale magico per togliere la negatività, quel sale che si sente raccontare dagli anziani di come lo mettessero nei dintorni della porta di casa o portato in tasca in vista di possibili incontri o visite nefaste. Questa è forse l'unica pratica che si può fare di questa erba, seccata e mescolata a sale grosso, anche se non è possibile svelare qui le parole da accompagnare a questo rito rigorosamente eseguito in una notte di luna piena e che darà potere al sale per un anno. Anche nasconderne un ramo sotto lo zerbino di casa sembra serva già a molto. Così tante le sue doti che qualcuno traduceva il suo nome volgare celidonia in "dono del cielo", donum caeli. Non mi stanco mai, e soprattutto in presenza di un'erba come questa, di raccomandare di evitare intrugli e pozioni casalinghe per curarsi, solo ottimi erboristi e prodotti commerciali controllati sono in grado di suggerire cure adeguate. Quello che mi stupisce sempre è come si siano alzati attacchi mediatici e legali su certe erbe e su altre che crescono tranquillamente indisturbate e infestanti ma pericolose, nemmeno una parola, tanto la diffusa ignoranza su quello che ci circonda fa sì che si possa indirizzare la conoscenza solo su quello che è più opportuno a qualcuno. Quello che i nostri anziani sapevano del loro attorno andrebbe insegnato con semplicità nelle scuole, visto che ora la scienza può spiegare meglio effetti e conseguenze. Io sorrido ogni anno alla mia Celidonia, la aspetto, so che arriva come le rondini e fiorisce fino a che loro non se ne vanno, non la disturbo, mi dà sicurezza che ci sia, proprio come le rondini mi danno la certezza della primavera. “ La celidonia è molto calda e contiene un succo velenoso e viscido. Perché ha un veleno così nero e amaro in essa non può dare salute ad una persona, perché amche se da qualche parte desse salute, darebbe maggiori malattie interne da qualche altra parte. Se qualcuno ne mangia o ne beve, essa lo irrita e lo ferisce internamente, e quindi a volte provoca un'evacuazione e una digestione dolorosa e priva di salute." Santa Ildegarda di Bingen Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • ALESSANDRA, MANI D'ORO

    Alessandra, mani d'oro Come è successo a tutti, questo amaro periodo mi ha allontanato dal piccolo quotidiano che riempiva la mia vita, l'aperitivo con le amiche, il ritrovarsi per due chiacchiere, il salutarsi da una parte all'altra della piazza il giorno di mercato, e pure il semplice rituale di una mano perfetta che, per esempio, cura i tuoi piedi talmente bene che dopo ti sembra di camminare su una nuvola. Così sono qui, ultima a parlare di lei, solo oggi sono uscita di casa e finalmente ci siamo riviste e non poche cose sono successe in questi mesi. Lei è Alessandra Picetti , la nostra amicizia è una di quelle "nate sul fronte" una ventina di anni fa, cioè intendo in una difficile esperienza dove siamo capitate tutte e due, quasi attonite di viverla, che lasciano il segno e appunto ricordi belli e brutti insieme. La vita ha poi portato lei, giovane mamma a lanciarsi in un mestiere che le piaceva, sempre con la amatissima sorella Monica, gestendo un centro estetico a Varese Ligure. Con gli anni ho scoperto in Alessandra doti di ottima cuoca, pittrice, ecc., oltre al leggero tocco delle sue mani, l'unica alla quale ho permesso di truccarmi, e quindi un interesse verso tutto quello che era manuale, un carattere aperto sull'artistico andante un po' come sono io, che me l'ha resa ancora più cara. Monica Picetti al tornio Ma Alessandra è anche la figlia di Pietro Picetti, del quale ho parlato nell'articolo dedicato ai Corzetti o Croxetti (qui>>>) , l'elegante pasta ligure, conosciuto potrei dire in tutto il mondo, come uno degli ultimi che si dedicava all'intaglio degli stampi per i Croxetti, la nobile