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  • LA MELAGRANA

    La pazienza è come una melagrana, la sua scorza è amara, ma il frutto è succulento. Mohamed Meziane Giaceva da qualche giorno questo post in attesa di essere finito, come la Melagrana regalata da un'amica di essere mangiata. Il tempo passa tanto velocemente che raccogliendo gli ultimi pomodorini dell'abbandonorto per un attimo ho pensato: "potrei usarli per appenderli all'albero di Natale". È stato estate ancora a ottobre e fino quasi a settimana scorsa, poi qualcosa che finalmente si poteva chiamare pioggia. Qui l'unico albero di melograno è nel giardino di una casa abbandonata da anni, così in questo rotolamento di giorni uno appresso all'altro ho dimenticato di andare a raccoglierli. Non sono mai maturati a sufficienza per potersi dire buoni, ma di solito non dimentico di fare in giro a vederlo fiorito e uno a raccogliere i frutti che riesce a fare che raccolgo ugualmente per usare come decorazione. Poi qualche giorno fa qualcuno mi ha donato una bellissima melagrana pronta da mangiare, e così ho ricordato! Che bel regalo! Per tutto quello che una melagrana rappresenta. i melograni della casa abbandonata Fatica qui a maturare questo frutto perché arriva dal sud, da paesi caldi, così come arrivano a noi le migliori da Sicilia, Calabria, ma anche Marocco, Spagna e simili. È antico, si dice che il famoso frutto proibito del Paradiso Terrestre fosse appunto una Melagrana, non semplicemente una mela. Melagrana d'altronde significa proprio mela fatta di grani, e così appare quando si apre. Forse per questa sua presenza fino da tempi remoti porta con se simbolismi in ogni parte del mondo e in tutte le religioni, è citato in tutti i testi sacri, più volte nella Bibbia e nel Corano, nei libri sacri induisti o nella tradizione cinese. Per gli ebrei i 613 chicchi, che si dice contenga una melagrana, rappresentano le 613 prescrizioni della Torah, 365 divieti e 248 obblighi che fanno della loro osservanza un uomo probo e onesto. La città di Granada in Spagna prende il nome proprio dalla melagrana, la granada, portata lì per essere coltivata dalla dominazione araba. Ancora Egizi, Greci, legato alle figuri femminili di dee e successivamente di Maria, madre di Gesù. Rappresenta la ricchezza, la fertilità, l'abbondanza, ma anche il rosso del sangue e della passione e pure della resurrezione e non solo quella di Cristo, ma in molti altri miti e religioni. Cerco di non farlo mai mancare sul tavolo delle feste natalizie, prezioso per guarnire piatti e insalate e qualche chicco nel bicchiere di prosecco per l'aperitivo. Buoni come al Sud devo dire che qui non ne ho mai mangiato, ci sono varietà più o meno acidule, ma rossi, succosi, dolci e maturi come quelli mai. Per quanto riguarda come aprirlo correttamente per avere facilmente i chicchi su you tube ci sono infiniti video di come fare, basta digitare "come si apre un melograno". La buccia, ricca di tannini dà un bel colore giallo, è usata per amaricare il Vermut. Per avere il succo, che poi sarebbe l'unica vera Granatina, spesso altre sono fatte con frutti di bosco, ecc. ma quella vera è solo di melagrana, uso semplicemente lo spremiagrumi elettrico, avendo già fatto fuori un estrattore, se non se ne possiede uno professionale, penso sia meglio lasciar perdere. Oppure con uno spremifrutta a mano. È possibile conservando i semini bianchi fare il tentativo di riprodurre la pianta, sempre meglio se si vive in zone mediterranee. Con premesse del genere era abbastanza ovvio che avesse proprietà medicinali, vitamine C e K, proprietà antiossidanti, che ne hanno fatto un prodotto ambito anche per i prodotti di bellezza, creme e shampoo. La scorza essiccata, oltre essere commercializzata dai Fenici, da lì il nome Punica granatum della pianta, per produrre il giallo arabo, può essere usata una volta polverizzata per una maschera per la pelle e insieme a pochi chiodi di garofano, miele e limone per un collutorio per bocca e gola. Per uso interno è sempre meglio chiedere a un erborista qualificato perché l'azione disinfettante, antibatterica, antinfiammatoria delle bucce di melagrana è talmente importante su stomaco e intestino che l'abuso di una dose non consona potrebbe dare effetti spiacevoli Delizioso è anche il fiore del melograno, tanto che alcune varietà sono coltivate solo per la fioritura, o anche esistono melograni nani da giardino solo per la bellezza di questa pianta. Melograno è la pianta, melagrana il frutto, botanicamente una "balausta". Domina la Piana del Sele una basilica dedicata alla Madonna del Granato con una statua in legno, non più l'originale andato distrutto in un incendio, raffigurante Maria che tiene in braccio Gesù Bambino e nella mano destra una melagrana. La Madonna del Melagrano è stata ritratta da illustri poeti e scultori. Per tutti gli importanti simbolismi che rappresenta è uno dei frutti più raffigurati nell'arte, impossibilke riportarli tutti, qui un link dove vederne alcuni http://www.didatticarte.it/Blog/?page_id=19376 È Lui che ha creato giardini con pergolati e senza pergolati, palme e piante dai diversi frutti, l'olivo e il melograno, simili ma dissimili mangiatene i frutti e versatene quanto dovuto nel giorno stesso della raccolta, senza eccessi, ché Allah non ama chi eccede. Corano, VII sec. a.e.c. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • CHI VA AL MULINO SI INFARINA... O SI INCRUSCA?

    Se tu potessi capire un singolo chicco di grano, moriresti di meraviglia. Martin Lutero - farina integrale locale setacciata da me - a sinistra l'alta percentuale di crusca contenuta, a destra la farina ottenuta che presenta ancora un gran numero di elementi che rimangono e non le permettono di essere perfettamente bianca Setacciavo giusto ieri la farina regalatami dal mio vicino, di grano coltivato in zona e macinato sempre qui, diciamo a km -0, qualche metro fra produzione e macinazione. Eh sì, sono fortunata, anche se non riesco ad avere tutta quella che uso, qui si produce (pochissimo, a livello familiare) e si macina solo grano tenero. Semola e farina di grano duro le compero prediligendo da grani che vengono dal sud. Questo post nasce da una riflessione su come mi sono resa conto di quante persone ignorano come sia la farina davvero, la pensano bianchissima o al massimo conoscono la cosiddetta integrale in vendita che in realtà è quasi sempre bianca con l'aggiunta di crusca, e anche su come è cambiata la percezione di cosa è benessere in pochi anni e poi velocemente ricambiata negli ultimi anni. Un esempio è come nell'immediato dopoguerra la farina con la crusca fosse considerata prodotto inferiore al fior fiore, costasse meno e solo pochi anni dopo prodotti definiti "integrali" siano improvvisamente saliti di prezzo, spesso confezionati con farine con l'aggiunta di crusca e quindi non veramente integrali. Altri post dove avevo già accennato all'argomento: >>>PASTA A VANTAGGIO la pasta venduta a meno prezzo "a vantaggio" di chi la comperava >>>PASTA AVVANTAGGIATA DI FARINA DI CASTAGNE una volta, perché se prima la farina bianca costava di più di quella di castagne (50 anni fa), adesso quella di castagne costa 10 volte quella di grano, tanto da far credere ultimamente che "a vantaggio" significasse proprio arricchita di crusca o di farina di castagne. In nessun'altra epoca l'uomo è riuscito a far passare da povero quello che era ricco, ricco quello che era povero per arrivare al povero arricchito. In pochissimo tempo si è passati da "la farina bianca è più nutriente" a "la farina bianca è dannosa", ma non so quanti sappiano davvero cosa c'è prima. Partendo dal chicco di grano, sempre molto semplicisticamente per non entrare in spiegazioni scientifiche che non mi appartengono, si passa alla macinazione di questo chicco con macine rotonde di pietra (che si usi l'acqua o la corrente per far andare il mulino è ininfluente, è la velocità con la quale girano le macine che importa) o a cilindri nella produzione più industriale. La lavorazione nei mulini di paese di una volta con la macina in pietra, pietra vera non artificiale fabbricata con malte cementizie, permette di sminuzzare il chicco senza separare il germe di grano, la crusca e il resto in modo da ottenere vere farine integrali e difficilmente a livello casalingo si riesce ad avere, con la semplice setacciatura a mano, una farina davvero bianca. I mulini a cilindri funzionano a velocità più elevata, il grano viene inumidito per permettere il distacco di crusca e cruschello e altro e hanno un infinità di setacci dove da una parte esce la farina bianchissima e fine chiamata 00 e dall'altra parte i cosiddetti sottoprodotti. Questo processo, chiamato abburattamento, cioè la percentuale di "scarto" che arriva al 25% nel caso della farina 00, ottenuta a questo punto con la parte di chicco dove rimangono solo amido e glutine. Questo 25% di scarto e cioè crusca, cruschello, tritello, ecc. spesso vengono reintrodotti per ottenere le farine 0, 1, 2 e chiamate ricostituite, arricchite, e questo io lo considero un vero e proprio inganno. Arricchite di cosa? - Tre esempi a caso di ciò che permette la legge - Resta inteso che una farina integrale, cioè se è veramente integrale, non è diversa se prodotta macinata a pietra o macinata a cilindri, così come non serve che sia macinato a pietra solo la parte del chicco ricca di amido e glutine. Ma la legislazione è vecchia e carente e certe parole