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- VERDURE GRIGLIATE
Imperversano le verdure nell'orto, per chi fortunello l'orto ce l'ha, zucchini in quantità, soprattutto, ma anche melanzane, pomodori ecc.. Dopo aver dedicato agli zucchini diverse ricette, tutte abbastanza semplici, scrivo quella delle verdure grigliate alla mia maniera, che di più facile non c'è, che si possono conservare qualche giorno nel frigo, che si possono preparare in anticipo, che vanno bene come contorno, come cena con una mozzarella, in un panino da portare in spiaggia con carne, petto di pollo o anche da sole, insomma versatili, sane, economiche Verdure alla griglia. In casa mia nascono come contorno della "carne alla ciappa" tradizionale cottura ligure di carne su una lastra di ardesia scaldata al fuoco di legna, della quale presto parlerò, e così raccolgono il gusto della carne. Per questo motivo non tollero la griglia con il fuoco di carbonella, troppo sono abituata al gusto buono che dà l'ardesia, ma non sempre si può avere tutto e le verdure si possono grigliare anche sole, a casa, con la padella antiaderente, la piastra o la griglia elettrica, o con la bistecchiera, facendone un contorno prezioso. Servono le verdure, zucchini, melanzane, cipolle, pomodori, funghi, peperoni. ZUCCHINE, CIPOLLE E MELANZANE Tutta verdura freschissima, turgida, in special modo le zucchine che se lasciate qualche giorno in frigo diventano amare e per me immangiabili. Le cipolle con gli zucchini ritengo siano indispensabili per completare il gusto finale. Le melanzane invece anche da sole Tagliate le zucchine a fette per il lungo, le melanzane anche tonde, le fette spesse non meno di 5 mm., io taglio con l'affettatrice, va bene anche la mandolina, o un coltello ben affilato, ma devono essere il più possibile uguali per una cottura omogenea. La griglia, padella, o piastra è lo stesso, deve essere inizialmente scaldata benissimo e poi abbassato a fuoco medio, per non fare attaccare la verdura. Sempre per non fare attaccare le fette metto in un contenitore un filo d'olio con un pizzico di sale e pepe e mescolo le fette per farle insaporire e poi le poso sulla griglia. Pochi minuti per parte, il tempo che colorino e si girano, con le molle da cucina o una spatola. Non serve che cuociano più a lungo, una volta tolte le rimetto nello stesso contenitore di prima e le spruzzo di aceto, meglio di mele. La quantità di aceto è a discrezione, ma poco per volta ogni strato poi diventa tanto quindi conviene prestare attenzione perché alla fine non ce ne sia troppo. Di solito le lascio così per qualche ora, è meglio, l'aceto contribuisce, otre al gusto a cuocerle come fossero . Se si vogliono mangiare subito conviene regolarsi con il minimo di aceto gradito. Dopo qualche ora, tolgo l'eccesso di aceto, con l'acqua che hanno fatto e condisco con aglio, origano, olio. Le lascio nel contenitore in frigo ad insaporire e poi all'ultimo se piace qualche goccia di aceto balsamico. Conservati in frigo, coperti durano anche una settimana, se si riesce a non mangiarli prima. Per questo motivo e per gusto personale metto l'origano invece che il prezzemolo, che conservato mi sembra diventi amaro. Per variare, le melanzane si possono tagliare più spesse, almeno un cm, e dopo la cottura, il passaggio nell'aceto essere tagliate a quadretti e condite sempre con olio, aglio e foglie di basilico grossolanamente spezzate. POMODORI e FUNGHI Sono buonissimi, leggermente unti e salati e messi sulla piastra calda, e pochi minuti girati e serviti, immediatamente. Funghi, solo il cappello, senza il gambo, Porcini e Colombine, specie le verdi, Mazza di tamburo, sono meglio di una fetta di carne. Nel caso, può essere utile tenerli premuti sulla griglia con un peso, tipo un batticarne. Non si prestano ad essere preparati in anticipo e conservati PEPERONI Purtroppo non posso fare dimostrazioni con i peperoni, da anni sono diventata allergica e non posso nemmeno guardarli. Per quanto ricordo, prima dell'impossibilità di mangiarne, non li ho mai messi sulla griglia ma nel forno interi, sulla carta forno, in una teglia a forno caldo statico o ventilato, per una mezz'oretta circa, e tolti quando sono flosci e bruciacchiati. Per spellarli o chiusi in un sacchetto per alimenti per un'ora o passati sotto l'acqua fredda velocemente e poi conditi. SORPRESA! LA FRUTTA ALLA GRIGLIA Ebbene anche la frutta, pesche, pere, fragole possono essere passate velocemente sulla piastra. Se si tratta di una preparazione dolce conviene posare la frutta spruzzata di zucchero su carta d'alluminio, per contenere il succo che esce in cottura. Buonissimi gli spiedini misti. La frutta così cotta può essere accompagnata con yogurt, il sugo di cottura messo in un pentolino con miele o uno sciroppo a piacere, di rosa, di sambuco come si preferisce, aromatizzato con vaniglia e decorato con foglie di melissa o di menta o una goccia di Rum o Cointreau. Ma così, per qualcosa di diverso, da provare qualche frutto per contorni salati. La pesca non sbucciata, bella soda, meglio tipo pescanoce, divisa a metà, tolto il nocciolo, leggermente unta, colorata pochi minuti per parte sulla griglia calda e condita con aceto balsamico e rosmarino. Così fette di pera, ragionevolmente spesse e passate in cottura, aggiunte ad una insalata verde croccante e quadretti di feta. Il più ricercato alla piastra è l'ananas, a fette e servito insieme al petto di pollo. La frutta si accompagna bene anche al pesce alla griglia. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- LA BETONICA
Mangia fiori di rosmarino e di betonica perché la tua memoria si rinvigorisca Stamane mentre andavo nell'orto, vedo stagliarsi orgogliose sul poggio vicino al sentiero, una bella proda di Betoniche, mannaggia! vado nell'orto un giorno sì e uno anche e non l'avevo ancora viste. Prima ancora di pensarci, l'ho raccolte in tutta fretta, ansiosa di riuscirci prima che qualcun altro tagli il fieno anche qui e io possa perdere l'occasione di parlarne e conservarne un po'. Parlarne, anche se in effetti dopo tanto aver letto e saputo su questa pianta, non è che ho avuto molte occasioni di usarla, se pure non sono state provate tutte le virtù che le davano nell'antichità, qualcosa è rimasto, ma non è tra le erbe più usate in casa mia, sempre per quella strana prudenza e diffidenza ad insegnarci erbe che potevano anche fare male, chi sapeva come e quanto non c'è più e non abbiamo fatto in tempo ad imparare. Nel mondo botanico questa è una delle Stachys, la officinalis penso, delle Stachys fa parte anche la famosa Erba stregona o erba della paura, la Stachys recta, pianta definita magica, che veniva usata per sedare l'ansia e appunto togliere la paura, ma sono due piante diverse. Questa comunemente chiamata Betonica o Bettonica ha i fiorellini rosa porporini simili a bocche spalancate, che si raggruppano in una spiga in cima allo stelo ritto dove sono presenti anche foglioline graziosamente dentellate a cuore allungato. Se sei ammalato vendi tutto quello che hai e comprati la betonica Nell'antichità appunto era ritenuta l'erba che curava 47 malattie, da Egizi, Romani, coltivata poi nei giardini dei conventi, e perfino come protezione vicino ai cimiteri, tanto da far dire "avere più virtù dell'erba betonica" fino ad arrivare a "sempre a mezzo come la betonica" quasi in tono dispregiativo. In Irlanda dove copre le brughiere insieme all'erica, è chiamata lus beatha, “pianta della vita”, e si dice che per quante pinte di birra possa bere un uomo, se tornando a casa mastica uno stelo di betonica strappato, non tagliato! basta a far digerire la sbronza... chissà ... Oggi tutti questi usi non sono stati confermati scientificamente e soprattutto, nonostante sia ritenuta un'erba commestibile, con odore e sapore amaro, con i fiori si facevano marmellate, l'uso della radice può provocare il vomito e la diarrea, ed è assolutamente sconsigliato senza consiglio esperto. Una certa prudenza anche