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  • È TEMPO DI AMENTI

    Di scorcio nel pendio della collina pallida sul lago non fronde non verdezza. Solo i nocciuoli tra i fusticelli diramati all'aria hanno allungato i ciondoli giallini e ingemmato il rossore degli stimmi. Forse così d'incerta pubescenza trasparve nella prima età la primavera ermafrodita. Più in là, dimenticato al margine dell'acqua, è un rimasuglio delle nevi... A. Richelmy - Febbraio - È tempo di amenti e occorre parlarne. Appunto, ma esattamente cosa sono questi "amenti"? Passeggiando in campagna, tra fine gennaio e febbraio, il primo debole segnale della primavera in arrivo sono i fiori penduli del nocciolo, mentre lungo i corsi d'acqua i salici iniziano a mostrare i loro "gattini". Ebbene questi sono amenti, nome di alcuni fiori di specie botaniche. I primi fiori, anche se pochi sanno che sono fiori. Quelli penduli, spesso se non sempre, sono maschili, come quelli del nocciolo, mentre le infiorescenze femminili di quest'ultimo sono piccole e poco evidenti se non ad un occhio attento. Piano piano più avanti nei mesi si vedranno quelli di betulle, ontani, querce, castagni e pioppi. Sono fiori che si servono del vento (anemofili) che trasporta il polline anche a km di distanza ad un altro albero simile, visto che di solito non possono impollinare lo stesso albero. -amenti di nocciolo- Pur non servendosi di insetti impollinatori, il pensiero va ugualmente alle api che trovano negli amenti di nocciolo il primo cibo utile dopo l'inverno per riprendere l'attività, nutrire la regina dell'alveare che ricomincerà a covare. Le api andranno in seguito a raccogliere il nettare di tutti i fiori primaverili, prodotto da questi proprio per attirare le api e favorire l'impollinazione, con il quale produrranno il miele, fonte di zuccheri nella loro nutrizione, ma adesso servono le proteine e se pur il polline degli amenti di nocciolo non ne è ricchissimo, la grande quantità di fiori prodotti dagli alberi è di primaria importanza per la loro sopravvivenza. - amenti di ontano - Al di là della curiosità botanica di scoprire che sono fiori, anche l'uomo se ne è servito nella sua alimentazione. In questa corsa a scoprire quello che c'è di edibile in natura, e basterebbe capire che se siamo qui dopo più di 200.000 anni e perché è quasi tutto commestibile, si riscoprono ricette e usi abbandonati ed è tutto un fiorire di frittelle e bevande a base di amenti. Personalmente, pur sapendo che ci si poteva nutrire di questi particolari fiori della betulla, dell'ontano, del pioppo, del nocciolo e del castagno, della quercia, anche se più la pianta è ricca di tannini più sono amari, non mi è mai venuto voglia di provare a metterli in una zuppa o di pastellarli e friggerli. So che alcuni fanno una bevanda frizzante tipo birra, o li usano in altri processi di fermentazione. Non sono contraria alle prove in generale, e sono contenta di avere questo tipo di conoscenza, fosse mai un giorno mi servisse, ma non ne sento la necessità. In rete si possono trovare ricette di tutti i tipi. - amenti di Castagno - Occorre ricordare che hanno diverse proprietà medicinali. Basta pensare al salice che contiene salicina e pochi amenti possono raggiungere il potere medicinale di una aspirina, e non è possibile in maniera casalinga misurare la quantità di principio attivo. Qui in valle era usato il decotto di amenti secchi e foglie di castagno per curare bronchiti e influenze con febbre alta, tosse e dolori vari. Anche quelli di nocciolo sono usati per lo stesso scopo, consigliati dalla Antica Farmacia Sant'Anna di Genova >>> cliccando si legge la ricetta. Inoltre per la l'ovvia massiccia presenza di polline, sono tra i responsabili delle maggiori allergie, quindi attenzione agli usi ... - amenti di Pioppo tremulo - Conosciamo tutti la leggenda dei "gattini" di salice, la gatta disperata perché avevano gettato i suoi piccoli nel fiume così regalò la morbidezza delle sue zampine al salice pietoso che si chinò a salvarli... qualche ramo non poteva mancare in casa nei vasi di fiori secchi, quando le stanze si adornavano di cose semplici e naturali ed era tutta una corsa a cercare di raccoglierli prima che si aprissero ... ma non s’adira il giovinetto alloro, il leccio, il pioppo tremulo ed il lento salice: a prova corrono con loro; cantano al vento. G.Pascoli - Pino in fiore - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • PASSEGGIANDO RICONOSCENDO ERBANDO 2023

    Eccoci! Ci siamo! Il tanto atteso programma degli eventi di Erbando della primavera 2023. Ho tergiversato fino ad ora perché è tutto in divenire e queste sono solo le prime date certe, ce ne saranno sicuramente altre, ma intanto... SABATO 4 MARZO ERBANDO AL FIUME Nelle storiche location che per prime hanno ospitato gli incontri di Erbando si ripete anche quest'anno la passeggiata di riconoscimento erbe del Prebuggiun nei terreni messi a disposizione dei B&B Fiume e B&B Tre Ponti. Un pomeriggio dedicato a tutto quello che si incontra, in primis, le erbe del Prebuggiun. Ognuno dei partecipanti potrà a piacere annotare quello che vuole, (nome caratteristiche ecc. di ogni erba) su un taccuino consegnato a inizio evento, ed una fogliolina raccolta che costituirà poi un piccolo erbario da portarsi a casa. Taccuino e penna (forniti da noi) e passeggiata con un contributo di 15 euro a persona all'Associazione. Al termine chi vuole potrà avere i manuali dell'Associazione con il contributo di 1 euro cadauno. I posti disponibili per questo evento sono solo 15, per questo motivo all'atto della prenotazione sarà fornito il codice IBAN dell'Associazione per un versamento anticipato di 10 euro della quota Prenotarsi al 348 693 0662 Per problemi di linea (siamo tra i monti) è preferibile chiamare tramite wsapp . In caso di maltempo l'evento sarà rimandato. 12 MARZO DOMENICA SELVATICA E RIPIENA A BARGONE Dopo il successo dell'anno scorso torna la Domenica Selvatica all'Hostaria Tranquillo a Bargone Al mattino nei campi, nei pressi del ristorante, una breve passeggiata per il riconoscimento delle erbe classiche del Prebuggiun con Lella Canepa. A ogni partecipante sarà dato un taccuino per formare un erbario personale da portare a casa con le proprie annotazioni o in alternativa i sette manuali cartacei. Alle 12,30 -13 Pranzo al Tranquillo con menù a base di erbe a km0 A grande richiesta, dopo aver assaggiato i pansoti di Monica, al pomeriggio, per chi vuole rimanere, un corso amatoriale introduttivo sulle paste ripiene, in particolare i pansoti. Sarà mostrato come pulire, cuocere le erbe, preparare un ripieno e come lavorare la pasta fino al prodotto finito in maniera casalinga così come facevano le nostre nonne. Ogni partecipante proverà a impastare e preparare una piccola quantità di pansoti . È possibile partecipare all'intera giornata o alla mattina con pranzo o al pomeriggio con pranzo Passeggiata del mattino più pranzo: € 35 Pranzo più corso del pomeriggio: €35 Passeggiata + pranzo + corso, l'intera giornata: € 60 Menù Antipasto Baciocca della Val di Vara Torta di erbe Pansoti fatti a mano con prebuggiun e ricotta conditi con burro e salvia Arrosto ripieno alle erbe con insalatina fiorita e patate al forno Tiramisù al profumo di limone Prenotarsi al 3421601908 DOMENICA 19 MARZO PROBABILE EVENTO IN LUNIGIANA ANCORA DA DEFINIRE DOMENICA 26 MARZO SIAM FRITTI!! MA ALLA GENOVESE Una domenica senza erbe ma per soddisfare la richiesta di chi non ha potuto imparare dalla nonna o dalla mamma a preparare il fritto alla genovese nelle ostie. A pranzo un menù a tutto fritto per introdurre l'argomento, al pomeriggio si passa all'azione e si preparano stecchi e crocchini nell'ostia sotto la scrupolosa guida di Lella, Monica e Alice. I partecipanti impareranno a comporre stecchi e crocchini avvolti nella sottilissima ostia classica del fritto della Liguria, la giusta impanatura di carne e verdura, la composizione del lattedolce fritto e del lattebrusco, fino a comporre una porzione da portare poi a casa. Menù ore 13 Gnocchi fritti Frittole di erbette Panissa fritta Polenta fritta con salse Fritto misto Frittelle di mele Costo degustazione più corso con Lella e Monica: € 60 Prenotarsi al 3421601908 DOMENICA 2 APRILE RISVEGLIO NATURALE A VALLETTI Appuntamento annuale imperdibile a Valletti all'Agriturismo Il Risveglio Naturale per il riconoscimento delle erbe selvatiche Al mattino durante la passeggiata nei campi intorno sarà possibile riconoscere le erbe trovate sul percorso e costruire un erbario da portarsi a casa Al ritorno a pranzo menù selvatico Al pomeriggio la chiacchierata proseguirà per consentire di perfezionare l'erbario e per i consigli sulla pulitura e i vari usi delle erbe. Pranzo: Aperitivo e antipasto a tema erbette Tortelli di Prebbugiun Arrosto Profumato alle erbe di Liguria con insalata selvatica Dolce È possibile arrivare al sabato e pernottare in