scritte sulle confezioni sono fatte ad arte per trarre in inganno. La legge definisce una farina integrale in base alle ceneri, che devono essere tra 1,3 e 1,7 % del prodotto secco, quindi può essere una farina raffinata con aggiunta di crusca. Un po' come l'olio 100% Italiano vuol dire che olive prodotte altrove, magari in Tunisia, sono state frante in Italia e il prodotto ottenuto può essere chiamato Italiano. Perché questo processo? Un motivo è che le farine integrali sono più difficili da mantenere, il contadino conserva il grano e ne porta al mulino una decina di chili per volta per avere la farina fresca. Inoltre il prodotto arricchito si lavora meglio e ha un gusto più neutro e appetibile per gli usi e gusti della società moderna. Spesso si guarda di più alla forza della farina che non c'entra con l'integrale o meno, ma solo con le varietà di grano e da come sono mescolate. - la crusca della mia farina integrale - Cosa è questo resto che esce da altre parti dei mulini industriali? Sono quello che purtroppo viene definito spesso "sottoprodotti", crusca, cruschello, triello, farinaccio, ecc., ma chi lo sa cosa sono? e dove vengono impiegati? In realtà sono le parte più ricche del chicco di grano e vengono, ahimè, impiegati nell'alimentazione animale. La nostra conoscenza, spesso finta conoscenza, si limita tutt'al più alla crusca. Quello che volevo raccontare con questo articolo è come pubblicità, la superficialità nella raccolta delle informazioni, la non attenzione all'acquisto, la velocità di vita della società oggi, e la completa negazione di come si viveva una volta, ci abbia portato a credere che la crusca fosse la soluzione a tutti i nostri mali e la farina bianca quella che li procura. In realtà il chicco di grano è rivestito da più strati, detti Cruscami, la crusca vera e propria è il più esterno, contiene poche vitamine e la lignina che dà quel sapore spesso poco piacevole, ed è quella che si riesce a togliere in gran parte anche con un setaccio casalingo a mano da una farina macinata a pietra. Questa sì che veniva messa da parte anche dal contadino per l'alimentazione animale, impastata per le galline o per il mangiare dei maiali, e ancora oggi è regolarmente data anche ai bovini. Ha delle controindicazioni per chi soffre di malattie intestinali, provoca flatulenza ed è comunque sconsigliata a chi soffre di colite, inibisce nel tempo l'assorbimento di calcio, ferro, fosforo e zinco, anche se è utile per la sua capacità di gonfiarsi nelle diete e dare senso di sazietà, o per favorire il transito intestinale. Da ragazza la usavo nel bagno per ottenere una pelle bella morbida, infilata in una calza di nylon, nell'acqua che scorreva, me la passavo poi come una spugna. Ora non entro più nella vasca, l'acqua calda per un bagno costa come una vacanza all'estero e anche la crusca è stata rivalutata esageratamente, mi è però rimasta una bella pelle. Gli altri strati, che con un mulino a pietra non si riesce a separare dal chicco, sono quelli ricchi di vitamine e germe di grano, che rimangono nelle setacciature possibili a livello casalingo e danno sempre un prodotto più scuro e secondo me un gusto più saporito. L'industria favorisce la separazione di questi elementi dal chicco per poterli vendere a parte e così si trova in vendita il germe di grano e le varie crusche e per poterli assumere, ma perché? Ma non si potrebbe continuare a usare una semplice vera farina integrale come una volta? Come dicevo spesso no, perché la vera farina integrale dà più problematiche nell'uso, specie nella lievitazione e nell'elasticità e non sempre è gradita al palato. Ripeto, gran parte comunque di questi "sottoprodotti", proprio per le loro proprietà nutritive, vengono usati per l'alimentazione animale. E forse anche per questo motivo che si trova in vendita un chilo di farina a prezzi ridicoli, perché in effetti sarebbe da dire, è la farina 00 lo scarto, il sottoprodotto. Per me è imprescindibile, proprio per il gusto, usare farina integrale in certe ricette, come la BACIOCCA>>> o i TESTAIO>>>, ma preferisco anche un pane meno bianco o una tagliatella meno elastica. Riesco a fare pizze o la pasta matta anche con la mia farina integrale, con un minimo di attenzione in più e nel caso aggiungo un poco di farina industriale. Rido di noi di questo mondo moderno, pensando a come qui, le anziane donne che non ci sono più, hanno sempre chiamato la farina di negozio con disprezzo "fainetta" ... un diminutivo ... La verità sta nel mezzo, se non è demoniaco usare la farina 00 o la Manitoba ogni tanto per veder lievitare meglio, così come facevano le nostre nonne per le feste quando volevano un prodotto visivamente superiore, bisogna ricordare che sono state proprio queste farine, spesso definite "americane", che ci hanno aiutato ad uscire dalla fame e dalla denutrizione del periodo post bellico, ma non è santificando la crusca che si fa la cosa migliore. L'errore è stato quello di mangiare troppo e solo di una qualità, con un abuso di apporto di soli certi nutrienti come amido e glutine, in un'alimentazione che nel frattempo si era arricchita in tutti i sensi anche di altro come la carne, che si è cominciata a mangiare tutti i giorni negli ultimi 50 anni, per arrivare così alle intolleranze. Cercare adesso di correre ai ripari comperando farine con aggiunta di crusca è solo un continuare a sbagliare. L'uso regolare di farine macinate a pietra in mulini del posto, di grani possibilmente locali permette l'assunzione di tutti gli elementi necessari, proteine, vitamine, proprie del germe di grano e del cruschello e se serve anche della crusca. Dico grani locali perché se a qualcuno capitasse di vedere davvero come e in che condizioni igieniche arrivino le tonnellate di grano dall'estero smetterebbe di mangiare immediatamente, ma come diceva quell'amico cuoco "il fuoco disinfetta" e nessuno mangia la farina cruda. Ma pure l'acquisto consapevole di farine industriali, con un occhio a come vengono prodotte e ai passaggi che fanno. A casa mia si è sempre cercato di usare tutto, alla bisogna, preferendo quello che si poteva confezionato con prodotti del posto, ma nel caso di altro con cognizione di causa, sapendo quello che si compera e che si mangia cos'è e perché, di tutto un po'. Che resta l'unica vera via di salvezza. La prossima volta arzigogolerò sulle farine e le semole di grano duro. - Non ogni uccello conosce il buon grano - - Se ogni uccello conoscesse il miglior grano, poco da mietere resterebbe al villano - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • DEI FAGIOLI... E DELLA PASTA E FAGIOLI DI CASA MIA

    Forse sono finalmente cambiate un poco le temperature di questo autunno primaverile con giornate estive e oggi ho azzardato la prima Pasta e Fagioli. Scarso il raccolto quest'anno fra siccità e cimici, pochi i Borlotti raccolti, nemmeno una Fagiolana, il fagiolo bianco di Spagna che una volta era una delle colture principali di questa campagna. Il post sui fagioli era lì che aspettava da un po' perché è una di quelle situazioni dove devo sempre iniziare con una polemica, nel caso su tutte quelle "dimenticanze" o "modernismi" di alcuni passaggi di questo cibo che ormai consumiamo da più di 500 anni. Cioè, per un motivo che mi rimane sconosciuto, da alcuni anni, si è iniziato a usare più spesso i fagioli freschi, se secchi messi a bagno poco o niente, ora si dice che si può usare l'acqua dove sono stati ammollati, che in scatola fa lo stesso, che non hanno conservanti ecc. ecc. Tutto ciò mi ha convinta a indagare perché si è sempre fatto diverso. Abbiamo sempre messo in ammollo per minimo 24 ore, anche cambiando l'acqua i legumi, e gettata via prima di cuocerli, abbiamo sempre usato preferibilmente legumi secchi, si è riservato l'uso delle scatole per questioni di emergenza. Primo I contadini hanno sempre mangiato i fagioli, qualsiasi varietà, preferibilmente secchi, e non poteva essere solo perché facilmente conservabile come cibo per l'inverno. In effetti in qualche modo già sapevano che solo da da secchi sviluppano in maggior parte le famose simil proteine che fanno di un piatto di pasta e fagioli un pasto nutriente e completo. Da freschi il contenuto è notevolmente inferiore, noi in casa mai mangiati, salvo i primissimi nell'orto così per una voglia. Un'altra cosa riscoperta dai vegani, ma solo riscoperta. Se ritrovassi la tabella delle differenze fra legumi secchi e freschi la posterei, ma non ce l'ho al momento. E invece trovo sempre persone convinte di fare la cosa giusta, conservando fagioli freschi in congelatore o in altri modi, quando lasciati seccare sulla pianta è il modo migliore per l'apporto di proteine e nutrimenti che solo con questo procedimento vengono accumulati - i miei fagioli secchi pronti da sgranare, lasciati seccare sulla pianta - Secondo Perché ammollarli per diverse ore? almeno 24? Perché l'ammollo favorisce il rilascio delle saponine che i legumi contengono in quantità notevole e che sono un po' le responsabili degli effetti collaterali ben conosciuti nell'intestino. Un passaggio che non è possibile con i freschi. Se ne avessi le competenze passerei ore a parlare delle saponine, ma posso solo riferire a grandi linee quello che ho capito qui e là. Le saponine sono presenti in molte verdure, piante e anche legumi e sono un po' come una difesa naturale prodotta dalla stessa pianta per proteggersi e sono diverse a secondo della pianta. La solanina delle patate verdi e dei pomodori acerbi, una delle più tossiche per l'uomo, è una saponina. Così come quella davvero tossica della Saponaria qui>>> dalla quale prendono il nome, o quella nelle Bietole, Spinaci, Romice, Soia, Quinoa, ecc. ecc. Oltre ad essere diverse da pianta a pianta è diverso l'effetto sull'uomo, in alcuni casi la presenza delle saponine è utile, come nel caso della rimozione del colesterolo, perché, per farla facile facile e per niente scientifica, è un po' come se "lavassero", infatti si riconosce la loro presenza quando agitando l'acqua di ammollo dei fagioli questa fa la schiuma, ed è per questo che va buttata, così come l'acqua di certe verdure non andrebbe bevuta. Qual'è il problema? come sempre la dose; se poco fa bene, tanto può far male. E il tipo di solanina, e la quantità contenuta in una o nell'altra pianta, il terreno dove è cresciuta, quanta acqua ha preso, ecc. ecc. Nel caso di patate verdi e pomodori acerbi, ripeto ACERBI non verdi che vuol dire un'altra cosa, si rischia un'intossicazione alimentare, nel caso dei fagioli sento tante persone dire -Io non li posso mangiare perché ...