pasta tipica ligure che arriva dal medioevo, riproducendo gli antichi disegni o personalizzandoli per il cliente. Ho dovuto scrivere "dedicava" perché purtroppo la scorsa estate Pietro è andato a intagliare stampi per un cliente importantissimo che non poteva più fare a meno di lui, lasciando un vuoto come solo un padre può lasciare. stampi per corzetti o croxetti in diverse essenze di legno le varie lavorazioni, dal legno grezzo, a una prima sgrossatura, il disegno, le sgorbie e il guanto in pelle, il prodotto finito, la firma Alessandra Picetti Negli ultimi mesi le richieste si erano accumulate ma lui non riusciva a finire il lavoro, così un giorno Alessandra, con la sorella Monica, decide di provare e dalle loro mani esce quello che nemmeno pensavano possibile. Le mani leggere corrono veloci e precise sul legno guidate dall'amore e il risultato non può che essere buonissimo. Pietro fa in tempo a vedere le sue figlie destreggiarsi fra sgorbie e tornio, studiare le varie essenze del legno e i tanti disegni nuovi e antichi degli intagli. Niente può mitigare un dolore come ciò che stanno portando avanti Alessandra e Monica, come ripetere i gesti, le mani sui suoi attrezzi, gli stessi passi nella sua bottega ... Passate da Varese Ligure, Pietro c'è, è lì a intagliare stampi, come sempre, solo che adesso è biondo. Alessandra Picetti Piazza Pieve ,18 -Varese Ligure- cell.347 982 0886 La morte non è una luce che si spegne. È mettere fuori la lampada perché è arrivata l’alba - Rabindranath Tagore - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • DEI CUSCINI PROFUMATI E FATATI Herbal Sleep Pillows

    Or che i sogni e le speranze si fan veri come fiori, sulla Luna e sulla Terra fate largo ai sognatori! Gianni Rodari In questi giorni particolari dell'anno, tra l'altro così vicini al mio compleanno, lasciatemi sognare ancora un po'. Proprio perché gli anni inclementi passano, rimanere bambina nel mondo delle fate e della magia per qualche giorno all'anno aiuta, poi ci ci si sveglia e nel caso i sogni si realizzano. Un'altra cosa che si può fare con le erbe raccolte in queste notti del solstizio, sono i Cuscini Fatati. Potrei chiamarli solo Cuscini Profumati , ma nella tradizione le erbe sotto il cuscino avevano davvero scopi predittivi e taumaturgici, quindi perché non fatati? L'uso di accompagnare il sonno e non solo, di fanciulli, neonati, e ragazze da marito con erbe è antico come le stesse erbe e simile in tutte le latitudini. Ovunque anche qui, in Liguria, ad ogni bimbo appena nato venivano confezionati da mani esperte sacchettini e piccolissimi cuscinetti, contro malocchio, malattie e avversità chiamati "u breve", "u brevetìn" "u brevettu" ripieni di erbe secche, fra le quali sicuramente la Ruta e la Lavanda, e altro, che veniva sistemato nella culla ma anche indossato appeso tra i vestitini. L' usanza antica, venne ripresa anche dalla religione cattolica, tanto che questi "talismani" venivano confezionati da suore, con l'aggiunta di immaginette sacre. Se volete approfondire l'argomento, consiglio la lettura del bellissimo libro "Domanda al Vento che Passa", dell'amico Paolo Giardelli antropologo di campo, studioso delle tradizioni e delle società rurali, che ha raccolto negli anni tutte le testimonianze possibili su vita e costumi di una volta e trasportate in molte pubblicazioni. Qui un estratto: Per proteggere i più piccoli da disgrazie e malattie che potevano essere “gettate” su di loro si usava porre nei vestiti dei più piccoli un sacchettino, di preferenza di colore rosso, all’interno del quale erano posti da tre a cinque grani di sale e, se possibile, qualche foglia di ulivo benedetto la Domenica delle Palme. Il ricorso ai brevi, messi nelle fasce, cuciti nel lato interno delle maglie o appuntati con uno spillo