con le foglie in tisana, sempre senza esagerare. Perché quindi raccoglierla? se c'è una cosa che mi piace delle erbe sono gli usi, oltre che medicamentosi e commestibili, magici o ritenuti tali. Quelli che so per certo che se non fanno bene, male non fanno di sicuro, quelli che tentar non nuoce e con la Betonica in questione come potrei non aver foderato il mio cappello di steli fioriti di quest'erba, con l'aggiunta di qualcuno di lavanda come consigliato da tutti i vecchi manuali, contro il mal di testa e per proteggere il cervello? A dire il vero le uniche proprietà che le sono riconosciute scientificamente sono proprio quelle verso mal di testa e raffreddore, le foglie secche polverizzate provocano starnuti facendo sì che si liberino le vie aeree e forse anche la testa e come dicevo, pochi grammi in tisana, proprio per mal di testa ostinati. Venivano, le foglie secche, anche aggiunte al tabacco da fumare per disintossicare l'organismo e ci sono studi per arrivare a contrastare con questa erba il tabagismo. È un'altra erba per i cuscini profumati qui >>> DEI CUSCINI PROFUMATI E FATATI e per gli amuleti, ed è pianta tintoria, sempre in Irlanda è usata per dare il bruno dei disegni dei maglioni a jacquard. Per tutte le cose dette sopra non è facile trovarla nei moderni testi di erbe medicinali, solo nei libri un po' datati, e forse non in tutte le zone è ricordata, in molti posti è caduta nel dimenticatoio, dopo tanti secoli di fama resistono i detti: - sempre a mezzo come la betonega - e tutto sommato mi sembra proprio l'erba adatta a me che voglio sempre saper tutto, mi intrigo di tutto, racconto tutto a tutti, proprio una betonica mi sembro ... e quindi come potevo io resisterle oggi quando me la sono vista lì che mi chiamava? Quelli che sanno tutto, che fanno tutto, che si cacciano dappertutto, e che hanno faccende con tutti si diceva: conosciuti come la Betonica Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- I LAGACCIO, I BISCOTTI DI GENOVA
Avevo finito i biscotti Lagaccio, che ogni tanto mi concedo per colazione, Grondona o Panarello, sempre, che li producono anche light nel caso, non avendo in preventivo di andare a fare spesa, che per me implica un viaggio, specie ora con il caldo, con la mascherina, con le strade affollate ... ho deciso che facevo prima a farli. Ovviamente scelgo sempre di semplificare, perché il tempo è sempre meno, nel tentativo comunque di avere un risultato accettabile. https://www.youtube.com/watch?v=0BTW45Fn6D0 Un minimo di storia sui veri Lagaccio. Il nome, Lagaccio appunto, viene da una zona di Genova dove era stato costruito un bacino artificiale intorno alla prima metà del 1500 da Andrea Doria, che voleva acqua per i giardini e fontane del suo palazzo, ma che presto andò ad alimentare le fabbriche di polveri da sparo, e quindi definito lag-accio, lago con suffisso peggiorativo. Intorno crebbe presto un quartiere popoloso e di conseguenza un forno in cui si iniziò la cottura di questi semplici biscotti al vago sapore di finocchietto. Necessari per chi andava per mare, biscottati per durare, addolciti forse con miele o sapa allora, e con il tempo l'aggiunta di un grasso. La ricetta più recente, tramandata, quella che piaceva a Giuseppe Garibaldi e a Mazzini, parla di lievito madre, di un primo impasto a lievitare, al quale viene poi aggiunto ancora farina, il finocchietto, lo zucchero e il burro, un'altra lunga lievitazione e la formazione dei filoni. Una prima cottura dei filoni di nuovo lasciati lievitare e il giorno ancora dopo lasciati raffreddare, tagliati e fatti biscottare. https://www.youtube.com/watch?v=blPUt55A2gI Questa invece è una ricetta veloce, per avere come dicevo, un prodotto simile, accettabile, per le mie esigenze immediate, che non impedisce però con gli stessi ingredienti modificarla per farla sia con il lievito madre, i giusti periodi di lievitazione, la giusta biscottatura. Ancora una parola per evidenziare la differenza con i Biscotti della Salute, che spesso vengono confusi, i Lagaccio, trasmigrati nel Basso Piemonte, diventati Biscotto della Salute e famosi grazie a Walter Marchisio che a Torino fondò la Wamar diffondendoli ovunque. La differenza è tutta nella presenza nei Lagaccio, dei semi di finocchietto. Il gusto, senza il sentore di anice, più si avvicina, vero precursore, alle fette biscottate, ed è usato anche per preparazioni salate. Si trovano, come biscotti della salute, anche sull'Artusi, con le uova nella ricetta. State allegri, dunque, perché con questi biscotti non morirete mai o camperete gli anni di Matusalemme Pellegrino Artusi I miei ingredienti sono, come sempre, leggermente meno zucchero, meno grassi della ricetta originale che già non è ricchissima. A fianco degli ingredienti tradizionali suggerimenti per la sostituzione per un risultato ancora più leggero e natural, ma un minimo di farina forte è necessario. Non avevo i semi di finocchio, ma ho il finocchietto fresco, così ho fatto un decotto con acque e fronde di finocchio selvatico che ho usato poi come acqua per impastare, anche se i semi sono meglio. Mescolati gli ingredienti, impastati, messo il panetto a una prima lievitazione. Dopo circa due ore, con una certa delicatezza, rovescio l'impasto, lo divido in due, arrotolo su stesso e allungo a filone. Copro e rimetto a lievitare, un'altra oretta. Inforno a 180° gradi, crescono cuocendo. Quando sono dorati, dopo circa mezz'ora, metto a raffreddare. E qui davvero, bisognerebbe aspettare il giorno dopo per avere un risultato perfetto. Sono riuscita ad aspettare qualche ora, nel pomeriggio ho tagliato in modo obliquo, a fette alte un dito, e le ho biscottate nel forno ventilato a 180 gradi, aprendo lo sportello per fare uscire l'umidità e rigirandoli ogni due minuti, ci mettono pochissimo a bruciare. Freddi, occorre una scatola di latta per conservarli. Pur non avendo seguito alla lettera la ricetta originale, e soprattutto il procedimento delle lunghe lievitazioni, quello che ho ottenuto è per me più che apprezzabile. Per finire la storia, il lago detto Lagaccio ha resistito fino alla fine degli anni 60 del '900, quando disgraziatamente un ragazzo di 12 anni, vi annegò, tragedia che portò alla decisione di riqualificare la zona interrando e prosciugando le acque non più utilizzate e divenute torbide e limacciose, protagoniste di racconti e leggende di persone sparite, costruendo al suo posto un impianto sportivo con campo di calcio, pista di atletica e campo per l'hockey su prato. Al quartiere rimane il nome sinistro di Lagaccio che per fortuna oggi ricorda solo i rinomati biscotti. ... il fossato di S. Tommaso, o com'altri il domandano, lagaccio. Tale appellativo cominciò nel 1652, quando il Magistrato di Guerra formò di questa vallata un ampio bacino, innalzandovi sui fianchi una muraglia grossa di palmi dieci, che chiude tutto il fossato e riceve le acque delle adiacenti montagne. (Federico Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, Genova, 1847) Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- ZUCCHINI?PER IL PROSSIMO INVERNO