- Riprendo un attimo sui pomodori ACERBI con i quali è consuetudine a fine stagione fare marmellate e sott'oli, un errore grave. Quelli del film fritti alla fermata del treno erano VERDI non ACERBI e cioè appartenenti a varietà di pomodori che rimangono VERDI fuori e rosati dentro ma sono MATURI, cioè con un contenuto minimo di solanine, usati particolarmente per friggere e per i sott'oli in quanto turgidi anche se maturi. Purtroppo sono parole vane al vento ogni anno. Non importa quanto se ne mangiano, sono sempre un inutile accumulo insieme a quelle che non si possono evitare e sono davvero tante e rischiano di diventare troppe, più di quelle che servonoe nel caso della solanina diventare davvero pericolose per l'intestino. Terzo Perché non è consigliabile mangiare solo legumi in scatola? ovvio che l'uso sporadico non significa niente. Appunto perché non significano niente, hanno ben poco da offrire. Se una volta il processo di reidratazione era più o meno come quello casalingo, l'enorme quantità di acqua consumata per l'ammollo, i tempi lunghi, hanno fatto si che a livello industriale si arrivasse a studiare metodi che permettono di inscatolare dopo qualche ora e spesso viene lasciato intendere di usare anche il liquido di conservazione, nonostante sia invece raccomandabile scolare e sciacquare, non fosse che per il forte contenuto in sodio usato per insaporire, e solo le recenti scatole smaltate offrono una protezione migliore nella migrazione di elementi dalla lattina. Nel caso sono da preferire quelli nel vetro. Quando mi sento dire - ma i fagioli secchi ci metto troppo se li devo ammollare - ricordo sempre che in ammollo ci stanno da soli, lì in un angolo del banco della cucina, non occorre tenerli per mano per 24 ore o lasciargli la luce accesa, fanno tutto da soli con un po' d'acqua. Una volta ammollati, sciacquati e messi a freddo in una pentola, senza sale, sul fuoco, ci stanno anche lì da soli. Se proprio, è una di quelle poche volte che si può usare la pentola a pressione e in massimo mezz'ora si fa una pasta e fagioli. Un fagiolo ammollato per bene non richiede cotture così lunghe, se i fagioli rimangono duri o hanno la buccia dura è perché sono più vecchi di due anni, ma soprattutto perché si è messo il sale in cottura. Ma c'è un segreto che io però svelo a tutti, fagioli di qualsiasi tipo, una volta ammorbiditi, sciacquati, possono essere conservati in congelatore pronti per essere usati, messi a freddo in acqua e cotti per qualsiasi uso o aggiunti a minestroni. I fagioli cotti devono essere conservati coperti dall'acqua di cottura, in frigo, per qualche giorno. Anche i fagioli secchi possono conservati in congelatore, solo dopo un passaggio di un giorno possono essere tirati fuori e conservati senza pericolo che producano animaletti vari, e questo non inficia neppure su una possibile semina. PASTA E FAGIOLI COME A CASA MIA Altra ricetta presente in tutte le cucine italiane da nord a sud, e da prima che Colombo li portasse in Europa dal Centro America. I Romani cucinavano un tipo di fagiolo orientale che somigliava molto al pregiato e ricercatissimo da mia madre, il Fagiolo dall'occhio. Adesso per me è pasta e fagioli solo con una delle tante varietà di Borlotti, quella che mi viene nell'orto. L'accoppiata fra cereali e fagioli è vincente anche dal punto di vista nutrizionale, quello che non ha uno ha l'altro, qui è come la faccio io da sempre con poche varianti. Ammollati almeno 24 ore, nel caso cambiando l'acqua, dimenticavo! per carità senza bicarbonato, non serve per farli venire teneri, oltre ad alterare il sapore diminuisce le proprietà utili, si mettono in acqua fredda, in quantità almeno doppia del volume dei fagioli, con una cipolla intera un foglia di salvia, o anche di alloro e si fanno cuocere a fuoco modesto con il coperchio. La pentola di coccio è il massimo, ma con una buona pentola a pressione basterà un quarto d'ora-venti minuti. Sempre sul fuoco a pentola scoperta, con un cucchiaio grande e una forchetta schiaccio una parte di fagioli, nel caso se si vuole un risultato più preciso si può prelevarne una parte, con i pezzi di cipolla e usare un frullatore a immersione. Metto due o tre patate tagliate a tocchetti Per finire aggiungo due foglie di salvia e uno spicchio d'aglio tritati, ma in alternativa rosmarino e aglio, poco sale. Pochi minuti e butto la pasta, in questo caso dei brichetti liguri, ma anche ditalini rigati di una buona semola. Mentre cuoce la pasta faccio rosolare qualche fettina di lardo o pancetta in un pentolino a parte e l'aggiungo, regolo di sale. Nel piatto aggiungo parmigiano grattugiato, un giro d'olio magari toscano, e l'immancabile tocco di pepe a piacere. Se è uno dei giorni che mi sento meridionale aggiungo, con le erbe, una puntina di concentrato di pomodoro. Se mi sento rustica, dopo aver lasciato cuocere i fagioli con le erbe e il lardo, invece della pasta, metto tagliatelle anche senza uova tipo quelle a vantaggio Pasta a Vantaggio >>>qui Solo a Taranto riesco ad aggiungere le cozze. Da non sottovalutare l'uso della salvia, non è solo una questione di gusto, serve come sedativo della peristalsi intestinale, così come l'alloro o il rosmarino che hanno una azione sulla fermentazione sempre dell'intestino, e anche il pepe, nella giusta dose, agisce sulla digeribilità del piatto. Vorrei star qui a parlar di fagioli e fagiolane, ma sono già stata troppo lunga, ci tornerò sopra. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • DEL TASSO BARBASSO E DEL FUMARE ANTICO

    Il tema è talmente delicato e scottante che ho aspettato davvero tanto prima di scriverne. Ma del Tasso Barbasso volevo parlare e far finta di niente ignorando l'argomento non è da me. Questa pianta è stata la prima che ho trovato e riconosciuto da sola, senza che me la mostrasse qualcuno. Ricordo perfettamente la prima volta che l'ho vista, e dove l'ho vista, a me poco più che ragazzina sembrava un albero tanto era alta e con foglie enormi, impossibile non notarla. Tornata e cercata su un libro, incuriosita dal nome dissi in casa: - Ho trovato un Tasso Barbasso! - la prima risposta fu: - sì, sì, bella, si fuma -. Ma tutto rimase lì, senza prosieguo, in casa mia nessuno aveva il vizio del fumo, se non per brevi periodi mio padre la pipa, più come atteggiamento, qualche sigaretta con gli amici anche mia madre, ma la parola "vizio" non era contemplata. Ormai la pianta, con le sue grandi foglie morbide, mi aveva catturato e qualcosa di più negli anni ho cercato di capire. Quest'anno è l'anno giusto per parlarne, ce n'è un'invasione ovunque, chissà perché, forse anche questo è una conseguenza della siccità. Intanto occorre dire che del genere Verbascum esistono diverse piante, più o meno simili, ma sicuramente il Tasso Barbasso, Verbascum thapsus L., è il più appariscente e riconoscibile. Il primo anno, a fine estate, è impossibile non notare la rosetta basale di foglie, che possono diventare enormi, fino a 45 cm, morbide, vellutate, di un verde chiaro simile alla salvia, nei prati incolti, al margine delle strade, anche in terreni poveri. Durerà tutto l'inverno, la prossima primavera, verso aprile, uscirà il lungo stelo del fiore, quasi una colonna, che si riempirà di fiori gialli uno dietro l'altro, della durata di un giorno, sostituiti continuamente da fiori nuovi per tutta l'estate. Nel Tasso barbasso vero e proprio il fiore alto anche più di un metro ha ramificazioni solo verso l'altro, non ha molta importanza per i profani, perché le proprietà e gli usi sono più o meno gli stessi per tutte le varietà, anche se alcune presentano qualche tossicità. I semi sono sempre tossici e la pianta può far male ad alcuni animali. Tanti gli usi e noti da tempi antichi, le grandi foglie per la loro morbidezza hanno rappresentato la carta igienica dei contadini e dei pastori e vale la pena ricordarsene per ogni evenienza improvvisa durante una passeggiata, anche se per l'effetto rubefacente ci si può ritrovare la pelle leggermente arrossata. Le donne di alcuni popoli alle quali era proibito per motivi religiosi il trucco, sfruttavano questo stratagemma sfregando le foglie sulle guance per avere un effetto blush. Così come la piantaggine, sempre le foglie, vengono messe nelle scarpe per alleviare la fatica delle lunghe passeggiate, o per la morbidezza simile