Agriturismo. La giornata intera di domenica, riconoscimento erbe pranzo in Agriturismo 40€ a testa. Posti limitati Informazioni al Tel. : 01871854393 Cell.: 3493386861 Mob. : 392219596 SETTIMANA DAL 2 ALL'8 DI APRILE DEDICATA ALLA COMPOSIZIONE DEI TRADIZIONALI PALMIERI , ANCORA DA DEFINIRE NEI PARTICOLARI CHI VOLESSE IMPARARE A FARLI CHIAMI IL 3486930662 SABATO 22 APRILE A CASA DI ERBANDO Non può mancare l'annuale appuntamento a Casa di Erbando. Una passeggiata con Lella Canepa di riconoscimento erbe e fiori selvatici a 800 mt.s.l.m. diversi da quelle che si ritrovano in riviera e quando a questa altezza ci sono ancora. La composizione di un erbario da portarsi a casa con le nozioni acquisite durante il cammino e un campionario di foglie raccolte Taccuino e penna per l'erbario (forniti da noi) e passeggiata con un contributo di 15 euro a persona all'Associazione. Al termine chi vuole potrà avere i manuali dell'Associazione con il contributo di 1 euro cadauno. È necessario prenotarsi, meglio via wsapp, al 3486930662 All'atto della prenotazione sarà fornito l'Iban dell'Associazione dove versare un anticipo di 10 euro a conferma della prenotazione stessa Queste le prima date, ci saranno altre date e luoghi, ancora da definire nei particolari, l'evento primaverile alla Cascina Il Cucco fra il 25 aprile e il primo maggio, un evento dedicato ai fiori e alla composizione di sciroppi, oleoliti, o quant'altro, probabilmente a fine maggio, la tradizionale partecipazione a Chiavari in Fiore, le BancaLelle a Rapallo, restate connessi! Ricordo che gli eventi pubblici sono sempre postati sul mio profilo fb, sulla pagina dell'Associazione, su Instagram e sul blog con un ragionevole anticipo. Purtroppo non tutti riescono a prenotare o essere presenti quando decido io il giorno o il posto, quindi è possibile organizzare un evento dove si vuole DISPONGO DI UN CERTO NUMERO DI DATE INFRASETTIMANALI PER EVENTI PRIVATI PER GRUPPI DI ALMENO 10 PERSONE È NECESSARIO : UN TERRENO MESSO A DISPOSIZIONE DAL PROPRIETARIO UN POMERIGGIO O UNA MATTINATA circa DUE ORE, DUE ORE E MEZZA, massimo TRE UN MINIMO DI DIECI PERSONE DURANTE L'INCONTRO NON SI RACCOGLIE MA SI RICONOSCE A ogni partecipante verrà dato un taccuino dove fare le proprie annotazioni e compilare un erbario personale da portarsi a casa con le erbe che si incontrano o in alternativa i sette manuali cartacei È richiesto un contributo minimo a persona di 15 euro all'Associazione Erbando Trovate dieci amici o amiche e sarò felice di essere dei vostri e passare qualche ora insieme nella natura a parlare di erbe selvatiche commestibili. Mi potete contattare solo via Wsapp al 3486930662 per accordarci Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • STRUDEL DI FARINA DI CASTAGNE DI ROSSANINA (QUASI)

    Questa ricetta un po' rubata, mi dà l'occasione di parlare di ROSSANINA DEL SANTO >>> la maga del "senza" senza glutine, senza nichel, senza uova, senza lattosio, ma non senza gusto. Appassionata di cibo inventa ricette su ricette buone e belle per far sorridere la tavola degli allergici, celiaci e intolleranti. Generosamente, pur essendo il suo lavoro, spesso le mette a disposizione gratis, sui vari canali social Fb, Instagram, You tube. Cuoca sopraffina, è referente per il mondo dei celiaci, fa corsi anche on line su panificazione e altro sempre "senza". Se non la conoscete e foste in un impasse per questioni di intolleranze e allergie correte a leggere, in fondo al post i link ai suoi profili. Basta un'occhiata ai suoi piatti per capire che sono soprattutto "senza" tristezza. Per quanto mi riguarda, pur non dovendo al momento fare attenzione a questo e a quello, il suo entusiasmo è talmente contagiante che non posso fare a meno di seguirla. Qualche giorno fa ha postato questo strudel di farina di castagne pensato per l'allergia al nichel, talmente intrigante che ho deciso di provare. Non ho seguito alla lettera la ricetta, anche io sono molto freeform, soprattutto perché non ne avevo bisogno e quindi ho fatto alcune modifiche, senza molta attenzione alle intolleranze, di cui spero non se ne avrà a male. Le differenze sono minime, ho usato il latte normale, non ho messo i 2 gr. di xantano (non ce l'avevo) che penso servano a tenere insieme meglio il composto e usato anche due pere invece che solo mele. Ho lasciato le stesse farine, mi piaceva molto l'idea della farina di riso quindi: 80 gr. di farina di castagne 50 gr. di farina di riso 50 gr. di fecola poi un uovo 50 gr. circa di latte (anche un po' meno) (anche senza lattosio) 30 gr. di zucchero per il ripieno: 2 mele renette 2 pere poco zucchero finissimo di canna un etto di burro (se si vuole senza lattosio) Ho impastato insieme le farine e lo zucchero con l'uovo, aggiungendo il latte poco alla volta fino ad ottenere un impasto morbido, con attenzione e poi lasciato riposare almeno mezz'ora. Ho tagliato a piccoli pezzi le mele e le pere mescolate con un cucchiaio di zucchero e metà del burro sciolto. Ho steso su carta forno infarinata con la farina di riso, con delicatezza e ho messo i pezzetti di mela e pera, ancora una spruzzata di zucchero, pinoli e qualche briciola di buccia di mandarini e arance bio che secco e macino io. Avvolto con l'aiuto della carta, la pasta è molto fragile, ho spennellato di burro fuso e cosparso di zucchero finissimo di canna. Cotto nel forno a 180° per una mezz'ora, aprendo ogni tanto e spennellando col rimanente burro fuso. Tagliato e servito con panna montata. Come si vede nella foto, cotto nella stufa a legna, è bastata un legna in più e la fiammata lo ha colorato troppo qui e là, ma questo non ha influito su chi lo ha gustato. Nella fretta di assaggiare ho dimenticato una foto dello strudel intero prima e dopo averlo infornato e adesso... non c'è già più 😂😜😂 La prossima volta lo farò solo di pere. Grazie Rossanina dell'idea. Fb : Rossanina Maga Merletta https://www.facebook.com/search/top/?q=Rossannina%20maga%20merletta Instagram: Rossanina free form https://www.instagram.com/rossaninamagamerletta_freefrom/ Sito: Rossanina free form https://www.rossaninafreefrom.it/?fbclid=IwAR2kVQoK26QXcHHe8OTG73A7rmuNC4TipOgCB4BFvAJBuEdzkCAA8rsvQxY You tube: RossaninaMagaMerletta https://www.youtube.com/@rossaninamagamerlettafreef5837 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • LA FUMARIA

    Perché ora, a gennaio, un post su quest'erba? Perché il tempo davvero matto nel quale viviamo mi ha permesso nei giorni scorsi, prima della nevicata, di trovare una pianta di Fumaria capreolata incredibilmente sviluppata e fiorita come mai potrei dire avevo visto qui. Mentre più in basso è pianta davvero infestante, insieme alla varietà officinalis, quella con i fiori rosa rossi, a questa altezza è un po' più difficile trovarla. Trovarla, poi, rigogliosa e completamente fiorita a metà gennaio, questo non me lo aspettavo. Fiorita completamente, in una giornata di sole invernale talmente forte che non sono riuscita a fotografare meglio di così. L'ho notata perché si faceva ben vedere attorcigliata ai rami spogli di una vitalba, che a sua volta aveva preso possesso della vecchia recinzione. Questa proprietà le viene curiosamente dalle foglioline che sono in grado di avvolgersi come viticci per salire e diventare quasi un rampicante. I fiori invece dovrebbero esserci da giugno, senz'altro sono anche questi il risultato dell'eccezionale primavera tardiva venuta al posto dell'autunno. Osservando le foglie, specie di questa varietà, si può vedere una vaga somiglianza con il Papavero qui>>> o la Celidonia qui>>> e infatti appartiene alla stessa famiglia, le Papaveraceae, sono cugine in pratica. I fiori invece non assomigliano per niente a nessuna delle due, piccoli, lunghi, riuniti a grappolo con la cima più scura. Così come queste altre contiene un alcaloide che ne fa un'erba potenzialmente tossica, sconsigliata per il consumo alimentare. Le sue proprietà sono prettamente medicinali, quando anche nella farmacopea contadina si sapeva come usarla. Proprietà antinfiammatorie, toniche e spasmolitiche per il fegato e le vie biliari, lassative e diuretiche, vermifughe. L'uso esterno contro dermatiti, congiuntiviti, eczemi. Una volta, quando era banale saperlo, veniva considerata l'erba che portava ai cento anni, in grado di curare anche le malattie inventate degli ipocondriaci. Adesso a fare da soli riusciremmo solo ad intossicarci, anche se non è tra le piante più tossiche. L'uso è quindi riservato solo agli erboristi esperti, o a chi, fortunato, ne ha memoria. Talmente importante come pianta curativa che ho letto come i Francesi le dedicassero un giorno dell'anno, il 3 di marzo. Perché invece in quasi tutti i paesi del mondo il suo nome fa riferimento al fumo non l'ho capito bene. Ho letto che sarebbe per il colore grigio (???) delle foglie, che da lontano assomiglia a una nuvola di fumo...o perché bruciando fa un fumo irritante, o solo estirpandola pare produca un odore acre simile al fumo, o anche perché il gusto è amaro sgradevole come il fumo. Pare abbia delle proprietà tintorie, probabilmente sul giallo. Proverò. Fumaria officinalis foto di Actaplantarum Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • IL VISCHIO