Chi imita la formica la state, non va pel pane in presto il verno Pare che non abbia mai fatto il post sulla crema di zucchini ... a me pareva di sì, ma non lo trovo e quindi velocemente, perché non c'è molto da dire, eccolo. Si tratta di farne qualcosa della sovrapproduzione di zucchini dell'orto, ma soprattutto di poterli usare l'inverno prossimo, quando davvero ci sarebbero cari. Da anni non metto più via le verdure crude per trasformarle ma i piatti pronti, porzionati in modo di doverli solo scongelare scaldare, quindi minestroni già cotti, passati o verdure già trifolate, torte di verdura pronte da cuocere, verdure ripiene ecc. ecc.. In questo caso la crema di zucchini, un passato scoperto per caso, sull'onda della disperazione data dalla quantità prodotta nell'orto e forse visto fare da un'amica anni e anni fa. Diverso perché fatto senza niente altro, niente cipolla, niente aglio, niente patate e trovato così ancora più buono. Niente altro che zucchini, anche quelli troppo grandi, fatti a pezzi, messi in pentola a pressione o una pentola normale ma con poca acqua, il sale necessario, a cuocere a lungo e questo è tutto il segreto, cuocere a lungo e poca acqua. Per quello di norma preferisco la pentola a pressione che lascio andare anche un'ora e poi spengo e lascio spenta ancora lungo. Una volta fredda apro e frullo con il frullatore ad immersione. Un procedimento scoperto casualmente, ma provare per credere, se si lascia cuocere come si penserebbe per avere gli zucchini solo cotti, non viene così spessa e buona di gusto. Credo dipenda dal fatto che gli zucchini inizialmente buttano fuori la loro acqua che in seguito si consuma rendendo il gusto e l'aspetto più corposo, per questo non necessita di patate o di cipolla perché già buona e densa così. Preferisco nel caso completarla all'ultimo con aglio e erbe tritate, oppure una fettina di lardo croccante, o un cucchiaio di formaggio tenero oltre a olio evo, parmigiano e pepe. Il gusto neutro si accompagna a diverse varianti. Così, lasciata raffreddare e imbustata o nei contenitori in plastica risulta utilissima in inverno quando sembra appena fatta e mangiata così o come base per minestre dove aggiungere allora patata, cipolla e altro. Imbustata è nel modo più interessante, perché le buste messe a congelare separate, poi prendono pochissimo spazio, ma vanno bene anche i classici contenitori in plastica con coperchio. Suggerisco porzioni adeguate, nel caso se ne aprono due. In questo caso, non essendo più andata in giro a far compere e anche perché mi dispiace buttarli recupero i sacchetti del riso. Allo stesso modo minestrone pronto, da mettere solo la pasta, zucchini già trifolati, o qualunque torta di verdure o la classica di zucchine uova formaggio, polpettoni, torta di carciofi, pronte da infornare, sono una manna, specie se arriva qualcuno all'improvviso. Anche queste ora le faccio più piccole, nel caso ne cuocio più di una. Tra l'altro nel tempo di preparare una torta di verdura se ne preparano due o tre e uguale per una pentola grande di minestrone a farlo bollire, prepararlo, pulire quello che si sporca, insomma un bel risparmio anche di tempo. Ovviamente le torte di verdura e i polpettoni li preparo nella teglia con la carta forno, le congelo e poi tolgo la teglia, per occupare meno spazio, salvo rimetterle nella stessa teglia per cuocerle. Non facevo più molto, essendo sola e le esigenze essere minori, ma il periodo passato questo inverno senza poter fare la spesa, senza poter uscire, mi ha suggerito di riaccendere il congelatore spento da anni. Col tempo ho scoperto che i piatti pronti porzionati, solo da scaldare e nel caso da rifinire sono notevolmente migliori delle verdure crude, oltre ad essere praticissimi perché già pronti. Al momento di usarli in pentola direttamente o nel microonde, o se ci si ricorda a mezzogiorno per la sera, insomma come qualsiasi altra cosa. La semplice aggiunta di un'erba aromatica, aglio o qualsiasi altro insaporitore fa sì che sembrino appena fatte, gli zucchini trifolati per esempio li spadello solo, aglio e prezzemolo o origano li metterò dopo. Le torte invece infilate in forno direttamente ancora surgelate. polpettone di patate e ... qui>>> AGGIORNAMENTO POST: È passato qualche giorno e gli zucchini aumentano e mi piace provare a recuperare metodi meno impegnativi del congelatore, con un passaggio in più ho fatto queste bottiglie di crema di zucchini e le ho pastorizzate come faccio con la salsa qui>>>ESTATE TI CONSERVO, vedremo fra qualche mese se ha funzionato. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- CHEESECAKE SALATA
O che bel sole di mezz'agosto! Io son piena di vita, e, tutta illanguidita per arcano desìo, non so che bramo! - Pagliacci - Settimana di ferragosto, settimana di grigliate e inviti fra amici. Un piatto moderno, veloce da preparare e coreografico, da servire o da portare a una cena estiva, monoporzione o da tagliare a fette. Niente di nuovo o di eclatante in questa ricetta vista e rivista, la posto solo per ricordarla o per far venire voglia di provare a chi non l'avesse mai fatta, e perché di questi tempi la faccio spesso. Versatile perché cambiando lo strato superficiale, può essere presentata in cento modi diversi, comoda perché si prepara con anticipo e senza cottura. Veloce, meno di un quarto d'ora per farla. Semplici ingredienti: una base di biscotti salati, uno strato di formaggi cremosi, fette di salumi a piacere, qualche erba o pomodoro. Per la base a me piace usare i biscotti salati tipo Tuc o Ritz, per quanto mi riguarda trovo buoni quelli rotondi in vendita all'In's che hanno un giusto equilibrio fra dolce e salato. C'è chi usa grissini, chi i cracker o i taralli. Sopra una crema di formaggio dove ingrediente fisso un formaggio cremoso, anche light, con aggiunta di altri formaggi a piacere, a secondo del gusto che si vuole fare emergere. Per questa piccola in un anello del diametro circa di 18 cm., ho usato 125 gr di biscotti tritati nel mixer ai quali ho aggiunto circa un etto di burro fuso, ho sistemato compattando per bene con il pestacarne. Questo è un un anello da pasticceria, posato direttamente sul piatto dove la servirò, ma va benissimo il cerchio di una tortiera apribile. Ho messo in freezer mentre preparo la crema. Ho messo a bagno in poca acqua fredda un foglietto di colla di pesce. La quantità di colla di pesce è in proporzione al tempo di raffreddamento prima di servirla, se si hanno poche ore se ne possono mettere due, se si fa il giorno prima anche metà. C'è anche chi la fa senza. Ho mescolato 200gr. di formaggio molle cremoso light con 200 gr di ricotta fresca, ho aggiunto una mozzarellina di bufala tritata (giaceva abbandonata in frigo, non mi sembrava carino lasciarla lì). Ho tritato fine un misto di erbette, timo, maggiorana e origano. Salato e pepato a discrezione. Ho scaldato due cucchiai di panna liquida, ma può anche essere latte, dove ho sciolto la gelatina ben strizzata e aggiunto tutto ai formaggi e colato nello stampo. Coperto per tutta la notte in frigo. Al momento di servire, con un coltello passato nei bordi interni ho staccato e sollevato l'anello e poi decorato a piacere con bresaola, rucola, pomodorini o .... fiori. Posizionata sfalsata su un piatto rotondo da portata o su un bel tagliere, può essere completata con i salumi dell'antipasto. Questa è solo una versione, aggiungendo un formaggio per esempio gorgonzola, si può fare una decorazione di pere e noci. Da tempo voglio provare ad aggiungere melone frullato alla crema di formaggio per servirlo con prosciutto crudo O con salmone e finocchietto O colorare la crema di formaggi con un'erba tipo pochissima ortica sbollentata e frullata, attenzione assaggiare ed aggiustare il gusto. O divertirsi a farle bicolori, in due tempi. Una volta rassodata la crema al formaggio, coprire con un topping fatto di pomodori, o peperoni frullati con poco olio, aggiunta di gelatina e rimesso a raffreddare. O fare delle monoporzioni. Per fare prima, visto la difficoltà di avere tanti anelli, (quando ne avevo voglia me li facevo con l'acetato da cucina) più veloce fare la base squadrata, tagliare a quadri o rettangoli e passare alla decorazione monoporzione. Consigli: equilibrare lo spessore tra biscotto e crema, non troppo spesso quello di biscotto, non troppo sottile quello con la crema, ridurre al minimo necessario la quantità di gelatina, non deve essere soda soda, meglio cremosa, l'importante che stia assieme. Se si vuole usare meno formaggio si può sostituire una parte con una patata bollita e schiacciata Usare solo ingredienti di prima qualità e freschissimi essendo pietanza che non subisce variazioni con la cottura, quindi burro e formaggi freschissimi, salumi altrettanto, verdura appena colta. sbizzarrirsi con le decorazioni e con le possibili varianti negli ingredienti. I fiori nelle foto sono di carota, attenzione! che sia carota davvero e non cicuta, somigliante 😜 non esagerare con le porzioni, una piccola così serve egregiamente otto fettine, che accompagnate con salumi vari sono più che sufficienti in un aperitivo o in un antipasto. E avvegnachè io non ti abbia ancora detto per qual cagione io Ferragosto mi chiami, io 'l pur ti dirò, perchè tu a favole d'abbajatori non porti fede... - Orazioni e cicalate - 1730 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- STORIE DI LETIZIA E DI CUSCINI