a lana per tenere in caldo i piedi. Grazie a proprietà antinfiammatori, l'infuso di fiori e foglie piccole meglio, filtrato benissimo per evitare di ingerire la lanugine che potrebbe essere irritante, serve per il catarro e le malattie respiratorie, e come clistere per risolvere infiammazioni intestinali. Sempre le foglie con un uso esterno, in cataplasma, per la pelle, sia acne che foruncoli o infiammazioni di vario genere, pure emorroidi. I fiori hanno capacità tintorie che vanno dal giallo al verde, l'infuso serviva per ravvivare il colore biondo dei capelli Proprio per la forma lo stelo floreale ha preso il nome di "Candela del Re", a fine fioritura unto con il sego serviva come torcia già ai tempi dei Romani e le foglie seccate per fare gli stoppini delle lampade a olio, Ed ecco qui dal fuoco al fumo. Come espettorante, fluidificante del catarro e antinfiammatorio è una delle erbe fumate, anche per la facilità con la quale si trova. Non potevo passare oltre e ne approfitto per parlare dell'argomento. Ormai erroneamente si ci riferisce al fumo parlando quasi esclusivamente di tabacco e scarse sono le nozioni che si possono trovare su libri di erbe, o anche in internet per i profani come me, su cosa e perché sia stato fumato prima della conoscenza del tabacco in Europa, visto che anche questa pianta l'ha portata Colombo e non certamente perché gli indigeni del continente scoperto ne facevano l'uso che ne facciamo adesso. Senza neppure accennare alla Cannabis, argomento che non desidero affrontare, bisogna sapere che l'uomo in tutto il mondo ha sempre fumato erbe di tutti i tipi. Il fumo veniva usato come medicina per alleviare dolori e fatiche, conciliare il sonno, rilassarsi, o per raggiungere stati di allucinazione varia in cerimonie e quindi spesso riservato ai ricchi o agli officianti delle varie religioni. Celti, Greci, Romani, pare che tutti fumassero qualcosa. Senza arrivare a loro, dei quali non ho esperienza diretta 😜, ho però conosciuto persone non molto più grandi di me che hanno fumato Vitalba, Tasso Barbasso, Lampone, ecc., anche perché il tabacco era caro e in certi periodi, come la guerra, difficile da reperire. - Vecchio ricordo di famiglia di un mio prozio, ritrovato in un cassetto qualche anno fa - - Scatolina portatabacco con tabacco, cartine e tre sigarette Alfa - fine anni '40 - Se il fumo è forse antico come l'uomo pochi sanno che le sigarette hanno meno di 200 anni, la prima pare sia stata fatta con la carta delle munizioni durante un assedio in medio oriente, il successo portò a vere e proprie "fabbriche" di sigarette fatte a mano, con le evidenti contaminazioni di mani e saliva di chi le faceva. Intorno al 1880 venne inventata la macchina per l'arrotolamento e la produzione di sigarette subì un balzo, anche per il minor costo e da lì fu tutto un crescendo, diffondendo a macchia d'olio la dipendenza da tabacco in tutto il mondo. Devo fare una doverosa premessa. FUMARE NON È MAI UNA PRATICA SANA Il fumo aspirato derivante dalla combustione di qualsiasi cosa è sempre dannoso in qualche maniera, ma c'è da aggiungere che per chi fuma è meno dannoso quello di una sigaretta costruita con erbe che non contengono nicotina o altri veleni riconosciuti e che soprattutto non creano dipendenza. Un consumo intelligente suggerisce di usare erbe con qualche proprietà curativa, come il Tasso barbasso, e non con componenti pericolosi come nel caso della Vitalba, fumata ahimè, da tanti contadini fino a dopo la guerra e dannosissima per gli alcaloidi tossici che contiene. Un conoscente, di poco più vecchio di me, qualche anno fa, mi raccontò di come fumando la Vitalba ogni volta stava male ma che quando sei giovane e sei in compagnia fai anche cose senza senso. Uno dei motivi più interessanti del fumare erbe, oltre al valore terapeutico, di disabituare al fumo di tabacco. Attualmente vengono vendute sigarette di erbe varie, con quel preciso scopo, facilmente reperibili su farmacia e internet, con miscele di piante varie, ma ho avuto difficoltà a capire cosa ci sia dentro, o se c'è scritto spesso sono erbe che vengono da lontano. Potevo quindi astenermi dal provare volendo scrivere il post? Il "per sentito dire" non mi piace, così con la complicità di un amico fumatore e le scarse nozioni apprese qui e là ho provato. Pare che per soddisfare le esigenze sia necessario preparare una mistura, come si dice oggi un blend, almeno di tre erbe, dove una funga da vettore, una da aroma e una abbia qualche proprietà più specifica. La mia prova si è indirizzata verso una buona parte di foglie di Lampone, che mi ha confermato un amico erborista aiutino a eliminare l'effetto della nicotina, e sembra strano ma una delle foglie più fumate anche per l'aroma, una di Tasso barbasso per le proprietà antinfiammatorie, un pizzico di Iperico e uno di Artemisia per quelle rilassanti, ma avrei potuto usare Lavanda, Menta, Finocchio, Timo o Rosmarino, Petali di Rosa , Camomilla, non la Salvia che è sempre un'erba che non si sa mai. Le erbe vanno seccate, ma non devono essere troppo secche, nel caso una volta sminuzzate basta una spruzzata di acqua appena appena e poi sistemate dentro una cartina come una normale sigaretta, preferibilmente usando un filtro. Non sarò certo io ad incoraggiarvi ed evitate di chiedermi consigli, non ne ho, oltre a quello che ho scritto. Ripeto, pochissime sono le nozioni che si trovano sull'uso, anche terapeutico, delle sigarette di erbe. Come sempre l'unico vero suggerimento è quello di rivolgersi ad un erborista esperto che certamente avrà nel corso degli studi appreso nozioni scientifiche che io non ho sull'argomento e di non cominciare a fumare per provare, ma solo se questo può essere il mezzo per smettere di fumare tabacco. Sempre è possibile con le stesse erbe creare dei bellissimi Smudge o mazzetti da fumigazione, dei quali avevo già scritto qui: DEL FUMIGARE E DEI MAZZETTI ODOROSI https://www.lellacanepa.com/single-post/2020/07/05/del-fumigare-e-dei-mazzetti-odorosi Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • LA GINESTRA ACCENDIFUOCO, IL BRUXINE

    Da tempo volevo parlare di questa pianta, che pur non essendo commestibile o terapeutica, ha fatto parte della vita degli abitanti di questi posti. Proprio per l'uso e l'abuso da parte dell'uomo e anche per l'abbandono di queste terre una volta pascoli per bovini e ovini e il rinselvatichimento che ne favorisce incendi, è diventata quasi rara. Anche io ne ho abbandonato l'uso ormai da tanti anni, anche se ho sempre cercato di raccoglierla in maniera più oculata di quanto vedevo fare con leggerezza. Il termine volgare per identificarla, "bruxine", ne denuncia l'utilizzo, e nello specifico è il miglior accendifuoco che si possa trovare. Un rametto secco, qualche "sticco" e anche la legna più difficile si accendeva con facilità. Non veniva usato solo per accendere il fuoco, quando ancora non c'era la corrente elettrica qui nelle case e il buio arrivava presto, le donne alla sera filavano al lampo di luce che poteva fare un ramo di bruxine tenuto in mano da qualcun'altra donna o ragazza o spesso bambini, uno dopo l'altro, accesi uno con l'altro per fare una luce forte e continua. La donna che me lo raccontò, non c'è più da tanti anni, mi disse anche di come le dita di questi "portatori di luce" erano sempre marroni dalle bruciature. Anche le candele costavano troppo per filare. Nella fine dell'estate, passata la fioritura e caduti i semi, ci si recava sui monti con le corbe, per riportarle piene di questa particolare ginestra, tranciata nel gambo con un colpo netto di zappa, e messe a seccare per riporle poi nella legnaia, pronte per l'inverno. C'è da dire che l'oculatezza di una volta faceva sì che raramente si spegnesse il fuoco, tenuto in vita da braci, tanto che nella mia vita antica la frase che più mi pesava e mi sembrava assurda è sempre stata: - Ti sei lasciata spegnere il fuoco! - Niente, la frase è rimasta nel DNA ... mi tocca sentirla dire pure da mio figlio, adesso che fiammiferi e diavolina facilitano l'opera e Vestali non ne esistono più. Non mi intendo molto di Ginestre, credo che il nome botanico di questa che forma cespugli bassi e compatti mescolati a ERICA E BRUGO (qui>>>) sia Genista salzmannii DC. , una varietà che si trova solo fra Liguria e Toscana e in Sardegna e se pur non soggetta a protezione è considerata specie a rischio. - Erica, Brugo e Ginestra di Salzmann insieme - Nessuno qui va più per "Bruxine", sostituito da Diavolina e Stecchi già pronti e venduti confezionati in sacchi o cassette ed è bene così visto quanto è diventato difficile trovarne, ma i discorsi di questi giorni su bollette in aumento e privazioni alle quali dovremo andare incontro, mi hanno fatto ripensare a come si faceva una volta, a mia nonna che sventolava il ventaglio di piume per ravvivare il fuoco a carbone nel ronfò (qui>>>), a quelle bambine che si bruciavano le dita perché qualcun'altra appena più grande di loro potesse filare o tessere, a mio padre che mi faceva riusare i fiammiferi spenti per accendere gli altri fuochi della cucina a gas, e a quando, piccolissima, mi fece una lunga spiegazione scientifica sulla combustione e sull'importanza dell'ossigeno perché questa avvenga, perché sapessi come accenderlo e come spegnerlo, perché la conoscenza della gestione del fuoco è un potere che gli uomini hanno e che li fa credere di essere superiori agli altri esseri e più vicini a un dio. IL DONO DEL FUOCO qui>>> - infuocato tramonto al Passo del Biscia fra eriche e ginestre - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • ERBANDO D'AUTUNNO