al vestito, era molto diffuso in passato, quando non vi era l’assistenza sanitaria attuale e la mortalità infantile mieteva molte vittime: -“Gli mettevano “u brevetìn, un sacchettino al collo, che dentro c’era un cristetto, una madonnina, del lumìn Cristu del venerdì santo, perché dicevano che gli davano il malocchio. Il brevetìn era a forma di cuore, lo ricamavano con ago e filo, con un cordino per tenerlo al collo dei bambini. Dentro ci mettevano quelle cose benedette”-... Fino a poco tempo fa, ma probabilmente l’uso non è ancora del tutto tramontato, non erano soltanto i guaritori tradizionali a confezionarli, su ordinazione dei genitori che li avrebbero fatti benedire al momento del battesimo, ma lo stesso clero: il breve infatti richiama i brevia, citati nei trattati di demonologia, che erano (sono) preparati da sacerdoti e suore: “Le suore davano dei cuoricini, poi facevano dei sacchettini che si mettevano al collo del bambino. Il prete ci metteva un sacchettino al collo, perché dicevano che proteggeva dal malocchio. Ci metteva una crocetta di palma benedetta della Domenica delle Palme, un po’ di sale e altre cose”... Estrapolato da P. Giardelli, Domanda al Vento che passa, malocchio e guaritori tradizionali , Pentàgora Ed., Savona 2012 ( per acquistarlo clicca qui>>> ) - bellissimi brevettin, ritrovati di recente da un'amica in casa della nonna - Cito questa antica credenza, pressoché sparita, solo per chi la ricorda o per chi non la conosceva e il posto giusto per parlarne mi pareva proprio questo dove racconto del mio cuscino profumato che mi confeziono ogni anno, che conforta le mie notti, senza per questo cadere in fatue superstizioni. Ne avevo già parlato qui >>> L'origano gioia dei monti dove accennavo ai cuscini curativi di erbe, di Origano appunto per la cervicale, o il così detto Cuscino di Venere riempito di Achillea , Salvia e Sale grosso per i dolori mestruali. Nei vari articoli dedicati alle singole erbe ho spesso citato la tale o tal' altra erba messa sotto il cuscino per vari motivi e allora perché non raccoglierne un po' in questi mattine dense di rugiade speciali e forse finalmente un po' di aria calda, da fare poi velocemente seccare, per confezionarci il nostro cuscino personale, dove chiudere i nostri desideri e chissà favorire un sonno sereno? In fin dei conti cosa serve oltre alle erbe, raccolte magari durante una passeggiata la mattina presto, ricche della benefica rugiada? Solo un rettangolo di stoffa, cotone o lino, seta, fibre naturali, ovviamente, piegato e cucito sui due lati. Si può cucire facilmente anche a mano. Può anche essere un regalo per una persona cara, un vero "pensiero". Il leggero fruscio delle erbe e il delicato profumo accompagneranno i nostri sonni e sogni. Si raccolgono le erbe, anche più di una, diverse a secondo delle necessità, mescolate insieme, perché le proprietà si rafforzino. Cliccando sul nome della pianta porta direttamente al post dedicato ad ogni singola erba Lavanda per diradare l'ansia Ruta per affrontare l'angoscia Rosmarino per un buon sonno rinvigorente anche delle capacità cognitive Alloro per un sonno ricco di sogni nel futuro Artemisia se proprio si vuole sapere tutto tutto Pioppo e Tiglio per un sonno tranquillo Achillea per sognare l' amato Cedracca per assorbire mali, dolori articolari, o anche solo farli sopportare meglio Iperico contro brutti sogni Timo per disinfettare Luppolo per calmare sognare sognare sognare Elicriso per trovar marito Sambuco per dormire insieme alle fate Felce sempre per favorire un sonno libero da tutti i mali, fosse pure un mal di denti e poi perché no la salvifica Salvia , petali di Rosa , e quanto di altro vi sembri meglio. Il cuscino più conciliante il sonno è sicuramente quello riempito con i coni di Luppolo Molte di queste