Si può nascere vecchi, come si può morire giovani Jean Cocteau Storia di un cuscino e di lei, la romantica di famiglia, la zia Letizia. Questo post è il sequel del precedente, quello dove parlavo dei Cuscini Fatati (qui>>). Cercando per casa una federa degna di uno dei miei nuovi cuscini di erbe, mi torna alla mente e vado a ricercare quella trovata anni or sono smantellando proprio casa di zia, alla sua morte. Togliendo, buttando e tenendo mi capita tra le mani uno dei tanti cuscini di casa, con una fodera decisamente moderna, mi accingo a disfarlo, anche per controllare l'interno, e sotto la fodera che copriva la fodera che ricopriva una fodera mi compare per me prezioso, un ricamo a punto croce, parecchio usurato, macchiato. Per come sono fatta io, quando incappo in un lavoro manuale, non riesco a gettarlo via con facilità, lo misi allora anni fa, da parte. L'ho ricercato ieri, e ho deciso di provare a lavarlo e restaurarlo. Amo fare queste cose, mi danno serenità, mi permettono di sognare, di vagare con la mente, di estraniarmi e immedesimarmi in altre vite, in altri tempi, in altri mondi. Mentre scucivo pensavo alle dita pazienti che hanno ricamato con precisione questa rosa rosso fuoco, a quanto sarà costato il filo allora prezioso, al tempo impiegato, magari nelle serate di una volta, senza televisione, forse con un marito accanto che leggeva e chissà, la radio accesa. La provenienza del cuscino mi è sconosciuta, assolutamente non ricamato dalla zia, ma da questa comunque conservato e in qualche modo occultato dalle fodere su fodere, perché? Come se anche a lei, come a me, spiacesse buttarlo, ma ... La storia di zia Letizia val la pena essere ricordata, perché storia di altri tempi, di donne sacrificate, che nel suo caso, ha avuto come si dice il lieto fine. Dunque nasce tra un figlio e l'altro, alle soglie della prima guerra mondiale, da quella mia bisnonna che tutto conosceva sulle erbe, dal nome battagliero di Clorinda, la donna guerriera del Tasso, e da questa chiamata Letizia, forse individuando fin dalla nascita, il carattere lieto e leggero che l'avrebbe accompagnata tutta la vita, nonostante per anni non ebbe proprio niente da rallegrarsi. Perso il giovanissimo padre, cresciuta in campagna, poca scuola, tradita e abbandonata, prossima alle nozze con corredo pronto, dal fidanzato, costretto a sposare un'altra perché incinta, si ritrova unica figlia femmina rimasta in casa, di cinque fratelli, ad assistere per vent'anni, la madre colpita a soli 42 anni di una forma giovanile di Morbo di Parkinson, e nel contempo una zia paterna con una forma di demenza. Chiusa in casa, ad occuparsi dei malati, della casa, della campagna, delle olive,con il solo aiuto pratico di un fratello, si inventa di fabbricare trapunte di lana e cotone su ordinazione, i piumini di una volta, arricchendole di trapuntature fantasiose fatte da lei con dime precise e per questo molto ricercate, giusto per tirare su due soldi. Alla morte della madre, il giorno esatto dopo il funerale, si ammala la giovane cognata convivente, di un' altra terribile malattia, una poliartrite deformante, che vede Letizia volente o nolente costretta ad occuparsene per un'altra ventina d'anni. Un'assistenza se si può, ancora più devastante, per l'evolversi terribile della malattia, allora assolutamente incurabile e senza nessun medicinale che desse un minimo sollievo e per il rapporto fra cognate, che non può mai essere come quello tra madre e figlia. Si ritrova alla morte della cognata, Letizia, il cui nome in famiglia, a me, sembrava una presa in giro, sessantenne, zitella, senza reddito, unica a non essere potuta scappare dalla campagna come gli altri fratelli sparsi qui e là, che l'unico aiuto che avevano potuto dare nel caso, era economico. Anche un po', per via del suo carattere comunque allegro, la testa che si perdeva in romanticherie, i libri di Liala, le coroncine di fiori in testa, i vestiti kitsch a grandi fantasie, le gonne arricciate, falpalà e volant, un'eleganza distratta in accostamenti di colori improponibili, persa in sogni che mai si avveravano, considerata pure la meno "acculturata" della famiglia. Colei che mettendo fuori di notte ciotole petali di rose nell'acqua mi diceva:- Devi lavarti con la rugiada per rimanere bella, perché la rugiada fa i funghi e le donne belle - Ma il destino aveva in serbo per lei la migliore delle sorprese, facendo beffe di noi che un po' la prendevamo in giro, pronti a ricordarcene solo quando malati avevamo bisogno, anche solo per le iniezioni, nelle quali era abilissima, con la pratica che aveva dovuto fare ... Un giorno di maggio che dirvi non so, il fratello Eugenio, organista emerito della Basilica dei Fieschi, portò a casa un collega ferroviere in pensione, tal Rinaldo, più vecchio di lei di parecchi anni, intelligente e elegante individuo, amico di Pertini, già stato sposato due volte, e vedovo, una delle quali con famosa cantante lirica, insomma... un altro mondo proprio. Il baldo Rinaldo la chiese in moglie e la sposò nel giro di pochissimi mesi, regalandole la vita di sogno che non aveva mai avuto fino ad allora, trattandola come una regina, portandola a fare viaggi ovunque. Se pure noi avemmo il sospetto che lui avesse visto in lei le qualità rare di una persona sincera, umile, ma sopratutto di badante e casalinga perfetta, lei si innamorò e fecero insieme un piccolo felice percorso di vita fino alla morte di lui, che lei ancora una volta, assistette amorevolmente. La lasciò con una pensione che le permise di vivere bene in città, il ricordo di un amore inaspettato, qualche piccolo gioiello che prima lei non aveva mai visto, e fra gli altri arredi, pure il cuscino del post. Mentre ieri smacchiavo, lavavo stiravo e rammendavo, pensavo che probabilmente era stato ricamato dalla seconda moglie, la cantante, di zio. Donna della quale Letizia aveva un timore reverenziale, forse il grande amore dello zio, per le evidenti distanze socio-culturali che non le facevano assomigliare per niente. Zia, tra l'altro non aveva una bella voce, in una casa dove tutti, ma proprio tutti suonavano e cantavano, e anche questo era motivo di ilarità, quanto intonava i suoi canti di chiesa. Non avendo avuto il coraggio di buttarlo, il cuscino, non lo poteva però vedere per casa sfrontatamente, per quel pizzico di gelosia, in mezzo a tutte le cose che aveva ereditato da questa donna così più importante di lei, di lei che si sentiva niente al confronto, di lei che aveva sulle sue piccole spalle sorretto tutti i mali di una famiglia, assistito e confortato ammalati tutta la vita, cambiato e lavato centinaia di lenzuoli a mano in un mondo senza pannoloni usa e getta, senza mai perdere i sogni nel cuore, con negli occhi e sulle labbra la letizia di cui portava il nome. Il cuscino restaurato, lavato e rammendato, è lì in camera mia, a far bella mostra, con dentro i miei di sogni, fatti di erbe e profumi, in suo ricordo, con la rosa rosso vivido a rammentarmi che la passione arriva a qualunque età se si ha il cuore semplice e sincero, aperto ad accoglierla. A Letizia Alba di gioia è per me questo giorno l'Aurora risplenda su te ogni giorno Temprato e sereno dal nostro destino Immagine pura senza smentita Zelante è il programma della tua vita Intorno a te rifulga la felicità A chi al tuo fianco eternamente ti amerà il tuo Rinaldo 9 luglio 1964 Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- AVVINTA COME L'EDERA ...