    Un'altra fine anno, un altro Capodanno. Questo tempo uggioso, pieno di nebbia e pioggia, oltre a immalinconirmi, mi ha impedito di andare per boschi a cercare il vischio. D'altra parte non avrei nemmeno nessuno da baciare sotto al classico ramo appeso in casa, quindi mi sarei accontentata di trovarlo senza coglierlo. Nonostante siano ormai anni che non lo appendo più per i baci ho sempre cercato di averne un ramo in casa, essendo questa una delle usanze più antiche dell'uomo. La pianta mi ha sempre incuriosito perché qui nella mia valle non si trova, e anche mia madre ha desiderato tutta la vita trovarlo in un bosco, come andavano raccontando fungaioli e cacciatori che sapevano dove Finché un giorno, non tantissimi anni fa, a pochi chilometri, valicando il passo delle Cento Croci ed entrando in Val Taro, proprio lungo la strada, ho visto i primi alberi, nel caso peri, prugne e mele, con il vischio sopra. Essendo in un terreno privato li ho potuti ammirare solo da lontano, ed è diventato un appuntamento ogni volta che mi recavo a Borgotaro. Oggi quegli alberi sono secchi, e non c'è più vischio, in seguito ho saputo che in quelle zone non è difficile trovarne, anche se sta diventando sempre più raro. L'ho ritrovato invece salendo la strada che porta al parco del Pollino, in Basilicata, proprio ai primi di dicembre di qualche anno fa, in un viaggio magico, che forse proprio perché aveva un che di stregato doveva riservarmi, oltre al resto, anche la sorpresa di un albero coperto di decine di grossi ciuffi di vischio, che ho potuto osservare con calma, ma ero tanto emozionata che non ho fatto che due sole foto. Pochi km dopo, in una trattoria del posto, altro incontro magico che conservo nel cuore come uno dei ricordi più belli, direttamente dalla forestale, venni a sapere che, contrariamente a quanto si pensa, non è una pianta protetta dappertutto sul territorio nazionale, ma solo a protezione regionale, più al nord come il Trentino, la Lombardia e forse il Piemonte, anche se lì trattandosi di una zona di Parco, dubito si potesse raccogliere. Il Vischio, di qualsiasi varietà si tratti, se Viscum album, il più comune, con le bacche bianche perlacee, su piante da frutto, tigli, salici ecc, . Loranthus europaeus Jacq dalle bacche giallo oro, che vegeta sulle querce e sui castagni o Phoradendron leucarpum quest'ultimo arriva dall'America del Nord ai nostri fioristi, è una pianta emiparassita. Per emiparassita si intende una pianta che integra il nutrimento che le abbisogna prendendolo da una pianta ospite. Infatti non vivrebbe se le sue radici fossero messe sulla terra, anche se è in grado di crescere attraverso la fotosintesi. Si pensa solitamente che questo farà morire certamente la pianta dove si attacca, non è del tutto vero, anche se spesso dà una mano al deperimento di quest'ultima. Essendo una delle piante più antiche che accompagna l'uomo da secoli, una delle più magiche e sacra, dalle molteplici proprietà, centinaia sono le leggende alle quali è legata. Fra le più note quelle della tradizione del bacio e del perché appenderlo sopra alla porta. Celti e Druidi ritenevano le piante, specie quelle trovate su quercia, talmente sacre, nate da un fulmine scagliato da un dio, che venivano raccolte con un'apposita cerimonia al termine di un banchetto e solo un sacerdote poteva coglierle, con un falcetto d'oro e facendole cadere su di un drappo bianco, o prese al volo, circondato da altri sacerdoti che le riponevano in un bacile d'oro. Creduto il Vischio, in grado di ridare la possibilità di generare a qualsiasi essere sterile e quindi simbolo di fecondità per come era in grado di crescere senza radici, e di guarire quasi tutti i mali. In realtà avrebbe davvero proprietà medicinali, si parla anche di un certo effetto su alcuni tumori che viene studiato adesso, o di come regoli la pressione, e si sa che veniva usata nella medicina popolare, a me è rimasto solo il memore della sua tossicità e a livello casalingo è davvero sconsigliato farne uso, o di quando con le bacche se ne faceva una colla per acchiappare gli uccelli, pratica oggi proibita. - Enea occupa l'ingresso ed asperge di acqua fresca il corpo ed attacca il ramo sulla soglia davanti. Compiuti dunque i riti, consegnato il dono alla dea, giunsero ai luoghi ridenti, alle amene verzure, le sedi beate dei boschi fortunati: Qui l'aria è più pura e veste di luce purpurea le pianure, vedono un loro sole e stelle loro. - Eneide, libroVI L'uso di appendere il vischio alla porta pare derivi da un passo dell'Eneide che riconosce nel Vischio il ramo d'oro con il quale Enea, volendo rivedere il padre Anchise morto, si presenta alla porta degli inferi, consigliato dalla Sibilla Cumana, per calmare le ire di Caronte e offrirlo a Proserpina e appenderlo sulla porta della città di Dite, all’ingresso dei Campi Elisi, potendo così proseguire per incontrare il padre fra i beati. - Se non ti commuove l’esempio di una tale pietà , almeno riconosci questo ramo!» e mostrò il ramo che teneva nascosto sotto la veste. Il cuore di Caronte, gonfio d’ira, si mise in pace: egli non disse più nulla - Il bacio sotto al ramo di Vischio è invece leggenda nordica. La dea Frigg, madre del dio Sole Baldur, temendo la profezia che le annunciava la morte del figlio e quindi la fine della vita sulla terra, si fece promettere da tutti gli elementi, animali e piante, che non gli avrebbero fatto del male, ma dimenticò il Vischio e il dio del male ne approfittò per confezionare una freccia che diede in mano a Hoder ,il dio cieco dell'inverno, che la scagliò proprio contro il figlio della Dea, uccidendolo. Pianse la madre affranta sul corpo dell'amato Baldur e le sue lacrime si trasformarono nelle traslucide perle del Vischio, riportando in vita il figlio. Felice la dea baciò chiunque passasse di lì, appunto sotto il Vischio adorno per la prima volta di bacche bianche ... Nel caso vi accingeste a raccoglierlo per usarlo come portafortuna, sappiate ancora che non va raccolto con le mani nude e mai che mai preso con la mano sinistra e lasciato cadere a terra ma afferrato al volo. Dopo decine di baci sotto il vischio e qualche ramo raccolto personalmente, posso affermare con cognizione di causa che quello usato da me doveva essere proprio stato raccolto malamente non avendo ricevuto meno che meno nessuno degli effetti fantastici che mi aspettavo. Con ciò stasera se avessi un ramo di vischio e qualcuno da baciare proverei ancora una volta. Auguri e baci Ho derubato i boschi i fiduciosi boschi gli alberi ignari porgevano le loro galle e i muschi lusinghe alla mia fantasia esaminai curiosa i loro ninnoli li afferrai li portai via cosa dirà l’austero abete cosa la quercia? Emily Dickinson Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • DICEMBRE EVENTI

    Pubblico per chi fosse nei dintorni o volesse visitare la Riviera Ligure nei prossimi giorni Due gli eventi significativi ai quali parteciperò con le erbe per conto dell'Associazione Erbando Si comincia a LAVAGNA>>> dove sabato 3 dicembre e domenica 4 si svolgerà SONO TUTTI CAVOLI NOSTRI evento che prende spunto da una delle verdure più buone coltivata nella piana dell'Entella il Cavolo di Lavagna, ingrediente di molte ricette del territorio, ne avevo scritto qui>>> FOCACCETTE DI MAIS E DINTORNI e qui>>>PICAGGE DI MAIS E CAVOLI ALLA CREMA DI FORMAGGIO oltre ad altre varietà come le Gaggette, ecc. Sarò presente il 3 il 4 al Porticato Brignardello con le erbe, i manuali, per una chiacchierata con chi vorrà passare a trovarmi. Qui il programma delle iniziative e gli eventi della manifestazione A pochi chilometri a Sestri Levante, PANE E OLIO tradizionale festa dell'olio nuovo. Anche quest'anno programma ricco di iniziative ed eventi, uno collegato ai Cavoli Nostri con un'escursione che porterà in una bellissima passeggiata a piedi da Lavagna a Sestri Levante a Pane e Olio. Sarò in piazza Bo alla Casa dell'Olio sabato 10 alle 15,30 con le erbe, i manuali, per una chiacchierata con chi vorrà passare. Anche qui il programma completo dei numerosi eventi https://www.sestri-levante.net/wp-content/uploads/2022/11/PANE-E-OLIO-PER-WEB.pdf Se interessati agli eventi e volete trascorrere qualche giorno in riviera ricordo i due B&B nelle vicinanze che partecipano sempre alle iniziative dell'Associazione: https://www.lellacanepa.com/single-post/2020/07/31/b-b-del-cuore B&B Il Fiume Via Fiume, 11, 16030 Castiglione Chiavarese FRANCA 0185 408000 Facebook https://www.facebook.com/bebfiume/ B&B Tre Ponti Via Fiume 3, 16030 Castiglione Chiavarese MARTA 338 992 9095 Facebook https://www.facebook.com/BB-Tre-Ponti-309423053312785/ Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • PISAREI E FAŚÖ