    PASSEGGIANDO, RICONOSCENDO, RACCOGLIENDO ... Breve comunicazione per informare sui prossimi eventi, con pochi giorni di anticipo per colpa delle mutevoli condizioni di questa prolungata estate che sta diventando primavera. Dopo la tragica siccità di questi lunghi mesi passati, pochi minuti di tregenda 20 giorni fa avevano finito per distruggere la campagna. Pur confidando nella natura non pensavo che in meno di un mese, con temperature ancora da piena estate, tutto si sarebbe ripreso così velocemente. Spariti frutti autunnali e foglie, i campi battuti dalla grandine, assisto a un risveglio di carattere prettamente primaverile, i rami sbocciano di gemme e nuove foglie fino ad arrivare agli alberi da frutto fioriti, ciliegi, prugne, meli come fosse aprile. I prati sono coperti di erba verde e quindi la decisione di provare a fare qualche incontro, dopo che ieri ho raccolto tutto il giorno Prebuggiun. - ciliegio sotto casa mia completamente fiorito da una settimana- A CASA DI ERBANDO DOMENICA 18 SETTEMBRE Come tutti gli anni si rinnova l'appuntamento "A Casa di Erbando" . Quest'anno tra piogge e sole caldo, durante la solita passeggiata intorno a casa con Lella Canepa, alla ricerca delle erbe del Prebuggiun e di quanto ci mette a disposizione la natura, potremo vedere due o tre stagioni insieme, gli effetti disastrosi della grandine, quelli della siccità e un inconsueto risveglio primaverile della natura. Di alcune erbe sarà possibile osservare il germoglio e il fiore passando da primavera a estate in uno sguardo. È davvero un'occasione da non perdere non fosse che per avere l'occasione di ammirare l'insolita fioritura settembrina di ciliegi e prugne. Insieme potremo costruire un erbario da portare a casa delle più comuni "erbacce" . Posti disponibili solo 10 Contributo di 15 € per l'Associazione Erbando per prenotare al 3486930662 RITORNO AL CUCCO DOMENICA 2 OTTOBRE Erbando torna in Piemonte! Dopo il successo della prima esperienza come non ripetere l'evento nella magnifica atmosfera incontaminata creata da Sara e Fabio di Cascina Il Cucco ne il Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo . Una passeggiata nei dintorni con Lella Canepa per il riconoscimento delle erbe più comuni, selvatiche, spontanee, commestibili usate da sempre nella cucina ligure e piemontese. Un pomeriggio davvero a contatto con la natura fra racconti, aneddoti, confronti, dove sarà possibile volendo costruire un erbario personale da portare a casa. Disponibili anche i sette manuali cartacei di Erbando sulle erbe del Prebuggiun. Al termine aperitivo agricolo a base di formaggi, salumi, prodotti e vino locali. Per informazioni e per l'indispensabile prenotazione occorre telefonare al 327 854 8388 ERBE D'AUTUNNO CON MARCO E LELLA DOMENICA 9 OTTOBRE Un evento speciale studiato da tempo e rimandato per le ben note restrizioni. Ci riproviamo quest'anno nella cornice dei boschi di castagno dell' Agriturismo Risveglio Naturale di Valletti >>> con una passeggiata al mattino con Lella Canepa per il riconoscimento delle erbe che questo speciale autunno simil primavera ci offre, con la possibilità di costruire un erbario da portarsi a casa. Pranzo con gli assaggi delle erbe, antipasti, tortelli ripieni di erbe, arrosto alle erbe e dolce. Al pomeriggio una chiacchierata con Marco Fossati, erborista, sulle proprietà curative e le pratiche della piccola farmacopea casalinga delle stesse erbe. A concludere un piccolo laboratorio per portare a casa un ricordo della giornata Costo 50€ a persona per l'intera giornata posti limitati È possibile arrivare al sabato e pernottare in Agriturismo. Informazioni al Tel. : 01871854393 Cell.: 3493386861 Mob. : 3922195962 Volutamente non ho preso impegni per il 24 e il 25 settembre causa elezioni. Se un piccolo gruppo di persone fosse comunque interessato a fare una passeggiata in altre date, anche in settimana, mi contatti al 3486930662. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • FIOR DI CICLAMINO

    Sta sbocciando sotto le foglie lo chiamano autunno. Hilde Domin È una giornata di allerta meteo, di temporali organizzati, come si dice adesso. Qui è una giornata di qualche minuto di pioggia forte e ampi sprazzi di sole, di quelle che dici -vado per funghi- e appena hai messo le scarpe torna a diluviare improvvisamente. La gatta, sagace, che di mestiere fa la meteorologa, non sbaglia una previsione, non si è mossa dal suo posto al calduccio. Così, tra una sguazzata e l'altra, mi accorgo che nel solito vaso dimenticato tutta l'estate, fra fili d'erba secca, sono spuntati come sempre i primi ciclamini selvatici. Lo confesso, avevo rubato due bulbi fioriti anni fa per portarli a mia madre in ospedale, visto che quell'anno non potevamo andare a fare la solita escursione per "prendercene una vista" come diceva lei e io sapevo che sarebbero stati gli ultimi che avrebbe guardato. Messi poi in un vaso, ogni anno, senza nessuna cura da parte mia, mi regalano fiori e io so allora che sta per finire l'estate. Non sarebbe certo una pianta che rientra nelle mie erbe commestibili, e nemmeno per essere usati come medicamento, ma sono stata sollecitata a scriverne, dal ricordo di una trasmissione dove una gentile signora, proprietaria di un agriturismo, li usava in una pasta con i funghi. La trasmissione, popolarissima, su rete nazionale, l'ho ritrovata, sempre per essere sicura di quello che scrivo, ed è ancora in rete. Diciamocelo subito, il ciclamino è tossico, ma proprio tossico tossico. Specialmente nel bulbo, ma in tutta la pianta, è contenuta la ciclamina, che può dare seri disturbi all'apparato gastrointestinale umano, e mentre ascoltavo la signora che lo chiamava "pan porcino" e in base a questa definizione si era ritenuta autorizzata a metterlo nel cibo, mi sembrava impossibile come non sapesse che il nome volgare del ciclamino è proprio perché il suo bulbo è appetito dai cinghiali e maiali ai quali la ciclamina non fa danni. Nulla so di questa sostanza, che sono poi andata a leggere è un glicoside, una saponina, e forse usata un tempo anche a scopo medicamentoso, ma istintivamente da sempre so che i ciclamini sono tossici, senza nulla togliere all'incanto di fiore che sono. Escono così, nel sottobosco umido dalle prime piogge della tarda estate, dal nulla, senza che la pianta abbia emesso una sola foglia, quelle verranno dopo, si intravede solo appena sotto la superficie del terreno, il bulbo piatto, rotondo e scuro. La corolla di cinque petali come pettinati all'indietro, di un rosa tenue, in qualche specie meno diffusa rossi e solo in Sardegna, credo, rarissimi, quelli bianchi. Un fiore così bello ma con pochissimo profumo, ci sarebbe da svenire altrimenti, quando il tutto si copre di migliaia di fiori. Più tardi, nella sfioritura curiosamente attorcigliati su se stessi, spunteranno le foglie, a forma di cuore, spesso variegate, con i margini finemente dentellati nella specie più comune. Qualche volta si possono osservare foglie e fiori contemporaneamente. Protetto in tutto il territorio nazionale, in Liguria a protezione totale. - foto di actaplantarum - https://www.actaplantarum.org/galleria_flora/galleria1.php?view=1&id=862 Non sono così frequenti qui in alto, devo scendere, sulla strada che porta a La Spezia, lungo la strada c'è un bosco al margine dove a volte vado solo per guardarmeli un po'. Esistono almeno 20 varietà selvatiche, una il Cyclamen repandum Sm, che fiorisce in primavera e il Cyclamen persicum Mill la varietà che ha dato origine alla produzione di quelli ibridi coltivati e venduti a migliaia, per non dire milioni, con il fiore più grande e di diverse sfumature di colore e presenti per gran parte dell'anno nei garden. Chi di noi non ha mai comperato un ciclamino? Elisabetta I li volle nei suoi giardini anche se già i Romani e Greci ne parlano, pianta ritenuta capace di proteggere la casa da influssi maligni, un amuleto per chi la semina e la fa crescere, legata a Ecate la dea della magia, signora della notte e dell'oscurità, con il potere di realizzare o vietare i sogni degli uomini, ma anche dea della fertilità e del ciclo della vita, invocata da chi applica le arti magiche. Proprio per questo nel medioevo ne fu cambiato il simbolismo troppo legato alla figura di una simil strega e divenne fiore poco ambito, per ritornare di moda nel XIX secolo. Oh! È tornato il sole, stavolta vado, quello che avevo da dire l'ho detto, "altro non vi saprei narrare", se non di non guarnire l'insalata con i ciclamini, per piacere. A quale terra antica mi riporti, a quale ora fuori dei millenni, acceso ciclamino d’un giorno d’acqua? Umberto Piersanti Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • LA LUNGA ESTATE CALDA