hanno realmente proprietà rilassanti e probabilmente contribuiscono veramente a un sonno sereno. Una volta ben secche si sminuzzano con le mani o fra un telo premendo con un matterello di legno, senza usare marchingegni elettrici o meccanici che scaldando le erbe ne altererebbero le proprietà. Senza ridurre in polvere, eliminando gli steli più grandi che darebbero fastidio. Per la misura, da mettere sotto la testa, preferisco una soluzione bassa da poggiare sopra o sotto il cuscino a secondo di quanto desidero godere del profumo. Ognuno può fare come meglio crede, tenendo presente anche la quantità di erbe che si posseggono. Riempito, si cuce sul lato rimasto aperto, e se si vuole si può fermare le erbe con qualche punto da parte a parte. Non va lavato, ma lasciato eventualmente ogni tanto al sole per eliminare l'umidità residua delle erbe e quella che può assorbire durante la notte dal nostro corpo. Tenuto con accortezza dura anche più un anno. Se non si riesce a raccogliere tante erbe o se sembra essere troppo profumato, si possono mescolare le erbe scelte in minore quantità con pula di grano, o di grano saraceno o ad avercela paglia di riso, il famoso Crine di una volta. Dimenticavo di parlare del Crine, usatissimo una volta per confezionare cuscini e materassi da appoggiare sotto al materasso di lana. A me bambina, amantissima dei cavalli, mi faceva specie tagliassero le criniere degli adorati animali per farne cuscini, fino a che un vecchio materassaio passato per casa, mi confortò spiegandomi che per crine in questo caso si intendeva Crine vegetale , solitamente paglia di riso , ma anche fibre di Palma, più specificatamente la Palma di San Pietro , comune nella macchia mediterranea, o anche alcune erbacee marine dette Crine marino . Crine vegetale, in questo caso paglia di riso, recuperata in un campo da un'amica Io stessa ho dormito fino a che non mi sono sposata su un materasso di lana appoggiato sopra ad uno di crine e la scelta di un vegetale per il materasso e di uno di provenienza animale, non era a caso. Lo stesso materassaio mi spiegò come era necessaria sia la lana che assorbiva umori e sudori del corpo durante la notte sia il vegetale dove questa li trasferiva, e quest'ultimo li tratteneva, altrimenti avrebbero finito per tornare fra le ossa di chi si riposava la notte dopo, raccomandandomi di non buttare i miei materassi di crine vegetale perché ritenuto un materiale pressoché eterno. Una spiegazione semplicistica, che però ritrovai anni dopo in una descrizione più scientifica, constatando come per l'ennesima volta i nostri vecchi fossero saggi, sostituendo nel caso la paglia con gli " scartocci di granoturco ", le foglie delle pannocchie di mais, più deteriorabili, attaccabili da animaletti, e presto abbandonati al primo bagliore di progresso. Ora si torna, con le dovute precauzioni, ai materiali vegetali, il lattice stesso, quello vero lo è, e si trovano materassi in fibra di cocco, crine e altro, consigliati per le proprietà isolanti e di traspirazione. Ah l'estate! Una volta cominciava quando mettevi il materasso di crine sopra a quello di lana, per godere di un fresco naturale. Kapok lavato e recuperato e mescolato alle erbe per fare i cuscini Un'altra fibra vegetale dimenticata è il Kapok, morbidissima e leggerissima, la fibra più leggera al mondo che si ottiene dai semi di Ceiba pentranda, un albero dei paesi più caldi. Una volta si facevano le imbottite, le coperte spesse e trapuntate che si usavano prima dei piumini e che costavano meno. Tranquilli, se il riferimento alla magia può non essere nelle corde di tutti, gli Herbal Sleep Pillows vanno tantissimo di moda e si trovano da comperare su internet a prezzi molto interessanti, tanto da convincerci a farceli da sole, come si trovano facilissimamente quelli di Lavanda sui mercatini, a prezzi più modesti. Buon lavoro e ... sogni d'oro... anzi no ... verdi sogni dorati tranquilli e profumati. Che strana macchina è l’uomo. Gli metti dentro lettere dell’alfabeto, formule matematiche, leggi, e doveri ed escono favole, risate e sogni. Fabrizio Caramagna Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • IPERICO