    Tempo di zuppe e piatti caldi, corposi, sazianti e riscaldanti. Fra questi i Pisarei e fagioli, non proprio una zuppa, non proprio una pasta asciutta, un piatto che ho imparato da sola, da un'enciclopedia comperata anni fa e mai mangiata nella zona di origine: il Piacentino. Quindi trattasi di esperienza personale, mi perdonerà chi li sa fare veramente. Piatto povero, si racconta che i monaci lo servissero ai viandanti che passavano sulla via Francigena, nutriente e appagante oltre che poco costoso. Ricetta antica, Fasò si capisce sono i fagioli, che con gli arrivi dalle Americhe nel tempo sono cambiati, da quelli piccoli con l'occhio ai borlotti (qualcuno mette i cannellini), all'aggiunta del pomodoro, Pisarei sono dei piccoli gnocchetti di pane grattato e farina che cotti in acqua bollente vengono poi conditi in un sugo di fagioli. Spesso li faccio quando mi avanzano dei fagioli bolliti per qualche altra pietanza, si conservano nell'acqua di cottura, ben chiusi in un contenitore in frigo, anche 4 o 5 giorni. Prima faccio l'impasto (con queste dosi vengono tre piatti abbondanti) 50gr. di pane grattugiato 130 di farina, spesso la metto integrale, anche se è un po più difficile da lavorare sale acqua tiepida quanto basta per un impasto compatto che metto a riposare sotto una ciotola mentre preparo il sugo. Nella casseruola, se possibile di terra, (la mia si è rotta!!! dopo tanti anni di onorato servizio e un numero di traslochi incredibile), metto i classici odori cipolla, sedano carota, ma anche solo cipolla e poco lardo pestato con un niente di aglio, faccio imbiondire, poi butto i fagioli con parte dell'acqua di cottura e faccio passare, insaporire, dopo qualche minuto aggiungo il pomodoro passato e faccio cuocere a fuoco basso mentre finisco i pisarei. La ricetta originale comprende la cottura dei fagioli ammollati direttamente, quindi dopo averli fatti passare nel soffritto di odori e lardo, si aggiunge acqua e poca passata di pomodoro e si fanno cuocere a fuoco bassissimo come un sugo di carne. Dall'impasto prendo una piccola parte che allungo in un rotolino e da questo stacco delle porzioni di pasta grosse più o meno come i fagioli, che finisco incavandole con la pressione del pollice . Sulla bravura nel formare i pisarei, pare che le suocere valutassero l'affidabilità delle future nuore, probabilmente io sarei rimasta nubile, ma non li ho mai fatti con una piacentina doc e come li faccio li faccio piacciono molto. Sull'etimologia della parola "pisarei" ci sono diverse versioni, la più verosimile sembra derivare dallo spagnolo "pisar" nel senso di schiacciare, l'azione che si fa con il pollice per dare al pezzetto di pasta per dare la forma. Altre alludono a spiegazioni più terra terra, ma lasciamo perdere. Cuocio in abbondante acqua salata come qualsiasi gnocco, pochi minuti e quando sono venuti a galla, dopo qualche bollore, li raccolgo con la schiumarola e li metto a insaporire nel sugo di fagioli per qualche altro minuto. Il risultato è a mezza strada fra una zuppa non troppo brodosa e una pasta non troppo asciutta. Per chi è vegetariano, tolto il lardo, è una valida alternativa al sugo di carne, come era nell'intenzione dei monaci che lo servivano ai pellegrini di passaggio, bisognosi di nutrimento, per proseguire il viaggio a piedi per raggiungere Roma Viandante non c'è via, la via si fa con l'andare Antonio Machado Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • LA MELAGRANA

    La pazienza è come una melagrana, la sua scorza è amara, ma il frutto è succulento. Mohamed Meziane Giaceva da qualche giorno questo post in attesa di essere finito, come la Melagrana regalata da un'amica di essere mangiata. Il tempo passa tanto velocemente che raccogliendo gli ultimi pomodorini dell'abbandonorto per un attimo ho pensato: "potrei usarli per appenderli all'albero di Natale". È stato estate ancora a ottobre e fino quasi a settimana scorsa, poi qualcosa che finalmente si poteva chiamare pioggia. Qui l'unico albero di melograno è nel giardino di una casa abbandonata da anni, così in questo rotolamento di giorni uno appresso all'altro ho dimenticato di andare a raccoglierli. Non sono mai maturati a sufficienza per potersi dire buoni, ma di solito non dimentico di fare in giro a vederlo fiorito e uno a raccogliere i frutti che riesce a fare che raccolgo ugualmente per usare come decorazione. Poi qualche giorno fa qualcuno mi ha donato una bellissima melagrana pronta da mangiare, e così ho ricordato! Che bel regalo! Per tutto quello che una melagrana rappresenta. i melograni della casa abbandonata Fatica qui a maturare questo frutto perché arriva dal sud, da paesi caldi, così come arrivano a noi le migliori da Sicilia, Calabria, ma anche Marocco, Spagna e simili. È antico, si dice che il famoso frutto proibito del Paradiso Terrestre fosse appunto una Melagrana, non semplicemente una mela. Melagrana d'altronde significa proprio mela fatta di grani, e così appare quando si apre. Forse per questa sua presenza fino da tempi remoti porta con se simbolismi in ogni parte del mondo e in tutte le religioni, è citato in tutti i testi sacri, più volte nella Bibbia e nel Corano, nei libri sacri induisti o nella tradizione cinese. Per gli ebrei i 613 chicchi, che si dice contenga una melagrana, rappresentano le 613 prescrizioni della Torah, 365 divieti e 248 obblighi che fanno della loro osservanza un uomo probo e onesto. La città di Granada in Spagna prende il nome proprio dalla melagrana, la granada, portata lì per essere coltivata dalla dominazione araba. Ancora Egizi, Greci, legato alle figuri femminili di dee e successivamente di Maria, madre di Gesù. Rappresenta la ricchezza, la fertilità, l'abbondanza, ma anche il rosso del sangue e della passione e pure della resurrezione e non solo quella di Cristo, ma in molti altri miti e religioni. Cerco di non farlo mai mancare sul tavolo delle feste natalizie, prezioso per guarnire piatti e insalate e qualche chicco nel bicchiere di prosecco per l'aperitivo. Buoni come al Sud devo dire che qui non ne ho mai mangiato, ci sono varietà più o meno acidule, ma rossi, succosi, dolci e maturi come quelli mai. Per quanto riguarda come aprirlo correttamente per avere facilmente i chicchi su you tube ci sono infiniti video di come fare, basta digitare "come si apre un melograno". La buccia, ricca di tannini dà un bel colore giallo, è usata per amaricare il Vermut. Per avere il succo, che poi sarebbe l'unica vera Granatina, spesso altre sono fatte con frutti di bosco, ecc. ma quella vera è solo di melagrana, uso semplicemente lo spremiagrumi elettrico, avendo già fatto fuori un estrattore, se non se ne possiede uno professionale, penso sia meglio lasciar perdere. Oppure con uno spremifrutta a mano. È possibile conservando i semini bianchi fare il tentativo di riprodurre la pianta, sempre meglio se si vive in zone mediterranee. Con premesse del genere era abbastanza ovvio che avesse proprietà medicinali, vitamine C e K, proprietà antiossidanti, che ne hanno fatto un prodotto ambito anche per i prodotti di bellezza, creme e shampoo. La scorza essiccata, oltre essere commercializzata dai Fenici, da lì il nome Punica granatum della pianta, per produrre il giallo arabo, può essere usata una volta polverizzata per una maschera per la pelle e insieme a pochi chiodi di garofano, miele e limone per un collutorio per bocca e gola. Per uso interno è sempre meglio chiedere a un erborista qualificato perché l'azione disinfettante, antibatterica, antinfiammatoria delle bucce di melagrana è talmente importante su stomaco e intestino che l'abuso di una dose non consona potrebbe dare effetti spiacevoli Delizioso è anche il fiore del melograno, tanto che alcune varietà sono coltivate solo per la fioritura, o anche esistono melograni nani da giardino solo per la bellezza di questa pianta. Melograno è la pianta, melagrana il frutto, botanicamente una "balausta". Domina la Piana del Sele una basilica dedicata alla Madonna del Granato con una statua in legno, non più l'originale andato distrutto in un incendio, raffigurante Maria che tiene in braccio Gesù Bambino e nella mano destra una melagrana. La Madonna del Melagrano è stata ritratta da illustri poeti e scultori. Per tutti gli importanti simbolismi che rappresenta è uno dei frutti più raffigurati nell'arte, impossibilke riportarli tutti, qui un link dove vederne alcuni http://www.didatticarte.it/Blog/?page_id=19376 È Lui che ha creato giardini con pergolati e senza pergolati, palme e piante dai diversi frutti, l'olivo e il melograno, simili ma dissimili mangiatene i frutti e versatene quanto dovuto nel giorno stesso della raccolta, senza eccessi, ché Allah non ama chi eccede. Corano, VII sec. a.e.c. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • CHI VA AL MULINO SI INFARINA... O SI INCRUSCA?