    Ho sempre preferito la primavera a tutte le altre stagioni, quella vita che si rinnova sembra ogni volta rinnovi anche me. Con gli anni, i dolori, il freddo percepito diversamente, l'odiata umidità, ho imparato ad amare l'estate. Questa di estate è stato impossibile amarla, ma proprio neanche volerle bene. Dopo due anni di chiusure e virus quest'anno ho dovuto rinchiudermi nell'unica stanza di casa dove ogni tanto aleggiava un filo di tiepida brezza, per sopravvivere. Oltre al caldo ho combattuto con ogni sorta di insetti, eserciti di mosche, battaglioni di pappataci e farfalline, dorifore, cimici e formiche, con le finestre spalancate tutta la notte persino le lucciole sbagliavano strada. Zanzare no, le zanzare non mi sopportano, per fortuna. Ogni sera un'ecatombe prima di riuscire a dormire. Dormire... si fa per dire, per la prima volta, qui, a 800mt, con l'aria degli Appennini alle spalle, all'una di notte c'erano 26 gradi e la casa non si rinfrescava. E pensare che in questa camera d'inverno si toccano i sei gradi, e dieci gradi in cucina a volte sono un'utopia. Con due stufe accese mai visti 16 gradi. Ho dormito, lo dico adesso, con tutte le finestre spalancate e anche la porta, diverse notti, poi ho pensato che poteva farmi visita un cinghiale, visto che sotto casa passano abitualmente anche i lupi. Il sole mi ha ferito gli occhi, pur con gli occhiali, il caldo bollito il cervello, uscivo a sera dopo le otto per andare furtiva nell'orto a rubare, a cimici di ogni ordine e grado, qualche zucchina e pomodori malandati, tornando a casa sudata e spesso con due o tre zecche addosso, mai successo prima. Per almeno due mesi buoni, non è mai arrivata acqua al rubinetto che non fosse tiepida, ma potrei dire calda, qualcuno mi ha poi detto che non è bello perché favorisce il formarsi di batteri non proprio graditi. Con la penuria di acqua che c'era non era possibile farla scorrere per farla venire fresca. Le fontane al lumicino, ed era comunque fatica arrivarci. Per questo o perché non lo so ho avuto disturbi di ogni tipo, che non mi passavano neppure quando mi sono arresa a medicinali vari. Nel tentativo di stare meglio ho persino comperato il mio primo tubo di crema con del cortisone dentro. Non mi sono avvicinata ai fornelli per cucinare, ho vissuto di friselle e pomodori, sono riuscita a malapena a mettere insieme un aperitivo per gli amici una sola volta, e sì che non si vedeva l'ora di stare assieme. Ho cercato di essere presente ad alcuni eventi inderogabili e che mi rendono sempre felice, come gli incontri al centro estivo con i ragazzi, ma tornavo a casa che non sapevo "quantu fî me restava in sciâ rocca" quanto filo mi rimaneva sulla rocca, frase usata una volta per definire quanto tempo restava da vivere. ... Strepitando vien giù candida e bella, batte il suol, tronca i rami, il cielo oscura, e nelle grigie vie sonante e dura picchia, rimbalza, rotola, saltella; squassa le gronde, i tetti alti flagella, sbriciola sibilando la verzura, ricasca dai terrazzi e nelle mura s’infrange, e vasi e vetri urta e sfracella. E per tutto s’ammonta e tutto imbianca; ma lentamente l’ira sua declina e solca l’aria diradata e stanca; poi di repente più maligna stride, poi tutto tace, e sulla gran ruina perfidamente il ciel limpido ride. De Amicis Dopo un inverno secco e tiepido, ogni giorno in attesa di una pioggia che non arrivava, con la certezza ormai dell'esperienza che un simile caldo non può che provocare disastri, con la prima aria un poco più fresca che si scontra con un mare caldo arrivato a 30° . É vero questi eventi sono sempre più frequenti, ormai passiamo troppo e solo da un estremo all'altro, ma mi preme dire che qualcosa è sempre successo. Nell'estate del 1903, qui raccontato da chi ho conosciuto che c'era, una tempesta di vento e grandine, distrusse gran parte dei castagneti e il legno fu usato per costruire tutte le capanne col tetto di paglia, di sapore vagamente celtico, che c'erano una volta qui nei boschi per conservare fieno e foglie per lo strame. Quest'anno la mattina del 18 agosto mi sono svegliata con il rumore di una grandinata eccezionale che in cinque minuti ha fatto qui e nella zona fra Lavagna e Sestri Levante disastri che tutti avranno potuto vedere nei vari telegiornali. Dieci o poco più minuti di follia intensa che hanno distrutto coltivazioni di uva e olive, castagne, orti, mais, ma anche danni a case e cose. Arrivata in maniera orizzontale, lo chiamano downburst, pochi hanno salvato l'auto, fari e cruscotti e carrozzerie ammaccate, la mia, vecchia, ma andava, ora è senza fari oltre alla graziosa decorazione nella carrozzeria. Sestri Levante sembra una città mitragliata, tapparelle, intonaci, tetti, alberi, è passata una settimana e stiamo ancora tutti pulendo e contando i danni. Gli stabilimenti balneari di Lavagna sono volati sui binari, dopo una stagione finalmente positiva, tutti devono ricominciare. È ancora e di nuovo troppo caldo, quindi non finirà qui. Questo mi premeva raccontare a chi mi ha scritto e mi ha detto incontrandomi come mai non riceveva più articoli dal mio blog... non ce l'ho fatta fisicamente e mentalmente. I miei post, come ho detto più volte, sono frutto di passeggiate dalle quali prendo ispirazione scoprendo un'erba o con la voglia di cucinare qualcosa. Sono riuscita ad uscire pochissimo, ma fra la desolazione della siccità quest'anno non ci sono stati fiori, pochissima raccolta di erbe stroncate dall'arsura. Non c'è fieno nemmeno per gli animali, non sono riuscita a fare una conserva di nulla, se non qualche barattolo di marmellata definita "Granizada" perché ottenuta con frutti misti raccolti dopo la tempesta. Intorno sembra arrivato improvvisamente l'inverno, non una foglia sugli alberi, solo l'edera rimasta intatta prepara premurosa i suoi fiori, gli ultimi fiori dell'anno per le api golose. La natura magnanima quanto implacabile, si sta già riprendendo, spuntano i sciguelli nemmeno aspettassimo una nuova primavera, e mi ha regalato stamattina un fiore sull'ultimo ramo rimasto di uno dei miei gerani nel mio giardino distrutto. La natura non si domina, se non ubbidendole. Alcune foto mie e della riviera Naturae enim non imperatur, nisi parendo Francis Bacon, Novum Organum, 1620 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • L'ERBA LISCA

    Latito dal blog da un po' di tempo, ma a parte impegni vari, è difficile parlare di erbe abitando in campagna nell'estate più calda e siccitosa che io ricordi, anche se mi capita di trovare sui social inviti a gite di riconoscimento o di raccolta e mi chiedo come sia possibile. Gli articoli di questo blog nascono dalle mie passeggiate cercando e riconoscendo un'erba, ricordando letture e parole sentite a proposito di questa, esperimenti fatti da sola o con amiche o tradizioni di famiglia di una vita, difficile trarre ispirazione dai prati secchi di questo periodo. Da tempo però volevo parlare di un'erba che sapevo esistere ma non riuscivo a trovare, un'erba con una storia per me fantastica, il cui utilizzo finirà per essere dimenticato e speravo, per scrivere il post, di riuscire a fare un'intervista con chi ancora poteva ancora raccontare, o chi poteva mostrarmi un manufatto ottenuto da questa pianta. Ad oggi non l'ho trovato, spero che proprio questo articolo mi porti magari a conoscere qualcuno che la ricorda e che l'ha usata. Tutto quello che scriverò sarà quindi riportato da articoli letti qui e là. Ma l'erba sì, quella l'ho trovata! Nei miei ormai frequenti viaggi dalla Val di Vara a Portofino, sulla strada costiera, nelle pareti scoscese, tra la macchia mediterranea così diversa dalla natura che mi circonda qui, ho finalmente riconosciuto i lunghi ciuffi di "erba lisca". Ampelodesmos mauritanicus è il nome botanico di questa pianta, che cresce in abbondanza sul monte di Portofino, anche se è frequente in tutte le zone in riva al mare fino all' Africa. I ciuffi alti fino a due metri, con foglie strette e lunghe anche un metro, taglienti sul margine (altrove è conosciuta come Tagliamani) le spighe ancor più alte, non possono essere confuse con qualcos'altro. - foto di Actaplantarum - https://www.actaplantarum.org/galleria_flora/galleria1.php?view=1&id=737 Sembra impossibile ma attorno a quest'erba fino a pochi decenni fa, fioriva un'intensa attività lavorativa nella baia di San Fruttuoso. Molti, anche da fuori, venivano a raccogliere quest'erba per conto dei cordai, coloro che, fatta seccare, battuta e filata, la usavano per produrre corde e reti per una particolare pesca a strascico. Reti che leggere e morbide che resistevano al sale e all'acqua di mare e venivano issate a bordo con più facilità e venivano richieste da tutti i pescatori del Levante Ligure. Anche i cavi per la Tonnarella di Camogli erano fatti con questa pianta. Per qualche motivo che mi è sconosciuto, visto che comunque non è un'erba così difficile a crescere e a propagarsi, basterebbe un'oculata conservazione e raccolta, è adesso tutelata e le poche corde ancora prodotte a San Fruttuoso sono fatte con fibra di cocco che arriva da lontano, di solito dall'India. Il resto è tutto nylon, dimenticando come una fibra naturale sia completamente biodegradabile. Con la sospensione della raccolta è scomparsa completamente l'attività dei cordai, una volta fiorente in Liguria in tutti i paesi costieri, che usando anche altre fibre vegetali come canapa, lino ecc. provvedevano per la richiesta di tutti i tipi di cavi, anche grossi, per navi di una certa importanza. Nel video sotto viene raccontata un po' la storia di questi personaggi, mostrato come si fanno le corde, anche se mi piacerebbe riuscire a conoscere qualche pescatore o poter fotografare se ancor esiste, una rete fatta con la lisca. In questi anni non sono riuscita a trovare nemmeno nessuno che ricordasse la pianta, così le notizie scritte sopra sono prese da questo articolo: https://www.portofinoamp.it/attivita-tradizioni/i-cordai La strada stretta e l'impossibilità a fermarmi mi ha impedito di fare fotografie dettagliate, ma dovrò fare una