Lasciate quell’edera! Ha i capi fioriti. Fiorisce, fedele, d’ottobre, e vi vengono l’api per l’ultimo miele. Che resti sospesa ai due bracci di sasso muffito! Oh! non nuoce! Lasciate che ancora l’abbracci la vecchia mia croce! Giovanni Pascoli Ad albero vecchio e a muro cadente, non manca mai edera Mi è sempre piaciuta l'edera, forse perché sempreverde, forse per il suo modo di vivere avvinghiata, forse per la romantica aria ottocentesca, la ritengo molto decorativa, quando preparavo addobbi floreali l'edera c'era sempre ad aiutarmi e gratuitamente. E vorrei riabilitarla un po' con questo post, per tutti quelli che la demonizzano, come spesso si sente in giro, mi spiaceva sentirne parlane male e così mi sono informata. Vederla nei boschi abbarbicata su alberi morenti, ricoprire ruderi, le ha dato la nomea di soffocante, gli si imputa la morte di tutte le piante alle quali si attacca, la distruzione di ogni cascina. Ma non è così, i botanici si offendono se si sparla dell'Edera, i costruttori smentiscono, i biologi ne esaltano la funzione ecologica, gli erboristi le proprietà medicamentose. L'Edera helix, il nome significa proprio "io aderisco", ha la capacità di emettere radici avventizie dal fusto che contrariamente a quanto si crede non hanno funzioni parassite, ma solo di assorbire l'umidità attaccandosi alla pianta che la ospita. Insomma non si nutre della linfa dell'albero e nemmeno lo stringe in un abbraccio mortale come molti credono. E il suo ruolo ecologico è proprio quello di preferire piante già malate dove attorcigliarsi, è chiamata il “lupo degli alberi”, ma solo perché con il suo peso, contribuisce a far cadere gli esemplari meno resistenti o malati. Accelera così il processo di maturazione e di rinnovo naturale del bosco. Un'altra funzione importante è data dai suoi fiori, fra i più importanti per le api che ne bottinano goduriose il polline, per produrre una quantità di miele impressionante, fino a 500 kg per ettaro di edera. Fiori importantissimi visto che ci sono quando altri scarseggiano, in settembre, ottobre. Successivamente le bacche, tossiche per l'uomo, forniranno cibo a diverse specie di uccelli quando davvero non c'è altro in giro da mangiare. La struttura è di rifugio per nidi e altri animali. Le foglie sono utili a caprioli, daini, quando in inverno con la neve c'è poco verde da brucare Ma non solo, sono di nutrimento anche alle larve delle farfalle, una, proprio la falena dell'Edera, la Callimorpha quadripunctaria, e l'altra la Celastrina argiolus, comunissime, che abbiamo visto tutti, ma che togliendo l'Edera non avrebbero le foglie sulle quali amano depositare le uova affinché le larve nascendo trovino subito da mangiare. foto dal web Prima di descrivere le grandi proprietà dell'edera legate alla farmacopea erboristica trascrivo la notizia di studi della Nasa letti recentemente, secondo i quali l'edera sarebbe in grado di assorbire fino al 90% del benzene e altri componenti nocivi dell'inquinamento atmosferico, pare sarebbe utile tenerne persino una pianta in casa. È specie officinale ma tossica. Il decotto è sempre servito a risciacquare i capelli rendendoli lucidi, specie quelli scuri, così come aggiunto all'acqua del bagno serve a tonificare e ridurre la cellulite, e ancora di più, con pazienza, i cataplasmi di foglie, rotte prima di farle bollire. Nell'acqua del pediluvio una manciata di foglie stropicciate danno un effetto rilassante. Ha proprietà anche per uso interno, ma vista la tossicità della pianta è meglio lasciare a chi compete, i vecchi guaritori facevano bere vino macerato in un bicchiere ricavato da un tronco nodoso di edera, che trasferiva al vino le sue virtù per calmare gli accessi di pertosse. È pianta tintoria, colori delicati, sia le foglie che le bacche, anche per l'eco-print. In ultimo, ma forse no, c'è ancora qualcosa, per il contenuto di saponine, il decotto è da sempre usato, con la soda, per fare il sapone, ma anche semplicemente qualche foglia frantumata chiusa in un calzino e buttata in lavatrice lava e profuma. Si usano i tralci morbidi per intrecciare cesti e ghirlande. Come dicevo all'inizio per il suo portamento avvinghiante è simbolo di passione, amore eterno: Son qui tra le tue braccia ancor Avvinta come l'edera Son qui respiro il tuo respiro Son l'edera legata al tuo cuor cantava scandalizzando Nilla Pizzi nel 1958, non vinse, arrivò seconda, ma davanti aveva un prorompente Domenico Modugno con Nel Blu dipinto di Blu. Nella mitologia è pianta dedicata a Bacco, ne adorna la fronte con una ghirlanda, e un tralcio ne avvolge il bicchiere, ancor oggi le insegne delle osterie sono ornate di edera, si pensava che foglie di edera riuscissero a separare l'acqua contenuta nel vino, ma in realtà la spiegazione scientifica è che l'edera assorbe i pigmenti del vino. Le baccanti e non solo loro, anche i Druidi, masticavano le foglie per provocarsi stati di estasi (pericoloso, non provate) ... E ancora ci sarebbe da dire, visto che poeti e cantori infilano l'edera ovunque. Spero di aver convinto chi legge che l'Edera non è, nonostante l'apparenza, così dannosa. Persino i costruttori edili hanno cambiato opinione. Difficile che la pianta danneggi edifici di recente costruzione, le sue radici hanno strada facile fra le malte di un tempo e il peso può fare crollare costruzioni vecchie e indebolite, ma non attacca il moderno cemento. edera che non attacca al cemento Per quanto mi riguarda proprio davanti ai miei occhi tutti i giorni c'è un vecchio rudere, anzi immagino che ci sia, sotto ad una spessa coperta sempreverde, probabilmente è ancora in piedi perché lo regge l'edera, dentro un microcosmo di uccelli, e insetti, nidi e altro che mi tengono compagnia tra ronzii e cinguettii. Se proprio non piace attorno a qualcosa, si può tenere in vaso, ce ne sono infinite varietà da giardino; due parole ancora sull'edera amata da mamma: l'Elegantissima, a foglia piccola variegata, con crescita più lenta della selvatica ma molto decorativa. Ogni volta che credevo di averla indovinata lei in un attimo la qualificava: - no, questa è Oro di Bogliasco - Ci ho messo anni poi sono arrivata a vedere la differenza, e per chi non lo sapesse abbiamo un'edera in Liguria, diffusa per la decorazioni di molti giardini importanti che con la sua macchia dorata al centro della foglia, che la distingue dalle altre, ha preso il nome dal borgo di Bogliasco, a Genova. Una curiosità: le foglie dei rami sterili, disposti più in basso all'ombra, hanno forma diversa dai rami fertili che salendo in alto al sole perdono le punte, nella foto foglie della stessa pianta dal basso verso l'alto Quando nascesti tu nacque un giardino: di tutte qualità c’erano i fiori, l’odore si sentiva di lontano e soprattutto odore di gelsomino. L’amore è come l’edera dove s’attacca more così così il mio core mi s’è attaccato a te. Anonimo (canto popolare toscano dell'Ottocento) Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. 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- LA BORSA DEL PASTORE