    Se tu potessi capire un singolo chicco di grano, moriresti di meraviglia. Martin Lutero - farina integrale locale setacciata da me - a sinistra l'alta percentuale di crusca contenuta, a destra la farina ottenuta che presenta ancora un gran numero di elementi che rimangono e non le permettono di essere perfettamente bianca Setacciavo giusto ieri la farina regalatami dal mio vicino, di grano coltivato in zona e macinato sempre qui, diciamo a km -0, qualche metro fra produzione e macinazione. Eh sì, sono fortunata, anche se non riesco ad avere tutta quella che uso, qui si produce (pochissimo, a livello familiare) e si macina solo grano tenero. Semola e farina di grano duro le compero prediligendo da grani che vengono dal sud. Questo post nasce da una riflessione su come mi sono resa conto di quante persone ignorano come sia la farina davvero, la pensano bianchissima o al massimo conoscono la cosiddetta integrale in vendita che in realtà è quasi sempre bianca con l'aggiunta di crusca, e anche su come è cambiata la percezione di cosa è benessere in pochi anni e poi velocemente ricambiata negli ultimi anni. Un esempio è come nell'immediato dopoguerra la farina con la crusca fosse considerata prodotto inferiore al fior fiore, costasse meno e solo pochi anni dopo prodotti definiti "integrali" siano improvvisamente saliti di prezzo, spesso confezionati con farine con l'aggiunta di crusca e quindi non veramente integrali. Altri post dove avevo già accennato all'argomento: >>>PASTA A VANTAGGIO la pasta venduta a meno prezzo "a vantaggio" di chi la comperava >>>PASTA AVVANTAGGIATA DI FARINA DI CASTAGNE una volta, perché se prima la farina bianca costava di più di quella di castagne (50 anni fa), adesso quella di castagne costa 10 volte quella di grano, tanto da far credere ultimamente che "a vantaggio" significasse proprio arricchita di crusca o di farina di castagne. In nessun'altra epoca l'uomo è riuscito a far passare da povero quello che era ricco, ricco quello che era povero per arrivare al povero arricchito. In pochissimo tempo si è passati da "la farina bianca è più nutriente" a "la farina bianca è dannosa", ma non so quanti sappiano davvero cosa c'è prima. Partendo dal chicco di grano, sempre molto semplicisticamente per non entrare in spiegazioni scientifiche che non mi appartengono, si passa alla macinazione di questo chicco con macine rotonde di pietra (che si usi l'acqua o la corrente per far andare il mulino è ininfluente, è la velocità con la quale girano le macine che importa) o a cilindri nella produzione più industriale. La lavorazione nei mulini di paese di una volta con la macina in pietra, pietra vera non artificiale fabbricata con malte cementizie, permette di sminuzzare il chicco senza separare il germe di grano, la crusca e il resto in modo da ottenere vere farine integrali e difficilmente a livello casalingo si riesce ad avere, con la semplice setacciatura a mano, una farina davvero bianca. I mulini a cilindri funzionano a velocità più elevata, il grano viene inumidito per permettere il distacco di crusca e cruschello e altro e hanno un infinità di setacci dove da una parte esce la farina bianchissima e fine chiamata 00 e dall'altra parte i cosiddetti sottoprodotti. Questo processo, chiamato abburattamento, cioè la percentuale di "scarto" che arriva al 25% nel caso della farina 00, ottenuta a questo punto con la parte di chicco dove rimangono solo amido e glutine. Questo 25% di scarto e cioè crusca, cruschello, tritello, ecc. spesso vengono reintrodotti per ottenere le farine 0, 1, 2 e chiamate ricostituite, arricchite, e questo io lo considero un vero e proprio inganno. Arricchite di cosa? - Tre esempi a caso di ciò che permette la legge - Resta inteso che una farina integrale, cioè se è veramente integrale, non è diversa se prodotta macinata a pietra o macinata a cilindri, così come non serve che sia macinato a pietra solo la parte del chicco ricca di amido e glutine. Ma la legislazione è vecchia e carente e certe parole scritte sulle confezioni sono fatte ad arte per trarre in inganno. La legge definisce una farina integrale in base alle ceneri, che devono essere tra 1,3 e 1,7 % del prodotto secco, quindi può essere una farina raffinata con aggiunta di crusca. Un po' come l'olio 100% Italiano vuol dire che olive prodotte altrove, magari in Tunisia, sono state frante in Italia e il prodotto ottenuto può essere chiamato Italiano. Perché questo processo? Un motivo è che le farine integrali sono più difficili da mantenere, il contadino conserva il grano e ne porta al mulino una decina di chili per volta per avere la farina fresca. Inoltre il prodotto arricchito si lavora meglio e ha un gusto più neutro e appetibile per gli usi e gusti della società moderna. Spesso si guarda di più alla forza della farina che non c'entra con l'integrale o meno, ma solo con le varietà di grano e da come sono mescolate. - la crusca della mia farina integrale - Cosa è questo resto che esce da altre parti dei mulini industriali? Sono quello che purtroppo viene definito spesso "sottoprodotti", crusca, cruschello, triello, farinaccio, ecc., ma chi lo sa cosa sono? e dove vengono impiegati? In realtà sono le parte più ricche del chicco di grano e vengono, ahimè, impiegati nell'alimentazione animale. La nostra conoscenza, spesso finta conoscenza, si limita tutt'al più alla crusca. Quello che volevo raccontare con questo articolo è come pubblicità, la superficialità nella raccolta delle informazioni, la non attenzione all'acquisto, la velocità di vita della società oggi, e la completa negazione di come si viveva una volta, ci abbia portato a credere che la crusca fosse la soluzione a tutti i nostri mali e la farina bianca quella che li procura. In realtà il chicco di grano è rivestito da più strati, detti Cruscami, la crusca vera e propria è il più esterno, contiene poche vitamine e la lignina che dà quel sapore spesso poco piacevole, ed è quella che si riesce a togliere in gran parte anche con un setaccio casalingo a mano da una farina macinata a pietra. Questa sì che veniva messa da parte anche dal contadino per l'alimentazione animale, impastata per le galline o per il mangiare dei maiali, e ancora oggi è regolarmente data anche ai bovini. Ha delle controindicazioni per chi soffre di malattie intestinali, provoca flatulenza ed è comunque sconsigliata a chi soffre di colite, inibisce nel tempo l'assorbimento di calcio, ferro, fosforo e zinco, anche se è utile per la sua capacità di gonfiarsi nelle diete e dare senso di sazietà, o per favorire il transito intestinale. Da ragazza la usavo nel bagno per ottenere una pelle bella morbida, infilata in una calza di nylon, nell'acqua che scorreva, me la passavo poi come una spugna. Ora non entro più nella vasca, l'acqua calda per un bagno costa come una vacanza all'estero e anche la crusca è stata rivalutata esageratamente, mi è però rimasta una bella pelle. Gli altri strati, che con un mulino a pietra non si riesce a separare dal chicco, sono quelli ricchi di vitamine e germe di grano, che rimangono nelle setacciature possibili a livello casalingo e danno sempre un prodotto più scuro e secondo me un gusto più saporito. L'industria favorisce la separazione di questi elementi dal chicco per poterli vendere a parte e così si trova in vendita il germe di grano e le varie crusche e per poterli assumere, ma perché? Ma non si potrebbe continuare a usare una semplice vera farina integrale come una volta? Come dicevo spesso no, perché la vera farina integrale dà più problematiche nell'uso, specie nella lievitazione e nell'elasticità e non sempre è gradita al palato. Ripeto, gran parte comunque di questi "sottoprodotti", proprio per le loro proprietà nutritive, vengono usati per l'alimentazione animale. E forse anche per questo motivo che si trova in vendita un chilo di farina a prezzi ridicoli, perché in effetti sarebbe da dire, è la farina 00 lo scarto, il sottoprodotto. Per me è imprescindibile, proprio per il gusto, usare farina integrale in certe ricette, come la BACIOCCA>>> o i TESTAIO>>>, ma preferisco anche un pane meno bianco o una tagliatella meno