passeggiata nel Parco di Portofino o sopra Sestri Levante dove so essere presente, per documentarmi e osservarla meglio. Continuando a leggere qui e là ho scoperto che la pianta era anche usata per costruire il fondo dei setacci per la semola e gli steli delle sue spighe per fare le "busiate" un tipo di pasta fresca in uso fra Sicilia e Calabria simile ai fusilli fatti con il ferretto. Busiate da Buso, cioè lo stelo della Disa, nome dato all' erba lisca in quelle zone. Le Busiate sono ottime con il Pesto alla Trapanese, che la storia suggerisce essere una derivazione di quello portato in Sicilia dai Genovesi, quando al ritorno dai viaggi in Estremo Oriente, attraccavano al porto di Trapani e si mettevano a fare il loro pesto di basilico e aglio. I siciliani poi trasformarono “l’agghia pistata” vista fare, aggiungendo mandorle e pomodorini, con un'interazione fra culture e sapori che mi fa sempre sorridere quando sento inneggiare al "solo noi, solo qui, solo così". Un valore così grande come la capacità tutta italiana di cambiare gusto e pietanza di casa in casa con spesso gli stessi tre ingredienti, invece di essere portata in palmo di mano, viene invece sovente demonizzata. Basta uscire dai propri ristretti confini, a volte solo mentali, per poter gustare piatti incredibili che magari sono frutto semplicemente di un incontro con un nostro lontano parente, che è passato un giorno, tanto tempo fa, di lì. Mi scuso per la divagazione e provo a fare le busiate e mi perdoneranno siciliani e calabresi se sono venute come sono venute. Avrei fatto meglio a imparare quando, durante il mio soggiorno in Puglia voleva insegnarmele la vicina che aveva imparato dalla suocera messinese! Dunque servono Acqua tiepida e farina, io preferisco sempre farina di semola o se non si trova semola rimacinata, ma va bene anche 00 Un impasto non troppo morbido, lasciato riposare un pochino, meglio coperto in frigorifero. Da piccole porzioni di impasto lavorate a cilindri di circa 4 mm.di spessore, taglio dei pezzi di 6-7 cm. Con uno stecchino di bambù, perché non sono riuscita a raccogliere una spiga di lisca, mettendolo ad angolo cerco di avvolgere la pasta creando una spirale. Ruotando con due mani il bastoncino sulla spianatoia la pasta si allargherà permettendo di staccarla. Non è stato facilissimo all'inizio e le mie busiate sono suscettibili di miglioramento, ho seguito un tutorial su you tube e mi sento di consigliare a chi volesse provare: Serve la spianatoia di legno, altrimenti non scivola la pasta Bisogna indovinare la misura giusta di lunghezza e dimensione della pasta e la consistenza dell'impasto, troppo morbido si attacca al bastoncino. Per qualche motivo che mi è rimasto sconosciuto la pasta all'inizio mi rimaneva ammucchiata, facendole sembrava mi venissero sempre meglio, certo serve ancora tanto esercizio. Ho seguito questo tutorial: https://www.youtube.com/watch?v=7HEDEbQs-jM&ab_channel=Annamariatrafornoefornelli Lasciate asciugare le ho cotte e condite con il pesto trapanese. Anche per questo ho sbagliato qualcosa, poco basilico ed è venuto un po' troppo rosso con il pomodoro che spiccava come gusto. Per farlo ho usato: un mazzetto di basilico ma ne servivano decisamente due 250gr. di pomodori di Pachino 50gr. di mandorle pelate uno spicchio di aglio 50gr. di pecorino sale e olio quanto basta Andrebbe pestato al mortaio ma con un giro di frullatore si fa sicuramente prima. Le abbiamo comunque gustate e sono pronta per correggere gli errori la prossima volta, in attesa, chissà, di poterle assaggiare in bel viaggio al sud che oramai sogno anche di notte. - Quannu a pasta è ‘nta pignata, ci voli ‘a tavula cunzata - Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • FIOR DI ORNIELLO

    Allora disse Jafnhár: “Il frassino è di tutti gli alberi il più grande e il migliore; i suoi rami si allungano per tutto il mondo, fin sopra il cielo”. Con incommensurabile ritardo pubblico il post sul frassino. In pratica è dall'anno scorso che volevo scrivere qualcosa, il caldo anomalo ha fatto sparire in fretta i bianchi fiori sugli alberi che si mescolano confondendosi con gli arbusti di sambuco nella macchia. Forse qualcuno ancora fiorito si trova andando verso quote più alte. Profondamente diversi dal sambuco raccontano anche loro la storia di un albero che per il resto dell'anno rimane qui semi sconosciuto fra carpini, roverelle, cerri e altro, nati a caso, a formare i boschi misti insieme ai castagni che ammalati e poco curati stanno lentamente sparendo. A me, fortunata, ne è nato uno in un vaso. Diversa la considerazione degli antichi per questa pianta, nella cultura nordica è la chioma di un frassino che sostiene il cielo e per altri è il primo albero creato, e da questi è uscito il primo uomo. Nelle sue radici vivono le Ninfe melìadi, le ninfe del miele, custodi del destino, che incessantemente tengono bagnate le sue radici perché non secchi. La sua magia è legata alle acque e si diceva salvasse dall'annegamento. Proprietà guaritrici affidate alle sue foglie, alla corteccia e ai semi. Con le foglie giovani si fa un ottimo tè. Associato al mito della creazione diventa simbolo di fecondità. Tali sono le sue proprietà magiche che è solo con un paletto di frassino, robusto ed elastico, che si possono uccidere i vampiri. Ieri sera un frassino sul punto di dirmi qualcosa - tacque. Octavio Paz Le foglie formate da un rametto con da 5 a 9 foglioline leggermente dentate sul bordo cadono in autunno. Il legno pregiato e bianco, elastico, leggero largamente usato da sempre per tutto ciò che necessita di un legno resistente, gli archi e frecce per esempio o le ruote dei carri, manici per attrezzi agricoli e poi in seguito anche sci, eliche, strumenti musicali, sedie ecc. Tra le innumerevoli varietà il più pregiato è il Frassino maggiore, Fraxinus excelsior, diverso il fiore da quello sopra, ma qui trovo più frequente questo, l'Orniello, Fraxinus ornus, anche esso dalle innegabili proprietà. Ottimo come legna da ardere anche verde, per via di una sostanza infiammabile che contiene, il primo fuoco dell'anno veniva acceso con legno di frassino perché la stagione fosse propizia e le piogge primaverili abbondanti. Tenuto spesso vicino alle abitazioni e capitozzato per fare con le foglie foraggio, tutto l'albero è commestibile, semi, corteccia foglie, anche per l'uomo e le donne romane lo usavano le sue proprietà dimagranti. I contadini di una volta preparavano per i giovani polli in primavera "l'acqua blu" di Orniello. I giovani rami, i polloni dell'anno con la corteccia che si stacca facilmente, venivano immersi un po' sbucciati e un po' no, in acqua fresca per almeno due giorni al buio, l'acqua prende una colorazione bluastra e questa veniva data una volta, ogni due o tre giorni per qualche settimana, si diceva che servisse per prevenire e rinforzare, probabilmente l'effetto antinfiammatorio contro artrite e reumatismi, gli effetti blandamente lassativi e diuretici servivano come serviva a noi la ... Manna. Solo da pochi anni ho scoperto essere l'Orniello lo stesso Frassino da manna, coltivato in Sicilia, per la produzione di quest'ultima, una coltivazione antichissima. La manna è ottenuta da un liquido biancastro dolce, frutto dell'unione fra le due linfe dell'albero che incontrandosi e uscendo all'esterno solidificano naturalmente grazie alle particolari condizioni ambientali, caldo secco ecc.. L'uomo favorisce la fuoriuscita nei mesi caldi, incidendo la corteccia e creando un taglio, posizionando particolari accorgimenti per far si che si raccolga in cannoli, o in coppette alla base, o raschiando quella naturale. Un lavoro che si concentra tutto intorno al parco delle Madonie in Sicilia e gran parte della produzione mondiale per dolci, prodotti di bellezza o medicinali naturali arriva da lì. Nonostante l'albero sia lo stesso, l'Orniello, da noi non avviene la trasformazione della linfa da liquida a solida per questioni proprio di clima. Chi fra quelli della mia età non ricorda come le veniva propinato al mattino il panetto di Mannite da sciogliere nel te o nel latte, per rinfrescare l'intestino, quando, per esempio, si andava in villeggiatura e "bisognava abituarsi all'aria"? Purtroppo un prodotto destinato a sparire, sostituito come sempre da surrogati chimici, il Mannitolo, che non sempre è Mannite da Frassino. Anche la produzione di Manna in cannoli, era diminuita drasticamente e i frassini sostituiti da oliveti o simili se non fosse per alcuni giovani che hanno ripreso in mano le antiche tradizioni e adesso la Manna in Cannoli è un presidio Slow food. La casa d'Israele la chiamò manna. Era simile al seme del coriandolo e bianca; aveva il sapore di una focaccia con miele. Libro dell'Esodo. Incredibile come si sia potuto abbandonare un prodotto così fantastico, dalle molteplici proprietà curative, a cominciare dai diabetici che possono usarlo al posto dello zucchero, a chi vuole un blando lassativo per bambini e anziani, favorire la diuresi, come antinfiammatorio per avere miglioramenti nelle bronchiti croniche e calmare la tosse, più un buon contenuto di antiossidanti. D'altra parte cosa mandò Dio agli Ebrei nel deserto che gli bastasse per tutto? Anche se le ipotesi sono diverse e non certe che si tratti di una linfa di albero, vero è che si usò la parola manna per definirlo. Ancora adesso si usa l'espressione "come Manna dal cielo" per un benessere inaspettato e gratuito. La cura di Mannite era un