Fra le piantine che ho sempre saputo commestibili c'è sicuramente la Borsa del Pastore, la Capsella bursa-pastoris, una piantina comunissima che non mi è mai riuscito di mangiare perché fiorisce prestissimo e con gli inverni sempre più caldi praticamente non trovo la sua rosetta basale senza fiori e semi. Molte persone la usano cotta nel misto del Prebuggiun(qui>>>) o cruda le foglioline giovani, e non escludo che probabilmente anche io qualche volta l'ho raccolta senza badare troppo, per la sua estrema somiglianza con altre piante simili dalle foglie dentate. Questa, essendo della famiglia delle una volta Crucifere, ora Brassicaceae, ha un gusto leggermente piccante e pungente che può piacere o no. Il suo particolare nome Capsella significa "piccolo cofano" e questo concetto è rafforzato da bursa- pastoris, cioè "borsa del pastore", che allude alla particolare forma triangolare dei suoi semi quando nel 1657 fece dire a William Coles come assomigliassero alla borsa di pelle che i pastori e non solo, portavano a quei tempi per riporre il cibo e questo rimase nel nome per contraddistinguerla. Di questa borsa, quasi sempre di pelle di capra, ormai esistono tracce solo nella borsa sarda chiamata "taschedda" che ora è possibile trovare in forma elegante. La rosetta basale di foglie assomiglia a diverse altre normalmente raccolte e per questo fugge al non esperto botanico, pensando di raccogliere cicoria, tarassaco, papavero o che altro di simile, non succede nulla, la pianta è commestibile e tuttalpiù è utile riconoscerla per il gusto che somiglia ad un cavolo e che si avverte anche dall'odore raccogliendola. Le foglie cambiano da pianta a pianta e come succede spesso, sulla stessa pianta mano a mano che cresce lo stelo florale. I fiorellini, piccolissimi, lungo lo stelo, e poi riuniti in grappolo, hanno quattro petali bianchi messi a mo' di croce, particolare che una volta dava il nome alla famiglia delle Crucifere. In America del nord e in Cina è venduta nei mercati come verdura, come noi la rucola. Importante sapere anche le proprietà medicinali che le sono riconosciute fin dall'antichità, strettamente legate al sangue, alle emorragie, sia si tratti di sangue dal naso che un flusso mestruale abbondante o altro. Può essere utile conoscerne le proprietà così nel caso, per esempio di una leggera epistassi, spremere il succo su di una garza e infilarla nel naso, ma per tisane o altro è sempre il caso di chiedere ad un erborista qualificato. È ovvio come un pianta che abbia spiccate proprietà curative possa interagire, sia con medicinali che con patologie diverse e questo non ne permetta un uso sconsiderato. Se pur ancora usata da erboristi e omeopati è considerata una delle erbe più infestanti in agricoltura. Comune in tutto il mondo, appartiene a quel genere di piante delle quali l'uomo si è sempre nutrito, i suoi semi sono stati ritrovati nei reperti archeologici di civiltà del Neolitico in Anatolia. ... la nonna fa chiamare Cischedda la fattucchiera, che viene a liberarlo dal maleficio con la sua taschedda di pelle di capra con polveri, erbe e unguenti ... Salvatore Niffoi Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- DEL BURRO FIORITO ... E DEI BISCOTTINI PETALOSI
Mi chiedi perché compro riso e fiori? Compro il riso per vivere e i fiori per avere una ragione per cui vivere. Confucio Da qualche parte, nell'anno del non so quando, nella località di non so dove, mi arrivò all'orecchio la parola "burro fiorito" probabilmente legato nel discorso alla parola "malga"... Da qualche tempo mi girava e rigirava in testa e una rapida ricerca su internet non ha dato nessun esito o non ho saputo cercare, quindi era necessario provare a fare quello che vedevo già fatto nella mia mente... Di come si fa il burro ho parlato nel primo post che ha inaugurato questo blog (qui>>> Burro?grazie me lo faccio) ma è talmente semplice che non fatico a riscrivere. Per farlo fiorito però è necessario avere qualche corolla di fiori selvatici appena raccolti. È buona cosa rimanere su fiori semplici e conosciuti sicuramente edibili e mescolati di vari colori, quindi calendula, trifoglio rosso, tarassaco, malva, qualche tralcio di finocchio, uno dei pochi casi dove metto uno o due fiori di borragine per via del blu intenso che non guasta, qualche fiore di ortica morta, il lamium, lillà, geranio molle selvatico e erba roberta, ma anche viole, viole del pensiero, roselline. Tutto assolutamente bio e appena raccolto. Per fare il burro serve la panna liquida fresca. Quella che al negozio sta nel frigorifero del latte, con la scadenza breve, non quella a lunga conservazione da cucina tanto per capire. Il procedimento è uguale a come si fa la panna montata, al di là del metodo campagnolo del fiasco, oggi basta un qualunque frullino, robot, frullatore, quel che si voglia. In tempo che definire cinque minuti è tanto, frullando dalla panna liquida, si raggiunge lo stato di panna montata. Continuando il colore da bianco diventa giallino, si ottiene la separazione del grasso dal liquido, il burro è fatto. Va messo in un colino a maglie strette e sotto l'acqua fredda corrente, senza paura, sciacquato per bene lavorandolo con una spatola per eliminare il liquido che ne comprometterebbe la durata oltre che il gusto. A questo punto su una carta forno ho sparso i petali a caso e sistemato il burro appena fatto sopra, aiutandomi con la carta, l'ho "impastato" con i fiori, rotolandolo poi su altri petali perché aderissero bene anche all'esterno. Ho formato il mio panetto e Il risultato è delizioso, da verificare la durata del colore dei fiori, e da tenere conto che comunque i fiori rilasciano un poco di sapore, ma servire questo burro a un tè o ad una prima colazione, è quel momento di coccola che non può che fare bene. Avendo ancora due fiori ho deciso di proseguire a fare biscotti fioriti. Questi invece mi erano passati davanti mesi fa, sfogliando internet, vai a ritrovare ora come e perché, ma provare si può sempre provare. La pasta ho deciso per la sucrē di Evelindecora (qui>>>) che se non avete visto i suoi biscotti decorati correte subito, una frolla ricca, in pratica per farla serve: 100 gr. di burro morbido 100 gr. di zucchero fine (non a velo) 2 tuorli di uovo a temperatura ambiente 200 gr. farina 00 scorza di limone, vaniglia Mescolato burro e zucchero con una spatola, aggiungo i tuorli, gli aromi e la farina finendo di formare una palla a mano. È possibile anche stenderla subito, io ho lasciato riposare un'oretta in frigo. Per facilitare l'operazione si può stendere tra due fogli di carta forno, lasciandola relativamente più spessa dei biscotti finiti. Sistemo a piacere, con un po di fantasia i fiori, tenendo presente la misura del tagliapasta rotondo che userò per tagliarli, copro con la carta forno e premo leggermente con il matterello. Taglio semplicemente rotondi e inforno a 180° forno anche ventilato, controllando attentamente. Non devono colorire, bastano 10 minuti. Quando li tolgo dal forno sono ancora morbidi da non toccare fino a che non sono freddi. A prova finita sono soddisfatta del risultato, certamente i colori forti rimangono di più e questo sarà tenuto presente la prossima volta, ma la mia mente vola e già immagino i soliti biscotti salati di pasta sablé che faccio per gli aperitivi, decorati con fiori di rosmarino, finocchio (che rende benissimo) fiori di origano, di timo serpillo e altro.... Un'altra delle cose che ho preparato giorni fa per questa estate sono i cubetti del giaccio fioriti.... credo non servano ricette per farli ma sono di grande effetto. Ripeto SOLO FIORI EDULI, fate una veloce ricerca se avete dei dubbi, impossibile ricordarli tutti qui, oltre a calendula, trifogli, tarassaco, malva, finocchio, lamium, lillà, primule, geranio molle selvatico e erba roberta, viole, viole del pensiero, roselline, meglio rimanere sul semplice. Per sambuco e acacia solo i petali perché le parti verdi sono tossiche anche se la quantità è davvero minima ed è per questo che qui uso i pochi fiori di borragine che mangio durante l'anno. Sul glicine sorvolo, ma io non lo mangio. ❌Sicuramente NO fiori di ranuncolo, vitalba, celidonia, aquilegia, clematidi, ortensie, falso gelsomino, azalee e rododendri, narcisi e tulipani, digitale, lantana, mughetto, pervinche, calle, erica, ginestra, oleandro e altri ancora più pericolosi di questi come lo stramonio e l'aconito. Tutti tossici se non anche velenosi, ma chissà quanti ne dimentico. Quindi attenzione. Attenzione anche a dove si raccoglie, se sono fiori del giardino, che non provengano da un garden pompati con concimi chimici non adatti all'alimentazione. Ancora una piccola stupidaggine, io vivo in campagna, circondata da migliaia se non milioni di fiori, nonostante questo non raccolgo inutilmente ciò che realmente non mi serve e solo il minimo indispensabile. Non sono la padrona della natura e sono quella a cui i fiori sono meno necessari, quando raccolgo lo faccio consapevolmente e quando, per esempio, prima dello sfalcio, dopo poche ore sarebbero tagliati comunque. Così, per rispetto verso di loro ma soprattutto verso di me. Altre idee con i fiori sono in questo post : Mi è fiorita l'insalata (qui>>>) e in giro per il blog. Spero un giorno di incontrare Dio, perché voglio ringraziarlo per i fiori. Robert Brault Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- DEL FUMIGARE E DEI MAZZETTI ODOROSI