elastica. Riesco a fare pizze o la pasta matta anche con la mia farina integrale, con un minimo di attenzione in più e nel caso aggiungo un poco di farina industriale. Rido di noi di questo mondo moderno, pensando a come qui, le anziane donne che non ci sono più, hanno sempre chiamato la farina di negozio con disprezzo "fainetta" ... un diminutivo ... La verità sta nel mezzo, se non è demoniaco usare la farina 00 o la Manitoba ogni tanto per veder lievitare meglio, così come facevano le nostre nonne per le feste quando volevano un prodotto visivamente superiore, bisogna ricordare che sono state proprio queste farine, spesso definite "americane", che ci hanno aiutato ad uscire dalla fame e dalla denutrizione del periodo post bellico, ma non è santificando la crusca che si fa la cosa migliore. L'errore è stato quello di mangiare troppo e solo di una qualità, con un abuso di apporto di soli certi nutrienti come amido e glutine, in un'alimentazione che nel frattempo si era arricchita in tutti i sensi anche di altro come la carne, che si è cominciata a mangiare tutti i giorni negli ultimi 50 anni, per arrivare così alle intolleranze. Cercare adesso di correre ai ripari comperando farine con aggiunta di crusca è solo un continuare a sbagliare. L'uso regolare di farine macinate a pietra in mulini del posto, di grani possibilmente locali permette l'assunzione di tutti gli elementi necessari, proteine, vitamine, proprie del germe di grano e del cruschello e se serve anche della crusca. Dico grani locali perché se a qualcuno capitasse di vedere davvero come e in che condizioni igieniche arrivino le tonnellate di grano dall'estero smetterebbe di mangiare immediatamente, ma come diceva quell'amico cuoco "il fuoco disinfetta" e nessuno mangia la farina cruda. Ma pure l'acquisto consapevole di farine industriali, con un occhio a come vengono prodotte e ai passaggi che fanno. A casa mia si è sempre cercato di usare tutto, alla bisogna, preferendo quello che si poteva confezionato con prodotti del posto, ma nel caso di altro con cognizione di causa, sapendo quello che si compera e che si mangia cos'è e perché, di tutto un po'. Che resta l'unica vera via di salvezza. La prossima volta arzigogolerò sulle farine e le semole di grano duro. - Non ogni uccello conosce il buon grano - - Se ogni uccello conoscesse il miglior grano, poco da mietere resterebbe al villano - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • DEI FAGIOLI... E DELLA PASTA E FAGIOLI DI CASA MIA

    Forse sono finalmente cambiate un poco le temperature di questo autunno primaverile con giornate estive e oggi ho azzardato la prima Pasta e Fagioli. Scarso il raccolto quest'anno fra siccità e cimici, pochi i Borlotti raccolti, nemmeno una Fagiolana, il fagiolo bianco di Spagna che una volta era una delle colture principali di questa campagna. Il post sui fagioli era lì che aspettava da un po' perché è una di quelle situazioni dove devo sempre iniziare con una polemica, nel caso su tutte quelle "dimenticanze" o "modernismi" di alcuni passaggi di questo cibo che ormai consumiamo da più di 500 anni. Cioè, per un motivo che mi rimane sconosciuto, da alcuni anni, si è iniziato a usare più spesso i fagioli freschi, se secchi messi a bagno poco o niente, ora si dice che si può usare l'acqua dove sono stati ammollati, che in scatola fa lo stesso, che non hanno conservanti ecc. ecc. Tutto ciò mi ha convinta a indagare perché si è sempre fatto diverso. Abbiamo sempre messo in ammollo per minimo 24 ore, anche cambiando l'acqua i legumi, e gettata via prima di cuocerli, abbiamo sempre usato preferibilmente legumi secchi, si è riservato l'uso delle scatole per questioni di emergenza. Primo I contadini hanno sempre mangiato i fagioli, qualsiasi varietà, preferibilmente secchi, e non poteva essere solo perché facilmente conservabile come cibo per l'inverno. In effetti in qualche modo già sapevano che solo da da secchi sviluppano in maggior parte le famose simil proteine che fanno di un piatto di pasta e fagioli un pasto nutriente e completo. Da freschi il contenuto è notevolmente inferiore, noi in casa mai mangiati, salvo i primissimi nell'orto così per una voglia. Un'altra cosa riscoperta dai vegani, ma solo riscoperta. Se ritrovassi la tabella delle differenze fra legumi secchi e freschi la posterei, ma non ce l'ho al momento. E invece trovo sempre persone convinte di fare la cosa giusta, conservando fagioli freschi in congelatore o in altri modi, quando lasciati seccare sulla pianta è il modo migliore per l'apporto di proteine e nutrimenti che solo con questo procedimento vengono accumulati - i miei fagioli secchi pronti da sgranare, lasciati seccare sulla pianta - Secondo Perché ammollarli per diverse ore? almeno 24? Perché l'ammollo favorisce il rilascio delle saponine che i legumi contengono in quantità notevole e che sono un po' le responsabili degli effetti collaterali ben conosciuti nell'intestino. Un passaggio che non è possibile con i freschi. Se ne avessi le competenze passerei ore a parlare delle saponine, ma posso solo riferire a grandi linee quello che ho capito qui e là. Le saponine sono presenti in molte verdure, piante e anche legumi e sono un po' come una difesa naturale prodotta dalla stessa pianta per proteggersi e sono diverse a secondo della pianta. La solanina delle patate verdi e dei pomodori acerbi, una delle più tossiche per l'uomo, è una saponina. Così come quella davvero tossica della Saponaria qui>>> dalla quale prendono il nome, o quella nelle Bietole, Spinaci, Romice, Soia, Quinoa, ecc. ecc. Oltre ad essere diverse da pianta a pianta è diverso l'effetto sull'uomo, in alcuni casi la presenza delle saponine è utile, come nel caso della rimozione del colesterolo, perché, per farla facile facile e per niente scientifica, è un po' come se "lavassero", infatti si riconosce la loro presenza quando agitando l'acqua di ammollo dei fagioli questa fa la schiuma, ed è per questo che va buttata, così come l'acqua di certe verdure non andrebbe bevuta. Qual'è il problema? come sempre la dose; se poco fa bene, tanto può far male. E il tipo di solanina, e la quantità contenuta in una o nell'altra pianta, il terreno dove è cresciuta, quanta acqua ha preso, ecc. ecc. Nel caso di patate verdi e pomodori acerbi, ripeto ACERBI non verdi che vuol dire un'altra cosa, si rischia un'intossicazione alimentare, nel caso dei fagioli sento tante persone dire -Io non li posso mangiare perché ...- Riprendo un attimo sui pomodori ACERBI con i quali è consuetudine a fine stagione fare marmellate e sott'oli, un errore grave. Quelli del film fritti alla fermata del treno erano VERDI non ACERBI e cioè appartenenti a varietà di pomodori che rimangono VERDI fuori e rosati dentro ma sono MATURI, cioè con un contenuto minimo di solanine, usati particolarmente per friggere e per i sott'oli in quanto turgidi anche se maturi. Purtroppo sono parole vane al vento ogni anno. Non importa quanto se ne mangiano, sono sempre un inutile accumulo insieme a quelle che non si possono evitare e sono davvero tante e rischiano di diventare troppe, più di quelle che servonoe nel caso della solanina diventare davvero pericolose per l'intestino. Terzo Perché non è consigliabile mangiare solo legumi in scatola? ovvio che l'uso sporadico non significa niente. Appunto perché non significano niente, hanno ben poco da offrire. Se una volta il processo di reidratazione era più o meno come quello casalingo, l'enorme quantità di acqua consumata per l'ammollo, i tempi lunghi, hanno fatto si che a livello industriale si arrivasse a studiare metodi che permettono di inscatolare dopo qualche ora e spesso viene lasciato intendere di usare anche il liquido di conservazione, nonostante sia invece raccomandabile scolare e sciacquare, non fosse che per il forte contenuto in sodio usato per insaporire, e solo le recenti scatole smaltate offrono una protezione migliore nella migrazione di elementi dalla lattina. Nel caso sono da preferire quelli nel vetro. Quando mi sento dire - ma i fagioli secchi ci metto troppo se li devo ammollare - ricordo sempre che in ammollo ci stanno da soli, lì in un