classico primaverile, del cambio di stagione o come dicevo prima, quando si effettuava un cambiamento d'aria per purificare gli organi e predisporli alle nuove cose che si sarebbero mangiate, ai nuovi pollini che si sarebbero incontrati nelle passeggiate, all'acqua diversa che si sarebbe bevuta. Ora, ahimè, si vive nella globalizzazione e si va velocemente con un aereo da un posto all'altro dove ci illudiamo di trovare le stesse cose, gli stessi sapori in qualsiasi posto del mondo siamo, ma forse non è proprio così e sono convinta che il nostro organismo ne risenta più di quanto ce ne accorgiamo, perché, come diceva mio padre, se fossimo nati per volare ci avrebbero pur fatto le ali anche a noi, se ci hanno fatto per muoverci con i piedi significa che si deve andare più lentamente... Il video sotto è estrapolato da un video più lungo del National Geographic , salvato diversi anni fa con mezzi di fortuna e me ne scuso, probabilmente ci sono diversi altri video sul web ma questo mostra in maniera molto concisa il procedimento Mario Cicero vive ancora a Castelbuono e come guida ambientale escursionistica organizza eventi e accompagna grandi e piccini in bellissime avventure, oltre ovviamente a produrre manna. A questi link per conoscerlo e incontrarlo. https://madonieexplorers.com/chi-siamo/ https://madonieexplorers.com/visita-produttore-di-manna/ Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • FIOR DI CIOMBOLINO

    ... È un fior magato. Il suo germe quassú lo portò il vento. Il suo nome lo cantano le stelle. Nulla sa delle selve e dei giardini sparsi pel mondo: sta, fra tetti e cielo, felice: al mondo unico fior si crede, ed io l’amo per questo... Ada Negri È arrivato il momento di parlare anche di lei, la Cymbalaria muralis. Me la fece notare qualche anno fa quel gran saggio che è Don Sandro Lagomarsini, fermandosi un attimo al mio gazebo di selvatiche commestibili, da lontano segnandola col dito, abbarbicata ai muri del Castello di Varese Ligure, dicendomi : - Vedi lassù? Ora mangiano anche quella, la Cymbalaria - Un piccolo inciso per dire che non c'è stata volta che non ho incontrato Don Sandro e non ho imparato qualcosa e di lui potete leggere qui>>> Tornando al Ciombolino, da quella volta ho imparato a notarla sui muri a mezz'ombra, fra le pietre, in mezzo a Ombelico di Venere (qui>>>) e a Parietaria (qui>>>) per la sua rapida diffusione, ora che si moltiplicano i ruderi abbandonati. Fatta qualche ricerca, è vero si potrebbe mangiare anche lei. Dal sapore acre e amaro che ricorda il crescione, e per quello a me non piace molto, può insaporire le insalate. Con la giusta misura però, qualche fiorellino qui è la per decorare, qualche foglia per chi piace, perché ha comunque una certa tossicità. L'alto contenuto di tannini e mucillagini ne fanno una pianta usata per curare le emorroidi. Compresse imbevute nell'infuso ottenuto con la pianta possono essere applicate sulla parte e anche per accelerare la guarigione di ferite ed escoriazioni. Sempre meglio da fresca, pare sia usata anche per i calcoli renali. Un'altra piantina che, ad osservarla bene, regala inaspettate meraviglie botaniche. All'inizio crea un riparo di foglie carnose, che ricordano nella forma quelle dell'edera, coprendo la fessura dove stanno attecchendo le radici, poi con il suo esile portamento filiforme che scende flessuoso lungo i muri, sta attenta a non sovrapporre mai le foglioline perché possano raccogliere tutta la luce possibile, i piccolissimi fiori si allungano a cercarla fino a quando, diventati piccoli frutti giunti quasi a maturazione, allungano il peduncolo nella direzione contraria per raggiungere una nuova crepa all'ombra nel muro ove aprirsi e mettere radici. I fiori appunto, minuscoli, che sembrano piccole orchidee, perfetti, appena accennanti sfumature di viola, con al centro due punti di giallo vivace quasi a dire: - sono qui guardatemi! - Sembra impossibile che in un mondo di perfezione e bellezza simili ci sia posto anche per noi gente imperfetta al punto da pensare che la natura sia a nostra disposizione. Ieri non c’era. Or vive, tra due vecchi embrici. Se per poco io m’arrischiassi sovra il muretto del terrazzo, cogliere lo potrei. Non ardisco... Ada Negri Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

  • FIOR D'ORCHIDEA

    La siccità dei mesi scorsi ha avuto una importante rilevanza sui fiori quest'anno. Il mio lillà ha solo una decina di fiori, trovo pochissimi iris nei campi e praticamente quasi nessuna orchidea. Forse cambierà qualcosa ora dopo le piogge. Volevo lo stesso scrivere due parole sulle orchidee selvatiche, non per fare un elenco di nomi botanici che per altro non sono nemmeno sicura di conoscere bene, più di tutto mi preme ricordare di come siano protette a livello non solo nazionale ma europeo, tanto da essere inserite nella Cites (Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora). Alcune varietà hanno una protezione totale in tutta Italia, alcune una protezione parziale. Non si possono cogliere i fiori, non si possono raccogliere le capsule dei semi, per nessuna ragione può essere estratto il bulbo sotterraneo. Sembrerà banale un post per dare solo questa informazione ma in realtà c'è ancora chi non sa che sono protette ma soprattutto c'è ancora chi non sa che sono orchidee spontanee. Mi sono trovata tempo fa a pranzo in un agriturismo dove i tavoli erano allegramente decorati da mazzolini di Anacampis morio con l'unica giustificazione che ce n'era il bosco pieno e figuriamoci se sono orchidee e se sono protette. Lo so, sono noiosa forse anche pedante ma tant'è non ho resistito a spiegar qualcosa. E poi a dirla tutta non c'è solo questo da dire, c'è altro. In fin dei conti questo è un blog di erbe commestibili! Una delle cause della estinzione delle orchidee selvatiche sono le proprietà che sono state attribuite al suo bulbo. La forma di quest'ultimo, somigliante ai genitali maschili, due tuberi ovali vicini, ha fatto sì che si creasse l'aspettativa di un potere afrodisiaco o che servisse per agevolare la procreazione, anche perché legato alla leggenda di Orchis, il focoso figlio del Satiro, che tentò di violentare una sacerdotessa e per questo punito e fatto a pezzi da bestie feroci. Dai pezzi sbranati crebbero le orchidee, per ricordare come fosse bellissimo e i suoi tuberi per rimarcare l'oltraggio del quale si macchiò. In medicina il prefisso orchi- è infatti usato per le malattie dell'apparato maschile. Ovvio che ho messo una foto presa da un vecchio libro di mia madre, non ho scavato e estratto i bulbi solo per fare una fotografia. Con queste premesse era adoperato il bulbo seccato e macinato per produrre una farina, il Salep, dal profumo dolce e conturbante, che è ancora in uso nei paesi arabi e mediorientali, oggi quasi solamente in Turchia, utilizzata per bevande simili alla cioccolata e gelati da passeggio. Questi paesi non hanno aderito alla Convenzione di cui sopra, ma quello di cui non mi capacito che si possa tranquillamente acquistare su internet, visto che ne è proibito il commercio in tutta l'Unione Europea, tanto è vero che, per esempio in Germania, viene usata la gomma guar come sostituto per chi vuole assolutamente berlo. Eppure con le moderne tecnologie, basta frugare un po' sul web e, vicino a improbabili composti in polvere sostitutivi artificiali, c'è tranquillamente la possibilità di comperare quello vero. A questo punto diventa difficile convincere che non è il caso di consumare i tuberi di orchidea. Tra l'altro la scienza non ha minimamente confermato le famose proprietà afrodisiache e tanto meno quelle procreatrici, ma solo un debole potere antidiarroico. È semplice da capire come estraendo il bulbo se ne impedisca la propagazione, visto che le orchidee in genere hanno una riproduzione complicata per seme e comunque raccogliendo il fiore si finisce per impedire anche quello visto che senza fiore il bulbo non arriva a maturazione. In Turchia però le orchidee per produrre il Salep sono coltivate, quindi ... Di forme e colori diversi, alcune orchidee sono talmente specializzate nella loro forma, per invitare gli insetti all'impollinazione, da assomigliare all'insetto stesso. Di altre orchidee, quelle che qui da noi sono fiori preziosi coltivati, e in altre parti del mondo fiori spontanei, non parlo se non per ricordare la Vanilla planifolia Jacks. ex Andrews, da tempo coltivata nei paesi tropicali per i suoi frutti profumatissimi, la Vaniglia o Vainiglia, come l'abbiamo sempre chiamata un tempo, famosa per il suo uso in cucina. - foto dal web - Come scrivevo sopra non mi attarderò a scrivere i nomi botanici, potrei sbagliarli, ci sono centinaia di libri sull'argomento, uno fra tutti Orchidee d'Italia - Guida alle orchidee spontanee . Tra i siti che si occupano di orchidee ho trovato questo, molto chiaro e semplice da consultare, se qualcuno vuole approfondire. Il Matese è uno dei luoghi dove sono concentrate le più varie specie di Orchidee spontanee italiane. https://www.matesenostrum.com/orchdee-spontanee-specie Fotografi che si occupano solo di fotografare orchidee selvatiche, e fra i miei amici Antonio Andreatta, al quale ho rubato le foto più belle, come quelle che seguono che si distinguono molto facilmente dalle mie sopra. Per chi serba il cuore di un'Orchidea, Le paludi sono rosa a giugno. Emily Dickinson Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

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