    - Scrivono alcuni essere l’Hiperico tanto in odio à i Diavoli, che abbrusciandoli, e facendoli fumento con esso nelle case, ove li sentono, subito se ne partono via, perciò è chiamato da alcuni caccia diavoli, ovvero fuga demon - I discorsi del Matthioli, 1568 L'estate è esplosa, tutto è pronto da raccogliere e la notte magica di San Giovanni si avvicina. Una delle erbe da non dimenticare di prendere, appena scende la rugiada, la sera tra il 23 e il 24 è l' Iperico , o Erba di San Giovanni , e pure Erba dei 100 mali , o Cacciadiavoli . Le caratteristiche terapeutiche e legate a credenze sulla magia di questa pianta sono note fin dall'antichità. È una delle piante che si usava per confezionare i brêvi o brêvetu , o brêvetin sacchetto a forma di cuore che dentro conteneva erbe, sale e altri ingredienti ritenuti capaci di proteggere dal malocchio, Spesso dopo averli cuciti e fatti benedire si regalavano alle puerpere per metterli nelle culle o al collo dei bimbi appena nati, ma anche i contadini usavano metterli al collo delle mucche che avevano appena sgravato. qui>>>DEI CUSCINI PROFUMATI E FATATI La particolarità di macchiare di rosso scuro dei petali del suo fiore, (basta strofinare la corolla fra le dita), fa si che si attribuisca la sua nascita a dove cadde il sangue del santo e che il diavolo cercando di distruggerla riuscisse solo a perforarla, da qui il nome di Hypericum perforatum . Infatti ponendo in controluce una delle sue foglioline pare essere tutta forata. È un inganno, perché quelli che sembrano piccoli fori sono in realtà ghiandole traslucide di essenza. Tutti questi elementi rendono facile l'identificazione della pianta che cresce spontanea e a grandi macchie gialle, un po' ovunque, sui bordi delle strade e nei campi incolti, è facile vederla fiorita proprio in questo periodo. Dell'uso dell' Iperico in casa mia, vi posso solo dire che l' oleolito che faceva mia madre era oggetto del desiderio di quanti la conoscevano e che lei faceva felici ogni anno regalando a destra e a manca boccette di prezioso olio rosso. E che io, figlia ingrata, snobbavo. Fino a una sera, quando passando gli anni e incominciando gli acciacchi, decisi di massaggiarmi un ginocchio talmente dolorante da non lasciarmi prender sonno ... e in pochi minuti capii il perché di tanti proseliti. Ora sono poche le sere che non mi corico unta un po' ovunque e che giugno passi senza vedere i miei balconi con barattoli di olio e Iperico a macerare. Delle mie personali considerazioni su come fare gli oleoliti già ho detto nel post sull' Achillea ( qui>>> ) ma ripeto la facile ricetta di quello di Iperico : Basta prendere una quantità di sommità fiorite (sempre lontano da luoghi inquinati) sufficiente a riempire, il giorno dopo quando è appena un po' appassito, un classico vaso di vetro da conserve, coprirlo di olio, in questo caso extra vergine di oliva, o metà vinacciolo, chiudere con una garza, esporlo al sole caldo. Dopo qualche giorno, evaporata almeno in parte l'umidità, lo chiudo e continuo a lasciarlo al sole per 40 giorni, scuotendo ogni giorno, fino a che non abbia assunto un bel colore rosso. Dopo di che filtro e chiudo in boccette scure. Ho già detto che questo è uno dei pochi oleoliti che lascio al sole proprio per estrarre tutta l'essenza dalla pianta, consiglio a chi vuole cimentarsi, di non farne litri perché bastano poche gocce per un massaggio, quello che la pelle riesce