angolo del banco della cucina, non occorre tenerli per mano per 24 ore o lasciargli la luce accesa, fanno tutto da soli con un po' d'acqua. Una volta ammollati, sciacquati e messi a freddo in una pentola, senza sale, sul fuoco, ci stanno anche lì da soli. Se proprio, è una di quelle poche volte che si può usare la pentola a pressione e in massimo mezz'ora si fa una pasta e fagioli. Un fagiolo ammollato per bene non richiede cotture così lunghe, se i fagioli rimangono duri o hanno la buccia dura è perché sono più vecchi di due anni, ma soprattutto perché si è messo il sale in cottura. Ma c'è un segreto che io però svelo a tutti, fagioli di qualsiasi tipo, una volta ammorbiditi, sciacquati, possono essere conservati in congelatore pronti per essere usati, messi a freddo in acqua e cotti per qualsiasi uso o aggiunti a minestroni. I fagioli cotti devono essere conservati coperti dall'acqua di cottura, in frigo, per qualche giorno. Anche i fagioli secchi possono conservati in congelatore, solo dopo un passaggio di un giorno possono essere tirati fuori e conservati senza pericolo che producano animaletti vari, e questo non inficia neppure su una possibile semina. PASTA E FAGIOLI COME A CASA MIA Altra ricetta presente in tutte le cucine italiane da nord a sud, e da prima che Colombo li portasse in Europa dal Centro America. I Romani cucinavano un tipo di fagiolo orientale che somigliava molto al pregiato e ricercatissimo da mia madre, il Fagiolo dall'occhio. Adesso per me è pasta e fagioli solo con una delle tante varietà di Borlotti, quella che mi viene nell'orto. L'accoppiata fra cereali e fagioli è vincente anche dal punto di vista nutrizionale, quello che non ha uno ha l'altro, qui è come la faccio io da sempre con poche varianti. Ammollati almeno 24 ore, nel caso cambiando l'acqua, dimenticavo! per carità senza bicarbonato, non serve per farli venire teneri, oltre ad alterare il sapore diminuisce le proprietà utili, si mettono in acqua fredda, in quantità almeno doppia del volume dei fagioli, con una cipolla intera un foglia di salvia, o anche di alloro e si fanno cuocere a fuoco modesto con il coperchio. La pentola di coccio è il massimo, ma con una buona pentola a pressione basterà un quarto d'ora-venti minuti. Sempre sul fuoco a pentola scoperta, con un cucchiaio grande e una forchetta schiaccio una parte di fagioli, nel caso se si vuole un risultato più preciso si può prelevarne una parte, con i pezzi di cipolla e usare un frullatore a immersione. Metto due o tre patate tagliate a tocchetti Per finire aggiungo due foglie di salvia e uno spicchio d'aglio tritati, ma in alternativa rosmarino e aglio, poco sale. Pochi minuti e butto la pasta, in questo caso dei brichetti liguri, ma anche ditalini rigati di una buona semola. Mentre cuoce la pasta faccio rosolare qualche fettina di lardo o pancetta in un pentolino a parte e l'aggiungo, regolo di sale. Nel piatto aggiungo parmigiano grattugiato, un giro d'olio magari toscano, e l'immancabile tocco di pepe a piacere. Se è uno dei giorni che mi sento meridionale aggiungo, con le erbe, una puntina di concentrato di pomodoro. Se mi sento rustica, dopo aver lasciato cuocere i fagioli con le erbe e il lardo, invece della pasta, metto tagliatelle anche senza uova tipo quelle a vantaggio Pasta a Vantaggio >>>qui Solo a Taranto riesco ad aggiungere le cozze. Da non sottovalutare l'uso della salvia, non è solo una questione di gusto, serve come sedativo della peristalsi intestinale, così come l'alloro o il rosmarino che hanno una azione sulla fermentazione sempre dell'intestino, e anche il pepe, nella giusta dose, agisce sulla digeribilità del piatto. Vorrei star qui a parlar di fagioli e fagiolane, ma sono già stata troppo lunga, ci tornerò sopra. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • DEL TASSO BARBASSO E DEL FUMARE ANTICO

    Il tema è talmente delicato e scottante che ho aspettato davvero tanto prima di scriverne. Ma del Tasso Barbasso volevo parlare e far finta di niente ignorando l'argomento non è da me. Questa pianta è stata la prima che ho trovato e riconosciuto da sola, senza che me la mostrasse qualcuno. Ricordo perfettamente la prima volta che l'ho vista, e dove l'ho vista, a me poco più che ragazzina sembrava un albero tanto era alta e con foglie enormi, impossibile non notarla. Tornata e cercata su un libro, incuriosita dal nome dissi in casa: - Ho trovato un Tasso Barbasso! - la prima risposta fu: - sì, sì, bella, si fuma -. Ma tutto rimase lì, senza prosieguo, in casa mia nessuno aveva il vizio del fumo, se non per brevi periodi mio padre la pipa, più come atteggiamento, qualche sigaretta con gli amici anche mia madre, ma la parola "vizio" non era contemplata. Ormai la pianta, con le sue grandi foglie morbide, mi aveva catturato e qualcosa di più negli anni ho cercato di capire. Quest'anno è l'anno giusto per parlarne, ce n'è un'invasione ovunque, chissà perché, forse anche questo è una conseguenza della siccità. Intanto occorre dire che del genere Verbascum esistono diverse piante, più o meno simili, ma sicuramente il Tasso Barbasso, Verbascum thapsus L., è il più appariscente e riconoscibile. Il primo anno, a fine estate, è impossibile non notare la rosetta basale di foglie, che possono diventare enormi, fino a 45 cm, morbide, vellutate, di un verde chiaro simile alla salvia, nei prati incolti, al margine delle strade, anche in terreni poveri. Durerà tutto l'inverno, la prossima primavera, verso aprile, uscirà il lungo stelo del fiore, quasi una colonna, che si riempirà di fiori gialli uno dietro l'altro, della durata di un giorno, sostituiti continuamente da fiori nuovi per tutta l'estate. Nel Tasso barbasso vero e proprio il fiore alto anche più di un metro ha ramificazioni solo verso l'altro, non ha molta importanza per i profani, perché le proprietà e gli usi sono più o meno gli stessi per tutte le varietà, anche se alcune presentano qualche tossicità. I semi sono sempre tossici e la pianta può far male ad alcuni animali. Tanti gli usi e noti da tempi antichi, le grandi foglie per la loro morbidezza hanno rappresentato la carta igienica dei contadini e dei pastori e vale la pena ricordarsene per ogni evenienza improvvisa durante una passeggiata, anche se per l'effetto rubefacente ci si può ritrovare la pelle leggermente arrossata. Le donne di alcuni popoli alle quali era proibito per motivi religiosi il trucco, sfruttavano questo stratagemma sfregando le foglie sulle guance per avere un effetto blush. Così come la piantaggine, sempre le foglie, vengono messe nelle scarpe per alleviare la fatica delle lunghe passeggiate, o per la morbidezza simile a lana per tenere in caldo i piedi. Grazie a proprietà antinfiammatori, l'infuso di fiori e foglie piccole meglio, filtrato benissimo per evitare di ingerire la lanugine che potrebbe essere irritante, serve per il catarro e le malattie respiratorie, e come clistere per risolvere infiammazioni intestinali. Sempre le foglie con un uso esterno, in cataplasma, per la pelle, sia acne che foruncoli o infiammazioni di vario genere, pure emorroidi. I fiori hanno capacità tintorie che vanno dal giallo al verde, l'infuso serviva per ravvivare il colore biondo dei capelli Proprio per la forma lo stelo floreale ha preso il nome di "Candela del Re", a fine fioritura unto con il sego serviva come torcia già ai tempi dei Romani e le foglie seccate per fare gli stoppini delle lampade a olio, Ed ecco qui dal fuoco al fumo. Come espettorante, fluidificante del catarro e antinfiammatorio è una delle erbe fumate, anche per la facilità con la quale si trova. Non potevo passare oltre e ne approfitto per parlare dell'argomento. Ormai erroneamente si ci riferisce al fumo parlando quasi esclusivamente di tabacco e scarse sono le nozioni che si possono trovare su libri di erbe, o anche in internet per i profani come me, su cosa e perché sia stato fumato prima della conoscenza del tabacco in Europa, visto che anche questa pianta l'ha portata Colombo e non certamente perché gli indigeni del continente scoperto ne facevano l'uso che ne facciamo adesso. Senza neppure accennare alla Cannabis, argomento