Tanto difficile scrivere questo post che non trovavo nemmeno il titolo giusto. Quello di cui vorrei parlare, come già l'anno scorso, sono dei mazzolini di erbe profumate, semplicemente così... l'uso che poi ognuno vorrà farne sarà a discrezione personale, se tenerlo come profumatore, antitarme, o bruciare per accoglierne i fumi purificatori. Che il personalissimo senso dell'olfatto sia sensibile più a questo o quell'altro odore è conosciuto, il neonato nei primissimi giorni di vita ha solo quello per orientarsi, che arrivando al cervello provochi questa piuttosto che un'altra reazione pure, anche se nascosto bene e abbastanza sopito, abbiamo ancora un "naso sessuale" capace di riconoscere i ferormoni e la reazione implica le relazioni sociali di un individuo. Quindi un'erba che emana particolare profumo con particolare proprietà sono convinta abbia sull'organismo un qualche effetto, se accesa e lasciata bruciare lentamente ancora di più. Questa pratica è conosciuta e professata da sempre e chiamata fumigazione o smudging. Da tempo immemorabile in Oriente si usava bruciare incensi e "ascoltarne" il profumo, in Giappone 1200 anni prima di Cristo con la cerimonia del Koh-do, nei rituali religiosi poi, Induismo, Buddhismo, anche se inizialmente usato come repellente per gli insetti. Nell'Islam, la Moschea deve essere sempre profumata e il Profeta sosteneva che guariva le sette malattie. Nelle culture indigene dei Nativi Americani era in uso la fumigazione con particolari incensi e erbe, la Salvia apiana o Salvia Bianca in primis, per provocare negli sciamani una sorta di trance, per purificare gli ambienti e favorire guarigioni. In Occidente arriva tardi e tutti ma proprio tutti conosciamo la più famosa delle fumigazioni: quella nelle chiese con l'incenso, che non solo favorisce un'atmosfera favorevole alla preghiera, ma disinfettava l'ambiente e i pellegrini che spesso arrivavano non proprio puliti e in splendida forma. Il più conosciuto incensiere è il Botafumeiro di Santiago di Compostela, che ho avuto il piacere di vedere in azione, il cui scopo era proprio quello di far calare sull'enorme massa di pellegrini una nube di fumo di incenso per disinfettare e togliere il maleodore che gli stessi emanavano. Il più famoso ma non il più grande, il più grande è in Italia, a Cava de' Tirreni, 1,60 m di altezza per 70kg. caricato con 13 kg. fra incenso e carbone. Per fare un esempio, come incenso oggi, fra gli altri, viene spesso considerata la Boswellia sacra, pianta dalla quale viene estratta una resina che essiccata è uno degli incensi più conosciuti, attualmente io di un'altro tipo di Boswellia sto assumendo il principio attivo in capsule per lenire dei dolori articolari, quindi non mi riesce difficile immaginare come anche i fumi possano provocare uno stato di benessere, chissà ... Diventato proprietà esclusiva della chiesa, e il sapere di erbe sapere di streghe, il fumigare non è stato mai troppo accolto nelle case, se non con la sua riscoperta in correnti tipo New age e simili, quando si è diffuso un poco di più l'uso di purificare ambienti e persone (l'aura) con fumo di erbe e incensi. Chi aveva la fortuna di viaggiare queste cose invece le conosceva bene. Di fatto ci si è limitati a inventare profumatori, candele profumate, diffusori di oli essenziali e simili con la scusa di "profumare" l'ambiente. E da qui il mio entrare con passo felpato nell'argomento, io che quando mia madre parlava di aura ridevo e la prendevo in giro, che quando tornava dalle lezioni di yoga e parlo dei primi anni '70, accendeva stick solo se mio padre non era nei dintorni... Ed è per questo che, ora, ho imparato a rispettare le opinioni di tutti, se volete fare i mazzolini, se volete affidare un intento mentre li fate, se volete bruciarli, se volete fumigare casa o semplicemente tenerli così, sono tutte cose vostre. Mazzolini di erbe ne ho fatto tanti da sempre, da mettere nei cassetti, negli armadi, e anche da accendere poi, solo tardi ho scoperto che vengono chiamati smudge e che esisteva tutta una pratica ben precisa dietro il semplice accendere anche solo qualche foglia di alloro, come ho sempre fatto con estrema leggerezza. A grandi linee uso le erbe che ho sottomano, non posso avere la Salvia bianca o il Palo santo a meno che non li ordino su internet o li compero in erboristeria, preferisco usare quello che ho, l'intento ce lo metto tutto. Raccogliere personalmente le erbe fa già parte del rituale e ricordarsi di raccogliere solo ciò che serve, non di più. Posso fare mazzolini con una sola erba, appunto Alloro preziosa erba protettiva che veniva appesa nelle camere dei malati e un ramo in cucina seda i litigi in famiglia, la Salvia ha il nome con sé, non serve dire altro salva e dona energia, stessa cosa la Lavanda, lava via, che disinfetta e rilassa è noto, il Rosmarino, già lo bruciavano i Romani nei templi, incredibili e riconosciute proprietà antibatteriche, Timo pure, Artemisia una delle erbe più potenti bruciata nei rituali, rinforza la psiche e cancella le negatività, l'Achillea presente da sempre in tutte le parti del mondo, Melissa per dare gioia e Elicriso e Verbasco per respirare meglio, Ginepro se riesco a trovarlo e via così. Preferisco unire più di un'erba, mettere qualche fiore per ingentilire il tutto, ma sempre Rosmarino Alloro Salvia e Achillea ora anche Artemisia. Se proprio voglio unire un tocco esotico, aggiungo un pezzo di cannella, conosciuta come un potente afrodisiaco, il cui profumo bruciando pare crei armonia. I rametti scelti, mi piace in numero dispari, li accorcio tutti alla stessa misura tra i 10 e i 20 cm, li faccio parzialmente essiccare, perché poi legati stretti essiccano più faticosamente, ma si possono unire anche freschi. Compongo, lasciando quasi sempre per ultime le foglie di Salvia più morbide per fasciare il tutto e con un filo naturale, io uso quello di ortica, ma va bene anche canapa, lungo circa quatto volte la lunghezza dei tralci, piegato a metà intreccio e lego in maniera stretta. Oppure lego più volte o con un filo vado avanti e indietro. Messo ad essiccare all'ombra lo uso poi come preferisco, nei cassetti, nell'armadio... Se voglio bruciarlo per sprigionare tutte le energie che possiede, una volta rassettata casa, cambiato aria agli ambienti, ne accendo uno, lascio che inizi la combustione, soffio per spegnere la fiamma e posato in un contenitore adatto, tradizionalmente una conchiglia, ma va bene anche un qualcosa che non bruci, lascio che consumi senza fiamma. A volte è necessario ripetere l'accensione. I veri rituali di fumigazione vanno ben oltre queste miei semplici gesti e informazioni, ma lascio a discrezione personale l'approfondimento verso chi ne sa senz'altro più di me. A me basta così. Non ho voglia di scrivere versi: Dunque accendo un incensiere, Vi lascio ardere mirra, gelsomino e incenso E i versi sbocciano nel mio cuore Come fiori in un giardino Allievo di Hafiz - XV secolo Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- LA MELISSA