ad assorbire. Oltre a dare sollievo nei dolori muscolari, del nervo sciatico, dei reumatismi e altri, è un prezioso antirughe, pare accertato sia il miglior anti-età che ci sia in natura, un vero rigeneratore e con questo potere risulta utilissimo in caso di bruciature, ustioni anche quelle che formano la bolla. Oltre a dare immediato sollievo, favorisce la guarigione. Unica controindicazione la fotosensibilità , quindi sconsigliato l'uso prima dell'esposizione al sole per non incorrere in fastidiosi pruriti o macchie, mentre è consigliato come doposole , la sera. Recentemente ho letto come questo non sia proprio così, che solo per ingestione avviene l fotosensibilità, io mi attengo alle vecchie regole, visto i tanti altri che mi posso dare. Infatti persino gli animali che se ne cibano a volte vengono presi da attacchi di prurito e i contadini devono provvedere a togliere le piante di Iperico dal fieno per un po' di tempo. Non sono tutte qui le proprietà di questa erba. È ormai accertata scientificamente la sua capacità di curare le lievi depressioni e l'insonnia, con gli stessi effetti delle benzodiazepine, senza gli effetti collaterali di quest'ultime, ma anche le cistiti, e le affezioni bronchiali. A questo proposito le interazioni con altri medicinali, persino gli anticoncezionali, sono talmente importanti da non consigliare a cuor leggero l'uso interno casalingo, anche se Strabone , storico e geografo greco, più o meno 2000 anni fa, utilizzava la tisana di fiori per procurarsi buoni sonni e riposare sereno. Forse, parlando della pianta come Scacciademoni si intendeva quelli interni, come i pensieri tristi e la malinconia classici della depressione che non trovando una spiegazione venivano attribuiti a forze malefiche superiori, e non è forse per chi ne soffre un vero diavolo interiore? Al giorno d'oggi i composti fitoterapici a base di Iperico sono tra i più usati, e una cura al cambiamento di stagione, sotto controllo medico, può scongiurare all'inizio dei primi sintomi, l'approssimarsi di patologie che, trascurate, potrebbero diventare ben più gravi. Passati i tempi per me di interazioni con medicinali come la pillola anticoncezionale un pizzico di iperico nella tisana della sera a primavera e in autunno lo metto, per tirarmi su il morale. varietà di iperico anche questa comune nei prati ma non perforatum Esistono diverse varietà di Iperico, molto usate nei giardini, che non hanno proprietà curative, quindi va attentamente individuata la specie perforatum spontanea di cui sopra. Un altro Iperico selvatico che ho trovato al sud, nel mio girovagare in terra Tarantina, è l' Hypericum triquetrifolium , dal fiore più piccola e dalla conformazione della pianta fitta fitta, chiamata fumulu, o erba di San Giovanni crespa, e la cito perché è interessante l'uso che ne facevano una volta. Sui muretti a secco venivano fatti tappeti di questa erba e sopra messi i fichi a seccare. Per la particolare conformazione dell'erba creava un perfetto graticcio per l'areazione che permetteva una perfetta essiccazione. inoltre veniva usato per fabbricare piccole scope. Non mi risulta che abbia proprietà nemmeno questo. Aggiornamento 2021: Ho recentemente scoperto che anche questo iperico dalle foglie piccole e triangolari pare venga usato per un olio con le stesse proprietà di quello fatto con l' iperico perforato. La modalità di preparazione è la stessa, ma l'olio non diventa rosso Hypericum triquetrifolium Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti . Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>> Tutti gli usi alimurgici o farmaceutici indicati sono a mero scopo informativo, frutto di esperienza personale, declino ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.

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