che non desidero affrontare, bisogna sapere che l'uomo in tutto il mondo ha sempre fumato erbe di tutti i tipi. Il fumo veniva usato come medicina per alleviare dolori e fatiche, conciliare il sonno, rilassarsi, o per raggiungere stati di allucinazione varia in cerimonie e quindi spesso riservato ai ricchi o agli officianti delle varie religioni. Celti, Greci, Romani, pare che tutti fumassero qualcosa. Senza arrivare a loro, dei quali non ho esperienza diretta 😜, ho però conosciuto persone non molto più grandi di me che hanno fumato Vitalba, Tasso Barbasso, Lampone, ecc., anche perché il tabacco era caro e in certi periodi, come la guerra, difficile da reperire. - Vecchio ricordo di famiglia di un mio prozio, ritrovato in un cassetto qualche anno fa - - Scatolina portatabacco con tabacco, cartine e tre sigarette Alfa - fine anni '40 - Se il fumo è forse antico come l'uomo pochi sanno che le sigarette hanno meno di 200 anni, la prima pare sia stata fatta con la carta delle munizioni durante un assedio in medio oriente, il successo portò a vere e proprie "fabbriche" di sigarette fatte a mano, con le evidenti contaminazioni di mani e saliva di chi le faceva. Intorno al 1880 venne inventata la macchina per l'arrotolamento e la produzione di sigarette subì un balzo, anche per il minor costo e da lì fu tutto un crescendo, diffondendo a macchia d'olio la dipendenza da tabacco in tutto il mondo. Devo fare una doverosa premessa. FUMARE NON È MAI UNA PRATICA SANA Il fumo aspirato derivante dalla combustione di qualsiasi cosa è sempre dannoso in qualche maniera, ma c'è da aggiungere che per chi fuma è meno dannoso quello di una sigaretta costruita con erbe che non contengono nicotina o altri veleni riconosciuti e che soprattutto non creano dipendenza. Un consumo intelligente suggerisce di usare erbe con qualche proprietà curativa, come il Tasso barbasso, e non con componenti pericolosi come nel caso della Vitalba, fumata ahimè, da tanti contadini fino a dopo la guerra e dannosissima per gli alcaloidi tossici che contiene. Un conoscente, di poco più vecchio di me, qualche anno fa, mi raccontò di come fumando la Vitalba ogni volta stava male ma che quando sei giovane e sei in compagnia fai anche cose senza senso. Uno dei motivi più interessanti del fumare erbe, oltre al valore terapeutico, di disabituare al fumo di tabacco. Attualmente vengono vendute sigarette di erbe varie, con quel preciso scopo, facilmente reperibili su farmacia e internet, con miscele di piante varie, ma ho avuto difficoltà a capire cosa ci sia dentro, o se c'è scritto spesso sono erbe che vengono da lontano. Potevo quindi astenermi dal provare volendo scrivere il post? Il "per sentito dire" non mi piace, così con la complicità di un amico fumatore e le scarse nozioni apprese qui e là ho provato. Pare che per soddisfare le esigenze sia necessario preparare una mistura, come si dice oggi un blend, almeno di tre erbe, dove una funga da vettore, una da aroma e una abbia qualche proprietà più specifica. La mia prova si è indirizzata verso una buona parte di foglie di Lampone, che mi ha confermato un amico erborista aiutino a eliminare l'effetto della nicotina, e sembra strano ma una delle foglie più fumate anche per l'aroma, una di Tasso barbasso per le proprietà antinfiammatorie, un pizzico di Iperico e uno di Artemisia per quelle rilassanti, ma avrei potuto usare Lavanda, Menta, Finocchio, Timo o Rosmarino, Petali di Rosa , Camomilla, non la Salvia che è sempre un'erba che non si sa mai. Le erbe vanno seccate, ma non devono essere troppo secche, nel caso una volta sminuzzate basta una spruzzata di acqua appena appena e poi sistemate dentro una cartina come una normale sigaretta, preferibilmente usando un filtro. Non sarò certo io ad incoraggiarvi ed evitate di chiedermi consigli, non ne ho, oltre a quello che ho scritto. Ripeto, pochissime sono le nozioni che si trovano sull'uso, anche terapeutico, delle sigarette di erbe. Come sempre l'unico vero suggerimento è quello di rivolgersi ad un erborista esperto che certamente avrà nel corso degli studi appreso nozioni scientifiche che io non ho sull'argomento e di non cominciare a fumare per provare, ma solo se questo può essere il mezzo per smettere di fumare tabacco. Sempre è possibile con le stesse erbe creare dei bellissimi Smudge o mazzetti da fumigazione, dei quali avevo già scritto qui: DEL FUMIGARE E DEI MAZZETTI ODOROSI https://www.lellacanepa.com/single-post/2020/07/05/del-fumigare-e-dei-mazzetti-odorosi Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • LA GINESTRA ACCENDIFUOCO, IL BRUXINE

    Da tempo volevo parlare di questa pianta, che pur non essendo commestibile o terapeutica, ha fatto parte della vita degli abitanti di questi posti. Proprio per l'uso e l'abuso da parte dell'uomo e anche per l'abbandono di queste terre una volta pascoli per bovini e ovini e il rinselvatichimento che ne favorisce incendi, è diventata quasi rara. Anche io ne ho abbandonato l'uso ormai da tanti anni, anche se ho sempre cercato di raccoglierla in maniera più oculata di quanto vedevo fare con leggerezza. Il termine volgare per identificarla, "bruxine", ne denuncia l'utilizzo, e nello specifico è il miglior accendifuoco che si possa trovare. Un rametto secco, qualche "sticco" e anche la legna più difficile si accendeva con facilità. Non veniva usato solo per accendere il fuoco, quando ancora non c'era la corrente elettrica qui nelle case e il buio arrivava presto, le donne alla sera filavano al lampo di luce che poteva fare un ramo di bruxine tenuto in mano da qualcun'altra donna o ragazza o spesso bambini, uno dopo l'altro, accesi uno con l'altro per fare una luce forte e continua. La donna che me lo raccontò, non c'è più da tanti anni, mi disse anche di come le dita di questi "portatori di luce" erano sempre marroni dalle bruciature. Anche le candele costavano troppo per filare. Nella fine dell'estate, passata la fioritura e caduti i semi, ci si recava sui monti con le corbe, per riportarle piene di questa particolare ginestra, tranciata nel gambo con un colpo netto di zappa, e messe a seccare per riporle poi nella legnaia, pronte per l'inverno. C'è da dire che l'oculatezza di una volta faceva sì che raramente si spegnesse il fuoco, tenuto in vita da braci, tanto che nella mia vita antica la frase che più mi pesava e mi sembrava assurda è sempre stata: - Ti sei lasciata spegnere il fuoco! - Niente, la frase è rimasta nel DNA ... mi tocca sentirla dire pure da mio figlio, adesso che fiammiferi e diavolina facilitano l'opera e Vestali non ne esistono più. Non mi intendo molto di Ginestre, credo che il nome botanico di questa che forma cespugli bassi e compatti mescolati a ERICA E BRUGO (qui>>>) sia Genista salzmannii DC. , una varietà che si trova solo fra Liguria e Toscana e in Sardegna e se pur non soggetta a protezione è considerata specie a rischio. - Erica, Brugo e Ginestra di Salzmann insieme - Nessuno qui va più per "Bruxine", sostituito da Diavolina e Stecchi già pronti e venduti confezionati in sacchi o cassette ed è bene così visto quanto è diventato difficile trovarne, ma i discorsi di questi giorni su bollette in aumento e privazioni alle quali dovremo andare incontro, mi hanno fatto ripensare a come si faceva una volta, a mia nonna che sventolava il ventaglio di piume per ravvivare il fuoco a carbone nel ronfò (qui>>>), a quelle bambine che si bruciavano le dita perché qualcun'altra appena più grande di loro potesse filare o tessere, a mio padre che mi faceva riusare i fiammiferi spenti per accendere gli altri fuochi della cucina a gas, e a quando, piccolissima, mi fece una lunga spiegazione scientifica sulla combustione e sull'importanza dell'ossigeno perché questa avvenga, perché sapessi come accenderlo e come spegnerlo, perché la conoscenza della gestione del fuoco è un potere che gli uomini hanno e che li fa credere di essere superiori agli altri esseri e più vicini a un dio. IL DONO DEL FUOCO qui>>> - infuocato tramonto al Passo del Biscia fra eriche e ginestre - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

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