La melissa fa il cuor contento e accresce lo spirito vitale, essa manda via i cattivi pensieri e riequilibra gli eccessi di bile Avicenna (980- 1037) L'erba della felicità, molto prima di sapere il nome Melissa, così l'ho conosciuta. Il problema era trovarla nei prati, qui non sembrava facile. Poi forse complice qualcuno che ne ha portato fin qui una piantina, un giorno, quasi incredula, l'ho finalmente vista su un poggio. Trapiantato a casa uno stelo con le radici, si è facilmente diffusa tanto da diventare quasi invasiva. L'ho ritrovata ancora nei pressi di un rustico abbandonato e così via, ora qui e là si trova. Pianta mellifera per eccellenza, Melissa da miele, anzi proprio dal greco antico produttrice di miele, Melissa la ninfa che Zeus trasformò in ape, da quel giorno animale sacro, perché fece perdere la testa ad Apollo e curò con il miele la capra Amaltea quando si ruppe incidentalmente un corno, dando così origine alla cornucopia... Melissa che insegnò agli uomini, che fino ad allora si cibavano solo carne, a mangiare i frutti della natura e in particolare il miele... ma questa è un'altra storia... Erba della felicità per le sue proprietà rilassanti, per sedare l'ansia e tirare su l'umore. Proprietà da non sottovalutare, ho assistito personalmente ad un'amica finita in pronto soccorso con un leggero collasso per aver bevuto litri e litri di tisana assunta senza controllo e soprattutto senza che nessuno gliela avesse prescritta in quella quantità. I principi attivi di questa pianta, non ancora ben conosciuti, agirebbero quindi sul sistema nervoso, sulla memoria, sulla frequenza cardiaca, sullo stomaco, ma anche sulla tiroide ed è per quello che insisto sempre su un uso assennato di tutte le erbe senza insistere a voler trovare rimedi casalinghi per curarsi senza avere conoscenze esperte erboristiche. Anche perché noi non sappiamo mai con precisione quanto principio attivo abbia una pianta raccolta qui e una raccolta là, al pomeriggio, al mattino, alla sera .. Compito dell'erborista è quello di analizzare la pianta per poterla somministrare nella giusta dose. Quindi sì a qualche foglia nella tisana del pomeriggio o della sera, per guarnire gelati e macedonie, insaporire un'insalata, aggiunta alle Acque profumate (qui>>>)da bere in estate, mettere qui e là ovunque si desideri il suo delicato profumo, in certe cucine anche con la carne, specie di agnello. Ed è proprio il suo delicato profumo di limone-cedro che la fa riconoscere, se a prima vista si può pensare ad una menta o a una bella ortica. Le foglie leggere, di un verde brillante intenso, appena dentate che appunto somigliano all'ortica, i fiori bianchi a volte leggermente rosati, simili a quelli della Menta, della Nepetella(qui>>>), e altre della stessa famiglia. Per seccarla, appena prima che fiorisca, dopo diventa brutta, raccolta con gli steli, un mazzo appeso in luogo ventilato fresco, coperto da una carta, come per l'Ortica(qui>>>). Si possono seccare e usare anche solo le sommità fiorite. Una volta secca rimuovo gli steli e sminuzzo con le mani, per praticità, le foglie secche, senza passarle in nessun marchingegno elettrico. Conservo tutte le erbe in sacchetti di carta opaca, o in contenitori di metallo, non in vasi di vetro, dove la luce le altererebbe più velocemente. Tutte le erbe conservate così durano benissimo un anno. foto dal web Conosciuta e coltivata da più di 2000 anni, Plinio consigliava di strofinare gli alveari con la Melissa in modo che le api non sciamassero. Carlo Magno la inserì nell'elenco delle erbe che obbligatoriamente dovevano essere coltivate nell'orto dei semplici, fino a quando poi le suore Carmelitane inventarono l'Acqua di Melissa, ancora oggi prodotta in Veneto dallo stesso ordine dei Padri Carmelitani Scalzi da più di trecento anni. La Melissa entra nella composizione di molti liquori d'erbe tra i quali Chartreuse e Bénédictine. Da qualcuno chiamata limoncella, citronella, limoncina non va confusa con la Lippia Citriodora, l'arbusto dall'intenso profumo di limone conosciuto da molti come Erba Luigia. Lippia Citriodora - Erba Luigia Citronella, è il nome volgare usato anche per un'altra pianta ancora, il Lemongrass, il Cymbopogon citratus sempre dal forte profumo di limone. Tre piante completamente diverse, di provenienza diversa, portamento diverso che per via dell'odore di limone e i nomi comuni vengono spesso confuse. Cymbopogon citratus Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- CRÊPES TROMBETTE, TALEGGIO E ZUCCA
Noi siamo i funghi viviamo in montagna, per chi ci trova è una vera cuccagna, se tu mangiarci vorrai coglierci dovrai... Ho già fatto un post sulle Crespelle in generale, qui>>>, uno dei cibi che con poco, veramente poca spesa e poca fatica dà un risultato elegante, che si può preparare in anticipo e mettere in forno all'ultimo momento. Oggi, dopo tanto grigio e pioggia, sono andata nel mio bosco, in quella che ormai chiamo la "collina delle trombette" sicura di trovarle e infatti erano lì apposta ad aspettare e così è nata l'idea delle crêpes. La Trombetta dei morti, Craterellus cornucopioides, è uno dei funghi più facilmente riconoscibile, di colore tra il grigio e il nero, sempre più scuri all'interno, a volte con sfumature bluastre, marroni. Parenti di Galletti o Finferli, possono essere confusi solo con il Gallinaccio nero, il Cantharellus Cinereus, commestibile anche questo, ma con le lamelle e soprattutto senza il gambo cavo come le trombette. Crescono in gruppi numerosi. Il nome si evince con il periodo di uscita di questo fungo, intorno alla ricorrenza dei morti, dopo le piogge autunnali e il colore nero sembra decisamente appropriato. Ritenuto un ottimo commestibile non è gradito a tutti per il suo intenso profumo che gli ha meritato il nomignolo di Tartufo dei poveri e per somiglianza una volta secco viene polverizzato sul cibo. Può essere usato anche nel risotto, sott'olio in un misto, semplicemente spadellato per condire della pasta. Una volta, ultimi funghi raccolti nelle brume autunnali, senza molto sole per farli seccare, era uso infilarli in uno spago da cucina a mo' di collana e appesi sopra la stufa. Per le crêpes la ricetta è la mia solita, con poche uova ma di riuscita assicurata. In questo caso metà della farina è di grano saraceno quindi: 125 gr. di farina bianca 00 o integrale 125 gr. di farina di grano saraceno un pizzico di sale 1/2 litro di latte e acqua mescolati nella proporzione che volete 1/4 di latte e 1/4 di acqua per esempio 2 uova un cucchiaio di burro fuso il procedimento è sempre qui>>> Con questa ricetta ne vengono una ventina sottili, quindi regolarsi di conseguenza. Per farcirle ho pensato alle trombette semplicemente spadellate in olio e aglio vestito. Nella stessa padella, tolti i funghi, ho passato in olio dei piccolissimi quadretti di zucca, sfumati con pochissimo vino bianco, fino a che non sono teneri. A parte ho preparato una crema di formaggio facendo sciogliere del taleggio morbido in qualche cucchiaio di latte, volendo si può aggiungere un poco di panna liquida. Non ho dosi precise per queste cose che invento sul momento, l'ispirazione da quello che ho in casa. Non serve molto per non alterare il delicato gusto dei funghi, se il taleggio non piace si può sostituire con qualcosa d'altro forse mascarpone, ma sinceramente non so se il risultato è lo stesso. Su ogni crespella, questa volta non molto grandi, un cucchiaio di funghi, un poco di crema, e qualche quadretto di zucca. Chiuse ho ingentilito con una foglia di porro appena sbollentata. Un fiocchetto di burro, un pezzetto di formaggio sopra ad ognuna e un poco di crema, pochi minuti in forno a scaldare a 180°. Devo dire che il risultato è stato più che soddisfacente, anzi godurioso e per me quasi a costo zero, giusto l'avanzo di taleggio che avevo in frigo... il resto ci ha pensato la natura. Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti. Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>